Cooperative: il rapporto associativo è preminente rispetto al rapporto di lavoro.

Il rapporto associativo è preminente rispetto al rapporto di lavoro, sussistendo una consequenzialità tra gli stessi. Cass. n. 9916 del 13 maggio 2016.



La questione sottoposta all'attenzione della Corte concerne la relazione esistente tra rapporto associativo e rapporto di lavoro all'interno di una cooperativa.

  • In presenza di comportamenti lesivi di entrambi è necessario un distinto atto di licenziamento? E nel caso dovesse venire meno il provvedimento di esclusione...il socio avrà diritto alla ricostituzione di entrambi i rapporti?

La Corte di Cassazione con sentenza del 13 maggio 2016 n. 9916 sancisce che il rapporto associativo è preminente rispetto al rapporto di lavoro: tra i due rapporti sussiste una consequenzialità.

Nel caso quindi di comprotamenti lesivi di entrambi non è necessario un distinto atto di licenziamento e il socio, se il provvedimento di esclusione viene meno, il socio avrà diritto alla loro ricostituzione.

IL CASO

Tizia, socia lavoratrice con contratto a tempo indeterminato alle dipendenze di una Cooperativa Sociale adiva il Tribunale competente, dopo molteplici strumentali contestazioni disciplinari, tutte impugnate mediante richiesta di instaurazione di collegio arbitrale

Con lettera le era stata comunicata l'esclusione da socio e la contestuale conclusione di ogni rapporto di lavoro.

L'atto di esclusione da socio era stato impugnato davanti alla Camera Arbitrale in forza di clausola compromissoria contenuta nello Statuto sociale.

La decisione del Tribunale.

Il Tribunale dichiarava l'inammissibilità del ricorso per mancata instaurazione del giudizio entro il termine di 270 giorni dall'impugnativa stragiudiziale di licenziamento ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 31 ritenuto non applicabile il comma 1 bis della predetta disposizione, relativa al differimento della decorrenza dell'efficacia del termine predetto dal 31 dicembre 2011, trattandosi di fattispecie in cui trova applicazione per la prima volta il termine di 60 giorni di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 6, comma 1 diverse dal licenziamento.

La decisione della Corte d'Appello.

La Corte d'appello competnete, in riforma della sentenza di primo grado, rilevava che il venir meno del rapporto di lavoro subordinato non derivava da un atto negoziale di licenziamento, ma era l'effetto automatico dell'esclusione della socia dalla cooperativa, ai sensi della L. n. 142 del 2001, art. 5, comma 2 sostituito dall'art. 9, comma 1, lett. D) n. 30 del 2003, come poteva evincersi dalla delibera comunicata.

Di conseguenza, non poteva trovare applicazione il termine di decadenza di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32 non estensibile ad ipotesi non contemplate, trattandosi di norma di stretta interpretazione. Pertanto, rilevato che il provvedimento era stato dichiarato illegittimo in sede arbitrale, riteneva travolto l'effetto automatico ad esso connesso.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la Cooperativa Sociale sulla base di quattro motivi.

Tizia resiste con controricorso.

Punto centrale della questione è la relazione intercorrente tra il rapporto associativo e quello di lavoro.

Il licenziamento si pone come autonomo, ancorchè intimato contestualmente all'esclusione del socio. Osserva, altresì, che la sentenza impugnata è in contraddizione con il tenore letterale e l'interpretazione logica della L. n. 142 del 2001, come modificata con la L. n. 30 del 2003 (in ragione dell'espressione testuale in forza della quale "il socio lavoratore di cooperativa stabilisce con la propria adesione o successivamente... un ulteriore rapporto di lavoro").

La cooperativa quindi eccepito il licenziamento come effetto automatico della cessazione del rapporto sociale che legava la donna alla cooperativa evidenziando che l'impugnativa dell'atto di esclusione del socio e quella del licenziamento sono distinte ed autonome.

Secondo tale tesi il socio lavoratore deve chiedere sempre il ripristino in ambito giudiziale di entrambi i rapporti con distinte domande, le quali sono sempre comunque connesse per pregiudizialità.

In presenza di comportamenti che ledono il contratto sociale oltre che il rapporto di lavoro e da cui consegua tanto l'esclusione del socio quanto la sanzione del licenziamento, il principio secondo cui non è necessario un distinto atto di licenziamento non implica che quest'ultimo, ove intervenga, resti esente dal regime procedurale di cui alla L. n. 604 del 1966 e dalla L. n. 183 del 2010.

Da ciò la cooperativa sollevava l'inammissibilità del ricorso per il decorso del termine di decadenza. 4

La decisione della Corte di Cassazione.

Punto focale della questione è la ritenuta autonomia tra l'impugnativa dell'atto di esclusione del socio e l'impugnativa del licenziamento contestualmente intimato.

Tale premessa è smentita dalla elaborazione giurisprudenziale di legittimità sul punto.

Ed invero questa Corte, interpretando l'art. 5, comma 2, nel testo modificato dalla L. n. 30 del 2003 (il rapporto di lavoro si estingue con il recesso o l'esclusione del socio deliberati nel rispetto delle previsioni statutarie ed in conformità con gli artt. 2526 e 2527 c.c.), ha evidenziato l'intento del legislatore di affermare "la preminenza del rapporto associativo su quello di lavoro, recuperando alla dimensione societaria;e protezioni lavoristiche introdotte ex novo con la Legge Quadro del 2001, in evidente collegamento con la soppressione, nell'art. 1 del testo originario della legge di riforma, del riferimento ad un rapporto di lavoro non solo ulteriore ma anche distinto da quello associativo".

Ha affermato, pertanto, che:

"il legislatore ha, in particolare, previsto un rapporto di consequenzialità fra il recesso l'esclusione del socio e l'estinzione del rapporto di lavoro, che esclude la necessità, in presenza di comportamenti che ledono il contratto sociale oltre che il rapporto di lavoro, di un distinto atto di licenziamento, così come l'applicabilità delle garanzie procedurali connesse all'irrogazione di quest'ultimo".

Un simile rapporto "implica, tra l'altro, che, rimosso il provvedimento di esclusione, il socio avrà diritto alla ricostituzione del rapporto associativo e del concorrente rapporto di lavoro" (in tal senso Cass. n. 14741 del 5/1/2011, rv. 61/913; conforme Sez. L, Sentenza n. 2802 del 12/02/2015, Rv. 634384: "la delibera di esclusione del socio da una società cooperativa è sufficiente a determinare l'automatica estinzione del rapporto di lavoro, senza che sia necessario uno specifico atto e, licenziamento, trovando la posizione del socio lavoratore adeguata tutela nel disposto dell'art. 2533 cod. civ., che gli riconosce la facoltà di proporre opposizione al tribunale contro la delibera degli amministratori o, se previsto dall'atto costitutivo, dall'assemblea").

Ne consegue che correttamente, in linea con la descritta opzione ermeneutica, la Corte territoriale ha ritenuto travolto, a seguito della dichiarazione di illegittimità in sede arbitrale del provvedimento, l'effetto automatico del provvedimento medesimo sul rapporto di lavoro, talchè le censure in disamina risultano infondate.

Le disposizioni per l'istituzione delle sezioni specializzate in materia di impresa, secondo quanto previsto del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 2, comma 6 e convertito con modificazioni dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, trovano applicazione limitatamente ai giudizi instaurati successivamente al 20 settembre 2012 (centottantesimo dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, pubblicato in GU del 24 marzo 2012), laddove la controversia oggetto del giudizio è stata instaurata prima di tale data, il 6 luglio 2012.

 

LA MASSIMA

Il rapporto associativo è preminente rispetto al rapporto di lavoro, sussistendo una consequenzialità tra gli stessi. Per cui, in presenza di comportamenti lesivi di entrambi, non è necessario un distinto atto di licenziamento e, se il provvedimento di esclusione viene meno, il socio avrà diritto alla loro ricostituzione. Cass. 13 maggio 2016 n. 9916 

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