DIRITTO COMUNITARIO. Aiuti di Stato. Respononsabilitą  extracontrattuale delle Istituzioni. Violazione del segreto professionale. Risarcimento del danno morale. Trib. I grado C.e.e. 08 novembre 2011.



Nota della Dott.ssa Lucia Antonazzi

Nella  vicenda posta all’attenzione del Tribunale un cantiere navale commissionava ad un’ impresa di costruzioni quattro grandi serbatoi per il trasporto di gas liquido su navi  C. 196 e C. 197 e  per le motonavi gemelle C. 188 e C. 189, la cui costruzione costituiva oggetto di aiuti al funzionamento disciplinati e autorizzati dal regolamento (CE) del Consiglio 29 giugno 1998, n. 1540, al ricorrere di determinate condizioni e passibili di proroga, autorizzata dalla Commissione previa presentazione di apposita domanda da parte dello Stato membro, qualora ciò fosse giustificato dalla complessità tecnica del progetto, da ritardi dovuti a modifiche inattese, serie e giustificabili del programma di lavoro di un cantiere, se legate a circostanze eccezionali, imprevedibili ed estranee all'impresa. 
Notificata dalla Repubblica italiana alla Commissione domanda di proroga del termine inizialmente previsto per la consegna delle navi, la Commissione con la propria decisione, rileva che nel corso della costruzione delle motonavi C. 188 e C. 189 il RINA (Registro italiano navale), organismo italiano di certificazione, ha dichiarato non idonei i serbatoi che l’impresa  stava costruendo per le predette navi, avendovi riscontrato dei difetti. I serbatoi originariamente destinati alle navi C. 188 e C. 189, nuovamente commissionati ad altro costruttore, venivano quindi installati nelle navi C. 197 e C. 196. 
A tal fine la Commissione ha ritenuto “quanto meno eccezionale” l'impossibilità dell'impresa costruttrice dei serbatoi di fabbricarli in conformità alle norme di certificazione prescritte e di consegnarli entro i termini pattuiti,  osservando che questo aveva causato problemi imprevedibili e costretto il cantiere a rivolgersi ad altro fornitore  stante l’inadempimento degli obblighi contrattuali originariamente assunti dall’impresa costruttrice.  
Le valutazioni svolte dalla Commissione, qualora fossero state ritenute riservate dalle autorità italiane, potevano non essere divulgate previa presentazione di apposita domanda in tal senso. Non essendo stata presentata alcuna domanda, la decisione venne pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Intorno al carattere riservato delle informazioni rese note dalla Commissione con specifico riferimento ai passibili danni cagionati dalla loro divulgazione, si sviluppa il procedimento instaurato dinnanzi al Tribunale per ottenere la condanna della Commissione al pagamento di una somma, a titolo di risarcimento del danno materiale e morale, asseritamente subiti dall’impresa ritenuta inadempiente, dal suo amministratore delegato e dal  presidente del consiglio di amministrazione, comprensiva degli interessi  compensativi e moratori rivalutati. A tal fine si richiede altresì la riabilitazione dell’immagine dei soggetti lesi con le modalità ritenute più idonee.
In materia di responsabilità extracontrattuale della Comunità europea è l’art. 288, secondo comma, CE, che obbliga quest’ultima a risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell'esercizio delle loro funzioni. Tuttavia perché sussista tale responsabilità la giurisprudenza richiede l'illiceità del comportamento addebitato all'istituzione, l'effettività del danno e l'esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento fatto valere e il danno lamentato, quali condizioni che devono sussistere cumulativamente altrimenti le pretese risarcitorie devono essere interamente respinte, senza che sia necessario esaminare se gli altri due presupposti sono soddisfatti.
Sulla base delle linee guida offerte dalla giurisprudenza per ognuno dei requisiti summenzionati, il Tribunale valuta la domanda di risarcimento dei danni morali che l’impresa avrebbe subito a causa del comportamento illecito posto in essere dalla Commissione,  ad avviso dei ricorrenti, sia sotto il profilo della violazione dei principi di buon andamento dell'amministrazione, di diligenza e di rispetto dei diritti della difesa, in forza dei quali la Commissione avrebbe dovuto dare all’impresa  l'opportunità di presentarle osservazioni; sia con riferimento alla violazione del segreto professionale, in ragione del quale la Commissione avrebbe dovuto astenersi dall'indicare, citandola per nome, l’impresa ritenuta inadempiente, diversamente violando, al contempo, anche principio di proporzionalità.
Sotto il primo profilo, osservando che nel procedimento di controllo degli aiuti di Stato, di cui all'art. 88 CE, gli interessati diversi dallo Stato membro non possono pretendere di aver essi stessi diritto a un dibattito in contraddittorio con la Commissione, quale quello previsto in favore di detto Stato membro,  e non essendo comunque la Commissione  tenuta,  se non nella fase conclusiva (art. 88 comma 2 CE), ad intimare agli interessati di presentare le proprie osservazioni, dichiara infondate le censure dei ricorrenti.
Per quanto riguarda il secondo comportamento illecito contestato alla Commissione e concernente la violazione del segreto professionale  il regolamento n. 659/1999 conferma l'obbligo, previsto in linea generale dall’art. 287 CE, del rispetto del segreto professionale della Commissione nell'ambito specifico degli aiuti di Stato per tutte quelle informazioni per loro natura protette, in particolare quelle relative alle imprese e riguardanti i loro rapporti commerciali ovvero gli elementi dei loro costi. Rispetto a tale obbligo, diretto a tutelare i diritti conferiti ai soggetti dell'ordinamento comunitario, la Commissione non dispone di una discrezionalità che le consente di discostarsi, in un caso concreto, dalla regola di riservatezza
E’ stata, tuttavia, la giurisprudenza ha precisare, in materia, che possono considerarsi riservate  le informazioni  o segreti commerciali, conosciute soltanto da un numero ristretto di persone, qualora secondo una ponderazione degli interessi legittimi coinvolti, la loro divulgazione sia lesiva di interessi meritevoli di tutela e sia idonea a causare un danno grave alla persona che le ha fornite o a terzi.
Ciò premesso, il Tribunale  considera l'informazione secondo la quale, l’impresa costruttrice non è stata in grado di consegnare serbatoi conformi alle norme in vigore e alle condizioni contrattuali  pattuite con il committente, di ordine riservato; che conseguentemente l’impresa, nella specie, vantava un interesse oppositivo alla sua divulgazione meritevole di tutela, con la lesione del quale la Commissione ha ragionevolmente causato un danno alla stessa, anche considerato il carattere sproporzionato della divulgazione rispetto all'oggetto della decisione controversa. 
Di conseguenza, la divulgazione di fatti e valutazioni,  che  hanno presentato l’impresa interessata  come incapace di fornire prodotti conformi alle norme in vigore e di rispettare i suoi obblighi contrattuali, ha integrato una violazione dell'obbligo di segreto professionale previsto dall'art. 287 CE, tale da far sorgere una responsabilità extracontrattuale in capo alla Comunità, ai sensi dell'art. 288, secondo comma, CE.
Accertato un danno certo e valutabile, causato in modo diretto dalla divulgazione di fatti e valutazioni specifiche, consistente nella lesione all’immagine e alla reputazione dell’impresa interessata, il Tribunale stabilisce il quantum del risarcimento per il danno morale subito. Viene riconosciuto all’impresa un equo indennizzo comprensivo delle conseguenze sfavorevoli della svalutazione monetaria, che per giurisprudenza costante, allorché ricorrono gli estremi della responsabilità extracontrattuale della Comunità, non possono essere ignorate. 
A tal fine il Tribunale condanna la Commissione a pagare sull’importo dell’indennizzo, interessi compensativi, a partire dalla pubblicazione della decisione censurata, fino alla pronuncia della presente sentenza,  e interessi moratori a partire dalla data di pronuncia della presente sentenza fino al completo pagamento di detta indennità, al tasso fissato dalla BCE per le operazioni principali di rifinanziamento, applicabile per il periodo considerato, maggiorato di due punti. 
Rigetta, invece,  la richiesta di risarcimento dei danni patrimoniali per mancanza di prove sufficienti in ordine alla esistenza di un danno certo e valutabile, causalmente collegato al comportamento scorretto della Commissione e dichiara infondata la domanda di riabilitazione dell’immagine dell’impresa per difetto di una specifica domanda volta all’accertamento della correttezza o meno delle valutazioni compiute dalla Commissione.
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Tribunale I grado C.e.e.  sez. IV  08 novembre 2011 n. 88
1 La I. Srl è un'impresa di costruzione navale operante segnatamente nel settore caldareria. I sigg. A. e R. C. detengono ciascuno il 50% del capitale sociale della I. e ne sono rispettivamente il presidente del consiglio di amministrazione e l'amministratore delegato. In prosieguo, la I. e i sigg. C. sono indicati congiuntamente come i «ricorrenti» .
2 Nel 2002, il Cantiere navale De P. SpA (in prosieguo: la «De P.») ha commissionato alla I. quattro grandi serbatoi per il trasporto di gas liquido sulle navi C. 188 e C. 189, di cui la De P. assicurava la costruzione.
3 La costruzione delle navi C. 188 e C. 189 costituiva oggetto di aiuti al funzionamento disciplinati dal regolamento (CE) del Consiglio 29 giugno 1998, n. 1540, relativo agli aiuti alla costruzione navale (GU L 202, pag. 1). In forza dell'art. 3, nn. 1 e 2, di tale regolamento, gli aiuti al funzionamento concessi ai cantieri navali erano autorizzati a talune condizioni, segnatamente che essi non fossero concessi per navi consegnate dopo oltre tre anni dalla data della firma del contratto definitivo di costruzione. Tuttavia, in forza dell'art. 3, n. 2, del medesimo regolamento, la Commissione delle Comunità europee era autorizzata a prorogare tale termine qualora ciò fosse giustificato dalla complessità tecnica del progetto di costruzione navale in questione o da ritardi dovuti a perturbazioni inattese, serie e giustificabili del programma di lavoro di un cantiere, dovute a circostanze eccezionali, imprevedibili ed estranee all'impresa. Tale proroga del termine poteva essere autorizzata dalla Commissione soltanto se lo Stato membro in causa le notificava una domanda di proroga, conformemente all'art. 2 del regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell'articolo 93 [CE] (GU L 83, pag. 1).
4 L'11 dicembre 2003, la Repubblica italiana ha notificato alla Commissione una domanda di proroga del termine inizialmente previsto per la consegna di navi, comprese le navi C. 188 e C. 189, di cui la De P. assicurava segnatamente la costruzione, in forza dell'art. 3, n. 2, del regolamento n. 1540/98.
5 Nel periodo tra il 5 febbraio e il 18 ottobre 2004, la Commissione ha chiesto ripetutamente alle autorità italiane informazioni supplementari in merito alla loro domanda di proroga del termine inizialmente previsto per la consegna delle navi. Dette autorità hanno risposto alle richieste della Commissione entro i termini impartiti.
6 Il 30 dicembre 2004, la Commissione ha notificato alla Repubblica italiana la propria decisione 30 dicembre 2004, C (2002) 5426 def., «Aiuti di Stato - Italia - Aiuto di Stato N 586/2003, N 587/2003, N 589/2003 e C 48/2004 (ex N 595/2003) - Proroga del termine di tre anni stabilito per la consegna di una nave petrolchimica - Invito a presentare osservazioni a norma dell'articolo 88, paragrafo 2, [CE]» (in prosieguo: la «decisione controversa»).
7 Nella decisione controversa la Commissione, da una parte, ha concesso, in esito alla fase preliminare di esame degli aiuti notificati, una proroga dei termini di consegna previsti per le navi costruite dalla De P., avendo ritenuto che le condizioni di cui all'art. 3, n. 2, del regolamento n. 1540/98 fossero soddisfatte e, dall'altra, ha deciso di avviare il procedimento di indagine formale di cui all'art. 88, n. 2, CE riguardo alla domanda di proroga del termine di consegna di una nave petrolchimica costruita da un altro cantiere navale.
8 Per quanto riguarda l'esame, da parte della Commissione, della domanda di proroga dei termini di consegna previsti per le navi costruite dalla De Poli, la Commissione rileva, al punto 10, iii), della decisione controversa, quanto segue:
«Per quanto riguarda le navi C. 196 e C. 197, il cantiere aveva commissionato a I.(...), uno dei maggiori costruttori di serbatoi, la costruzione di serbatoi di carico per le motonavi C. 188 e C. 189, navi gemelle delle costruzioni C. 196 e C. 197. Nel corso della costruzione delle motonavi C. 188 e C. 189 il RINA (Registro italiano navale), organismo italiano di certificazione, ha dichiarato non idonei i serbatoi che I. stava costruendo per le predette navi, avendovi riscontrato dei difetti.
(...) I serbatoi originariamente destinati alle navi C. 188 e C. 189, nuovamente commissionati ad un altro costruttore (...), sarebbero quindi stati installati nelle navi C. 197 e C. 196, determinando un ritardo complessivo di 6 mesi nella loro consegna oltre il termine del 31.12.2003.
(...) I serbatoi di carico sono un componente indispensabile, affinché la motonave possa essere autorizzata al trasporto di gas liquido (...)[;] le autorità italiane affermano che i serbatoi utilizzati nelle navi C. 188 [e] C. 189 - e nelle navi gemelle C. 196 e C. 197 - devono soddisfare rigorose norme di qualità e sicurezza navale. Inoltre, secondo quanto dichiarato dalle autorità italiane, vista l'esperienza d'I., il cantiere [navale gestito dalla De P.] non avrebbe potuto prevedere che il RINA si sarebbe espresso negativamente in merito alla idoneità dei serbatoi delle motonavi C. 188 e C. 189. Le autorità italiane precisano altresì che a fronte di questa avversità, il cantiere si è immediatamente prodigato a cercare degli altri fornitori sul mercato. [La società G.] è stato l'unico fornitore disposto a produrre i nuovi serbatoi che, a quanto risulta, non potevano essere consegnati prima del 31.1.2004 e del 31.3.2004, per cui il cantiere è stato costretto a chiedere una dilazione del termine di consegna. (...)».
9 Al punto 28, terzo comma, della decisione controversa, la Commissione considera che «riguardo ai serbatoi, si rileva che l'impossibilità dell'impresa I., costruttore dei serbatoi, di fabbricare i serbatoi (un componente essenziale della nave) in conformità alle norme di certificazione prescritte e la conseguente impossibilità di consegnare i medesimi entro i termini pattuiti è quanto meno eccezionale».
10 La Commissione stima, al punto 29, terzo comma, della decisione controversa che, «per quanto riguarda i serbatoi, si constata che i problemi causati dall'impossibilità di I.di consegnare i serbatoi, componente necessario per l'utilizzo della motonave ai fini commerciali in condizioni di esercizio autorizzate, erano anch'essi imprevedibili».
11 Il punto 31 della decisione controversa così si legge:
«Il costruttore non ha consegnato i serbatoi conformemente agli obblighi contrattuali e il cantiere [navale] ha dovuto commissionare tali componenti ad un altro fornitore, ritardando ulteriormente l'ultimazione delle navi C. 196 e C. 197 (...). Il mancato rispetto della scadenza di consegna delle forniture necessarie è estraneo alla volontà della [De P. che] non aveva modo di intervenire (...)».
12 Inoltre, nella tabella 1 della decisione controversa, viene segnatamente indicato che «l'inidoneità dei serbatoi difettosi delle navi gemelle C. 188 e C. 189, in fase di costruzione più avanzata, ha costretto il cantiere ad installarvi i serbatoi destinati alle navi C. 196 e C. 197».
13 Infine, l'ultimo punto della decisione controversa quale notificata alla Repubblica italiana il 30 dicembre 2004, indica quanto segue:
«Qualora la presente lettera dovesse contenere informazioni riservate da non divulgare si prega di informarne la Commissione entro quindici giorni lavorativi dalla data di ricezione della presente. Ove non riceva una domanda motivata in tal senso entro il termine indicato, la Commissione presumerà l'esistenza del consenso alla comunicazione del testo integrale della lettera nella lingua facente fede al seguente indirizzo internet».
14 Le autorità italiane non hanno trasmesso alla Commissione domande di omettere la divulgazione di talune informazioni contenute nella decisione controversa per ragioni di riservatezza delle medesime.
15 La decisione controversa è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea del 18 febbraio 2005 (GU C 42, pag. 15).
Procedimento e conclusioni delle parti
16 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 27 febbraio 2009, i ricorrenti hanno proposto il presente ricorso per risarcimento danni.
17 L'11 marzo 2009, il presidente della Seconda Sezione del Tribunale ha respinto la richiesta di anonimato e di riservatezza dei dati presentata dai ricorrenti. Il 2 aprile 2009, investito della domanda di questi ultimi, ha nuovamente respinto la loro richiesta iniziale di anonimato e di riservatezza dei dati.
18 Poiché la composizione delle sezioni del Tribunale è stata modificata, il giudice relatore è stato assegnato alla Quarta Sezione, cui la presente causa è stata, conseguentemente, attribuita.
19 Le parti sono state sentite nelle loro difese e nelle loro risposte ai quesiti posti dal Tribunale nel corso dell'udienza dell'8 febbraio 2011.
20 I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:
- condannare la Commissione al pagamento di una somma, a titolo di risarcimento del danno materiale, pari a EUR 5 459 641,28, o di altra somma eventualmente determinata dal Tribunale, rivalutata a decorrere dalla data di pubblicazione della decisione controversa fino alla data della pronuncia della sentenza e maggiorata degli interessi moratori a partire dalla data della pronuncia della sentenza fino al completo pagamento di tale somma, al tasso d'interesse fissato dalla Banca centrale europea (BCE) per le operazioni principali di rifinanziamento, maggiorato di due punti;
- condannare la Commissione al pagamento di una somma, a titolo di risarcimento del danno morale, da una parte, a favore della I. e, dall'altra, dei sigg. C. ciascuna da determinarsi secondo equità e pari ad una percentuale significativa, dell'ordine del 30-50%, della somma concessa per il danno materiale, rivalutata a partire dalla data della pubblicazione della decisione controversa fino alla data della pronuncia della sentenza e maggiorata degli interessi moratori a decorrere dalla data della pronuncia della sentenza fino al pagamento completo di tale somma, al tasso fissato dalla BCE per le operazioni principali di rifinanziamento, maggiorato di due punti;
- condannare la Commissione alla riabilitazione dell'immagine della I. e dei sigg. C. mediante le modalità che esso ritiene più idonee come una pubblicazione ad hoc nella Gazzetta ufficiale o una lettera indirizzata ai maggiori operatori del settore, ordinando la rettifica delle informazioni relative alla I. nella decisione controversa;
- condannare la Commissione alle spese.
21 La Commissione chiede che il Tribunale voglia:
- rigettare il ricorso;
- condannare i ricorrenti alle spese.
In diritto
22 A termini dell'art. 288, secondo comma, CE, in materia di responsabilità extracontrattuale, la Comunità europea deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell'esercizio delle loro funzioni.
23 Secondo una giurisprudenza costante, ai sensi dell'art. 288, secondo comma, CE, la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale della Comunità per comportamento illecito dei suoi organi presuppone che siano soddisfatte varie condizioni, vale a dire l'illiceità del comportamento addebitato all'istituzione, l'effettività del danno e l'esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento fatto valere e il danno lamentato (sentenze della Corte 29 settembre 1982, causa 26/81, Oleifici Mediterranei/CEE, Racc. pag. 3057, punto 16, e del Tribunale 14 dicembre 2005, causa T-383/00, Beamglow/Parlamento e a., Racc. pag. II-5459, punto 95).
24 Per quanto attiene anzitutto alla condizione relativa all'illiceità del comportamento addebitato all'istituzione o all'organo in questione, la giurisprudenza esige che si dimostri l'esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che ha l'obiettivo di conferire diritti ai soggetti dell'ordinamento (sentenza della Corte 4 luglio 2000, causa C-352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione, Racc. pag. I-5291, punto 42). Per quanto riguarda la condizione per cui la violazione deve essere sufficientemente qualificata, il criterio decisivo che consente di ritenere che essa sia soddisfatta è quello della violazione grave e manifesta, commessa dall'istituzione o dall'organo comunitario in questione, dei limiti posti al suo potere discrezionale. Quando tale istituzione o tale organo dispone solo di un margine di discrezionalità considerevolmente ridotto, se non addirittura inesistente, la semplice trasgressione del diritto comunitario può essere sufficiente per dimostrare l'esistenza di una violazione sufficientemente qualificata (sentenze della Corte 10 dicembre 2002, causa C-312/00 P, Commissione/Camar e Tico, Racc. pag. I-11355, punto 54, e del Tribunale 12 luglio 2001, cause riunite T-198/95, T-171/96, T-230/97, T-174/98 e T-225/99, Comafrica e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, Racc. pag. II-1975, punto 134).
25 Inoltre, per quanto riguarda la condizione relativa all'effettività del danno, la responsabilità della Comunità può sussistere solo se il ricorrente ha effettivamente subito un danno «certo e valutabile» (sentenze della Corte 27 gennaio 1982, cause riunite 256/80, 257/80, 265/80, 267/80 e 5/81, Birra Wührer e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. 85, punto 9, e De Franceschi/Consiglio e Commissione, causa 51/81, Racc. pag. 117, punto 9; sentenza del Tribunale 16 gennaio 1996, causa T-108/94, Candiotte/Consiglio, Racc. pag. II-87, punto 54). Spetta al ricorrente fornire elementi di prova al giudice comunitario al fine di provare la realtà e l'entità di detto danno (sentenza della Corte 21 maggio 1976, causa 26/74, Roquette frères/Commissione, Racc. pag. 677, punti 22-24, e del Tribunale 9 gennaio 1996, causa T-575/93, Koelman/Commissione, Racc. pag. II-1, punto 97).
26 Infine, per quanto riguarda la condizione relativa all'esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento fatto valere e il danno lamentato, tale danno deve derivare in modo sufficientemente diretto dal comportamento contestato, cioè tale comportamento deve essere la causa determinante del danno, mentre non sussiste un obbligo di risarcire una qualsiasi conseguenza dannosa, anche lontana, di una situazione illegale (v. sentenze della Corte 4 ottobre 1979, cause riunite 64/76, 113/76, 167/78, 239/78, 27/79, 28/79 e 45/79, Dumortier e a./Consiglio, Racc. pag. 3091, punto 21, e del Tribunale 10 maggio 2006, causa T-279/03, Galileo International Technology e a./Commissione, Racc. pag. II-1291, punto 130, e giurisprudenza ivi citata). Spetta al ricorrente fornire la prova dell'esistenza di un nesso di causalità fra l'illecito commesso e il danno lamentato (v. sentenza del Tribunale 30 settembre 1998, causa T-149/96, Coldiretti e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. II-3841, punto 101, e giurisprudenza ivi citata).
27 Allorché uno dei tre requisiti per la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale della Comunità non è soddisfatto, le pretese risarcitorie devono essere interamente respinte senza che sia necessario esaminare se gli altri due presupposti sono soddisfatti (sentenza del Tribunale 20 febbraio 2002, causa T-170/00, Förde-Reederei/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II-515, punto 37; v., in tal senso, sentenza della Corte 15 settembre 1994, causa C-146/91, KYDEP/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I-4199, punto 81). D'altronde, il giudice comunitario non ha l'obbligo di esaminare tali condizioni secondo un ordine determinato (sentenza della Corte 9 settembre 1999, causa C-257/98 P, Lucaccioni/Commissione, Racc. pag. I-5251, punto 13).
28 Nel caso di specie, i ricorrenti sostengono di aver subito danni morali e materiali di cui chiedono il risarcimento. Il Tribunale considera opportuno esaminare in primo luogo la domanda di risarcimento dei loro danni morali e, in secondo luogo, quella di risarcimento dei loro danni materiali.
1. Sulla domanda di risarcimento dei danni morali
29 A parere dei ricorrenti, tanto la I. quanto i sigg. C. hanno subito danni morali che devono essere risarciti.
Sul danno morale subito dalla I.
30 Per quanto riguarda l'asserito danno morale subito dalla I., occorre esaminare le condizioni necessarie per la sussistenza di una responsabilità della Comunità analizzando, anzitutto, la condizione relativa al comportamento illecito addebitato alla Commissione, poi, quella riguardante l'effettività del danno e, infine, quella attinente all'esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento addebitato e il danno lamentato. Solo nell'ipotesi in cui tali condizioni fossero soddisfatte occorrerebbe allora esaminare l'entità del risarcimento da concedere alla I.. a tale titolo.
Sul comportamento illecito addebitato alla Commissione
31 Nelle loro memorie i ricorrenti addebitano, in sostanza, alla Commissione due comportamenti illeciti.
32 Per quanto riguarda il primo tipo di comportamento illecito addebitato alla Commissione, i ricorrenti fanno valere una violazione dei principi di buon andamento dell'amministrazione, di diligenza e di rispetto dei diritti della difesa, in forza dei quali la Commissione avrebbe dovuto dare alla I. l'opportunità di presentarle osservazioni prima dell'adozione della decisione controversa, in modo da darle la possibilità di provare l'assenza di responsabilità a suo carico per il ritardo nella consegna dei serbatoi in questione.
33 Anzitutto, occorre rammentare che, secondo la giurisprudenza, il procedimento di controllo degli aiuti di Stato è, tenuto conto della sua economia generale, un procedimento avviato nei confronti dello Stato membro responsabile, alla luce dei suoi obblighi comunitari, della concessione dell'aiuto (v. sentenza della Corte 24 settembre 2002, cause riunite C-74/00 P e C-75/00 P, Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, Racc. pag. I-7869, punto 81, e giurisprudenza ivi citata).
34 Inoltre, nel procedimento di controllo degli aiuti di Stato, gli interessati diversi dallo Stato membro non possono pretendere di aver essi stessi diritto a un dibattito in contraddittorio con la Commissione, quale quello previsto in favore di detto Stato membro (v. sentenza Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, punto 35 supra, punto 82, e giurisprudenza ivi citata).
35 Infine, nell'ambito del procedimento di controllo degli aiuti di Stato di cui all'art. 88 CE, si deve distinguere, da un lato, la fase preliminare di esame degli aiuti, disciplinata al n. 3 di tale articolo, che ha soltanto lo scopo di consentire alla Commissione di formarsi una prima opinione sulla compatibilità parziale o totale dell'aiuto di cui trattasi e, dall'altro, la fase di esame prevista al n. 2 dello stesso articolo. Solo nel contesto di quest'ultima, la quale è diretta a consentire alla Commissione di essere completamente ragguagliata su tutti i dati della questione, il Trattato CE prevede l'obbligo, per la Commissione, di intimare agli interessati di presentare le proprie osservazioni (v. sentenza della Corte 13 dicembre 2005, causa C-78/03 P, Commissione/Aktionsgemeinschaft Recht und Eigentum, Racc. pag. I-10737, punto 34, e giurisprudenza ivi citata).
36 Risulta quindi dalla giurisprudenza esposta nei precedenti punti 33-35 che la Commissione, autorizzando nella decisione controversa la proroga dei termini di consegna delle navi costruite dalla De Poli, non era affatto tenuta, in sede di esame preliminare degli aiuti di cui trattasi, a sentire la I. Inoltre, quest'ultima non era un terzo interessato al procedimento, non essendo né il beneficiario né un concorrente del beneficiario di detti aiuti.
37 Gli argomenti esposti dai ricorrenti a tale proposito non inficiano tali constatazioni.
38 Da un lato, deve essere respinto come inconferente l'argomento secondo cui, in sostanza, la Commissione sarebbe pervenuta a conclusioni diverse da quelle adottate nella decisione controversa se avesse sentito la I. prima della sua adozione. Infatti, tale argomento non rimette comunque in discussione la conclusione di cui al precedente punto 36 secondo cui, allo stadio della fase preliminare di esame degli aiuti di cui trattasi, la Commissione non aveva alcun obbligo di sentire la I.
39 D'altronde, l'argomento secondo cui nelle circostanze del caso di specie il Tribunale deve dichiarare la violazione dei diritti della difesa, come ha fatto in circostanze analoghe nella causa decisa con sentenza 24 settembre 2008, causa T-412/05, M/Mediatore (non pubblicata nella Raccolta, punti 133 e 136), deve essere dichiarato infondato. Infatti, in tale sentenza il Tribunale ha constatato che il Mediatore europeo aveva violato il principio del contraddittorio, rendendo pubblico il nome di un funzionario in una delle sue decisioni in merito ad un caso di cattiva amministrazione, senza averlo previamente sentito, come invece avrebbe dovuto in forza delle disposizioni giuridiche che era tenuto ad osservare. Orbene, contrariamente alle circostanze di quella causa, la Commissione non aveva nel caso di specie alcun obbligo di sentire la Idromacchine prima dell'adozione della decisione impugnata.
40 Pertanto, occorre dichiarare infondate le censure dei ricorrenti nella parte in cui sostengono che la Commissione ha violato il principio di buon andamento dell'amministrazione, nonché i principi di diligenza e di rispetto dei diritti della difesa che ne derivano, omettendo di sentire la I. prima dell'adozione della decisione controversa.
 
41 Per quanto riguarda il secondo comportamento illecito addebitato alla Commissione, i ricorrenti fanno valere, da un lato, la violazione del segreto professionale, poiché la Commissione avrebbe dovuto astenersi dall'imputare alla I., citandola per nome, un comportamento scorretto nella decisione impugnata e, dall'altro, una violazione del principio di proporzionalità in quanto, a loro giudizio, non vi era alcuna necessità di menzionare il nome della I. in tale decisione. Essi sostengono che, anche se si doveva ritenere che la I. fosse responsabile dei ritardi nella consegna delle navi costruite dalla De P.o che essa non avesse consegnato serbatoi conformi alle norme in vigore, cionondimeno la Commissione ha inopportunamente reso pubblico il nome della I. nella decisione controversa pubblicata nella Gazzetta ufficiale, mentre invece tale divulgazione non era necessaria nel caso di specie.
42 Occorre rammentare a tale riguardo che l'art. 287 CE dispone che i membri delle istituzioni della Comunità, i membri dei comitati e parimenti i funzionari e agenti della Comunità sono tenuti, anche dopo la cessazione dalle loro funzioni, a non divulgare le informazioni che per loro natura sono protette dal segreto professionale, in particolare quelle relative alle imprese e riguardanti i loro rapporti commerciali ovvero gli elementi dei loro costi.
43 Il regolamento n. 659/1999 conferma l'obbligo del rispetto del segreto professionale della Commissione nell'ambito del suo esame degli aiuti di Stato. Il 'considerando' 21, in fine, di detto regolamento prevede che «nel dare diffusione alle proprie decisioni la Commissione deve rispettare le disposizioni relative al segreto professionale, ai sensi dell'articolo [287 CE]». Il medesimo regolamento all'art. 24 prevede che «la Commissione e gli Stati membri, nonché i loro funzionari e altri agenti, inclusi gli esperti indipendenti nominati dalla Commissione, sono tenuti a non divulgare le informazioni protette dal segreto professionale acquisite in applicazione del presente regolamento».
 
44 Né l'art. 287 CE né il regolamento n. 659/1999 indicano esplicitamente quali informazioni, oltre ai segreti commerciali, siano protette dal segreto professionale.
45 Secondo la giurisprudenza le informazioni coperte da segreto professionale possono essere tanto informazioni riservate quanto segreti commerciali (sentenza del Tribunale 18 settembre 1996, causa T-353/94, Postbank/Commissione, Racc. pag. II-921, punto 86). Per quanto riguarda, in linea generale, la natura dei segreti commerciali o delle altre informazioni protette dal segreto professionale, è necessario, innanzi tutto, che tali segreti commerciali o informazioni riservate siano conosciute soltanto da un numero ristretto di persone. Deve poi trattarsi di informazioni la cui divulgazione può causare un danno grave alla persona che le ha fornite o a terzi. Infine, è necessario che gli interessi che possono essere lesi dalla divulgazione dell'informazione siano oggettivamente degni di protezione. La valutazione del carattere riservato di una informazione necessita quindi di una ponderazione tra gli interessi legittimi delle singole persone che ostano alla sua divulgazione e l'interesse generale, che vuole che le attività delle istituzioni comunitarie si svolgano nel modo più trasparente possibile (v. sentenze del Tribunale 30 maggio 2006, causa T-198/03, Bank Austria Creditanstalt/Commissione, Racc. pag. II-1429, punto 71, e 12 ottobre 2007, causa T-474/04, Pergan Hilfsstoffe für industrielle Prozesse/Commissione, Racc. pag. II-4225, punto 65, e giurisprudenza ivi citata).
46 Occorre quindi accertare, alla luce delle disposizioni e della giurisprudenza esposte nei precedenti punti 42-47, se, come sostengono i ricorrenti, la Commissione abbia violato il suo obbligo di segreto professionale e il principio di proporzionalità, indicando specificamente nella decisione controversa che la I. non aveva consegnato serbatoi conformi alle norme in vigore e che non aveva adempiuto ai suoi obblighi contrattuali.
47 Nel caso di specie, in primo luogo, occorre constatare che l'informazione secondo la quale, in sostanza, la I. non è stata in grado di consegnare serbatoi conformi alle norme in vigore e alle condizioni contrattuali alla De P. è stata comunicata dalla Repubblica italiana alla Commissione esclusivamente ai fini del procedimento amministrativo di esame degli aiuti di cui trattasi. Inoltre, tale informazione riguarda, come rilevano in sostanza e opportunamente i ricorrenti, lo svolgimento dei rapporti commerciali tra queste due società. Il tenore di tali informazioni è quindi, nella fattispecie, di ordine riservato.
48 In secondo luogo, la divulgazione dell'informazione menzionata nel precedente punto 46 poteva causare un danno ingente alla I.. Infatti, indipendentemente dalla questione se la Commissione abbia commesso o meno un errore di valutazione dei fatti nel considerare che la I. avesse tenuto un comportamento scorretto nell'esecuzione dei suoi obblighi contrattuali con la De P., occorre constatare, in ogni caso, che la divulgazione da parte della Commissione di fatti e di valutazioni che presentavano specificamente la I. in una luce sfavorevole nella decisione controversa poteva causare un danno ingente a quest'ultima.
49 In terzo luogo, se la divulgazione dell'informazione menzionata nel precedente punto 46 poteva danneggiare l'immagine e la reputazione della I., l'interesse di quest'ultima a che tale informazione non fosse divulgata era obiettivamente meritevole di tutela.
50 In quarto luogo, risulta dalla ponderazione, da un lato, dell'interesse legittimo della I. a che il suo nome non fosse divulgato nella decisione impugnata e, dall'altro, dell'interesse generale, che siffatta divulgazione era sproporzionata rispetto all'oggetto della decisione controversa.
51 Infatti, occorre anzitutto rilevare a tale riguardo che il principio di apertura e l'imperativo di trasparenza nell'azione delle istituzioni, come sanciti dall'art. 1 UE e dagli artt. 254 CE e 255 CE, esigevano nel caso di specie che, in sede di esame degli aiuti di Stato concessi alla De Poli, la Commissione si pronunciasse esplicitamente nella decisione controversa sulla questione se il ritardo nella costruzioni delle navi di cui trattasi era il risultato del comportamento di terzi e non di quello della De Poli. Tuttavia, sarebbe bastato che la Commissione esponesse gli inadempimenti contrattuali, in termini assai generici, di un fornitore di un componente importante delle navi di cui trattasi o, eventualmente, in termini specifici, del fornitore dei serbatoi di cui trattasi, senza che fosse necessario nell'una o nell'altra ipotesi menzionare il nome di detto fornitore, in modo da tutelare i suoi interessi legittimi.
52 Inoltre, gli argomenti esposti dalla Commissione per provare di non aver commesso alcun errore nel divulgare il nome della I. nella decisione controversa non possono essere accolti.
53 Per un verso, si deve dichiarare infondato l'argomento con cui la Commissione ha sostenuto, in risposta ai quesiti posti del Tribunale nel corso dell'udienza, che era «opportuno, dal punto di vista della motivazione della decisione [controversa]», indicare il nome del costruttore di serbatoi di cui trattasi che era «particolarmente affidabile[, ma] che[,] per una volta, era stato causa di un ritardo». Infatti, nella cornice dell'esame degli aiuti di cui trattasi da cui è scaturita l'adozione della decisione controversa, era esclusivamente rilevante la questione se la Repubblica italiana avesse sufficientemente motivato, sotto il profilo giuridico, i ritardi accumulati dalla De P. nella consegna delle navi, senza che la divulgazione dell'identità di uno o più fornitori responsabili di eventuali mancanze, causa dei ritardi, avesse la minima importanza sull'accertamento effettuato dalla Commissione nella decisione controversa.
54 Per altro verso, devono essere dichiarati altresì infondati gli argomenti con cui la Commissione sostiene che se il nome del fornitore dei serbatoi di cui trattasi non fosse stato menzionato nella decisione controversa ciò non avrebbe impedito al pubblico di essere informato della sua identità, in quanto il settore economico di cui trattasi era molto circoscritto, era composto da specialisti ed esisteva tra la De P. e la I. un contenzioso pendente dinanzi al Tribunale di Venezia, di cui la stampa si era occupata. Infatti, tali circostanze non rimettono in questione il rilievo secondo cui, nell'identificare la I. come la causa dei ritardi nella consegna, la Commissione ha divulgato nella decisione controversa fatti e valutazioni che presentavano specificamente detta società come incapace di fornire alla De Poli prodotti conformi alle norme in vigore e di rispettare i suoi obblighi contrattuali, mentre invece tale divulgazione non era necessaria rispetto all'oggetto della decisione controversa.
55 Infine, devono essere dichiarati infondati gli argomenti della Commissione secondo cui, da un lato, essa si era limitata a fondare la decisione controversa sulle informazioni che le aveva fornito la Repubblica italiana e, dall'altro, dagli artt. 24 e 25 del regolamento n. 659/1999 e dai punti 25 e segg. della comunicazione della Commissione 1° dicembre 2003, C (2003) 4582, relativa al segreto d'ufficio nelle decisioni in materia di aiuti di Stato (GU C 297, pag. 6), risulterebbe che spettava alla Repubblica italiana indicare le informazioni da proteggere con il segreto professionale. Infatti, se tali disposizioni prevedono in sostanza che la Commissione notifichi la sua decisione allo Stato membro interessato, che dispone allora in linea di principio di quindici giorni per far valere la riservatezza delle informazioni che considera coperte dal segreto professionale, esse non dispensano la Commissione dall'obbligo, derivante dall'art. 287 CE, di non divulgare segreti professionali e non ostano a che la Commissione decida di propria iniziativa di non divulgare informazioni che considera coperte dal segreto professionale, pur non avendo ricevuto una richiesta in tal senso dallo Stato membro interessato. Inoltre, anche supponendo che la Repubblica italiana abbia sbagliato nel trasmettere alla Commissione informazioni erronee e nel non informarla del carattere riservato delle informazioni riguardanti l'andamento dei rapporti commerciali tra la I. e la De P. tali errori non potrebbero inficiare la constatazione secondo cui la Commissione poteva, in ogni caso, decidere di propria iniziativa di non divulgare informazioni coperte dal segreto professionale.
56 Di conseguenza, la divulgazione nella decisione controversa di fatti e valutazioni, che presentavano specificamente la I. come incapace di fornire alla De P. prodotti conformi alle norme in vigore e di rispettare i suoi obblighi contrattuali, costituisce una violazione dell'obbligo di segreto professionale previsto dall'art. 287 CE. Dal momento che tale obbligo è diretto a tutelare diritti conferiti ai soggetti dell'ordinamento e la Commissione non dispone di un ampio margine discrezionale circa la questione se sia opportuno discostarsi, in un caso concreto, dalla regola di riservatezza, occorre constatare che tale violazione del diritto comunitario è sufficiente a dimostrare l'esistenza di una violazione sufficientemente qualificata ai sensi della giurisprudenza esposta nel precedente punto 24.
57 Alla luce dell'insieme delle considerazioni precedenti, occorre dichiarare che, avendo violato il suo obbligo di segreto professionale, la Commissione ha tenuto un comportamento scorretto tale da far sorgere una responsabilità extracontrattuale in capo alla Comunità, ai sensi dell'art. 288, secondo comma, CE.
58 Pertanto, risulta irrilevante l'esame dell'ultima censura dei ricorrenti, secondo cui la Commissione ha altresì violato il principio di proporzionalità, divulgando nella decisione controversa fatti e valutazioni che presentavano specificamente la I. come incapace di fornire alla De Poli prodotti conformi alle norme in vigore e di rispettare i suoi obblighi contrattuali. Infatti, anche se si dovesse ritenere che è stato violato il principio di proporzionalità, ciò non consentirebbe comunque ai ricorrenti di ottenere nel caso di specie, per i danni che fanno valere, un risarcimento più ampio nella forma o nell'importo di quello che potrebbero ottenere a causa della violazione da parte della Commissione del suo obbligo di segreto professionale. Di conseguenza, non occorre statuire su tale censura.
Sull'effettività del danno
59 I ricorrenti affermano, in sostanza, che la I. ha subito un danno morale collegato a una lesione della sua immagine e della sua reputazione, giacché nella decisione controversa è stata presentata specificamente come incapace di fornire alla De P. prodotti conformi alle norme in vigore e di rispettare i suoi obblighi contrattuali.
60 A tale proposito occorre constatare che, come risulta dai riferimenti alla decisione controversa di cui ai precedenti punti 8-12, la Commissione ha presentato specificamente la I. come incapace di costruire serbatoi conformi alle norme di certificazione [v. punti 10, iii), 28, terzo comma, e 29, terzo comma, della decisione controversa] e di consegnare i serbatoi di cui trattasi in conformità ai suoi obblighi contrattuali (v. punto 31 della decisione controversa), costringendo la De P. a ricorrere ad un'altra impresa per ottenere un risultato soddisfacente. Pertanto, detti riferimenti che mettono la I. in una luce sfavorevole, presentandola come un'impresa incapace di offrire servizi conformi alle norme in vigore e, di conseguenza, di rispettare i suoi obblighi contrattuali, sono tali da svalutare la sua immagine e la sua reputazione dotate in sé di valore commerciale, come del resto neppure la Commissione contesta nelle sue memorie.
61 Inoltre, è necessario precisare che - così come il Tribunale ha giudicato, al punto 150 della sentenza M/Mediatore, citata nel precedente punto 39, che la stessa pubblicazione sul sito Internet del Mediatore della decisione, in cui il ricorrente nella controversia decisa con detta sentenza veniva espressamente associato ad un caso di cattiva amministrazione, aveva avuto come conseguenza che quest'ultimo fosse stato danneggiato in modo certo e valutabile - la mera pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dei riferimenti specifici alla I. nella decisione controversa è sufficiente a dimostrare il carattere certo e valutabile del danno che essa ha subito.
62 D'altra parte, anche supponendo, come ha sostenuto la Commissione in udienza, che essa non abbia commesso alcun errore di valutazione dichiarando nella decisione controversa che la I. aveva avuto un comportamento scorretto nei suoi rapporti contrattuali con la De P., cionondimeno fatti e valutazioni che fanno apparire specificamente la I. come incapace di fornire alla De P. prodotti conformi alle norme in vigore e di rispettare i suoi obblighi contrattuali ledono l'immagine e la reputazione della I. Inoltre, tale danno riguarda la I. e risulta distinto da quello risultante da eventuali errori di valutazione commessi dalla Commissione o dalla Repubblica italiana nel ritenerla responsabile dei ritardi di consegna dei serbatoi di cui trattasi.
63 Pertanto, si deve considerare che la I.ha subito una lesione alla sua immagine e alla sua reputazione.
Sull'esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento addebitato e il danno lamentato
64 Le ricorrenti sostengono, in sostanza, che esiste un nesso di causalità diretto tra, da un lato, le violazioni dell'obbligo di segreto professionale e il principio di proporzionalità e, dall'altro, il danno all'immagine e alla reputazione della I.
65 A tale proposito, occorre considerare che la I. non avrebbe subito alcuna lesione della sua immagine e della sua reputazione se la Commissione non avesse divulgato, nella decisione controversa, fatti e valutazioni che la presentavano specificamente come incapace di fornire alla De P. prodotti conformi alle norme in vigore e di rispettare i suoi obblighi contrattuali. Gli argomenti della Commissione secondo cui non esiste un nesso di causalità abbastanza diretto tra gli errori che avrebbe commesso e i danni lamentati dai ricorrenti non possono essere accolti.
66 In primo luogo, devono essere dichiarati infondati gli argomenti con cui la Commissione afferma che i danni subiti dai ricorrenti sono imputabili o alla De P., la quale nell'ambito del procedimento di aiuti di Stato ha sostenuto che i ritardi nella costruzione delle navi erano imputabili al comportamento della I. oppure alla Repubblica italiana, che ha comunicato alla Commissione informazioni errate.
67 Infatti, anche se si dovesse ritenere che la De P. abbia fornito informazioni errate sulla I. e alla Repubblica italiana che, da un lato, le avrebbe trasmesse inopportunamente alla Commissione e, dall'altro, avrebbe omesso di segnalare a quest'ultima che tali informazioni dovevano essere tutelate dal segreto professionale, cionondimeno la causa diretta del danno della I. al riguardo sarebbe costituita non da informazioni asseritamente errate fornite dalla De P. o dalla Repubblica italiana, ma dal fatto che la Commissione ha divulgato, nella decisione controversa, fatti e valutazioni che presentavano specificamente la I. come incapace di fornire alla De P. prodotti conformi alle norme in vigore e di rispettare i suoi obblighi contrattuali, allorché ciò non era richiesto dall'oggetto della decisione controversa.
68 In secondo luogo, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione in udienza dopo che i ricorrenti avevano comunicato, in risposta ai quesiti orali del Tribunale, che il Tribunale di Venezia aveva pronunciato, nel dicembre 2009, una sentenza che dichiarava che la De P. non aveva commesso errori nell'esecuzione dei suoi obblighi contrattuali nei confronti della I. detta sentenza non modificherebbe comunque il rilievo secondo cui la I. non avrebbe
 subito alcuna lesione della sua immagine e della sua reputazione se la Commissione non avesse divulgato il suo nome nella decisione controversa.
69 Alla luce di tutte le considerazioni esposte nei precedenti punti 31-68, occorre concludere che le tre condizioni necessarie per la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale della Comunità, ai sensi dell'art. 288, secondo comma, CE sono soddisfatte e, di conseguenza, occorre stabilire l'importo che deve essere concesso alla Idromacchine in risarcimento del danno morale che ha subito.
Sul risarcimento del danno morale subito dalla Idromacchine
70 Per quanto riguarda il risarcimento della lesione all'immagine e alla reputazione subita dalla I. i ricorrenti chiedono, in sostanza, in primo luogo, un risarcimento da determinarsi secondo equità; in secondo luogo, la concessione di interessi compensativi per il periodo compreso tra la pubblicazione della decisione controversa e la pronuncia della sentenza e di interessi moratori per il periodo compreso tra la pronuncia della sentenza e il pagamento effettivo delle somme dovute; e, infine, provvedimenti diretti a riabilitare l'immagine e la reputazione della I.
71 In primo luogo, per quanto riguarda la loro domanda diretta al versamento da parte della Commissione di una somma da determinarsi secondo equità, occorre rilevare che, in risposta ai quesiti orali posti dal Tribunale nel corso dell'udienza, i ricorrenti hanno precisato che, non essendo un danno morale quantificabile, essi suggerivano solo a titolo puramente indicativo che il Tribunale accordasse loro, a tale titolo, un risarcimento compreso tra il 30 e il 50% della somma da essi richiesta per i loro danni materiali, cioè un importo oscillante tra EUR 1 637 892 e EUR 2 729 820.
72 Anzitutto, per quanto riguarda i fattori che a giudizio dei ricorrenti aggravano i loro danni, poiché la Commissione «avrebbe reiterato la pubblicità negativa riguardante I.», essi si richiamano ai rinvii alla decisione controversa contenuti, anzitutto, nella decisione della Commissione 4 luglio 2006, 2006/948/CE, relativa all'aiuto di Stato cui l'Italia intende dare esecuzione a favore di Cantieri Navali Termoli S.p.A (GU L 383, pag. 53), quindi, nella decisione 16 aprile 2008, 2008/C 208/07, «Aiuto di Stato - Italia - Aiuto di Stato C 15/08 (ex N 318/07, N 319/07, N 544/07 e N 70/08) - Proroga del termine triennale di consegna per quattro chemichiere costruite dal Cantiere Navale de Poli» (GU C 208, pag. 14), e, infine, nella sentenza del Tribunale 12 novembre 2008, causa T-70/07, Cantieri Navali Termoli/Commissione (non pubblicata nella Raccolta) (GU C 6, pag. 25).
73 Se è vero che nelle due decisioni e nella sentenza menzionate nel punto precedente, pubblicate nella Gazzetta ufficiale, viene richiamata la decisione controversa, occorre tuttavia constatare che in esse non vengono nuovamente menzionati fatti e valutazioni che presentino specificamente la I.  come incapace di fornire alla De P. prodotti conformi alle norme in vigore e di rispettare i suoi obblighi contrattuali. Pertanto, le due decisioni e la sentenza menzionate non possono aver aggravato il danno morale della I ..
74 Occorre poi rilevare, da un lato, che i ricorrenti non forniscono alcun chiarimento a sostegno della loro domanda relativa alla determinazione di una somma, corrispondente ad una percentuale compresa tra il 30 e il 50% dell'importo di EUR 5 459 641,28, che essi richiedono a titolo di risarcimento dei loro danni materiali. Quand'anche la divulgazione, da parte di una pubblica autorità quale la Commissione, di informazioni che fanno apparire in una luce sfavorevole la I. fosse stata idonea a provocare una lesione effettiva dell'immagine e della reputazione di tale società, i ricorrenti non espongono però alcun argomento o prova che consenta di capire le ragioni per cui tali somme costituirebbero una giusta compensazione della lesione arrecata all'immagine e alla reputazione della I. A tale riguardo si può ritenere in particolare, per un verso, che non viene sostenuto che tali somme abbiano un qualsiasi rapporto con il costo degli investimenti effettuati dalla I. per creare e mantenere la sua immagine e la sua reputazione. Per altro verso, i ricorrenti non presentano alcun argomento o prova che dette somme, da 12 a 20 volte superiori all'importo di EUR 133 500, corrispondente ai profitti medi annui che la I. sostiene peraltro di aver realizzato negli anni precedenti la pubblicazione della decisione controversa, corrisponderebbero ad una giusta compensazione del danno subito dalla I. .
75 Inoltre, occorre constatare che i ricorrenti erano comunque in grado di limitare significativamente la portata del danno morale subito dalla I. Infatti, dal momento che i ricorrenti affermano che l'organismo italiano di certificazione aveva rilasciato alla I., fin dal 5 ottobre 2004, un certificato di conformità dei serbatoi di cui trattasi tale da garantire che questi ultimi erano conformi alle norme in vigore, occorre dedurne che la I. poteva avvalersi di tale certificato, in particolare presso i suoi clienti attuali e potenziali, per contestare, anche prima della pubblicazione della decisione controversa, la veridicità delle valutazioni negative che la riguardavano in tale decisione e limitare in tal modo la conseguente lesione della sua immagine e della sua reputazione. Per tale motivo, occorre altresì dichiarare infondati gli argomenti esposti dai ricorrenti in risposta ai quesiti proposti dal Tribunale nel corso dell'udienza, secondo cui la lesione dell'immagine e della reputazione della I. era tanto più tanto più grave in quanto, dopo la sua pubblicazione, la decisione controversa costituiva la prima informazione reperibile a suo riguardo su Internet, grazie ai motori di ricerca, e che detta decisione era disponibile tanto sul sito Internet della direzione generale della concorrenza della Commissione, quanto sulla Gazzetta ufficiale, giornale di grande diffusione.
76 Alla luce di tutte le considerazioni esposte nei precedenti punti 71-75 e in mancanza di elementi più precisi forniti dai ricorrenti in merito all'entità della lesione dell'immagine e della reputazione subita dalla Idromacchine, il Tribunale ritiene che un'indennità di importo pari a EUR 20 000 rappresenti un equo risarcimento.
77 In secondo luogo, per quanto riguarda le domande dei ricorrenti relative alla concessione, da un lato, di interessi compensativi per il periodo compreso tra la pubblicazione della decisione controversa e la pronuncia della sentenza e, dall'altro, di interessi moratori per il periodo compreso tra la pronuncia della sentenza e il pagamento effettivo delle indennità dovute, occorre ricordare anzitutto che, allorché ricorrono gli estremi della responsabilità extracontrattuale della Comunità, le conseguenze sfavorevoli risultanti dal lasso di tempo intercorso tra il sopravvenire dell'evento dannoso e la data del pagamento dell'indennizzo non possono essere ignorate, in quanto occorre tenere conto della svalutazione monetaria (sentenza del Tribunale 13 luglio 2005, causa T-260/97, Camar/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II-2741, punto 138; v. altresì, in tal senso, sentenza della Corte 3 febbraio 1994, causa C-308/87, Grifoni/CEEA, Racc. pag. I-341, punto 40). Si deve considerare che tale svalutazione monetaria trova espressione nel tasso di inflazione annuo rilevato, per il periodo considerato, dall'Eurostat (Istituto statistico dell'Unione europea) nello Stato membro in cui sono stabilite tali società (v., in tal senso, sentenza della Corte 27 gennaio 2000, cause riunite C-104/89 e C-37/90, Mulder e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. I-203, punti 220 e 221; sentenze del Tribunale, Camar/Consiglio e Commissione, cit., punto 139, e 26 novembre 2008, causa T-285/03, Agraz e a./Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 50). A tale proposito occorre rilevare, nel caso di specie, che il fatto dannoso è avvenuto il giorno della pubblicazione della decisione controversa nella Gazzetta ufficiale, cioè il 18 febbraio 2005.
78 Pertanto, si deve ritenere che la Commissione debba pagare interessi compensativi, a partire dalla pubblicazione della decisione controversa, il 18 febbraio 2005, fino alla pronuncia della presente sentenza, al tasso fissato dalla BCE per le operazioni principali di rifinanziamento, applicabile durante il periodo considerato, maggiorato di due punti.
79 Inoltre, secondo la giurisprudenza della Corte, l'importo dell'indennità dovuta può essere accompagnato da interessi moratori a partire dalla data di pronuncia della sentenza che dichiara l'obbligo di risarcire il danno (v., in tal senso, sentenze Dumortier e a./Consiglio, punto 26 supra, punto 25, e Mulder e a./Consiglio e Commissione, punto 77 supra, punto 35; sentenza Agraz e a./Commissione, punto 77 supra, punto 55). In conformità alla giurisprudenza, il tasso di interesse da applicarsi è calcolato sulla base del tasso fissato dalla BCE per le operazioni principali di rifinanziamento, applicabile nel corso del periodo considerato, maggiorato di due punti (sentenze Camar/Consiglio e Commissione, punto 77 supra, punto 146, e Agraz e a./Commissione, punto 77 supra, punto 55).
80 Pertanto, occorre giudicare che la Commissione deve pagare interessi moratori, a partire dalla pronuncia della presente sentenza fino al completo pagamento di detta indennità, al tasso fissato dalla BCE per le operazioni principali di rifinanziamento, applicabile durante il periodo considerato, maggiorato di due punti.
81 In terzo luogo, per quanto riguarda le domande dei ricorrenti di riabilitare l'immagine della I., occorre rammentare che, secondo la giurisprudenza, dall'art. 288, secondo comma, CE e dall'art. 235 CE, i quali non escludono la concessione di un risarcimento in natura, deriva che il giudice dell'Unione europea è competente a imporre alla Comunità qualsiasi forma di risarcimento conforme ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri in materia di responsabilità extracontrattuale, incluso, se appare conforme a tali principi, il risarcimento in natura, eventualmente anche sotto forma di ingiunzione di fare o di non fare (sentenza Galileo International Technology e a./Commissione, punto 26 supra, punto 63).
82 Nel caso di specie, le domande dei ricorrenti dirette a far riabilitare l'immagine della I.  da parte del Tribunale, pubblicando nella Gazzetta ufficiale una rettifica dei riferimenti che si asserivano errati contenuti nella decisione controversa, o indirizzando agli operatori nel settore della cantieristica navale una lettera di rettifica delle informazioni asseritamente errate contenute nella decisione controversa, devono essere dichiarate infondate. È certamente vero che i ricorrenti affermano più volte nelle loro memorie, in sostanza, che la I. non aveva commesso alcuna mancanza nell'ambito dell'esecuzione dei suoi obblighi contrattuali con la De P.. Tuttavia, occorre rammentare che la mancanza che è stata constatata a carico della Commissione nel precedente punto 56, accogliendo la domanda dei ricorrenti, consiste nella divulgazione del nome della I.e non in un errore di valutazione dei fatti, per aver ritenuto, nella decisione controversa, in sostanza, che la I. fosse responsabile della cattiva esecuzione degli obblighi contrattuali che aveva con la De Poli. Poiché, in mancanza di una domanda dei ricorrenti in tal senso, la constatazione di siffatto errore di valutazione da parte della Commissione non rientra nell'oggetto del presente ricorso, non occorre esaminare se la Commissione abbia commesso detto errore di valutazione e neppure, a fortiori, ordinare alla Commissione di adottare misure idonee a riabilitare l'immagine e la reputazione della Idromacchine.
83 Di conseguenza, la domanda di riabilitazione dell'immagine e della reputazione della I, formulata dai ricorrenti, deve essere dichiarata infondata.
84 Si può concludere l'esame della domanda di risarcimento dei ricorrenti a titolo del danno morale della I. dichiarando, in primo luogo, che occorre ritenere presenti le condizioni per la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale della Comunità; in secondo luogo, che si deve concedere alla Idromacchine l'importo di EUR 20 000 a titolo di risarcimento per il danno morale subito; in terzo luogo, che occorre condannare la Commissione a pagare interessi compensativi su tale importo a partire dalla pubblicazione della decisione controversa nella Gazzetta ufficiale, il 18 febbraio 2005, fino alla pronuncia della presente sentenza, al tasso fissato dalla BCE per le principali operazioni di rifinanziamento, applicabile durante il periodo considerato, maggiorato di due punti; e, in quarto luogo, che si deve condannare la Commissione a pagare interessi moratori su tale importo a partire dalla data di pronuncia della presente sentenza fino al completo pagamento di detta indennità, al tasso fissato dalla BCE per le operazioni principali di rifinanziamento, applicabile per il periodo considerato, maggiorato di due punti.
 
Sul danno morale subito dai sigg. C.
85 Dalle memorie dei ricorrenti risulta che essi affermano, in sostanza, che i sigg. C. hanno subito due tipi di danno morale. Da un lato, i ricorrenti sostengono che la lesione all'immagine e alla reputazione della I. ha colpito i sigg. C. conseguentemente», nella loro qualità di titolari della totalità del capitale sociale della I.e di dirigenti di tale società. Dall'altro, i ricorrenti ritengono di aver sofferto di uno «stato d'ansia derivata [ai sigg. C. dalla necessità impellente di riparare il danno causato dalla Commissione con la pubblicazione di notizie che essi ritenevano e ritengono mendaci» e di uno «stato di frustrazione», risultante dall'esito infruttuoso dei tentativi che avevano effettuato dopo la pubblicazione della decisione controversa per ottenere il risarcimento del danno subito dalla I..
86 Dal momento che nel precedente punto 57 è già stato dichiarato che la Commissione ha tenuto un comportamento scorretto, derivante dalla violazione del suo obbligo di segreto professionale, occorre esaminare se i ricorrenti abbiano provato nel caso di specie che i sigg. C. hanno subito un danno morale certo e valutabile e che esiste un nesso di causalità tra il comportamento illecito e il loro asserito danno morale. Infatti, in conformità alla giurisprudenza citata nel precedente punto 27, se mancasse l'uno o l'altro di tali requisiti non potrebbe sussistere una responsabilità della Commissione.
87 In primo luogo, per quanto riguarda la lesione dell'immagine e della reputazione che i sigg. C. avrebbero subito «conseguentemente» alla lesione dell'immagine e della reputazione della I., si deve rilevare, come fa la Commissione, che i loro nomi non compaiono affatto nella decisione controversa e che non viene loro imputato a titolo personale alcun comportamento scorretto.
88 Inoltre, occorre sottolineare che il semplice fatto che i sigg. C. detengano la totalità del capitale sociale della I. e che siano i principali dirigenti della medesima non può modificare il rilievo secondo cui nella decisione controversa la Commissione censura solo il comportamento della I., e non quello dei suoi azionisti o dei suoi dirigenti. A tale riguardo si può rilevare che, come risulta dai passi della decisione controversa citati nei precedenti punti 8-12, in detta decisione si controverte della capacità stessa della società di adempiere ai suoi obblighi contrattuali e di fornire prodotti conformi alle norme in vigore, e non delle qualità dei sigg. C., in quanto dirigenti o azionisti.
89 Infine, per la parte in cui i ricorrenti effettuano un rinvio alla sentenza del Tribunale 9 luglio 1999, causa T-231/97, New Europe Consulting e Brown/Commissione (Racc. pag. II-2403, punti 54 e 55), occorre rilevare che gli elementi di fatto in tale causa si distinguono da quelli della presente causa e non possono far pervenire ad una conclusione identica. Infatti, se risulta dai punti 54 e 55 della summenzionata sentenza che il Tribunale in tale causa ha ritenuto che la lesione della reputazione dell'impresa considerata avesse avuto effetti su quella dell'amministratore, che possedeva il 99% delle azioni della società, ciè è avvenuto in ragione delle circostanze di quella fattispecie in cui, da un lato, tale amministratore aveva esercitato da solo, in un primo tempo, la gestione dell'impresa in forma di «impresa individuale» e, dall'altro, la Commissione lo aveva posto, a livello personale, in una situazione di incertezza, che l'aveva costretto a sforzi inutili al fine di modificare la situazione da lei stessa creata. Orbene, nel caso di specie i ricorrenti non forniscono alcuna prova del verificarsi dell'una e dell'altra circostanza.
90 Pertanto, occorre constatare che i ricorrenti non hanno provato l'effettività della lesione causata all'immagine e alla reputazione dei sigg. C. , in qualità di azionisti e dirigenti della I..
91 In secondo luogo, per quanto riguarda il danno morale subito dai sigg. C. conseguentemente al loro stato di «ansia» derivante dalla necessità di ristabilire la reputazione della I. e al loro stato di «incertezza» e di «frustrazione», a causa degli sforzi inutili profusi dopo la pubblicazione della decisione controversa per ottenere il risarcimento del danno subito dalla I., si deve constatare, per un verso, che i ricorrenti si limitano ad affermare di aver subito danni di natura psicologica senza tuttavia provarli.
92 D'altra parte, e in ogni caso, nella fattispecie non risulta dagli elementi forniti dalle parti al tribunale che le iniziative amministrative che i sigg. C. hanno personalmente intrapreso in qualità di dirigenti della I. siano andate oltre l'invio di due lettere firmate al Ministero degli Affari esteri italiano e alla Commissione. Orbene, le semplici operazioni descritte non possono essere considerate idonee a far sorgere divergenze che vadano oltre le normali conseguenze che i rapporti d'affari possono produrre per dirigenti come i sigg. C. e tali da costituire un danno morale.
93 Di conseguenza, i ricorrenti non hanno provato che i sigg. C. abbiano sofferto di uno stato d'«ansia», di «incertezza» e di «frustrazione», costituente un danno certo e valutabile.
94 Alla luce dell'insieme delle considerazioni esposte nei precedenti punti 82-93, si deve respingere la domanda di risarcimento dei ricorrenti in relazione al danno morale che i sigg. Capuzzo avrebbero subito. Pertanto, occorre dichiarare infondate le domande dei ricorrenti, ai sensi del loro secondo e terzo capo di conclusioni, di accordare loro interessi compensativi e moratori per tale motivo oppure di ingiungere alla Commissione di «riabilitare» la loro immagine e la loro reputazione.
2. Sulla domanda di risarcimento del danno patrimoniale
95 I ricorrenti sostengono di aver subito quattro tipi di danno patrimoniale.
96 In primo luogo, i ricorrenti chiedono il risarcimento del danno che avrebbero subito a causa della necessità della I. di presentare tanto alla Repubblica italiana quanto alla Commissione domande formali di accesso ai documenti che esse si erano scambiate nell'ambito del procedimento per aiuti di Stato, conclusosi con l'adozione della decisione controversa. A tale riguardo, essi chiedono un risarcimento, per un verso, di un importo pari a EUR 3 569,28, corrispondente alle spese legali e alle spese di viaggio sostenute da una dipendente della I. per avere accesso ai documenti in possesso delle autorità italiane e, per altro verso, di un importo pari a EUR 9 072, corrispondente al costo della perizia tecnico-contabile dei danni che la I. avrebbe subito, e che i ricorrenti hanno commissionato ad una società di revisione contabile ai fini del presente procedimento (in prosieguo: la «perizia»).
97 A tale proposito, occorre rammentare che, in forza dell'art. 91, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, costituiscono spese recuperabili le spese indispensabili sostenute dalle parti ai fini del procedimento.
98 Pertanto, per quanto riguarda, anzitutto, spese collegate alla perizia che i ricorrenti avrebbero sostenuto per stabilire l'importo dei danni asseritamente subiti nell'ambito del presente procedimento dinanzi al Tribunale, occorre constatare che, secondo costante giurisprudenza, spese di tal genere, sostenute dalle parti ai fini del procedimento giudiziario, non possono essere considerate come un danno distinto rispetto all'onere delle spese di giudizio (v., in tal senso, sentenza della Corte 10 giugno 1999, causa C-334/97, Commissione/Montorio, Racc. pag. I-3387, punto 54, e ordinanza del Tribunale 14 settembre 2005, causa T-140/04, Ehcon/Commissione, Racc. pag. II-3287, punto 79).
99 Di conseguenza, occorre constatare che i ricorrenti non possono ottenere, in forza dell'art. 288, n. 2, CE, un risarcimento per le spese collegate alla perizia che hanno richiesto ai fini del presente procedimento.
100 Per quanto riguarda, poi, le spese legali e di viaggio di una dipendente della I. dovute alle domande di accesso alla corrispondenza intercorsa tra la Repubblica italiana e la Commissione, sostenute dai ricorrenti nel corso della fase anteriore al presente procedimento, occorre rammentare che il Tribunale ha giudicato che, anche se nel corso del procedimento che precede la fase giurisdizionale viene generalmente svolto un lavoro giuridico sostanziale, l'art. 91 del regolamento di procedura si riferisce unicamente al procedimento dinanzi al Tribunale, escludendo la fase che precede quest'ultimo. Questo risulta in particolare dall'art. 90 del regolamento, il quale fa menzione del «procedimento dinanzi al Tribunale» (v., in tal senso, ordinanza del Tribunale 24 gennaio 2002, causa T-38/95 DEP, Groupe Origny/Commissione, Racc. pag. II-217, punto 29, e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, riconoscere a tali spese la qualità di danno indennizzabile nell'ambito di un ricorso per risarcimento sarebbe contraddittorio rispetto alla non ricuperabilità delle spese affrontate nella fase che precede il procedimento giurisdizionale (ordinanza Ehcon/Commissione, punto 98 supra, punto 79).
101 Ne consegue che si deve altresì constatare che i ricorrenti non sono legittimati ad ottenere, sulla base dell'art. 288, n. 2, CE, un risarcimento per le spese legali e di viaggio di una dipendente della Idromacchine, sostenute in relazione alla fase che precede il presente procedimento dinanzi al Tribunale.
102 Alla luce delle considerazioni esposte nei precedenti punti 95-101, occorre quindi respingere le domande di risarcimento per le spese affrontate dai ricorrenti, da una parte, prima del presente procedimento, dall'altra, ai fini di esso.
103 In secondo luogo, poiché il Tribunale ha già dichiarato nel precedente punto 57 che la Commissione aveva commesso una mancanza tale da far sorgere la responsabilità extracontrattuale della Comunità, occorre esaminare se i ricorrenti abbiano provato la reale sussistenza di ciascuno degli altri tre danni materiali che fanno valere e l'esistenza di un nesso di causalità tra ciascun danno invocato e tale mancanza. Infatti, in conformità alla giurisprudenza citata nel precedente punto 27, se non si verificasse l'una o l'altra di tali condizioni, la responsabilità extracontrattuale della Comunità non esisterebbe.
104 Anzitutto, i ricorrenti chiedono un risarcimento di EUR 3 900 000 corrispondente al valore di costruzione dei serbatoi di cui trattasi. A parere dei ricorrenti, la I. non sarebbe riuscita a rivendere i detti serbatoi a causa delle segnalazioni riguardanti il presunto carattere difettoso contenute nella decisione controversa, come indicherebbe la lettera di un intermediario in data 30 marzo 2007, da essi allegata al ricorso (in prosieguo: la «lettera dell'intermediario»).
105 A tale proposito, occorre constatare che, nelle loro memorie, i ricorrenti sostengono che, in considerazione del fatto che i serbatoi di cui trattasi sono rimasti invenduti dopo la pubblicazione della decisione controversa, la «I. si è persino attivata - in collaborazione con altre società del settore ed alcuni armatori - per la costruzione di una nave ad hoc (dalle caratteristiche fisiche e meccaniche simili alle navi [della De P.] sulle quali avrebbero dovuto essere collocati i serbatoi commissionati), ma senza successo». Pertanto, e senza che sia necessario pronunciarsi sull'affidabilità, come prova, della lettera dell'intermediario contestata dalla Commissione, occorre rilevare che, come gli stessi ricorrenti ammettono, i serbatoi di cui trattasi non sono stati rivenduti in quanto erano stati costruiti per soddisfare le specificità proprie delle navi su cui la De P. doveva installarli e non a causa del comportamento scorretto della Commissione al momento della pubblicazione della decisione controversa.
106 D'altra parte, e in ogni caso, occorre rilevare che il danno patrimoniale della I. a tale riguardo risulta direttamente non dal fatto che la Commissione ha tenuto un comportamento scorretto, ma dal fatto che la De P. non ha effettuato il pagamento di detti serbatoi. Pertanto, la I. potrebbe eventualmente essere legittimata ad ottenere un risarcimento per il danno patrimoniale nell'ambito di un'azione per responsabilità contrattuale dinanzi ai giudici nazionali, e non nel contesto del presente procedimento.
107 Ne consegue che i ricorrenti non hanno provato l'esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento scorretto della Commissione e il danno patrimoniale che la Idromacchine avrebbe subito, in conseguenza del fatto che quest'ultima ha dovuto sostenere il costo di costruzione dei serbatoi di cui trattasi rimasti poi invenduti. Si deve quindi respingere la domanda di risarcimento che i ricorrenti hanno presentato a tale riguardo.
108 Per quanto concerne il secondo danno materiale, i ricorrenti chiedono un risarcimento di EUR 1 013 000 corrispondente all'asserita «improduttività di beni e attrezzature di I. dedicati al solo settore caldareria dal 2005 al 2008». Essi affermano che «a far data dal 2005, I. ha dovuto sostenere una serie di costi incomprimibili per mantenere in vita un settore ormai improduttivo a causa proprio delle informazioni pubblicate» nella decisione controversa. A tale riguardo essi ripropongono nelle loro memorie una tabella, compilata da un dipendente della I. e, secondo cui quattordici attrezzature risultavano utili alla fabbricazione di serbatoi che la I. aveva acquistato tra il 1995 e il 2002 e il cui attuale valore globale era di EUR 1 013 000.
109 Occorre rilevare che se l'importo richiesto dai ricorrenti corrisponde, secondo le loro stime, al valore nel 2008 delle attrezzature utilizzate per la costruzione dei serbatoi, tale importo tuttavia non è minimamente correlato all'oggetto stesso della loro domanda di risarcimento in quanto tali attrezzature non sarebbero state utilizzate per tre anni dopo l'adozione della decisione controversa. Pertanto, occorre constatare che il danno di cui chiedono il risarcimento per un importo di EUR 1 013 000 non è certo e valutabile.
110 D'altronde, occorre constatare, in ogni caso, che i ricorrenti non provano, nel caso di specie, un nesso di causalità tra il comportamento scorretto della Commissione e la circostanza che la I. on abbia potuto utilizzare tali attrezzature per tre anni dopo l'adozione della decisione controversa.
111 Infatti, anzitutto, gli argomenti dei ricorrenti secondo cui, da un lato, il settore caldareria era in crescita negli anni dal 2005 al 2008 e, dall'altro, la I. non era mai stata oggetto di denunce da parte di clienti diversi dalla De P.  non implicano affatto che il fatturato della I. e, quindi, la sua capacità di ammortizzare tali attrezzature, non sarebbe diminuito in tale periodo se la decisione controversa non fosse stata pubblicata. Invero, dal fatto che un mercato sia in crescita non si può dedurre che il fatturato di un'impresa determinata su tale mercato aumenti necessariamente.
112 Inoltre, la missiva dell'intermediario allegata dai ricorrenti, e secondo cui i clienti contattati per la vendita dei serbatoi di cui trattasi «hanno costantemente eccepito insuperabili riserve (...) derivanti dalla presunta difettosità dei serbatoi [di cui trattasi], come dichiarato dalla Commissione europea sulla [Gazzetta Ufficiale] del 18 febbraio 2005», non consente di dimostrare l'esistenza di un nesso di causalità sufficientemente diretto tra la pubblicazione della decisione controversa e la circostanza che la I. avrebbe subito un forte ribasso del suo fatturato tra il 2005 e il 2008, così da non essere in grado di utilizzare le sue attrezzature per tre anni dopo l'adozione della decisione controversa, a causa delle mancanze commesse dalla Commissione. Infatti, occorre sottolineare a tale proposito che i ricorrenti non forniscono alcuna prova del fatto che, a causa della pubblicazione della decisione controversa, i clienti attuali o potenziali della I. abbiano rinunciato ad una commessa di serbatoi diversi da quelli menzionati nella decisione controversa oppure, ad esempio, che, in seguito alla pubblicazione della decisione impugnata, la I. sia stata esclusa dalla lista dei venditori di cui faceva parte e rispetto alla quale i ricorrenti indicano nelle loro memorie che «solo l'inserimento in tali liste consent[iva] di ottenere delle commissioni».
113 Infine, i ricorrenti non forniscono alcuna giustificazione che consenta di capire le ragioni per cui la pubblicazione della decisione controversa avrebbe provocato una diminuzione del fatturato della I. allorché essa poteva avvalersi, presso qualsiasi cliente attuale o potenziale, del fatto che, secondo le proprie memorie, la conformità alle norme in vigore dei serbatoi di cui trattasi sarebbe stata in definitiva riconosciuta dall'organismo italiano di certificazione il 5 ottobre 2004, ancor prima della pubblicazione della decisione controversa.
114 Risulta quindi dai rilievi esposti nei precedenti punti 108-113 che i ricorrenti non hanno né provato l'esistenza di un danno certo e valutabile, né quella di un nesso di causalità tra il comportamento scorretto della Commissione e i loro asseriti danni patrimoniali corrispondenti all'«improduttività di beni e attrezzature della Idromacchine dedicati al solo settore caldareria dal 2005 al 2008».
115 In ultimo, i ricorrenti chiedono un risarcimento di importo pari a EUR 534 000 per il mancato guadagno subito dalla I. a causa della riduzione delle commesse di serbatoi, corrispondente all'importo totale dei profitti che avrebbe realizzato tra il 2005 e il 2008 se la decisione controversa non fosse stata pubblicata. A tale proposito, è sufficiente rilevare che, come è stato esposto nel precedente punto 111, i ricorrenti non hanno fornito alcuna prova dell'esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento scorretto della Commissione e la riduzione del fatturato della I. e, di conseguenza, dei suoi profitti.
116 Pertanto, occorre dichiarare infondata la domanda di risarcimento dei ricorrenti nella parte che riguarda i loro asseriti danni patrimoniali di importo stimato pari a EUR 5 459 641,28. Da quanto precede risulta che le domande dei ricorrenti, nell'ambito del loro primo capo di conclusioni, dirette ad ottenere il pagamento degli interessi compensativi e moratori su detto importo, devono essere dichiarate infondate.
117 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono occorre concludere che il presente ricorso deve essere accolto nella parte in cui i ricorrenti chiedono il risarcimento del danno morale subito dalla Idromacchine, e respinto quanto al resto.
Sulle spese
118 Ai sensi dell'art. 87, n. 3, del regolamento di procedura, il Tribunale, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese.
119 Poiché il ricorso è stato accolto in parte, il Tribunale ritiene corrispondente a una corretta valutazione delle circostanze della causa decidere che la Commissione sopporti le proprie spese nonché i due terzi delle spese esposte dai ricorrenti e che questi ultimi, di conseguenza, sopportino un terzo delle proprie spese.
P.Q.M.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)
dichiara e statuisce:
1) La Commissione europea è condannata a versare alla I. e Srl la somma di EUR 20 000 a titolo di risarcimento del danno morale da quest'ultima subito.
2) La somma da versare alla I. dev'essere maggiorata di interessi compensativi, a partire dal 18 febbraio 2005 fino alla pronuncia della presente sentenza, al tasso fissato dalla Banca centrale europea (BCE) per le operazioni principali di rifinanziamento, maggiorato di due punti.
3) La somma da versare alla I dev'essere maggiorata di interessi moratori, a partire dalla pronuncia della presente sentenza e fino al pagamento completo di detta somma, al tasso fissato dalla BCE per le operazioni principali di rifinanziamento, maggiorato di due punti.
4) Per il resto, il ricorso è respinto.
5) La Commissione sopporterà le proprie spese e i due terzi delle spese della Idromacchine, del sig. Alessandro C.e del sig. Roberto C., che sopporteranno un terzo delle proprie spese.
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l'8 novembre 2011.
Indice
Fatti
Procedimento e conclusioni delle parti
In diritto
1. Sulla domanda di risarcimento dei danni morali
Sul danno morale subito dalla Idromacchine
Sul comportamento illecito addebitato alla Commissione
Sull'effettività del danno
Sull'esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento addebitato e il danno lamentato
Sul risarcimento del danno morale subito dalla Idromacchine
Sul danno morale subito dai sigg. Capuzzo
2. Sulla domanda di risarcimento del danno patrimoniale
Sulle spese

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