Investimenti in obbligazioni: quali responsabilità a carico della banca?

Gli obblighi informativi si pongono a monte di quelli inerenti all'inadeguatezza dell'operazione.



Il Caso

Un cliente/investitore citava in giudizio il proprio istituto bancario per chiedere la nullità un contratto di investimento, avente ad oggetto l'acquisto di titoli obbligazionari emessi dalla Repubblica Argentina per un importo di Euro 80.000,00 con conseguente condanna della banca alla restituzione di tale somma. In via subordinata veniva richiesta la risoluzione del predetto contratto, con condanna della banca al pagamento di una somma indicata in Euro 64.891,45. Alla base delle proprie richieste il cliente riteneva che l'operazione di investimento risultava essere nulla in ragione della disciplina di tutela dell'investitore per i contratti conclusi fuori sede e lamentava l'inosservanza della disciplina degli obblighi informativi in materia di intermediazione finanziaria. La banca nel costituirsi chiede ovviamente il rigetto di tutte le domande avanzate dal cliente.

In primo ed in secondo grado di giudizio il cliente vede respingersi dal Tribunale prima e dalla Corte d’Appello poi le proprie richieste, ma presenta ricorso in cassazione.

Il motivo alla base dell’impugnazione

Tra i motivi sollevati quello rilevante ai fini della fondatezza del ricorso secondo la Corte di legittimità riguarda l’asserita violazione degli obblighi informativi e di salvaguardia ex artt. 26, 28, 29 e 34 reg. Consob n. 11522/1998, nonchè la violazione dell'art. 21 e art. 23, comma 6, t.u.f., dell'art. 2 Cost. e degli artt. 1175, 1374 e 1375 c.c.

Per il ricorrente era l’intermediario finanziario a dover dar prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta, circostanza che non sarebbe avvenuta.

La decisione della Cassazione

I giudici di piazza Cavour ritengono fondata l’impugnazione della decisione della Corte di merito in quanto la stessa aveva accertato l'incompletezza delle informazioni rese e l'omessa segnalazione dei motivi di inadeguatezza dell'operazione e che tale circostanza rendeva superflua ogni indagine sulla qualità e completezza delle informazioni rese in merito al titolo acquistato, in quanto con la sottoscrizione dell'ordine ogni rischio sarebbe ricaduto solo in capo all’investitore.

La Corte ribadisce quindi che, l'esonero della banca dalla responsabilità in cui essa incorre per dare esecuzione ad un ordine inadeguato non dipende dalla semplice conferma scritta del cliente (o dalla registrazione dell'ordine, se impartito telefonicamente), rilevando, piuttosto, che il giudizio di inadeguatezza espresso dall'intermediario segua a una chiara esplicitazione delle avvertenze di cui all'art. 29, comma 3, reg. Consob n. 11522/1998: infatti, gli intermediari autorizzati, quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione.

Per i giudici di legittimità, infatti, è necessario avere riguardo anche a quanto disposto dall'art. 28, comma 2, reg. Consob, il quale prevede che gli intermediari autorizzati non possono effettuare operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo aver fornito all'investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento. Tali obblighi informativi si pongono a monte di quelli inerenti all'inadeguatezza dell'operazione.

E' da considerare come una appropriata attività informativa con riguardo all'operazione finanziaria o al servizio di investimento debba sempre precedere la formalizzazione dell'ordine, sicchè l'intermediario, anche quando si pronunci nel senso dell'inadeguatezza, è tenuto a rendere edotto il proprio cliente del reale contenuto e delle implicazioni dell'operazione. L'investitore deve sempre essere portato a conoscenza circa la natura, i rischi e le implicazioni della specifica operazione o del servizio, ciò al fine di consentire allo stesso una consapevole scelta di investimento o disinvestimento.

Come già ribadito in altre pronunce della Suprema Corte (Cass. 26 gennaio 2016, n. 1376) l'obbligo informativo deve avere ad oggetto la natura e le caratteristiche peculiari del titolo, con particolare riferimento alla rischiosità del prodotto finanziario offerto, la precisa individuazione del soggetto emittente, il rating nel periodo di esecuzione dell'operazione ed il connesso rapporto tra il rendimento e il rischio, eventuali carenze di informazioni circa le caratteristiche concrete del titolo (situazioni cd. di "grej market") e l'avvertimento circa il pericolo di un imminente default dell'emittente.

La Cassazione conclude quindi accogliendo il ricorso dell’investitore, ritenendo che la Corte territoriale abbia errato nel ritenere che la conferma dell'ordine supplisca al difetto di attività informativa, poichè solo in presenza di un preciso riscontro quanto all'adempimento dell'obbligo informativo la scelta di dar corso all'operazione finanziaria assume il portato di una scelta libera e consapevole da parte dell'interessato.

LA MASSIMA

L'esonero della banca dalla responsabilità in cui essa incorre per dare esecuzione ad un ordine inadeguato non dipende dalla semplice conferma scritta del cliente (o dalla registrazione dell'ordine, se impartito telefonicamente), rilevando, piuttosto, che il giudizio di inadeguatezza espresso dall'intermediario, segua a una chiara esplicitazione delle avvertenze di cui all'art. 29, comma 3, reg. Consob n. 11522/1998 secondo cui gli intermediari autorizzati, quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione.  Cass. civ. 29001 del 5 dicembre 2017.

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