Notifica a PEC della P.A. errata: ricorso inammissibile?

La notifica ad una casella PEC diversa da quella indicata nel registro PEC della pubblica amministrazione può essere causa di inammissibilità del ricorso?



Il caso

Viene notificato un ricorso nei confronti di una pubblica amministrazione ma ad indirizzo PEC non corrispondente all’indirizzo presso il quale devono essere notificati a tale p.a. in quanto risultante dal registro delle PP.AA.

Parte ricorrente ha ammesso che l’indirizzo PEC presso il quale ha eseguito la notifica non sarebbe quello corretto, ma ha chiesto di essere rimessa in termini invocando l’errore scusabile in cui sarebbe incorsa, atteso che l’indirizzo PEC utilizzato era comunque risultante dal sito della p.a. ed inoltre lo stesso indirizzo risulterebbe da sentenze in cui l’Amministrazione si era ritualmente costituita. La normativa in tema di notifica a mezzo PEC Il Regolamento recante le regole tecnico-operative per l'attuazione del processo amministrativo telematico ex art. 14, co. 2, del DM 16 febbraio 2016, n. 40 recita che “le notificazioni di atti processuali alle amministrazioni non costituite in giudizio sono eseguite agli indirizzi PEC di cui all'articolo 16, comma 12, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, fermo quanto previsto dal regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611”.

E’ chiara, pertanto, la regola che impone di notificare all’Avvocatura dello Stato gli atti relativi a giudizi di cui è parte un’Amministrazione dello Stato, ma la notifica deve essere eseguita presso gli indirizzi risultanti dall’elenco formato dal Ministero della Giustizia e consultabile esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti, nonché dagli avvocati (in tale elenco devono peraltro essere inseriti anche gli indirizzi PEC relativi alle altre amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del d.lgs. n. 30 marzo 2001, n. 165).

La decisione del TAR

Il Collegio ha accolto l’istanza di rimessione in termini formulata da parte ricorrente sulla scorta della peculiarità del caso concreto. In particolare la presenza sul sito Internet dell’Avvocatura dello Stato dell’indirizzo PEC utilizzato da parte ricorrente, senza tuttavia precisare che esso doveva ritenersi riferito alle comunicazioni diverse dalla notifica di atti giudiziari connessi all’attività di patrocinio in giudizio delle Amministrazioni pubbliche.

Né può ritenersi, secondo il Tar Molise, che il sito web dell’Amministrazione costituisca una fonte sulla quale le parti non possono riporre affidamento, atteso che ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 recante norme in materia di accesso civico e trasparenza: “Le pubbliche amministrazioni garantiscono la qualità delle informazioni riportate nei siti istituzionali nel rispetto degli obblighi di pubblicazione previsti dalla legge, assicurandone l'integrità, il costante aggiornamento, la completezza, la tempestività, la semplicità di consultazione, la comprensibilità, l'omogeneità, la facile accessibilità, nonché la conformità ai documenti originali in possesso dell'amministrazione, l'indicazione della loro provenienza e la riutilizzabilità secondo quanto previsto dall'articolo 7”.

Ne consegue che le Amministrazioni pubbliche hanno l’obbligo di controllare che le informazioni presenti sul proprio sito web, oltre che vere, siano anche non suscettibili di essere male interpretate dai potenziali visitatori.

Ed ancora vi è un ulteriore elemento al fine della scusabilità dell’errore in cui è incorsa parte ricorrente, ovvero le varie pronunce rese dallo stesso TAR adito ed aventi ad oggetto proprio impugnazioni di provvedimenti di revoca delle misure di accoglienza, in cui l’Amministrazione intimata (Ministero dell’Interno) si era effettivamente costituita per il tramite dell’Avvocatura nonostante la notifica del ricorso introduttivo fosse stata eseguita all’indirizzo PEC erroneamente indicato nell’odierno giudizio, con la conseguenza che anche lo studio di quelle pronunce può ragionevolmente aver rafforzato, nella parte ricorrente che ne ha preso cognizione, il convincimento che l’indirizzo PEC risultante dal sito fosse quello corretto, ritenendo a questo punto verosimilmente ultroneo il controllo diretto dell’elenco formato presso il Ministero della Giustizia di cui al citato d.l. n. 179/2012.

Secondo i giudici amministrativi, infine, il mutamento – seppur legittimo - della strategia processuale dell’Avvocatura dello Stato, che ha deciso di non costituirsi più nei giudizi in cui venga eseguita la notifica del ricorso introduttivo presso l’indirizzo PEC relativo ad attività diverse dalla rappresentanza processuale, non può produrre fin da subito le gravi conseguenze connesse all’invalidità della notifica stessa, pena la violazione del principio di lealtà processuale, quanto meno fino a quando non venga modificato il sito web dell’Avvocatura medesima in modo da rendere chiaro a tutti gli utenti che l’indirizzo PEC impiegato dalla parte ricorrente nell’odierno giudizio non è utilizzabile per la notifica degli atti processuali a cui è, invece, destinato un altro indirizzo PEC.

A conclusione, pertanto, il TAR Molise ritiene la sussistenza di un errore scusabile e, conseguentemente, decide di assegnare alla parte ricorrente il termine di giorni 20 per la rinotifica del ricorso introduttivo.

LA MASSIMA

E' scusabile l'errata individuazione dell'indirizzo PEC della P.A. se sia stato indotto da circostante attive o passive ricondubili alla stessa P.A. e che costituiscono una fonte sulla quale le parti possono riporre affidamento. Tar. Molise Ordinanza n. 420 del 13 novembre 2017

Fai una domanda