DIRITTO CIVILE. Scuola e disabilità. Ore di sostegno e aspetti risarcitori in caso di illegittima decurtazione. TAR L'Aquila n. 255 del 19 marzo 2014.



Il Tar dell’Aquila, con la sentenza n. 255 pubblicata il 19 marzo 2014, ha condannato il Ministero dell’Istruzione a risarcire i danni causati a un alunno disabile per la illegittima riduzione delle ore di sostegno e per aver rimediato in corso d’anno in modo da pregiudicare l’unicità dell’insegnamento delle attività di sostegno e della continuità didattica.

Si tratta dell’ennesima sentenza che punisce il comportamento di un Ufficio Scolastico Regionale (l’articolazione regionale del MIUR) per aver diminuito l’assistenza ad un alunno disabile nonostante i principi scolpiti nella nota sentenza della Corte cost. n. 80 del 2010.

La Corte costituzionale aveva a chiare lettere qui enunciato che il diritto del disabile all’istruzione si configura come un diritto fondamentale, la cui fruizione è assicurata, in particolare, attraverso misure di integrazione e sostegno idonee a garantire ai portatori di handicap la frequenza degli istituti d’istruzione, misure tra cui viene in rilievo quella del personale di sostegno munito di specializzazione ad hoc.

Su tali premesse la sentenza n. 80/2010 aveva censurato quelle disposizioni che prevedevano, da un lato, un limite massimo nella determinazione del numero dei docenti di sostegno e, dall’altro, l’eliminazione della possibilità di assumerli in deroga, posto che detta riserva costituisce uno degli strumenti attraverso i quali è reso effettivo il diritto fondamentale all’istruzione del disabile grave.

Ciò ancor più perché la stessa ratio della norma recante la possibilità di stabilire ore aggiuntive di sostegno è proprio quella di apprestare una specifica forma di tutela ai disabili che si trovino in condizione di particolare gravità.

Sullo sfondo di tale quadro normativo e dei correlati principi costituzionali, la decisione in oggetto presenta dei tratti peculiari di notevole interesse.

Nella sentenza che definisce il procedimento nel merito, il collegio giudicante ha infatti stabilito che “parte ricorrente ha diritto al risarcimento del danno subito (cfr. Tar Sicilia, Palermo, I, 14 ottobre 2013 n. 1850; TAR Sardegna 616 e 1102 del 2011) che va equitativamente liquidato in Euro 5.000, di cui Euro 4.000 per la parte di anno scolastico con copertura oraria ridotta (circa quattro mesi) ed Euro 1.000 per la restante frazione”.

Essa chiude un procedimento introdotto avanti il Tar dell’Aquila nel novembre 2012 dai genitori di un alunno affetto da disabilità grave (ipoacusia bilaterale profonda), che, nel passaggio dalla scuola primaria alla scuola secondaria di I grado, ha visto decurtate da 22 a sole 9 ore l’insegnamento di sostegno, nonostante le convergenti certificazioni delle competenti commissioni mediche ASL e dell’istituzione scolastiche (diagnosi funzionale, profilo dinamico funzionale, Piano Educativo Individualizzato) indicassero una persistente situazione di gravità tale da richiedere un supporto senza soluzione di continuità.

Con istanza cautelare i ricorrenti chiedevano la rimozione dei provvedimenti emanati dall’Ufficio Scolastico Regionale abruzzese, dall’Ambito Territoriale della Provincia dell’Aquila e dall’Istituto Comprensivo frequentato dall’alunno, che decretavano la lamentata riduzione nonché il ripristino del rapporto 1:1 (c.d. “rapporto frontale”).

L’USR abruzzese rimediava con un decreto in deroga, prima della decisione in sede cautelare,integrandol’assistenza in classe con 9 ore aggiuntive, assegnate ad altro docente di sostegno; configurando per tale via un rapporto frontale di 18 ore ma con l’anomala presenza di due docenti di sostegno (anziché uno), peraltro con un supplente non munito del titolo di specializzazione.

L’ordinanza che definiva la fase cautelare (n. 75/2013), riconoscendo fondate le censure che lamentavano la violazione del rapporto 1:1 nonché del principio di unicità dell’insegnamento di sostegno, ingiungevaall’amministrazione di riesaminare nella sua interezza la problematica riguardante il figlio dei ricorrenti, adottando i consequenziali provvedimenti.

Qui sta la particolarità della vicenda de quae qui la ragione della misura risarcitoria, che accoglie nel merito la richiesta dei ricorrenti presentata nel corso del giudizio con motivi aggiunti, espressamente riferita ai 4 mesi di presenza “dimezzata” (rispetto all’intero orario cattedra) del docente di sostegno (€ 4.000) e per la restante parte dell’anno scolastico (€ 1.000) a motivo della presenza di una cattedra di sostegno “sdoppiata”,suscettiva diledere il principio normativo dell’unicità delle attività di sostegno, sancito dall’art. 4 del Decreto Ministeriale n. 131 del 13 giugno 2007 (Regolamento supplenze docenti).

Nel processo interveniva ad adiuvandum anche il genitore di un alunno disabile grave il cui docente di sostegno aveva subito, nella stessa scuola, la medesima decurtazione oraria.

Con la memoria conclusiva i ricorrenti hanno fatto invece presente che per l’a.s. 2013-2014 fin dall’inizio sono state assegnate le 18 ore richieste attraverso unico insegnante di sostegno munito del prescritto titolo di specializzazione.

Il Tar ha riconosciuto la responsabilità da ritardo in capo all’amministrazione scolastica per “la mancata fruizione da parte dell’avente titolo degli strumenti predisposti dall’ordinamento per consentire anche al portatore di gravi handicap un’adeguata vita di relazione nell’ambito dell’istituzione scolastica”.

Il collegio giudicante ha evidenziato che il principio della necessaria dimostrazione e delle dovute allegazioni attestanti leesiziali conseguenze provocate dalla condotta della P.A., nella fattispecie determinate da un ritardo colposo, rimane un riferimento ineludibile al fine di individuare un danno non patrimoniale, così come scolpito in Cons. St., sez. VI, 30 aprile 2013 n° 2373:

“il danno non patrimoniale è configurabile quale ‘danno-conseguenza’ derivante dall’effettiva lesione di specifici beni/valori oggetto di tutela (e non quale mero ‘danno-evento’, in cui il ristoro consegue in modo automatico alla violazione), per cui deve essere puntualmente allegato e dimostrato nella sua consistenza, se del caso - e sussistendone le condizioni legittimanti - attraverso il ricorso a presunzioni”.

Ma i giudici hanno altresì precisato che nel caso affrontato, il periodo in cui la situazione dell’assistenza del docente di sostegno è rimasta sottodimensionata rispetto alle esigenze si è talmente prolungato da essere di per sé stesso fonte di pregiudizio.

Infatti, la lamentata situazione, originata dal ritardo dell’amministrazione, si è protratta per buona parte del primo quadrimestre e per il resto dell’anno scolastico la situazione è stata caratterizzata dalla presenza di due insegnanti, soluzione che- a giudizio della Corte -“per quanto necessitata dall’impossibilità di poter disporre a quel punto movimenti di personale senza compromettere altri interessi, costituisce un tentativo di rimediare al vizio originario e che (pur a prescindere dalla questione della mancanza di specializzazione dell’insegnante poi aggiunto) rompe comunque il principio dell’unicità dell’insegnante e della continuità didattica (Cons. St., VI, 20 maggio 2009 n. 3104)”.

In buona sostanza la sentenza rimarca la non necessaria dimostrazione del “danno-conseguenza” sulla scorta del significativo ambito temporale che la denunciata situazione ha occupato, che è “tale da fornire la dimostrazione del pregiudizio allegato in base a canoni di comune esperienza e secondo il principio di ragionevolezza, anche tenuto conto del fatto che non vi è alcuna deduzione o prova contraria (cfr. Cass. civ., 30.10.2007, n. 22884)”.

D’altro canto si tratta di eventi dannosi che si verificano all’interno di un ambiente di relazioni tutto interno alla struttura pubblica, per cui non è nella disponibilità dei ricorrenti l’allegazione della somma dei “micro-pregiudizi” che secondo la comune esperienza il minore subisce nel processo di inserimento in un nuovo ambiente scolastico in ragione della presenza discontinua dell’insegnante di sostegno. In merito al ruolo decisivo della scuola nei processi integrativi del disabile, il Consiglio di Stato, nella sentenza della sez. V n. 2391 del 2013, aveva già ben evidenziato come “in tema di diritti dei disabili la Corte costituzionale ha più volte rilevato che l'esigenza di tutela dei soggetti deboli si realizza non solo con pratiche di cura e riabilitazione, ma anche attraverso il loro pieno ed effettivo inserimento, oltre che nella famiglia, anche nella scuola e nel mondo del lavoro”, cosicché "ciascun disabile è coinvolto in un processo di riabilitazione finalizzato ad un suo completo inserimento nella società; processo all'interno del quale l'istruzione e l'integrazione scolastica rivestono un ruolo particolare".In effetti il ricorrente aveva colto nella interruzione della “piena continuità di sostegno al recupero ed allo sviluppo del disabile in situazione di gravità, integrando un arresto alla promozione dei suoi bisogni di cura, di istruzione e di partecipazione a fasi di vita normale” la fattispecie del danno esistenziale, trovandosi in presenza di lesioni ai valori della persona umana garantiti o protetti dalla Carta costituzionale, indi chiedendosene la liquidazione equitativa tenuto conto del periodo di carenza del pieno sostegno e delle modalità con cui è stato poi attuato. Richiesta accolta in totodai giudici, in quanto – sottolineano gli stessi – l’attività di sostegno è segnatamente diretta ad assicurare all’alunno disabile adeguate possibilità relazionali nell’ambiente scolastico in cui è inserito, tanto che“una carenza di sostegno implica immediate conseguenze negative sul bene giuridico che la misura è finalizzata a tutelare”, ravvisabile nell’impoverimento della vita di relazione scolastica dell’alunno correlata alla deficienza dello strumento legislativamente preordinato a garantirne la pienezza.

Avv. Salvatore Braghini, foro di Avezzano

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