Art. 348 ter c.p.c. e necessaria allegazione: in attesa delle Sezioni Unite...

Due importanti questioni sono state portate innanzi alla Corte di Cassazione sull'interpretazione dell'art. 348 ter c.p.c.: sono state trasmesse al Primo Presidente per l'eventuale rimessione alle Sezioni Unite.



Carissimi,

sono felicissima edi comunicarVi che la nostra equipe ha segnato un importante goal per giocarsi la partita ai rigori!

A seguito di memoria presentata innanzi alla Corte di Cassazione sull'interpretazione dell'art. 348 ter  c.p.c. la Corte, con ordinanza interlocutoria n. 4738/16, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

Un passo decisivo e strategico per far consolidare un principio, creato, studiato e ben argomentato da me, dall'Avv. Augusto Careni e dall'Avv. Alberto Lorenzi che porterà maggiore tutela processuale.

Due sono le questioni ermeneutiche sottoposte al Supremo Collegio:

  • 1. Eccezione di inammissibilità basata sul richiamo del principio di diritto affermato da Cass. n. 20236 del 9 ottobre 2015 in base al quale è inammissibile il ricorso per cassazione ex art. 348 ter c.p.c. qualora il ricorrente non "alleghi" la data della comunicazione della ordinanza di secondo rado, che costituisce requisito essenziale (di contenuto - forma) del ricorso introduttivo:
  • 2. Eccezione di improcedibilità basata sulla asserita violazione dell''art. 369 primo comma n. 2 c.p.c., per non aver la ricorrente depositato, unitamente alla copia della sentenza impugnata, anche copia autentica della ordinanza di inammissibilità dell'appello con relativa comunicazione.

I passi principali della memoria che hanno portato all'ordinanza interlocutoria:

Invero, ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. “fuori dei casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’appello, l’impugnazione è dichiarata inammissibile dal giudice competente quando non ha una ragionevole probabilità di essere accolta”.
Quindi il giudice, ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c. ha dichiarato inammissibile l’appello, a norma dell’art. 348 bis c.p.c., primo comma, con ordinanza succintamente motivata, anche mediante rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa e il riferimento a precedenti conformi, provvedendo altresì sulle spese.
Quando è pronunciata l’inammissibilità, contro il provvedimento di primo grado può essere proposto, a norma dell’art. 360, ricorso per Cassazione.
In tal caso il termine per il ricorso per Cassazione avverso il provvedimento di primo grado decorre dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, dell’ordinanza che dichiara l’inammissibilità, applicandosi l’art. 327 c.p.c. in quanto compatibile.
Il ricorrente ha l’onere di dedurre in ricorso gli elementi necessari per configurare la tempestività dell’impugnazione a pena di inammissibilità . 

La giurisprudenza della Ecc.ma Corte di Cassazione adita si è infatti recentemente pronunciata su tale aspetto evidenziando che l’allegazione della comunicazione di cancelleria è presupposto di tempestività inteso come requisito di “contenuto-forma”.

Tale deduzione ed allegazione risulta quindi necessaria ed indispensabile, risultando in mancanza il ricorso inammissibile.
Infatti, nel dettare la regola relativa al termine breve perentorio (Cass. n. 23526 del 2014) di 60 giorni per proporre ricorso, la disposizione di cui all’art. 348 bis c.p.c. individua come rilevante ai fini della decorrenza la comunicazione da parte della cancelleria dell’ordinanza di inammissibilità.

“Solo per l’ipotesi che la suddetta ordinanza sia stata notificata prima della comunicazione, sarà la notificazione (come nella previsione generale di cui all’art. 326 c.p.c.) e non la comunicazione a rilevare ai fini della decorrenza del termine breve”

Il legislatore della riforma infatti ha ancorato la decorrenza del termine di impugnazione ad un adempimento (la comunicazione) da parte dell’ufficio, con l’evidente obiettivo di favorire la sollecita formazione del giudicato.

La possibile iniziativa della controparte (notificazione) è ipotesi meramente residuale e rileva solo se più sollecita dell’ufficio, tenuto alla comunicazione, facendo divenire irrilevante quest’ultima ai fini del rispetto del termine breve qualora sia preceduta dalla notificazione.
Obiettivo prioritario quindi del legislatore è stato quello di una rapida formazione del giudicato: è dunque in tale ottica deve essere letto l’art. 348 bis c.p.c. e l’art. 348 ter c.p.c.

Mentre infatti le regole generali in tema di termini brevi per l’impugnazione si fondano solo sulla istanza della parte che, avendo interesse ad una più rapida definizione della controversia, si attiva e notifica il provvedimento, il legislatore della riforma ha dato rilievo all’impulso di parte solo per il caso che esso soddisfi meglio l’interesse tutelato ad una rapida formazione del giudicato, prevedendo un meccanismo generale che tale rapida definizione è destinato ad assicurare essendo rimesso all’ufficio procedente.

Nel ricorso in Cassazione che ci occupa deve necessariamente evidenziarsi che lo stesso è inammissibile in quanto difetta della necessaria allegazione della comunicazione, peraltro obbligatoria, di cancelleria: la deduzione della ricorrente in ordine alla comunicazione, se avvenuta o meno o se avvenuta in modo non idoneo, diviene requisito essenziale ai fini della regolarità del ricorso sotto il profilo della “allegazione” del presupposto di tempestività (requisito di contenuto-forma), preliminare alla verifica, sulla base degli atti processuali, del rispetto del termine di impugnazione, ordinariamente breve, che può divenire lungo ai sensi dell’art. 327 c.p.c., solo se comunicazione, comunque precedente alla notificazione (eventualità non verificatasi nel caso che ci occupa), non vi è stata o è stata inidonea. 

Tale deduzione/allegazione non sarà, invece, necessaria se la comunicazione è esclusa per l’effetto di speciali ed eccezionali disposizioni di legge, ovvero se il rispetto del termine breve è evidente per il mancato decorso di sessanta giorni tra la pubblicazione dell’ordinanza e la proposizione del ricorso avverso la sentenza di primo grado.

E’ dunque necessario il deposito del biglietto di cancelleria ai fini della tempestività dell’impugnazione, stante il fatto che tale biglietto è senza alcun dubbio precedente alla notificazione effettuata alla parte soccombente e che risale al 24 luglio 2013, mentre il la comunicazione di cancelleria a mezzo PEC è del 11 luglio 2013, il ricorso per Cassazione è stato portato alla notifica il 16 settembre 2013.

Ad esempio sono state le stesse Sezioni Unite a riconoscere a pena di improcedibilità l’obbligo di deposito (art.. 369 e 372 c.p.c.) del biglietto di cancelleria ai fini della tempestività.  

Nel caso che ci occupa il ricorso, che è stato proposto ben oltre i sessanta giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza di inammissibilità dell’appello pronunciata ai sensi dell’art. 348 bis e ter c.p.c., non contiene alcuna indicazione in ordine alla comunicazione della stessa e alcuna deduzione in ordine al rispetto del termine per impugnare.
Il ricorso infatti non contiene alcun accenno alla tempestività dello stesso: il ricorrente avrebbe dovuto inserire nell’atto introduttivo del gravame di legittimità la data dell’avvenuta comunicazione di cancelleria dell’ordinanza ex art. 348 bis c.p.c. e comunque la data di notificazione, a pena di inammissibilità.

Fermo restando l’obbligo altresì di produzione della prova dell’avvenuta comunicazione, unitamente al ricorso, ai sensi dell’art. 369 c.p.c. comma 2 o comunque entro il termine per il suo deposito, secondo le modalità previste dall’art. 372 c.p.c. comma 2 a pena di improcedibilità.
Ne consegue l’inammissibilità del ricorso, alla luce del seguente principio di diritto:

“nel ricorso per Cassazione avverso la sentenza di primo grado, regolato dall’art. 348 ter c.p.c., comma 3, il termine perentorio breve di sessanta giorni decorre ordinariamente dalla comunicazione dell’ordinanza di dichiarazione di inammissibilità dell’appello (emessa ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c.), con la conseguenza che la data di quest’ultima è, non solo presupposto dell’impugnazione, ma anche requisito essenziale (di contenuto-forma) del ricorso introduttivo, sicchè – tranne il caso eccezionale in cui sia esclusa per legge quella comunicazione, ovvero sia evidente il rispetto di quel termine, per il mancato decorso di sessanta giorni tra la stessa pubblicazione e la proposizione del ricorso – il ricorrente ha l’onere di dedurre in ricorso gli elementi necessari per configurarne la tempestività (data di comunicazione dell’ordinanza di secondo grado) a pena di inammissibilità”. 

Ed ancora…

“Poiché nel ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c. avverso la sentenza di primo grado, il termine breve di sessanta giorni decorre prioritariamente dalla comunicazione dell’ordinanza di secondo grado (di dichiarazione di inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c.), la data di quest’ultima è non solo presupposto dell’impugnazione in sé considerata, ma pure requisito essenziale (di contenuto-forma) del ricorso introduttivo, sicchè – tranne il caso in cui sia esclusa per legge quella comunicazione, ovvero quello in cui sia evidente il rispetto di quel termine, per il mancato decorso di sessanta giorni tra la stessa pubblicazione e la proposizione del ricorso, ovvero quello in cui la comunicazione in concreto effettuata sia inidonea a dar conto del contenuto del provvedimento – il ricorrente ha l’onere anche di allegare in ricorso gli elementi necessari per configurarne la tempestività (data di comunicazione dell’ordinanza di secondo grado), impregiudicato il potere, estrinsicabile peraltro solo ove sia previamente soddisfatto quel requisito di contenuto-forma dell’atto introduttivo, della Corte di Cassazione di verificare la corrispondenza al vero di quanto allegato e comunque la tempestività dell’impugnazione”. 

Inoltre a tal riguardo più volte si è ribadito il seguente principio: nel caso in cui l’appello venga dichiarato inammissibile per carenza di ragionevole probabilità di accoglimento ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., il ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado proposto ex art. 348 ter terzo comma c.p.c., oltre il termine di sessanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza di inammissibilità dell’appello è, a propria volta, inammissibile, dovendosi escludere la violazione degli artt. 24 e 111 Cost., atteso che la proposizione dell’impugnazione del termine ordinario non costituisce un onere tale da impedire o rendere eccessivamente gravoso l’esercizio del diritto di difesa, né, comunque, tale termine decorrerebbe qualora dalla comunicazione non fosse possibile ricondurre il provvedimento adottato a quello previsto dall’art. 348 bis c.p.c. 

Eccezione di tardività del ricorso per Cassazione.

Il ricorso è inoltre tardivo quindi inammissibile oltre che improcedibile per i motivi di seguito indicati.

Come precedentemente evidenziato il termine di 60 giorni deve essere calcolato con decorrenza non dalla notifica del provvedimento impugnato, bensì dalla comunicazione a mezzo PEC all’Avvocatura dello Stato.

Ribadiamo a noi stessi che il provvedimento oggetto dell’impugnazione è la sentenza di primo grado, ma il termine per ricorrere per Cassazione decorre dalla comunicazione o notificazione (se anteriore) della ordinanza di inammissibilità emessa dal giudice di appello.

A seguito della modifica dell’art. 133 c.p.c. comma 2 di cui al D.L. 24 giugno 2014 n. 90, art. 45, comma 1, lett. b), conv. con modif. in Legge 11 agosto 2014 n. 144, ai sensi del quale: “il cancelliere da atto del deposito in calce alla sentenza e vi appone la data e la firma, ed entro cinque giorni, mediante biglietto contenente il testo integrale della sentenza, ne da notizia alle parti che si sono costituite.

La comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 c.p.c.”

La Corte di Cassazione ha chiarito che modifica dell’art. 133 c.p.c. attiene al regime generale delle comunicazioni dei provvedimenti da parte della Cancelleria, sicchè non può investire, neppure indirettamente, le previsioni speciali che, appunto in via derogatoria, comportino la decorrenza di termini – anche perentori – dalla semplice comunicazione del provvedimento.

  • La comunicazione del provvedimento effettuata entro i cinque giorni di cui al novellato art. 133 c.p.c. è quindi idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione?

Sì, la novella dell’art. 133 comma 2 c.p.c.  non incide sulle norme processuali, derogatorie e speciali che ancorino la decorrenza del termine breve di impugnazione alla mera comunicazione di un provvedimento da parte della cancelleria, restando irrilevante che la comunicazione sia integrale o meno.
Stante l’obbligo della cancelleria di comunicare entro 5 giorni dalla pubblicazione del provvedimento la comunicazione per mezzo PEC, laddove codesta Ecc.ma Corte adita ritenesse superata l’assenza di indicazione nel ricorso della prova della tempestività in tutte le sue forme, possiamo dedurre che la comunicazione del biglietto contenete il testo dell’ordinanza sia pacificamente avvenuta in tempo anteriore di oltre sessanta giorni alla proposizione del ricorso per cassazione previsto dall’art. 348 ter c.p.c. e che da essa si evinceva la definizione dell’appello con le forme speciali previste dalla novella del 2012 del giudizio di secondo grado, così risultando pienamente idonea ad attivare il termine breve per impugnare, con il ricorso per Cassazione, la già ben nota sentenza di primo grado.

E’ comunque irrilevante che la comunicazione di cancelleria fosse stata integrale oppure no, in quanto qualsiasi contenuto avesse sarebbe stata comunque idonea a desumere la natura del provvedimento, essendo esso di natura speciale ex art. 348 bis c.p.c.

Sul punto infatti occorre evidenziare che in molti casi all’interno del codice di procedura civile compare la comunicazione ad opera della cancelleria ai fini della decorrenza del termine per impugnazioni: tuttavia in tutti questi casi  non ci si è mai posti il problema della necessaria integralità e completezza della comunicazione di cancelleria.

In tutti in tali casi è sempre stato irrilevante, fin dalla formulazione della relativa disposizione, che la comunicazione ad opera della cancelleria fosse stata integrale oppure no.

Non essendo infatti nuova nel vigente ordinamento processuale la previsione della decorrenza di termini perentori per impugnare ancorata alla mera comunicazione di cancelleria del provvedimento che ne sarebbe oggetto, appare lapalissiano il patologico vizio del ricorso in oggetto per improcedibilità ed inammissibilità. 

In conclusione il ricorso per Cassazione in oggetto è inammissibile per tardività, ai sensi dell’art.348 ter c.p.c., comma 2, avverso l’ordinanza che ha dichiarato inammissibile l’appello per carenza di ragionevole probabilità di accoglimento, ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., ove sia proposto oltre il termine di 60 giorni dalla comunicazione, quand’anche eseguita a mezzo PEC, dell’ordinanza stessa.

E’ stata anche sollevata questione di legittimità costituzionale proprio in relazione alla decorrenza del termine per impugnare a seguito della mera comunicazione di cancelleria in relazione al diritto di difesa.

Tuttavia, in linea con la ratio del legislatore che, con la riforma del 2012 e quella del 2014, ha inteso dare priorità ad una rapida formazione del giudicato è stata dichiarata la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 348 ter c.p.c. comma 3 in riferimento agli articoli 3 e 24 Costituzione, nella parte in cui fa decorrere il termine ordinario per proporre il ricorso per Cassazione avverso il provvedimento di primo grado dalla comunicazione dell’ordinanza che dichiara l’inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c.: 

a)    In primo luogo perché l’ordinamento prevede già da tempo numerosi altri analoghi casi di decorrenza del termine di impugnazione dalla mera comunicazione di un provvedimento;

b)    In secondo luogo perché il provvedimento da impugnare non è quello oggetto di comunicazione ma quello di primo grado, compiutamente conosciuto dall’appellante fin da tempo di molto anteriore alla comunicazione stessa;

c)    Inoltre perché il termine ordinario comunque non decorrerebbe, in estensione delle conclusioni già raggiunte per fattispecie analoghe, ove in concreto fosse del tutto possibile ricavare dalla comunicazione trattarsi di ordinanza resa ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. e in quanto tale idonea a far decorrere il termine ordinario suddetto avverso il provvedimento di primo grado;

d)    Infine, perché l’appello non è oggetto di garanzia costituzionale ed il relativo grado di giudizio è affetto da crescenti criticità, sicchè è coerente con un tentativo di recupero di funzionalità del sistema la semplificazione del relativo processo ed il mantenimento di un livello di garanzia ancorato a requisiti, anche temporali di ammissibilità che sono sì rigorosi ma tutt’altro che in grado di impedire l’esercizio del diritto di difesa.

Avv. Liliana Rullo

In allegato l'Ordinanza di rimessione al Primo Presidente.

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