Cause di esclusione dell'impossibilità per il beneficiando di attendere ai propri interessi.

Amministrazione di sostegno: cause di esclusione dell'impossibilità in capo al beneficiando di attendere ai propri interessi. Trib. Vercelli 16 ottobre 2015.



In tema di apertura dell’amministrazione di sostegno, la presenza di una rete familiare attenta alle esigenze della persona beneficianda (e priva al suo interno di conflittualità, o tacciabile di un qualche, pur recondito, sospetto in ordine a velleità di approfittamento); l'intervento mirato dei soggetti istituzionali, su tutti, il servizio sociale, deputati all'ausilio delle persone variamente bisognose; la disponibilità, in termini di piena e sufficientemente informata accettazione, da parte del soggetto bisognoso, ad avvalersi dell'aiuto proveniente dai predetti soggetti; la limitata difficoltà di compimento delle "attività di protezione", in riferimento ad una agevole sormontabilità delle problematiche di natura pratica, burocratica e giuridica che via via si vadano a presentare si pongono concretamente alla stregua di vera e propria causa di esclusione dell'impossibilità, in capo al beneficiando, di attendere ai propri interessi, rendendo superflua ed inutilmente gravatoria l'apertura della misura di protezione, ed inducendo in definitiva il Giudice al rigetto del ricorso.Tribunale Vercelli 16 ottobre 2015.

PILLOLE GIURIDICHE.

•             Adozione e revoca di amministrazione di sostegno, interruzione del processo e nullità della sentenza: È inammissibile, per difetto di interesse, il motivo di ricorso per cassazione con cui si denunci genericamente la mancata interruzione del processo di primo grado in conseguenza dapprima dell'adozione e poi della revoca dell'amministrazione di sostegno in favore di una parte del giudizio, nel momento in cui tali eventi furono comunicati in udienza o notificati alle altre parti, pur a fronte dell'oggettiva estensione dei poteri rappresentativi attribuiti nel caso dal giudice tutelare all'amministratore, dovendo il ricorrente prospettare quali lesioni siano, in concreto, derivate ai suoi diritti e alle sue facoltà processuali da detta mancata interruzione. Trattandosi, infatti, di violazione non rientrante tra i casi tassativi di rimessione della causa al primo giudice, e convertendosi l'eventuale nullità della sentenza in motivi di impugnazione, l'impugnante deve, a pena d'inammissibilità, indicare specificamente quale sia stato il pregiudizio arrecato alle proprie attività difensive dall'invocato vizio processuale. Cassazione civile  sez. III,  09 marzo 2012,  n. 3712.

•             Amministratore di sostegno. Ambito di applicazione. Per individuare l’ambito di applicazione della amministrazione di sostegno, deve tenersi conto in via prioritaria del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario, nel senso che ad un’attività minima, estremamente semplice, e tale da non rischiare di pregiudicare gli interessi del soggetto vuoi per la scarsa consistenza del patrimonio disponibile, vuoi per la semplicità delle operazioni da svolgere, e per l’attitudine del soggetto protetto a non porre in discussione i risultati dell'attività di sostegno nei suoi confronti corrisponderà l’amministrazione di sostegno; mentre si potrà ricorrere all'interdizione quando si tratta di gestire un’ attività di una certa complessità, da svolgere in una molteplicità di direzioni, ovvero nei casi in cui appaia necessario impedire al soggetto da tutelare di compiere atti pregiudizievoli per sé, eventualmente anche in considerazione della permanenza di un minimum di vita di relazione che porti detto soggetto ad avere contatti con l’esterno. Cassazione civile  sez. I,  26 ottobre 2011,  n. 22332. L'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore capacità di tale strumento di adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità e alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa. Appartiene all'apprezzamento del giudice di merito la valutazione della conformità di tale misura alle suindicate esigenze, tenuto conto essenzialmente del tipo di attività che deve essere compiuta e considerate anche la gravità e la durata della malattia, la natura e la durata dell'impedimento nonché tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie. Cass. civ. sez. I, 26 ottobre 2011 n. 22332.

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 34 d.P.R. 5 gennaio 1967 n. 200, censurato, in riferimento agli art. 3, 24, 25 e 32 cost., nella parte in cui stabilisce che il capo di ufficio consolare di prima categoria esercita nei confronti dei cittadini minorenni, interdetti, emancipati e inabilitati residenti nella circoscrizione le funzioni ed i poteri, in materia di tutela, di curatela, di assistenza pubblica e privata nonché di affiliazione, che le leggi dello stato attribuiscono al giudice tutelare, ma non prevede che egli possa "servirsi dello strumento di nomina di un amministratore di sostegno". Premesso che la l. n. 6 del 2004, introducendo nel corpo del codice civile l'istituto dell'amministrazione di sostegno, ha delineato un complesso normativo inscindibile volto a garantire all'incapace la tutela più adeguata alla fattispecie e a limitare nella minore misura possibile la sua capacità, la disposizione censurata, riconducendo al potere giurisdizionale del console, con clausola di chiusura, anche le funzioni ed i poteri in materia di assistenza pubblica e privata, consente agevolmente, in virtù di un'interpretazione evolutiva, di comprendere fra le funzioni attribuite quelle relative ad un istituto più idoneo e flessibile quale l'amministrazione di sostegno; nè è configurabile un conflitto di competenza fra il giudice tutelare in Italia e il console, tenuto conto che la competenza a nominare l'amministratore di sostegno è pacificamente riconosciuta al giudice tutelare del luogo in cui l'interessato ha la residenza, potendo tale eventualità presentarsi come un mero inconveniente di fatto, risolvibile con l'ordinario procedimento per conflitto di competenza, ma non come un ostacolo giuridicamente rilevante all'interpretazione costituzionalmente orientata (sent. n. 440 del 2005). Corte Costituzionale,  18 febbraio 2010,  n. 51.

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  • Interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno.

L'amministrazione di sostegno introdotta nell'ordinamento dall'art. 3 l. 9 gennaio 2004 n. 6 ha la finalità di offrire, a chi si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire, distinguendosi, con tale specifica funzione, dagli altri istituti a tutela degli incapaci, quali l'interdizione e l'inabilitazione, non soppressi, ma solo modificati dalla stessa legge attraverso la novellazione degli art. 414 e 427 c.c. Rispetto ai predetti istituti, l'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa. Appartiene all'apprezzamento del giudice di merito la valutazione della conformità di tale misura alle suindicate esigenze, tenuto conto essenzialmente del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario e considerate anche la gravità e la durata della malattia, ovvero la natura e la durata dell'impedimento, nonché tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie. Cass. civ.  sez. I,  26 ottobre 2011,  n. 22332. Conf. Cass. 22 aprile 2009 n. 9628; Cass. 01 marzo 2010 n. 4866.

In materia di misure di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia, la l. 9 gennaio 2004 n. 6 ha configurato l'interdizione come istituto di carattere residuale, perseguendo l'obbiettivo della minor limitazione possibile della capacità di agire, attraverso l'assunzione di provvedimenti di sostegno temporaneo o permanente; ne discende la necessità, prima di pronunziare l'interdizione, di valutare l'eventuale conformità dell'amministrazione di sostegno alle esigenze del destinatario, alla stregua della peculiare flessibilità del nuovo istituto, della maggiore agilità della relativa procedura applicativa, nonché della complessiva condizione psico-fisica del soggetto e di tutte le circostanze caratterizzanti il caso di specie; mentre non costituisce condizione necessaria all'applicazione di tale misura la circostanza che il beneficiario abbia chiesto, o quantomeno accettato, il sostegno ovvero abbia indicato la persona da nominare o i bisogni concreti da soddisfare. Cass. civ.  sez. I,  01 marzo 2010,  n. 4866.

Nel giudizio di interdizione il giudice di merito, nel valutare se ricorrono le condizioni a mente dell'art. 418 c.c. per nominare l'amministratore di sostegno, rimettendo gli atti al giudice tutelare, deve considerare che, rispetto all'interdizione e all'inabilitazione, l'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado d'infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa, ben potendo il giudice tutelare graduare i limiti alla sfera negoziale del beneficiario dell'amministrazione di sostegno, a mente dell'art. 405 comma 5 n. 3 e 4 c.c., in modo da evitare che questi possa essere esposto al rischio di compiere un'attività negoziale per sé pregiudizievole. Cass. civ.  sez. I,  22 aprile 2009,  n. 9628. Conf. Cass. 12 giugno 2006 n. 13584.

In materia di misure di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia, la l. 9 gennaio 2004 n. 6 ha configurato l'interdizione come istituto di carattere residuale, perseguendo l'obbiettivo della minor limitazione possibile della capacità di agire, attraverso l'assunzione di provvedimenti di sostegno temporaneo o permanente; ne discende la necessità, prima di pronunziare l'interdizione, di valutare l'eventuale conformità dell'amministrazione di sostegno alle esigenze del destinatario, alla stregua della peculiare flessibilità del nuovo istituto, della maggiore agilità della relativa procedura applicativa, nonché della complessiva condizione psico-fisica del soggetto e di tutte le circostanze caratterizzanti il caso di specie; mentre non costituisce condizione necessaria all'applicazione di tale misura la circostanza che il beneficiario abbia chiesto, o quantomeno accettato, il sostegno ovvero abbia indicato la persona da nominare o i bisogni concreti da soddisfare. Cass. civ.  sez. I,  01 marzo 2010,  n. 4866.

  • Procedimento e sopraggiunta carenza di interesse.

Nel procedimento relativo alla nomina dell'amministratore di sostegno, ed in analogia a quanto avviene nel giudizio d'interdizione, la morte dell'amministrando determina la cessazione della materia del contendere, venendo meno la necessità della pronuncia; ne deriva che la sopravvenienza di tale evento, mentre è pendente il giudizio per cassazione, e la morte sia attestata, mediante produzione del relativo certificato, comporta la declaratoria d'inammissibilità del ricorso per sopraggiunta carenza d'interesse. Cass. civ.  sez. I,  10 giugno 2011,  n. 12737.

  • Rimozione e sostituzione di un amministratore di sostegno. Ricorso per Cassazione e provvedimenti emessi in sede di reclamo.

È inammissibile, per difetto di interesse, il motivo di ricorso per cassazione con cui si denunci genericamente la mancata interruzione del processo di primo grado in conseguenza dapprima dell'adozione e poi della revoca dell'amministrazione di sostegno in favore di una parte del giudizio, nel momento in cui tali eventi furono comunicati in udienza o notificati alle altre parti, pur a fronte dell'oggettiva estensione dei poteri rappresentativi attribuiti nel caso dal giudice tutelare all'amministratore (e della speculare riduzione dell'autonomia di gestione del beneficiario), dovendo il ricorrente prospettare quali lesioni siano, in concreto, derivate ai suoi diritti e alle sue facoltà processuali da detta mancata interruzione. Trattandosi, infatti, di violazione non rientrante tra i casi tassativi di rimessione della causa al primo giudice, e convertendosi l'eventuale nullità della sentenza in motivi di impugnazione, l'impugnante deve, a pena d'inammissibilità, indicare specificamente quale sia stato il pregiudizio arrecato alle proprie attività difensive dall'invocato vizio processuale. Cass. civ.  sez. III,  09 marzo 2012,  n. 3712.

È inammissibile il ricorso per cassazione, a norma dell'art. 720 bis, ultimo comma, c.p.c., avverso i provvedimenti emessi in sede di reclamo in tema di rimozione e sostituzione ad opera del giudice tutelare di un amministratore di sostegno, avendo tali provvedimenti carattere meramente ordinatorio ed amministrativo e dovendo riferirsi tale norma soltanto ai decreti, quali quelli che dispongono l'apertura o la chiusura dell'amministrazione, di contenuto corrispondente alle sentenze pronunciate in materia di interdizione ed inabilitazione, a norma dei precedenti art. 712 ss., espressamente richiamati dal comma 1 dell'art. 720 bis. Cass. civ. sez. VI,  10 maggio 2011,  n. 10187.

È inammissibile il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti emessi in sede di reclamo in tema di designazione o nomina di un amministratore di sostegno, trattandosi di provvedimenti distinti, logicamente e tecnicamente, da quelli che dispongono l'amministrazione e che vengono emanati in applicazione dell'art. 384 c.c. (richiamato dal successivo art. 411, comma 1, c.c.), dovendo invero limitarsi la facoltà di ricorso, concessa dall'art. 720 bis, ultimo comma, c.p.c., ai decreti di carattere decisorio, quali quelli che dispongono l'apertura o la chiusura dell'amministrazione, assimilabili, per loro natura, alle sentenze emesse in materia di interdizione ed inabilitazione, mentre tale facoltà non si estende ai provvedimenti a carattere gestorio. Cass. civ.  sez. VI,  23 giugno 2011,  n. 13747.

  • Regolamento di competenza.

È ammissibile il regolamento di competenza richiesto d'ufficio dal capo dell'Ufficio consolare italiano all'estero, relativo alla nomina di un nuovo amministratore di sostegno in seguito al trasferimento del beneficiato; infatti la sentenza 18 febbraio 2010 n. 51 della Corte cost. impone una interpretazione evolutiva delle norme idonea a comprendere, fra le funzioni attribuite al Console (di Ufficio di prima categoria) dall'art. 34 d.P.R. 5 gennaio 1967 n. 200, anche quelle relative ad un istituto più adatto e flessibile, per la tutela di soggetti meno capaci, quale l'amministrazione di sostegno, senza che a ciò osti la circostanza che si determini un conflitto di competenze fra il giudice tutelare in Italia ed il Console, tenuto conto che la competenza a nominare l'amministratore di sostegno è pacificamente riconosciuta al giudice tutelare del luogo in cui l'interessato ha la residenza e considerando che tale conflitto è risolvibile con l'ordinario regolamento di competenza. Cass. civ. sez. VI,  16 settembre 2011,  n. 19017.

  • Disturbi mentali: interdizione o amministrazione di sostegno?

Chi è affetto da disturbi mentali ha la facoltà di ottenere l'amministrazione di sostegno al posto della più pesante misura dell'interdizione, nel rispetto dei principi introdotti dalla l. n. 6/04 diretta a limitare il meno possibile la capacità di agire, attraverso l'assunzione di provvedimenti di sostegno temporaneo o permanente. Peraltro, non costituisce condizione necessaria per l'applicazione della misura dell'amministrazione di sostegno la circostanza che il beneficiario abbia chiesto, o quanto meno accettato, il sostegno ed abbia indicato la persona da nominare. Cass. civ.  sez. I,  01 marzo 2010,  n. 4866. In materia di misure di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia, la l. 9 gennaio 2004 n. 6 ha configurato l'interdizione come istituto di carattere residuale, perseguendo l'obbiettivo della minor limitazione possibile della capacità di agire, attraverso l'assunzione di provvedimenti di sostegno temporaneo o permanente; ne discende la necessità, prima di pronunziare l'interdizione, di valutare l'eventuale conformità dell'amministrazione di sostegno alle esigenze del destinatario, alla stregua della peculiare flessibilità del nuovo istituto, della maggiore agilità della relativa procedura applicativa, nonché della complessiva condizione psico-fisica del soggetto e di tutte le circostanze caratterizzanti il caso di specie; mentre non costituisce condizione necessaria all'applicazione di tale misura la circostanza che il beneficiario abbia chiesto, o quantomeno accettato, il sostegno ovvero abbia indicato la persona da nominare o i bisogni concreti da soddisfare. Cass. civ. sez. I,  01 marzo 2010,  n. 4866.

Appartiene all'apprezzamento del giudice di merito la valutazione della conformità della nuova misura protettiva alle inderogabili esigenze dei soggetto "debole", tenuto conto, essenzialmente del tipo di attività che deve essere compiuto per conto e nell'interesse del beneficiario, e considerate anche la gravità e la durata dell'infermità o dell'impedimento materiale, ovvero la loro natura e la loro durata, nonché tutte le altre circostanze caratterizzanti la singola, specifica fattispecie sottoposta al giudice. Cass. civ.  sez. I,  12 giugno 2006,  n. 13584.

L'amministrazione di sostegno, introdotta nell'ordinamento dalla l. 9 gennaio 2004 n. 6, art. 3, ha la finalità di offrire a chi si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire, distinguendosi, con tale specifica funzione, dagli altri istituti a tutela degli incapaci, quali la interdizione e la inabilitazione, non soppressi, ma solo modificati dalla stessa legge attraverso la novellazione degli art. 414 e 417 c.c. Rispetto ai predetti istituti, l'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore capacità di tale strumento di adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa. Appartiene all'apprezzamento del giudice di merito la valutazione della conformità di tale misura alle suindicate esigenze, tenuto conto essenzialmente del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario, e considerate anche la gravità e la durata della malattia, ovvero la natura e la durata dell'impedimento, nonché tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie. Cass. civ.  sez. I,  12 giugno 2006,  n. 13584

In nessun caso l'ambito dell'amministrazione di sostegno può coincidere con quello dell'interdizione o dell'inabilitazione, in quanto queste ultime debbono essere disposte soltanto se il giudice ritiene di non potere adottare alcuno strumento ad esse alternativo. Ne consegue che non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 404 c.c., nella parte in cui - secondo la tesi del rimettente - rende l'amministrazione di sostegno uno strumento fungibile rispetto all'interdizione. Corte costituzionale,  09 dicembre 2005,  n. 440.

Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale degli art. 404, 405, numeri 3 e 4, e 409 c.c., nel testo introdotto dalla l. 9 gennaio 2004 n. 6 (Introduzione nel libro primo, titolo XII, del c.c. del capo I, relativo all’istituzione dell’amministrazione di sostegno e modifica degli art. 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 c.c. in materia di interdizioni e di inabilitazione, nonché relative alle norme di attuazione, di coordinamento e finali) - in riferimento agli art. 2, 3, 4, 41, comma 1, e 42 cost. - e degli art. 413, ultimo comma, e 418, ultimo comma, c.c., nel testo introdotto dalla cit. l. n. 6 del 2004 - in riferimento agli art. 2, 3, 4, 41, comma 1, 42 e 101, comma 2, cost. Corte costituzionale,  09 dicembre 2005,  n. 440

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 404, 405 n. 3 e 4 e 409 c.c., nel testo introdotto dalla l. 9 gennaio 2004 n. 6, sollevata in riferimento agli art. 2, 3, 4, 41 comma 1 e 42 cost., sotto il profilo che essi non indicano chiari criteri selettivi per distinguere tale istituto, introdotto dalla legge citata, dai preesistenti istituti dell'interdizione e dell'inabilitazione, e quindi danno luogo a tre fattispecie legali irragionevolmente coincidenti, con duplicazione di istituti parzialmente fungibili, e lasciano di fatto all'arbitrio del giudice la scelta dello strumento di tutela concretamente applicabile. Le ordinanze di rimessione muovono, infatti, dall'erroneo presupposto che l’ambito di operatività dell'amministrazione di sostegno possa coincidere con quello dell'interdizione o dell'inabilitazione, mentre la complessiva disciplina inserita dalla l. n. 6 del 2004 affida al giudice il compito di individuare l’istituto che, da un lato, garantisca all'incapace la tutela più adeguata alla fattispecie e, dall'altro, limiti nella minore misura possibile la sua capacità, e consente, ove la scelta cada sull'amministrazione di sostegno, che l’ambito dei poteri dell'amministratore sia puntualmente correlato alle caratteristiche del caso concreto, prevedendosi che, solo se non ravvisi interventi di sostegno idonei ad assicurare all'incapace siffatta protezione, il giudice possa ricorrere alle più invasive misure dell'inabilitazione o dell'interdizione, che attribuiscono uno "status" di incapacità, estesa per l’inabilitato agli atti di straordinaria amministrazione e per l’interdetto anche a quelli di amministrazione ordinaria. Corte costituzionale,  09 dicembre 2005,  n. 440

  • Necessità della difesa tecnica?

Il procedimento per la nomina dell’amministratore di sostegno, il quale si distingue, per natura, struttura e funzione, dalle procedure d’interdizione ed inabilitazione, non richiede il ministero del difensore nelle ipotesi, da ritenersi corrispondenti al modello legale tipico, in cui l’emanando provvedimento debba limitarsi ad individuare specificamente i singoli atti, o categorie di atti, in relazione ai quali si richiede l’intervento dell’amministratore; necessita, per contro, di detta difesa tecnica ogniqualvolta il decreto che il giudice ritenga di emettere, sia o no corrispondente alla richiesta dell’interessato, incida sui diritti fondamentali della persona, attraverso la previsione di effetti, limitazioni o decadenze analoghi a quelli previsti da disposizioni di legge per l’interdetto o l’inabilitato, per ciò stesso incontrando il limite del rispetto dei principi costituzionali in materia di diritti di difesa e di contraddittorio. Cass. civ.  sez. I,  11 luglio 2008,  n. 19233.

È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli art. 407 e 408 c.c., nel testo introdotto dall'art. 3 l. 9 gennaio 2004 n. 6 e dell'art. 716 c.p.c., censurati, in riferimento agli art. 2, 3 e 24 Cost., nella parte in cui non impongono, a favore della persona interessata, l’assistenza tecnica da parte di un patrocinatore legale nel procedimento per la istituzione dell'amministrazione di sostegno. Il rimettente, pur dando atto del contrasto esistente nella giurisprudenza di merito sulla interpretazione della normativa censurata, non si è in alcun modo fatto carico di chiarire le ragioni per le quali non condivide la opzione ermeneutica seguita da alcuni giudici di merito, che, parimenti convinti della necessità dell'assistenza del difensore, hanno dato una lettura costituzionalmente orientata della normativa medesima, interpretandola nel senso che essa richiede tale assistenza; interpretazione, questa, che, successivamente all'ordinanza di rimessione, ha trovato conferma nella giurisprudenza di legittimità. Corte costituzionale,  19 aprile 2007,  n. 128.

Il procedimento per la nomina dell'amministratore di sostegno, il quale si distingue, per natura, struttura e funzione, dalle procedure di interdizione e di inabilitazione, non richiede il ministero del difensore nelle ipotesi, da ritenere corrispondenti al modello legale tipico, in cui l'emanando provvedimento debba limitarsi ad individuare specificamente i singoli atti, o categorie di atti, in relazione ai quali si richiede l'intervento dell'amministratore; necessita, per contro, detta difesa tecnica ogni qualvolta il decreto che il giudice ritenga di emettere, sia o non corrispondente alla richiesta dell'interessato, incida sui diritti fondamentali della persona, attraverso la previsione di effetti, limitazioni o decadenze analoghi a quelli previsti da disposizioni di legge per l'interdetto o l'inabilitato, per ciò stesso incontrando il limite del rispetto dei principi costituzionali in materia di diritto di difesa e del contraddittorio. Cass. civ.  sez. I,  29 novembre 2006,  n. 25366.

  • Competenza. Amministratore di sostegno, soggetto disabile in stato di detenzione e competenza. Ritenuto che ai sensi della l. 9 gennaio 2004 n. 6 competente a nominare al soggetto disabile l'amministratore di sostegno è l'autorità giudiziaria del luogo dove il disabile ha il domicilio o la residenza, qualora il soggetto disabile si trovi costretto in stato di detenzione in un luogo diverso dalla sua residenza o dal suo domicilio, resta competente alla nomina predetta il giudice del luogo dove il detenuto conserva ancora il proprio domicilio o la propria residenza, non avendo egli manifestato la volontà di mutare né l'uno, né l'altra. Cass. civ. sez. I,  14 gennaio 2008,  n. 588. In tema di nomina dell'amministratore di sostegno, ai sensi dell'art. 404 c.c. la competenza per territorio spetta al giudice tutelare del luogo in cui la persona interessata abbia la residenza o il domicilio; stante l'alternatività di detto criterio, lo stato di detenzione in manicomio giudiziario, in esecuzione di sentenza definitiva, avendo carattere coattivo, non implica in via automatica mutamento di domicilio il quale, ex art. 43 c.c., si presume ancora fissato, in difetto di manifestazione di volontà dell'interessato, nel luogo dove il predetto aveva abituale dimora prima dell'inizio del citato stato di detenzione. Cass. civ. sez. I, 14 gennaio 2008 n. 588.

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  • Procedimento di nomina e regolamentazione dell’amministrazione di sostegno.

L'elenco delle persone indicate dall'art. 408 c.c. come quelle sulle quali dovrebbe, ove possibile, ricadere la scelta del giudice, non contiene alcun criterio preferenziale in ordine di elencazione perché ciò contrasterebbe con l'ampio margine di discrezionalità nella scelta riconosciuta dalla legge al giudice di merito finalizzata esclusivamente agli interessi della beneficiaria. Ciò del resto trova conferma nell'ultimo comma dell'art. 408 c.c., laddove viene data al giudice tutelare la facoltà di scegliere, ove ricorrano gravi motivi, anche una persona diversa da quelle indicate dall'art. 408, comma 1, il che sta necessariamente a significare che l'indicazione delle persone predette non riveste un ordine preferenziale né un carattere esclusivo. Cass. civ.  sez. I,  26 settembre 2011,  n. 19596.

Qualora l’amministrazione di sostegno sia limitata alle sole questioni patrimoniali di carattere straordinario, per le quali l’amministratore ha poteri di totale e sostitutiva rappresentanza, il beneficiario, che conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedano la rappresentanza o l’assistenza necessarie dell'amministratore, può compiere tutti gli atti necessari al soddisfacimento delle esigenze ordinarie della propria vita quotidiana. Cass. civ.  sez. I,  18 luglio 2008,  n. 19971.

La scelta dell'amministratore di sostegno rientra tra i poteri discrezionali del giudice del merito: il beneficiario, psichicamente disabile ed in rotta profonda con la propria famiglia di sangue, non può ritenersi leso qualora il g.t. elegga ad amministratore di sostegno un soggetto estraneo alla compagine familiare pur se indicato dal genitore del beneficiario, dotato di documentate competenze professionali e di esperienza nel settore sociale e del volontariato, ed idoneo anche per ciò ad entrare in qualche sintonia con il beneficiario. Cass. civ.  sez. I,  18 luglio 2008,  n. 19971.

 Il procedimento di nomina e regolamentazione dell'amministrazione di sostegno delineato dagli art. da 404 a 413 c.c. e dall'art. 720 bis c.p.c., a seguito della l. 9 gennaio 2004 n. 6, è dotato di una sua autonomia e peculiarità, che esclude l'applicazione in via di interpretazione estensiva di norme diverse da quelle espressamente richiamate. Pertanto, nel caso di residenza dell'amministratore diversa da quella del beneficiato, non è applicabile l'art. 343, comma 2, c.c., che consente il trasferimento della tutela del minore nel circondario dove il tutore ha il proprio domicilio, in quanto non specificamente richiamato dalle norme sull'amministrazione di sostegno. Cass. civ.  sez. I,  16 novembre 2007,  n. 23743.

Nel corso del giudizio di interdizione o inabilitazione, spetta al giudice di merito di valutare, anche d'ufficio, ai sensi dell'art. 6 della legge n. 6 del 2004, se trasmettere gli atti al giudice tutelare perché valuti l'opportunità di nominare l'amministratore di sostegno; di tale scelta, tuttavia, egli deve dare conto in motivazione, stante la finalità della nuova normativa di sacrificare nella minor misura possibile la capacità di agire delle persone. Cass. civ.  sez. I,  28 maggio 2007,  n. 12466.

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