Responsabilità dell'avvocato: vale la regola del "il più probabile che non".

Nell'accertamento del nesso di causalità nella responsabilità dell'avvocato è da applicarsi la regola del "più probabile che non"?



La regola del "più probabile che non" in relazione al nesso di causalità in materia di responsabilità civile deve applciarsi anche ai casi di responsabilità professionale per condotta omissiva?

La Corte di Cassazione chiamata a pronunciarsi afferma che il principio predetto deve applicarsi anche ai casi di responsabilità professionale per condotta omissiva.

La decisione della Cassazione prende le mosse da una responsbailità professionale per negligenza di due avvocati in relazione alla mancata riassunzione del giudizio di rinvio a seguito della cassazione di un ricorso per licenziamento illegittimo, con la conseguente prescrizione del diritto vantato dal loro assistito.

  • IL CASO

?Tizio ha convenuto in giudizio gli avvocati per vedere accertata la loro responsabilità professionale per negligenza in relazione alla mancata riassunzione del giudizio di rinvio a seguito di cassazione, concernente un ricorso per licenziamento illegittimo, con conseguente prescrizione del diritto vantato dal loro assistito.

Uno dei due avvocati ha chiamato in causa la Assicurazioni Generali s.p.a., chiedendo di essere manlevato in caso di accoglimento delle pretese attoree.

Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 7820 del 2013, ritenne la responsabilità professionale dei convenuti, ma rigettò la richiesta di risarcimento per mancanza di prova in ordine ai danni che Tizio asseriva di aver subito.

La sentenza venne impugnata da Tizio in via principale, in relazione all'affermazione del difetto di prova del danno risarcibile, e dagli avvocati in via incidentale, quanto all'accertamento della loro responsabilità professionale.

La Assicurazioni Generali s.p.a. si costituì anche in grado di appello.

La Corte di appello di Milano, con sentenza pubblicata il 27 novembre 2014, in parziale accoglimento dell'appello principale, condannò i due avvocati in solido al risarcimento del danno subito da Tizio, quantificato in:

- Euro 45.029,28 per importi percepiti dal datore di lavoro Banca Profilo in ottemperanza della sentenza di primo grado e da restituire, oltre interessi legali;

- Euro 6.000,00 per spese legali per il medesimo titolo, oltre interessi legali;

- Euro 9.743.37 per compensi del legale di fiducia di quel grado, oltre interessi legali;

- Euro 24.962,0 per perdita di chance (indennità sostitutiva), oltre interessi dal licenziamento (12 gennaio 1994);

- Euro 91.527,63 per perdita di chance (indennità suppletiva), oltre interessi dal licenziamento (12 gennaio 1994);

- Euro 1.224,00 per onorari corrisposti all'avv.  per attività professionale non effettivamente svolta;

il tutto oltre al pagamento delle spese del grado.

Condannò inoltre la Assicurazioni Generali s.p.a. manlevare uno dei due avvocati da quanto fosse stato costretto a pagare a Tizio per le ragioni sopra esposte.

Avverso tale decisione ricorrono separatamente gli avvocati, cui resistono con controricorso Tizio e la Generali Italia s.p.a. (nuova denominazione nel frattempo assunta dalla Assicurazioni Generali s.p.a.).

Quest'ultima propone altresì ricorso incidentale, affidato a due motivi, relativo alla posizione di unon degli avvocati, cui resistono con controricorso lo stesso avvocato e Tizio.

  • La decisione della Corte di Cassazione

Per quanto concerne l'applicazione delle norme di tema di causalità la Corte, dopo aver esaminato questioni di rito e procedurali, ha osservato che la Corte d'appello ha impiegato un criterio probabilistico ai fini non solo dell'individuazione del nesso di causalità, ma anche - e soprattutto - del danno.

Infatti, ricorrendo nella specie un caso di responsabilità professionale per condotta omissiva, l'esito del giudizio che gli avvocati hanno omesso di incardinare è meramente ipotetico e deve costituire oggetto di un accertamento prognostico nel quale il tema dell'evento di danno e quello del nesso di causalità risultano inevitabilmente connessi sul piano della causalità materiale (i.e. della relazione etiologica condotta/evento).

La Corte ha ripetutamente affermato che, nell'accertamento del nesso causale in materia di responsabilità civile, vige la regola della preponderanza dell'evidenza o del "più probabile che non", a differenza che nel processo penale, ove vige la regola della prova "oltre il ragionevole dubbio" (Sez. Un, Sentenza n. 576 del 11/01/2008, Rv. 600899; più di recente, fra le molte: Sez. 3, Sentenza n. 22225 del 20/10/2014, Rv. 632945; Sez. Sentenza n. 23933 del 22/10/2013, Rv. 629110; Sez. 3, Sentenza n. 21255 del 17/09/2013, Rv. 628702).

  • Tale criterio va preso in riferimento anche nei casi di responsabilità professionale per condotta omissiva?

La Corte di Cassazione afferma che tale criterio va tenuto fermo anche nei casi di responsabilità professionale per condotta omissiva (qual quello in esame): il giudice, accertata l'omissione di un'attività invece dovuta in base alle regole della professione praticata, nonchè l'esistenza di un danno che probabilmente ne è la conseguenza, può ritenere, in assenza di fattori alternativi, che tale omissione abbia avuto efficacia causale diretta nella determinazione del danno.

Occorre, tuttavia, distinguere fra l'omissione di condotte che, se tenute, sarebbero valse ad evitare l'evento dannoso, dall'omissione di condotte che, viceversa, avrebbero prodotto un vantaggio.

In entrambi casi possono ricorrere gli estremi per la responsabilità civile, ma nella prima ipotesi l'evento dannoso si effettivamente verificato, quale conseguenza dell'omissione; nell'altra, il danno (che, se patrimoniale, sarebbe da lucro cessante) deve costituire oggetto di un accertamento prognostico, dato che il vantaggio patrimoniale che il danneggiato avrebbe tratto dalla condotta altrui, che invece è stata omessa, non si realmente verificato e non può essere empiricamente accertato.

Nel caso di responsabilità professionale degli avvocati dei commercialisti per omessa impugnazione (anche degli atti d'imposizione di tributi), ricorre la seconda delle ipotesi innanzi considerate, poichè l'esito del giudizio che si sarebbe dovuto intraprendere e rispetto al quale, invece, il professionista ha lasciato decorrere i termini, non può essere accertato in via diretta, ma solo in via presuntiva e prognostica.

Pertanto, in tema di responsabilità del prestatore di opera intellettuale nei confronti del proprio cliente per negligente svolgimento dell'attività professionale, quando si tratta di attività del difensore, l'affermazione della responsabilità per colpa implica una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole dell'azione giudiziale che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente seguita (Sez. 3, Sentenza n. 10966 del 09/06/2004, Rv. 573480; (Sez. 3, Sentenza n. 9917 del 26/04/2010, Rv. 612727; Sez. 3, Sentenza n. 2638 del 05/02/2013, Rv. 625017).

In sostanza, nei casi come quello in esame, l'accertamento del nesso causale si estende con medesimi criteri probabilistici - anche alle conseguenze dannose risarcibili sul piano della causalità giuridica (i.e. della relazione etiologica evento/conseguenze), ossia al mancato vantaggio che, ove l'attività professionale fosse stata svolta con la dovuta diligenza, il cliente avrebbe conseguito.

Di tale danno, in queste circostanze, non può richiedersi una prova rigorosa e certa, incompatibile con la natura di un accertamento necessariamente ipotetico, in quanto riferito a un evento non verificatosi, per l'appunto, a causa dell'omissione.

La Corte ha quindi enunciato il seguente principio di diritto:

"In tema di responsabilità per colpa professionale consistita nell'omesso svolgimento di un'attività da cui sarebbe potuto derivare un vantaggio personale patrimoniale per il cliente, la regola della preponderanza dell'evidenza, o "del più probabile che non", si applica non solo all'accertamento del nesso di causalità fra l'omissione e l'evento di danno, ma anche all'accertamento del nesso tra quest'ultimo, quale elemento costitutivo della fattispecie, e le conseguenze dannose risarcibili, posto che, trattandosi di evento non verificatosi proprio a causa dell'omissione, lo stesso può essere indagato solo mediante un giudizio prognostico sull'esito che avrebbe potuto avere l'attività professionale omessa".

La Corte afferma che, in applicazione di tale principio di diritto, i ricorsi sono infondati nella parte in cui postulano che l'affermazione della responsabilità professionale degli avvocati per una condotta omissiva sarebbe dovuta essere preceduta dal raggiungimento della prova certa circa dell'esito favorevole del giudizio di rinvio, anzichè dalla sola valutazione di un'elevata probabilità di vittoria.

Dunque è erronea l'affermazione, presente in entrambi i ricorsi, secondo cui sarebbe dovuto essere onere di Tizio dimostrare la piena fondatezza delle sue domande.

Correttamente, la Corte d'appello ha formulato un giudizio prognostico che - diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti - tiene conto degli ulteriori accertamenti di fatto che avrebbe dovuto svolgere il giudice di rinvio, ma perviene comunque alla conclusione del probabile esito favorevole dell'azione che non è stata diligentemente coltivata, sulla base degli stringenti vincoli posti giudice del rinvio dalla sentenza della Corte di cassazione.

A questo punto, la questione dibattuta si sposta sul contenuto dei principi di diritto formulati nel giudizio di cassazione.

Sotto tale profilo, però, entrambi i ricorsi risultano carenti del requisito dell'autosufficienza.

Poichè la corte d'appello ha fondato la propria valutazione probabilistica circa l'esito favorevole della lite negligentemente abbandonata dagli avvocati, argomentando in base ai vincoli che i principi di diritto affermati dalla Cassazione nella sentenza rescindente avrebbero posto all'accertamento demandato al giudice del rinvio, sarebbe stato onere dei ricorrenti produrre copia di tale sentenza. Infatti, conoscere il contenuto di quella sentenza sarebbe stato decisivo al fine di verificare se davvero i principi di diritto erano così stringenti da rendere improbabile un esito del giudizio di rinvio non favorevole a Tizio appena il caso di osservare che la sentenza di cassazione con rinvio è stata pronunciata da questa Corte in un giudizio diverso da quello per responsabilità professionale degli avvocati e quindi ne costituisce un mero antecedente logico fattuale, il cui effettivo contenuto questa Corte non può verificare d'ufficio, in mancanza della sua produzione a cura della parte onerata.

 

LA MASSIMA

In tema di responsabilità per colpa professionale consistita nell'omesso svolgimento di un'attività da cui sarebbe potuto derivare un vantaggio personale patrimoniale per il cliente, la regola della preponderanza dell'evidenza, o "del più probabile che non", si applica non solo all'accertamento del nesso di causalità fra l'omissione e l'evento di danno, ma anche all'accertamento del nesso tra quest'ultimo, quale elemento costitutivo della fattispecie, e le conseguenze dannose risarcibili, posto che, trattandosi di evento non verificatosi proprio a causa dell'omissione, lo stesso può essere indagato solo mediante un giudizio prognostico sull'esito che avrebbe potuto avere l'attività professionale omessa. Cass. 24 ottobre 2017 n. 25112

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