Ricorso in Cassazione presentato personalmente dall'imputato: validità alla luce della riforma

L'imputato potrà presentare personalmente impugnazioni avverso provvedimenti ad eccezione del ricorso in cassazione che sarà di esclusiva competenza del difensore abitato



L'impugnazione proposta personalmente dall'imputato in Cassazione non sarà più possibile a seguito dell'entrata in vigore della Legge n. 103 del 2017. Cass. pen. n. 53330 del 23 novembre 2017.

La riforma introdotta con la Legge n. 103 del 2017, che riguarda la disciplina delle impugnazioni, prevede la possibilità per l'imputato di presentare personalmente l'impugnazione avverso un provvedimento, ad eccezione però del ricorso in cassazione.

La norma prevede espressamente che l'imputato non potrà né redigere né presentare personalmente il ricorso per cassazione nonché tutti gli eventuali gli atti successivi, in quanto unica figura che potrà procedere sia a redigere il ricorso che alla presentazione sarà esclusivamente l’avvocato abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori.

Come verranno considerati i ricorsi presentati personalmente dall’imputato prima dell’entrate in vigore della riforma?

La Corte di legittimità si è espressa in merito affermando la valenza del principio giuridico del “tempus regit actum”, per cui in sostanza laddove non vi siano specifiche norme che vadano a regolare la fase transitoria tra vecchia e nuova norma, i ricorsi depositati personalmente dall’imputato prima della riforma verranno trattati dalla Suprema Corte anche se in tempi successivi all’entrata in vigore della Legge n. 103 del 2007, in quanto varrà il momento dell’emissione del provvedimento impugnato e non quello in cui viene proposta l’impugnazione.

In tema di procedimento dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione, per effetto di quanto previsto dall'art. 1, comma 54, l. n. 103/2017, deve essere esclusa la possibilità per l'imputato di presentare personalmente ricorso in Cassazione stessa

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