Il querelante non si presenta in udienza: è remissione tacita di querela!

L'assenza non giustificata della persona offesa querelante, che non sia costituita parte civile, implica una manifestazione di disinteresse dal processo ed un sostanziale disinteresse alla prosecuzione dello stesso.



Cass. Pen. n. 12417 del 23 marzo 2016.

L'assenza non giustificata della persona offesa querelante, che non sia costituita parte civile, implica una manifestazione di disinteresse dal processo ed un sostanziale disinteresse alla prosecuzione dello stesso, ossia una manifestazione tacita di voler rimettere la querela. Cass. Pen. n. 12417 del 23 marzo 2016.

La sentenza in commento riveste una rilevante importanza investendo un elemento di procedibilità dei reati a querela di parte, ovvero la presenza in udienza del querelante stesso.

Per l’orientamento giurisprudenziale fino ad oggi la mancata comparizione del querelante all'udienza non costituisce comportamento idoneo ad integrare la remissione di querela per assenza di una manifestazione inequivoca di volontà.

Dunque la mancata comparizione al processo del querelante anche nel caso in cui vi sia stato un espresso invito del giudice a presentarsi e nonostante l'eventuale l'avvertimento che l'omissione sarebbe considerata rinunzia alla querela, non costituirebbe tacita remissione di querela.

Più risalente nel tempo una pronuncia favorevole alla remissione tacita della querela è quella della Corte di Cassazione n. 31963 del 2001, "l'omessa comparizione in udienza del querelante costituisce remissione tacita di querela nell'ipotesi in cui essa sia stata preceduta dall'avvertimento, formulato dal giudice, che la sua assenza all'udienza successiva sarebbe stata interpretata in tal modo".

Tale orientamento è stato confermato poi da una più recente pronuncia della Suprema Corte, la n. 14063 del 2008, la quale, tra l'altro, ritiene che tale omissiva condotta del querelante realizzi una ipotesi di remissione tacita extraprocessuale.

La Sez. V della Cassazione nella sentenza in commento offre però spunti di riflessione tali da risultare in contrasto anche con la pronuncia delle sopra richiamate Sezioni Unite.

Se da un lato appare incontestabile il principio per il quale la persona offesa è libera di scegliere se presenziare o meno al processo instauratosi a seguito della presentazione di querela, non essendo previsto, in tal senso, alcun obbligo di partecipazione dalle norme del diritto positivo, nè essendo detto obbligo ricavabile in alcun modo in via interpretativa, dall’altro la persona offesa, nel processo instaurato a seguito della presentazione della querela è anche, anzi, principalmente, il teste principale, la cui mancata presentazione in dibattimento sicuramente appare rilevante in relazione al modello processuale come ridefinito dal quadro costituzionale delineato dall'art. 111 Cost., commi 3, 4 e 5.

Ed infatti da un lato l'imputato ha diritto di confrontarsi con il suo accusatore, sia esso dichiarante o semplice testimone, e, correlativamente, quest'ultimo non può sottrarsi al controesame, soprattutto se si tratta di semplice testimone - persona offesa e soprattutto se le prove a carico dell'imputato derivano essenzialmente dalle dichiarazioni della persona offesa.

Non è un caso, infatti, che il legislatore impone al testimone - persona offesa di giustificare la propria assenza all'udienza dibattimentale in cui lo stesso risulta regolarmente citato.

Per i giudici di legittimità si può quindi ragionevolmente ritenere che l'assenza non giustificata della persona offesa querelante, che non sia costituita parte civile, implica una manifestazione di disinteresse dal processo ed un sostanziale disinteresse alla prosecuzione dello stesso, ossia una manifestazione tacita di voler rimettere la querela.

La mancata comparizione del querelante, che non abbia giustificato il proprio impedimento, deve quindi essere considerata remissione tacita di querela, non potendosi, ad avviso del Collegio, ritenere che ciò non sarebbe possibile in quanto solo laddove il legislatore ne ha predeterminato gli effetti possa parlarsi di equivalenza alla remissione, mentre laddove non lo abbia fatto detto effetto debba escludersi, ciò per l'insuperabile considerazione che si tratta, ontologicamente, del medesimo comportamento, con la conseguenza che una lettura costituzionalmente orientata delle norme impone l'equivalenza degli effetti.

Tale principio vale a maggior ragione nel caso in cui alla persona offesa sia stato comunicato dal giudice che la mancata comparizione in udienza sarà ritenuta manifestazione di volontà di remissione di querela.

In tal caso tale comportamento deve essere qualificato come una vera e propria remissione tacita extraprocessuale di querela, in quanto il giudice, attraverso l'avviso notificato al querelante, segnala che l'omessa ed ingiustificata comparizione viene considerata dalla legge come remissione tacita di querela e che, quindi, il querelante può determinare la conclusione del processo attraverso un comportamento extraprocessuale concludente, ovvero può manifestare la sua volontà di proseguire la vicenda processuale comparendo in udienza o, quanto meno, giustificando il proprio impedimento.

LA MASSIMA

L'assenza non giustificata della persona offesa querelante, che non sia costituita parte civile, implica una manifestazione di disinteresse dal processo ed un sostanziale disinteresse alla prosecuzione dello stesso, ossia una manifestazione tacita di voler rimettere la querela. Tale principio vale a maggior ragione nel caso in cui alla persona offesa sia stato comunicato dal giudice che la mancata comparizione in udienza sarà ritenuta manifestazione di volontà di remissione di querela. Cass. Pen. n. 12417 del 23 marzo 2016; Conformi: Cass. Pen. n. 31963/2001; n. 14063/2008; n. 20018/2008 Difformi: S.U. n. 46088/2008; Cass. Pen. n. 44709/2009; Cass. Pen. n. 11142/2010

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