Immagini e diritto d'autore: tra opere fotografiche e semplici fotografie.

Disciplina dei diritti connessi all'esercizio del diritto d'autore. Tribunale di Roma 1 giugno 2015.



Tribunale di Roma 1 giugno 2015. 

Con atto di citazione notificato in data 11 novembre 2010,nella loro qualità di esercenti la potestà genitoriale sul proprio figlio hanno convenuto in giudizio una piattaforma di social network al fine di sentire accogliere le seguenti conclusioni:

"1) in via principale,

a) accertare e dichiarare che le Fotografie del Sig. rivestono carattere di opera fotografica, ai sensi dell'art. 2,L. n. 633 del 1941;

b) conseguentemente, accertare e dichiarare, altresì, la responsabilità dein solido tra loro, per la violazione del diritto d'autore insistente sulle medesime Fotografie ai sensi degli artt. 2 e ss. L. n. 633 del 1941 e del c.d. diritto morale d'autore ai sensi dell'art. 20, L. n. 633 del 1941 con riferimento ai fatti, titoli e causali di cui in narrativa;

c) per l'effetto condannarein solido tra loro, al risarcimento dei danni subiti e subendi dal Sig.come sopra quantificati nella complessiva somma di Euro 10.000,00 (diecimila/00) oltre accessori, ovvero in quella diversa somma maggiore o minore ritenuta di giustizia.

2) in via subordinata. a) nella denegata e non creduta ipotesi in cui negasse che le Fotografie abbiano natura di opere fotografiche ai sensi dell'art 2, L. n. 633 del 1941, accertare e dichiarare la responsabilità in solido tra loro per la violazione degli artt. 87 e 88 L. n. 633 del 1941;

b) per l'effetto condannare in solido tra loro al risarcimento dei danni subiti e subendi dal Sig. quantificati in Euro 9.000,00 (novemila/00) oltre accessori, ovvero in quella diversa somma maggiore o minore ritenuta di giustizia. In ogni caso, con vittoria di spese, diritti e onorari del presente giudizio".

Parte attrice ha esposto che il minorenne aveva realizzato alcune opere fotografiche che rappresentano uno spaccato delle abitudini della gioventù romana effettuate all'interno di alcuni locali notturni della Capitale. Malgrado non avesse autorizzato in alcun modo l'utilizza da parte di terzi di tali opere, lo stesso aveva inaspettatamente riscontrato che tre delle sue fotografie erano state indebitamente pubblicate sulle edizioni dei giorni 17,18 e 23 febbraio 2010 della testata giornalistica nazionale a corredo di una serie di articoli giornalistici a firma di In nessuno dei predetti articoli era stata indicata la fonte dalla quale erano state reperite le fotografie in questione, né era stata attribuita la paternità intellettuale delle medesime.

Nessun compenso era stato corrisposto per lo sfruttamento economico delle fotografie in questione, oggetto di ulteriore diffusione non autorizzata da parte di alcuni programmi televisivi mandati in onda da canali televisivi di rilievo nazionale.

Si sono costituiti in giudizio chiedendo il rigetto della domanda attorea, in quanto infondata sia in fatto che in diritto.

Pur essendo astrattamente condivisibile l'affermazione secondo la quale la mera la pubblicazione di una fotografia nella pagina personale di un social network, non costituisce, di per sé, prova della titolarità dei diritti di proprietà intellettuale su quel contenuto, tuttavia tale elemento, in mancanza di altre emergenze probatorie di segno contrario (come l'indicazione sulla fotografia dei nome di un terzo quale fotografo; in condivisione di un contenuto appartenente ad altro utente o di altra pagina web; la notorietà dell'immagine appartenente ad altro fotografo, eco.), può assurgere a presunzione grave, precisa e concordante della titolarità dei diritti fotografici in capo al titolare della pagina del social network nella quale sono pubblicate (art. 2729 c.c.).

In ogni caso, il Tribunale ritiene che parte attrice abbia fornito piena prova della paternità delle immagini fotografiche da parte di (...) atteso che i tre testimoni escussi, della cui attendibilità non vi è motivo di dubitare, hanno tutti dichiarato di essere stati presenti la sera in cui(...)ha scattato le fotografie per cui è causa e di averle viste successivamente sulla pagina social network.

 In tal modo, deve considerarsi raggiunta la prova del fatto che è l'autore delle immagini fotografiche per cui è causa e, in quanto tale, titolare (originario) dei diritti fotografici suite stesse.

Accertata la paternità dei diritti fotografici occorre stabilire se allo stesso spetti la invocata tutela autorale (riconosciuta per le sole opere fotografiche) o quella connessa al diritto d'autore (riconosciuta per le fotografie semplici).

La tutela dei diritto d'autore sulle opere fotografiche contempla attualmente, a seguito della modifica dí cui al D.P.R. n. 19 del 1979, tre ipotesi:

1) le opere d'ingegno che ricadono sotto la previsione dell'art. 2 n. 7 L.A. e che godono della tutela d'autore ai sensi degli artt. 12 e ss., 20 e ss. e 171 e ss.;

2) le fotografie semplici, vale a dire le "immagini di persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale o sociale", prive del carattere creativo, pur essendo caratterizzate da una qualche attività personale del fotografo, quanto meno nella ricerca del soggetto da fotografare, e tutelate, più limitatamente, ai sensi degli artt.87 e ss. L.A., come tipici diritti connessi;

3) le fotografie di "scritti, documenti, carte di affari, oggetti materiali, disegni tecnici e prodotti simili", prive di tutela ex art. 87,2 comma L.A.

Ai fini della distinzione tra la prima e la seconda categoria di fotografie meritevoli di tutela, occorre verificare se sussista o meno un atto creativo, che sia espressione di un'attività intellettuale preponderante rispetto alla tecnica materiale (C.C. 175/1969), dove l'interpretazione, ossia la modalità di riproduzione del dato fotografato trasmetta un messaggio ulteriore e diverso rispetto alla visione oggettiva di esso, rendendo una soggettiva interpretazione che permetta di individuare l'opera tra le altre analoghe (C.C. 7077/1990).

La fotografia è creativa quando è capace di evocare suggestioni o comunque di lasciare trasparire l'apporto personale del fotografo e non si limiti a riprodurre e documentare determinate azioni o situazioni reali (T.Firenze 16/2/1994).

L'apporto creativo, che può essere anche minimo, è desumibile da una precisa attività del fotografo, volta o alla valorizzazione degli effetti ottenibili con l'apparecchio (inquadratura, prospettiva, cura della luce, del tutto peculiari) o alla scelta del soggetto (intervenendo il fotografo sull'atteggiamento o sull'espressione, se non creando addirittura il soggetto stesso), purché emerga in sostanza una prevalenza del profilo artistico sull'aspetto prettamente tecnico (C.C. 4606/1998; T.Catania 11/9/2001, RI. 2002,1236).

In una recente sentenza (C.C.8425/2000), la Suprema Corte (sovvertendo un più risalente indirizzo, espresso da C.C.183/1988) ha riconosciuto la tutela autoriale e anche a fotografie riproducenti oggetti materiali (nella specie, si trattava di foto riproducenti materiale ospedaliero inserite in un catalogo), affermando che le fotografie contemplate dall'art. 87 L.A. non soltanto devono essere prive di creatività (altrimenti sarebbero protette come opere dell'ingegno), ma "devono essere altresì meccanicamente riproduttive dell'oggetto, con semplice funzione di documentazione del medesimo", non potendosi escludere, in via di principio, l'ipotesi che fotografie di qualcuno di tali oggetti, non soltanto per la perfezione tecnica (esposizione, ambientazione, colore e così via) ma anche per l'intuizione artistica che le ispira e per le emozioni che riescono a trasmettere all'osservatore, vadano oltre la sola tutela dei diritti connessi e presentino un carattere di creatività tale da renderle tutelabili come opere dell'ingegno. In sostanza, ciò che distingue le immagini fotografiche, dotate di una sia pur limitata tutela autorale, e le fotografie meramente riproduttive dell'oggetto della terza tipologia, non è tanto l'attività soggettiva del fotografo, correlata alle sue capacità tecnicoprofessionali (la scelta degli oggetti, la loro collocazione, la cura della luce), quanto lo scopo, ultroneo, rispetto a quello meramente documentativo.

La tutela risarcitoria della fotografia come opera dell'ingegno e quella, pure risarcitone, ai sensi dei diritti connessi hanno senz'altro un presupposto minimo comune, che è rappresentato dalla "creazione" dell'opera, ma la seconda tutela richiede, ex art. 90, comma 2 L.A., gli ulteriori presupposti (il cui onere probatorio grava sull'attore, C,C. 8186/1992) rappresentati dall'adempimento delle formalità ex art. 90 comma 1 L.A. (indicazione del nome del fotografo e della data di produzione) sull'esemplare riprodotto (vale a dire i negativi o i positivi da questi ottenuti) o, in alternativa, dai diversi fatti dai quali possa desumersi la malafede (essendo presunta la buona fede) del riproduttore abusivo, a conoscenza della provenienza dell'opera (C.C. 5369/1999; C.C. 8186/1992; A.Milano 3/4/1999, AIDA, 1999, 681/1; T.Milano 11/11/1999, AIDA, 2000, 709).

Ciò posto, nella fattispecie in esame, deve ritenersi che le fotografie (che documentano alcuni eventi svoltisi in discoteche o locali notturni romani) non presentano quella necessaria impronta personale e peculiare dei fotografo, ovvero quella capacità di intervenire sul soggetto in modo tale da evocare suggestioni, che valgono a distinguere un'opera fotografica da una fotografia semplice, stante l'originalità dell'inquadratura, della prospettiva ed un gioco particolare, creato volutamente, di luci ed ombre, cosicché le stesse si esauriscono in una semplice riproduzione documentale di un determinato evento: il fenomeno delle c.d. baby cubiate.

A questo punto, va accertata la sussistenza della contestata legittimazione attiva di (...), quale autore delle immagini fotografiche per cui è causa, dal momento che parte convenuta e terzo chiamato sostengono che egli avrebbe perduto la titolarità dei diritti fotografici a seguito della pubblicazione delle fotografie sulla pagina personale del social network.

Assumono difatti che, in base alle condizioni generali di contratto, accettate dagli utenti all'atto dell'iscrizione, la pubblicazione sul social network comporterebbe il trasferimento in capo alla Società proprietaria del social network di tutti i diritti di proprietà intellettuale sui contenuti ivi pubblicati.

Prima di affrontare la specifica tematica della pretesa cessione dei diritti fotografi favore di Facebook, va effettuato un rapido riassunto dell'ambito di tutela delle fotografie semplici.

Al riguardo, L.A., dopo avere stabilito il diritto del fotografo allo sfruttamento esclusivo della sua opera, prevede, all'art. 88, 2 e 3 comma, che, se la fotografia è stata realizzata nel corso e nell'adempimento di un rapporto di lavoro o di un contratto d'impiego (2 comma) o di un rapporto di lavoro autonomo (3 comma), il diritto suddetto appartiene al datore di lavoro o al committente.

In quest'ultimo caso, però, solo quando la fotografia, realizzata nell'ambito di una prestazione d'opera espressamente prevista come quella di fotografo (C.C. 4557/1998, G.C. 1998, 2553), abbia ad oggetto una cosa del committente e salvo il pagamento al fotografo, da parte di chi utilizza commercialmente la riproduzione, di un equo corrispettivo.

Con riferimento, invece, all'ipotesi di cessione a terzi dei diritti fotografici spettanti al fotografo che ne è titolare, l'art. 89 L.A. riconnette all'eventuale cessione del negativo o di analogo mezzo di riproduzione della fotografia, il valore, salvo patto contrario, di cessione dei diritti in questione (C.C. 4606/1998),

Sul punto, va poi ricordato il principio espresso dalla S.C. che, dopo aver premesso che l'art. 110 L.A. - norma che al fine di prevenire eventuali controversie fra le parti circa l'oggetto della cessione, tenuto conto delle molteplici facoltà contenute nel diritto esclusivo dell'autore della fotografia (riproduzione, diffusione, spaccio eco), stabilisce che "la trasmissione dei diritti di utilizzazione deve essere provata per iscritto", ponendo, così, una regola probatoria a tutela degli interessi delle parti e dei terzi - trova applicazione anche alla disciplina dei diritti connessi all'esercizio del diritto d'autore, nei quali sono compresi quelli relativi alle fotografie, in virtù della previsione contenuta nel precedente art. 107, ha stabilito che "nel caso in cui si sia convenuta una cessione della fotografia senza ulteriori specificazioni ed il fotografo, ciononostante, abbia poi fatto valere in giudizio, nei confronti di un soggetto diverso dal cessionario, il proprio diritto di esclusiva alla riproduzione della fotografia medesima, affermando di averla ceduta unicamente per la pubblicazione, incombe sul fotografo stesso l'onere di dimostrare, attraverso la produzione dei documento di cessione ovvero negli altri modi consentiti dalla legge, la permanente titolarità, in capo a sé stesso, dei diritto rivendicato (segnatamente in presenza di un'eccezione di difetto di legittimazione attiva sollevata dal convenuto), dovendosi, altrimenti, presumere una cessione integrale del diritto esclusivo e la legittimità del successivo uso compiuto (con il consenso del cessionario) da terzi" (C.C.4273/1998).

Ciò posto in via generale, va osservato che l'art. 2 delle condizioni di licenza di Facebook (doc. n. 4, fasc. parte attrice), così recita:

"2. Condivisione dei contenuti e delle informazioni.

L'utente è il proprietario di tutti i contenuti e le informazioni pubblicate su Facebook e può controllare in che modo vengono condivisi mediante le impostazioni sulla privacy e le impostazioni delle applicazioni.

Inoltre;

1. Per quanto riguarda i contenuti coperti da diritti di proprietà intellettuale, ad esempio foto e video ("Contenuti IP"), l'utente concede a Facebook le seguenti autorizzazioni, soggette alle impostazioni sulla privacy e alle impostazioni delle applicazioni: l'utente concede a Facebook una licenza non esclusiva, trasferibile; che può essere concessa come sottolicenza, libera da royalty e valida in tutto li mondo, per l'utilizzo di qualsiasi Contenuto IP pubblicato su Facebook o in connessione con Facebook ("Licenza IP").

La Licenza IP termina nel momento in cui l'utente elimina il suo account o i Contenuti IP presenti nei suo account, a meno che tali contenuti non siano stati condivisi con terzi e che questi non li abbiano eliminati.

2. Quando l'utente li elimina, i Contenuti IP vengono eliminati in modo simile a quando si svuota il cestino del computer, Tuttavia, è possibile che i contenuti rimossi vengano conservati come copie di backup per un determinato periodo di tempo (pur non essendo visibili ad altri).

3. Quando l'utente usa un'applicazione, questa può richiedere l'autorizzazione dell'utente per accedere a contenuti e informazioni condivise da altre persone. Le applicazioni devono rispettare la privacy dell'utente. L'accordo accettato al momento dell'aggiunta dell'applicazione regola il modo in cui l'applicazione può usare, archiviare e trasferire i contenuti e le informazioni. Per maggiori informazioni sulla Piattaforma, comprese quelle riguardanti il controllo sulle informazioni che le altre persone possono condividere con le applicazioni, consulta la nostro Normativa sui dati e visita la Pagina della Piattaforma.

4. Quando Putente pubblica contenuti o informazioni usando l'impostazione "Pubblica", concede a tutti anche alle persone che non sono iscritte a Facebook, di accedere e usare tali informazioni e di associarle al suo profilo (ovvero al suo nome e alla sua immagine del profilo).

5. I commenti o i suggerimenti degli utenti relativi a Facebook sono sempre benvenuti. Tuttavia, l'utente deve essere ai corrente del fatto che potremmo usarli senza alcun obbligo di compenso nei suoi confronti (allo stesso modo in cui l'utente non è obbligato a fornirli)".

Ora, sulla base di un'interpretazione complessiva di tali clausole, non limitata all'analisi letterale delle parole, ma che tenga conto del contenuto volitivo di cui esse sono espressione (ai sensi degli artt. 1362 e ss. c.c.), deve affermarsi che, per quanto riguarda "i contenuti coperti da diritti di proprietà intellettuale", come ad esempio foto e video, definiti "Contenuti IP", la pubblicazione sul social network Facebook non comporta la cessione integrale dei diritti fotografici spettanti all'utente; esso, infatti, cede a Facebook la sola "licenza non esclusiva, trasferibile, per l'utilizzo di qualsiasi Contenuto IP pubblicato su Facebook o in connessione con Facebook ("Licenza IP")", valida finché il contenuto è presente sul social network.

Tale soluzione ermeneutica risulta avvalorata non solo dal fatto che l'art. 2 delle condizioni di licenza distingue tra il concetto di "Contenuti IP" (fotografie e video coperti da diritti di proprietà intellettuale degli utenti) e quello di contenuti semplici non coperti da tali diritti, ma anche dal fatto che, nel disciplinare l'uso dei contenuti e delle informazioni pubblicate su Facebook (ai sensi dell'art. 17, comma 7, delle condizioni di licenza "con il termine "uso" si intendono le seguenti operazioni: utilizzare, copiare, eseguire o esporre pubblicamente, distribuire, modificare, tradurre e creare opere derivative"), il n. 4, del medesimo articolo "concede a tutti, anche alle persone che non sono iscritte a Facebook, di accedere e usare", nonché di associare al suo profilo soltanto le informazioni e non anche i contenuti pubblicati usando l'impostazione "Pubblica".

L'articolo in commento va pertanto interpretato nel senso che tale possibilità di utilizzo delle informazioni pubblicate con impostazione "Pubblica" sul social network non costituisce licenza generalizzata di utilizzo e di sfruttamento dei contenuti coperti da diritti di proprietà intellettuale in favore di qualunque terzo che accede alla pagina Facebook. Quindi, la prevista libertà di utilizzo dei contenuti pubblicati dagli utenti con l'impostazione "Pubblica" riguarda esclusivamente le informazioni e non i contenuti coperti da diritti di proprietà intellettuale degli utenti, rispetto ai quali l'unica licenza è quella non esclusiva e trasferibile concessa a Facebook.

Sul punto deve allora concludersi che (...) in quanto autore delle immagini fotografiche in questione, è rimasto titolare dei diritti fotografici nonostante la pubblicazione delle stesse sulla propria pagina personale del sito Facebook ed è quindi legittimato a tutelare in sede giudiziaria i diritti esclusivi su tali fotografie, riconosciuti dagli artt. 88 e ss. L.A.

Le considerazioni appena svolte valgono anche al fine di ritenere infondata la tesi, sostenuta da parte convenuta e dal (...) secondo la quale qualunque terzo o utente Facebook avrebbe la possibilità di prelevare e di utilizzare le immagini fotografiche ivi pubblicate con l'impostazione "Pubblica" senza il preventivo consenso e senza corrispondere alcun compenso al fotografo titolare dei diritti in questione. Tale impostazione, infatti, permette a chiunque di accedere al "contenuto IP" ed eventualmente di condividerlo sullo stesso social network o su altri social network che abbiano ottenuto tale autorizzazione di condivisione attraverso una sublicenza concessa da Facebook, ma non consente di riprodurre e diffondere tale contenuto IP in mancanza del preventivo consenso del fotografo, senza violare i diritti esclusivi previsti dagli artt. 88 e segg. L.A.

Ciò posto in via generale, va inoltre stabilito - stante la specifica eccezione sollevata da parte convenuta e dal terzo chiamato - se, ai sensi dell'art 90, secondo comma, L.A., possa ritenersi lecita la riproduzione delle immagini fotografiche pubblicate su Facebook sulle quali - come nel caso di specie - non siano indicati il nome del fotografo e la data dell'anno di produzione della fotografia: requisiti indispensabili per poter considerare abusiva la riproduzione effettuata in mancanza dell'autorizzazione del fotografo e dovuto l'equo compenso nei casi indicati dagli arti 91 e 98 L.A.,

Al riguardo, ritiene il Collegio che nell'era della fotografia digitale e dello scambio di files digitali anche attraverso la rete internet, vada offerta un'interpretazione evolutiva della normativa in esame, risalente all'anno 1941 riferita ai negativi e ai positivi stampati delle fotografie analogiche.

Ai predetti fini, vanno considerati sicuramente idonei i c.d. digital watermarks, filigrane digitali o impronte elettroniche che consentono di rendere ineliminabili l'apposizione delle indicazioni di cui all'art 90 L.A. ai documenti fotografici trasferiti. Si tratta, peraltro, di un accorgimento in linea con le disposizioni di cui agli artt. 102-quater e 102-quinquies L.A., introdotti dai D.Lgs. n. 68 del 2003 di attuazione della direttiva 2001/20/CE, i quali prevedono che i titolari di diritti d'autore e di diritti connessi possano rispettivamente; a) apporre sulle opere e sui materiali protetti misure tecnologiche di protezione e b) inserirvi informazioni elettroniche sul regime dei diritti che identifichino il titolare dei diritti medesimi.

Tanto premesso, nell'ottica di un'interpretazione evolutiva, va tenuto conto del fatto che la ratio della norma in esame è quella di considerare lecita la riproduzione delle fotografie quando il riproduttore non è in grado o non può conoscere con l'ordinaria diligenza il nome del titolare dei diritti cui chiedere l'autorizzazione alla pubblicazione e a cui corrispondere l'equo compenso nel caso in cui non sia ancora scaduto il temine (di venti anni) di durata dei diritti in questione.

A tale stregua, pertanto, se da un canto non sono consentite interpretazioni che rendono eccessivamente gravosa la posizione del riproduttore in buona fede, imponendogli oneri di attenzione e di diligenza superiori alla media, dall'altro canto, neppure sono consentite interpretazioni eccessivamente formalistiche che non tengano conto del dell'attuale contesto tecnologico in cui sono scambiati o prelevati dalla rete internet i files contenenti fotografie digitali. Va quindi operata una prima distinzione tra il trasferimento di fotografie attraverso lo scambio di files digitali e il download di fotografie digitali da pagine web. Nel primo caso, poiché lo scambio dei files avviene tra soggetti che possono anche ignorare la reale identità dell'altro, per ritenere abusiva la riproduzione della fotografia così ottenuta, è necessario che sulla stessa siano riportate le indicazioni richieste dall'art, 90 L.A. o che nel file siano inseriti i c.d. digital watermarks. In difetto, la riproduzione deve essere considerata lecita e l'equo compenso non dovuto. Diverso è il caso in cui il file digitale contente la fotografia sia stato prelevato e scaricato da una pagina web. In questo caso, va fatta un'ulteriore distinzione. Se si tratta di una pagina web non riconducibile all'autore dell'immagine fotografica o nella quale non è indicato in maniera chiara e immediatamente visibile il nome dei fotografo e l'anno di riproduzione, né sulla stessa sono riportate le indicazioni richieste dall'art. 90 L.A., allora la riproduzione di tali fotografie non può essere considerata abusiva e non è dovuto l'equo compenso.

Al contrario, la riproduzione va considerata abusiva quando, nonostante manchino sulla fotografia le indicazioni di cui all'art. 90 L.A., la stessa sia stata pubblicata su una pagina web riconducibile al titolare dei diritti o nella quale siano chiaramente indicati a fianco della fotografia il nome di colui che è titolare dei diritti fotografici e la data dello scatto. In tali casi, pur non essendo presenti sulla fotografia, i terzi sono posti comunque nella condizione di individuare con l'ordinaria diligenza il nome del fotografo e la data della fotografia, sicché tali indicazioni, seppure collocate in prossimità della fotografia e non sulla stessa, assolvono ugualmente funzione delle indicazioni previste dall'art. 90 L.A. Nell'ambito dei social network, tuttavia, indipendentemente dall'obbligo a carico degli utenti di non pubblicare contenuti coperti da diritti di proprietà intellettuale di terzi senza il loro consenso, non sempre l'indicazione del nome dell'utente che ha pubblicato la l'immagine fotografica o il video individua anche il soggetto titolare dei diritti fotografici sugli stessi. In particolare, su Facebook è possibile distinguere i "contenuti IP" pubblicati da un utente da quelli di terzi semplicemente "condivisi" da quello stesso utente.

Se nel secondo caso è pacifico che colui che condivide il "contenuto IP" non è il titolare dei diritti di proprietà intellettuale, nel primo caso, il nome dell'utente è associato all'attività di pubblicazione e non, espressamente, alla titolarità dei diritti sul contenuto IP pubblicato.

E' tecnicamente possibile, difatti, che al nome di un utente Facebook sia associato un contenuto IP coperto da diritti di proprietà intellettuale di terzi. Pertanto, qualora manchino sulla fotografia le indicazioni richieste dall'art. 90 L.A. e il file non contenga i c.d. digital watermarks, occorre stabilire, in punto di liceità della riproduzione, quale sia il regime dei diritti fotografici sull'immagine pubblicata su Facebook. Al riguardo, valgono le considerazioni innanzi svolte con riferimento alla titolarità dell'immagine fotografica pubblicata da un utente sulla pagina personale di Facebook. In proposito, si è detto che la pubblicazione di una fotografia nella pagina personale di un social network, in specie Facebook, non costituisce, di per sé, prova della titolarità dei diritti di proprietà intellettuale su quel contenuto.

Tale elemento, tuttavia, in mancanza di altre emergenze probatorie di segno contrario (come nel caso dell'indicazione sulla fotografia del nome di un terzo quale fotografo; la condivisione di un contenuto appartenente ad altro utente o di altra pagina web; la notorietà dell'immagine appartenente ad altro fotografo, ecc.), può assurgere a presunzione grave, precisa e concordante della titolarità dei diritti, fotografici in capo al titolare della pagina del social network nella quale le immagini sono pubblicate (art. 2729 c.c.).

Ne discende, ai fini che qui interessano, che in presenza di tali indizi si ottiene un'inversione dell'onere della prova per cui la titolarità dei diritti fotografici sì presume in capo a colui che ha pubblicato il contenuto e, affinché la riproduzione non venga considerata abusiva, spetta al riproduttore provare che la sua utilizzazione si è basata sul prelevamento di un file digitale non coperto dai diritti di proprietà intellettuale in capo a colui che ha pubblicato la fotografia sui sito Facebook.

Nel caso in esame, sussistono pertanto le condizioni innanzi indicate per ritenere che la menzione del nome dell'utente e della data di pubblicazione su Facebook delle fotografie faccia presumere che il (...) sia il titolare dei diritti esclusivi sulle stesse, con l'anzidetta inversione dell'onere della prova a carico di colui - il (...) - che le ha scaricate dalla pagina Facebook del(...) (circostanza, quest'ultima pacificamente ammessa). Sennonché, il terzo chiamato non solo non ha allegato, ma neppure ha provato alcun elemento atto a dimostrare che il (...) non fosse l'autore delle fotografie pubblicate su Facebook. Il (...) neppure ha mai espressamente contestato di aver prelevato le fotografie dalla pagina Facebook del(...). Deve allora concludersi che il(...) nel momento in cui ha prelevato le fotografie fosse consapevole del fatto che il (...) era l'autore delle immagini pubblicate su Facebook. E' quindi provata la malafede del (...) che, dopo averle prelevate, ha consegnato a (...) (...) (per il tramite della giornalista (...) le fotografie riprodotte sull'omonimo quotidiano senza indicare il nome del titolare dei diritti fotografici. Con specifico riguardo alla posizione dei convenuti, contrariamente a quanto sostenuto dagli stessi nei propri scritti difensivi, è infondata la tesi secondo la quale la responsabilità esclusiva per l'abusiva pubblicazione su (...) delle immagini fotografiche del (...) vada ascritta unicamente al (...), il quale le avrebbe consegnate al giornale a corredo si una sua intervista sulle vicende legate alle cd, baby cubiste. Difatti, è rimasta priva di qualsiasi riscontro probatorio l'iniziale affermazione di parte convenuta secondo la quale il(...), all'atto della consegna delle fotografie, se ne sarebbe assunto la paternità (cfr. p. 7, atto di citazione per chiamata in causa del terzo). Parte convenuta neppure ha dedotto e dimostrato di aver effettuato, secondo l'ordinaria diligenza richiesta ad un operatore professionale, qual è una testata giornalistica, un qualsiasi altro tipo di controllo o di verifica volto ad appurare che il (...) fosse l'effettivo titolare dei diritti fotografici. (...) infatti, in occasione della consegna delle fotografie, non ha preteso dal (...) nemmeno una liberatoria sui diritti inerenti alle immagini; dichiarazione normalmente richiesta dai giornali a coloro che forniscono fotografie o video coperti da diritti di proprietà intellettuale. Pertanto, nel caso del quotidiano (...) e della (...), la malafede prevista dall'art, 90, secondo comma, L.A. può essere individuata nel comportamento gravemente colposo, consistente nella possibilità di conoscere, secondo l'ordinaria diligenza, il titolare dei diritti patrimoniali esclusivi sulle immagini fotografiche riprodotte sul giornale. Rispetto alla condotta colposa del giornalista e del giornale, va riconosciuta la corresponsabilità del direttore pro tempore de (...), dott. (...) a titolo di inadempimento dell'obbligo, gravante sullo stesso, di sorveglianza e controllo su tutti i contenuti pubblicati, finalizzato ad impedire che si commettano illeciti anche sotto il profilo civile (oltre che penale, ai-sensi dell'art. 57 c.p.).

Deve quindi concludersi che parte attrice abbia fornito la prova di tutti i presupposti oggettivi richiesti dall'art. 90 L.A., consistenti nell'abusiva pubblicazione delle immagini in questione senza il necessario consenso dei genitori esercenti la potestà sul minore, autore delle fotografie, (...), ed abbia quindi diritto - in nome e per conto del minore - alla più limitata tutela risarcitoria - invocata in via subordinata - dei diritti connessi riservata alle c.d. fotografie semplici, ai sensi dell'art. 87 e ss. L.A.

Al riguardo, sebbene l'art. 88 L.A. riconosca in via esclusiva al fotografo autore di fotografie semplici solo i diritti, a contenuto patrimoniale, di riproduzione, diffusione e spaccío delle fotografie, nondimeno deve ritenersi che allo stesso spetti anche un diritto connesso di paternità sulle stesse. Militano a favore di una tale interpretazione non solo il riconoscimento da parte dell'ordinamento di un generale diritto di ogni individuo alla paternità delle proprie azioni, ma anche i principi normativi che emergono dagli artt. 90, primo comma, e 91, secondo comma, L.A., i quali riconoscono all'autore della fotografia non creativa il diritto di essere menzionato come autore della medesima. Inoltre, non va dimenticato che la violazione di tale diritto produce in capo al fotografo anche un danno patrimoniale che può essere identificato nella minore risonanza pubblicitaria dovuta alla mancata indicazione del suo nome, nonché (tranne quando abbia ceduto i diritti patrimoniali esclusivi ad un terzo o si presume che lo abbia fatto) nel pregiudizio che la mancata indicazione del nome del fotografo può comportare allo stesso, atteso che in tali casi, ai sensi dell'art 90, terzo comma, LDA, la ulteriore riproduzione non è più considerata abusíva e non sono dovuti i compensi indicati dagli artt. 91 e 98 LA, a meno che il fotografo non provi la malafede del riproduttore.

Ciò posto, nel caso in esame è provato che la pubblicazione su (...) delle immagini fotografiche realizzate da (...) non recava l'indicazione del nome del fotografo, violando così anche il diritto connesso di paternità.

Con riferimento al quantum del risarcimento del danno, considerati sia il pregiudizio del danno patrimoniale (rispetto al quale va considerato il fatto che le due fotografie semplici sono state pubblicate per quattro volte sul giornale (...) sia quello del danno morale connesso alla paternità delle fotografie (non essendo stato pubblicato il nome del fotografo (...), apprezzate ai sensi dell'art. 158 L.A. tutte le circostanze acquisite agli atti del processo (contenuto e numero delle fotografie riprodotte, numero e modalità delle riproduzioni, diffusione delle pubblicazioni), appare congruo liquidare a titolo di integrale risarcimento del danno l'importo complessivo di Euro 2.400,00 (Euro 600,00 per ogni pubblicazione non autorizzata), ai valori attuali, al cui pagamento, oltre interessi legali per il ritardo dalla domanda al saldo, vanno condannati in solido i convenuti e il terzo chiamato. Le spese seguono la soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra domanda ed eccezione, così provvede; a) in accoglimento della domanda subordinata, condanna (...) (...) e (...) in solido tra di loro, al pagamento in favore di(...) e (...), nella qualità di esercenti la potestà sul figlio (...) a titolo di risarcimento del danno conseguente a quattro pubblicazioni non autorizzate su Il Messaggero di due fotografie realizzate da (...), dell'importo complessivo di Euro 2,400,00, ai valori attuali, oltre agli interessi legati per il ritardo dalla domanda al saldo; b) condanna altresì (...) (...) e (...), in solido tra di loro, al pagamento in favore di(...) (...) e (...) nella predetta qualità alla refusione delle spese processuali che liquida in Euro 187,00 per esborsi ed Euro 2.300,00, per compenso professionale, oltre IVA e CPA.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2015.

Depositata in Cancelleria il 1 giugno 2015.

LA MASSIMA

La tutela risarcitoria della fotografia come opera dell'ingegno e quella, pure risarcitone, ai sensi dei diritti connessi hanno senz'altro un presupposto minimo comune, che è rappresentato dalla "creazione" dell'opera, ma la seconda tutela richiede, ex art. 90, comma 2 L.A., gli ulteriori presupposti (il cui onere probatorio grava sull'attore, C,C. 8186/1992) rappresentati dall'adempimento delle formalità ex art. 90 comma 1 L.A. (indicazione del nome del fotografo e della data di produzione) sull'esemplare riprodotto (vale a dire i negativi o i positivi da questi ottenuti) o, in alternativa, dai diversi fatti dai quali possa desumersi la malafede (essendo presunta la buona fede) del riproduttore abusivo, a conoscenza della provenienza dell'opera (C.C. 5369/1999; C.C. 8186/1992; A.Milano 3/4/1999, AIDA, 1999, 681/1; T.Milano 11/11/1999, AIDA, 2000, 709).

Fai una domanda