Il diritto del candidato ad accedere alle prove scritte d'esame.

Le risposte scritte del candidato e le annotazioni dell'esaminatore rientrano nella nozione di dati personali ex art. 2 Direttiva 95/46/CE.



Il caso

Un tirocinante contabile  irlandese nel corso sosteneva l'esame di abilitazione in esperto contabile ma non riusciva a superare un esame (nello specifico in “finanza strategica e contabilità gestionale”) e ciò accadeva per quattro volte consecutive. A seguito del quarto “insuccesso” il tirocinante presentava domanda di accesso ai sensi dell'art. 4 della legge sulla protezione dei dati (direttiva 95/46/CE) che si riferiva a tutti i dati personali che lo riguardavano, detenuti dall'organizzazione professionale degli esperti contabili, la quale rispondeva rifiutando di trasmettergli la sua prova di esame con la motivazione che l'elaborato non conteneva dati personali ai sensi della legge sulla protezione dei dati.

Il tirocinante decideva quindi di rivolgersi al garante per la protezione dei dati personali al fine di contestare la fondatezza del motivo del rifiuto di comunicazione della sua prova di esame, ma anche il garante rispondeva che le prove d'esame non sono generalmente da prendere in considerazione ai fini della protezione dei dati in quanto tali documenti non costituiscono generalmente dati personali.

La questione veniva in seguito sollevata quindi dal Tribunale irlandese, al quale si era rivolto il tirocinante, dinanzi alla Corte di Giustizia UE con le seguenti richieste:

1) Se le informazioni registrate nelle risposte o a titolo di risposte fornite da un candidato durante un esame professionale possano costituire dati personali ai sensi della direttiva 95/46.

2) Qualora la risposta alla prima questione sia che tali informazioni possono costituire, in tutto o in parte, dati personali ai sensi della direttiva, quali fattori siano pertinenti nel determinare nei singoli casi se la prova d'esame costituisca dati personali, e quale peso debba essere conferito a tali fattori.

La decisione della Corte di Giustizia UE

Il giudice del rinvio chiede quindi alla Corte UE di stabilire se l'art. 2, lettera a), della direttiva 95/46 debba essere interpretato nel senso che le risposte scritte fornite da un candidato durante un esame professionale e le eventuali annotazioni dell'esaminatore ad esse relative costituiscano dati personali, ai sensi di tale disposizione.

Occorre in primis ricordare quanto riporta l'art. 2, lettera a), della direttiva 95/46, il quale definisce i dati personali come “qualsiasi informazione concernente una persona fisica identificata o identificabile”. Ai sensi della medesima disposizione “si considera identificabile la persona che può essere identificata, direttamente o indirettamente, in particolare mediante riferimento ad un numero di identificazione o ad uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, psichica, economica, culturale o sociale”.

Secondo la Corte è da ritenersi pacifico che un candidato a un esame professionale è una persona fisica che può essere identificata sia direttamente mediante il suo nome, sia indirettamente mediante un numero d'identificazione, i quali vengono apposti sulla prova d'esame o sulla pagina di copertina di tale prova.

L'ambito di applicazione della direttiva 95/46 è molto ampio e l'uso dell'espressione “qualsiasi informazione” nell'ambito della definizione della nozione di “dati personali”, di cui all'articolo 2, lettera a), della direttiva 95/46 riflette l'obiettivo del legislatore europeo di attribuire un'accezione estesa a tale nozione, che non è limitata alle informazioni sensibili o di ordine privato, ma comprende potenzialmente ogni tipo di informazioni, tanto oggettive quanto soggettive, sotto forma di pareri o di valutazioni, a condizione che esse siano “concernenti” la persona interessata.

Venendo al caso in esame, la Corte concorda con il tirocinante contabile nel ritenere che le risposte scritte fornite da un candidato a un esame professionale costituiscono simili informazioni, connesse alla sua persona, ciò in quanto il contenuto di tali risposte riflette il livello di conoscenza e di competenza del candidato in un dato settore nonché, se del caso, i suoi processi di riflessione, il suo giudizio e il suo spirito critico. In caso di esame redatto a mano le risposte contengono, inoltre, informazioni calligrafiche. La raccolta di tali risposte ha, poi, la funzione di valutare le capacità professionali del candidato e la sua idoneità a esercitare il mestiere di cui trattasi. Infine, l'uso di tali informazioni, che si traduce, segnatamente, nel successo o nel fallimento del candidato all'esame di cui trattasi, può avere un effetto sui diritti e interessi dello stesso, in quanto può determinare o influenzare, per esempio, le sue possibilità di accedere alla professione o all'impiego desiderati.

Quanto alle annotazioni dell'esaminatore relative alle risposte del candidato, anch’esse costituiscono – a parere della Corte - proprio come le risposte fornite dal candidato durante l'esame, informazioni concernenti tale candidato, ciò in quanto il contenuto di tali annotazioni riflette l'opinione o la valutazione dell'esaminatore sulle prestazioni individuali del candidato durante l'esame, e in particolare sulle sue conoscenze e competenze nel settore di cui trattasi. Dette annotazioni hanno, peraltro, appunto lo scopo di documentare la valutazione fatta dall'esaminatore delle prestazioni del candidato e possono produrre effetti per quest'ultimo.

Negare la qualificazione di “dati personali” alle informazioni concernenti un candidato, contenute nelle sue risposte fornite durante un esame professionale e nelle annotazioni dall'esaminatore ad esse riferite, avrebbe la conseguenza di sottrarre interamente tali informazioni al rispetto dei principi e delle garanzie in materia di tutela dei dati personali e, segnatamente, dei principi relativi alla qualità di tali dati e alla legittimità del loro trattamento, sanciti dagli artt. 6 e 7 della direttiva 95/46 nonché dei diritti di accesso, di rettifica e di opposizione della persona interessata, di cui agli articoli 12 e 14 di tale direttiva, e del controllo esercitato dall'autorità di controllo ai sensi dell'articolo 28 della medesima direttiva.

Peraltro è altrettanto pacifico che un candidato a un esame ha un interesse legittimo, vertente sulla protezione della sua vita privata, a potersi opporre a che le sue risposte fornite durante tale esame e le annotazioni dell'esaminatore ad esse riferite siano trattate al di fuori del procedimento di esame e, segnatamente, a che siano trasmesse a terzi, o pubblicate, senza il suo consenso. Parimenti, l'ente che organizza l'esame, in qualità di responsabile del trattamento dei dati, è tenuto a garantire che tali risposte e annotazioni siano conservate in modo da evitare che terzi vi abbiano accesso in modo illecito.

La Corte fornisce quindi la propria interpretazione sull'art. 2, lettera a), della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, affermando che "le risposte scritte fornite da un candidato durante un esame professionale e le eventuali annotazioni dell'esaminatore relative a tali risposte costituiscono dati personali, ai sensi di tale disposizione".

LA MASSIMA

L'articolo 2, lettera a), della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, deve essere interpretato nel senso che le risposte scritte fornite da un candidato durante un esame professionale e le eventuali annotazioni dell'esaminatore relative a tali risposte costituiscono dati personali, ai sensi di tale disposizione. Corte di Giustizia UE n.434 del 20 dicembre 2017

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