Unioni civili e convivenze di fatto: la riforma in pillole.

11 maggio 2016. la Camera dei Deputati, con la fiducia sul testo già approvato al Senato, ha definitivamente approvato la Proposta di Legge n. 2081, meglio conosciuto dall’opinione pubblica come ddl Cirinnà.



A cura dell'Avv. Valentina Starinieri

L'11 maggio 2016, la Camera dei Deputati, con la fiducia sul testo già approvato al Senato, ha definitivamente approvato la Proposta di Legge n. 2081, meglio conosciuto dall’opinione pubblica come ddl Cirinnà, che ha ad oggetto la "Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze".

L’art. 1 chiarisce immediatamente che tale norma introduce per la prima volta in Italia l’unione civile tra persone dello stesso sesso “quale specifica formazione sociale ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione”, disciplinando inoltre le convivenze di fatto.

  • LE UNIONI CIVILI

La legge prevede che le unioni civili si potranno istituire mediante dichiarazione davanti all’Ufficiale di Stato Civile e alla presenza di due testimoni. Sono previste cause impeditive per la costituzione, che di fatto ricalcano quelle previste per i matrimoni civili, alla cui normativa il testo di legge fa rinvio con riferimento anche ad altri specifici articoli del codice civile, oltre ad un generico richiamo alla normativa sul matrimonio che viene dettata dall’art. 20 

Al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”.

La norma precisa che la disposizione che la disposizione precedentemente richiamata non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella presente legge, nonché alle disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184 (adozione).

Importante elemento di differenza da segnalare rispetto al matrimonio, è che nel richiamo specifico ai diritti e doveri che sono sostanzialmente quelli previsti per tale istituto, non viene però fatto cenno all'obbligo reciproco alla fedeltà e la collaborazione nell'interesse della famiglia.

Altra importante differenza è la mancata concessione della facoltà di adozione.

Ai fini dello scioglimento è prevista la possibilità di proporre la relativa domanda decorsi tre mesi dalla manifestazione di volontà di scioglimento manifestata davanti all’Ufficiale di Stato Civile.

E’ altresì previsto che alla sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso consegue lo scioglimento dell'unione civile fra persone del medesimo sesso.

Laddove però i coniugi manifestino la volontà di non sciogliere il matrimonio, o di non cessarne gli effetti civili, alla rettificazione anagrafica di sesso consegue l'automatica instaurazione dell'unione civile tra persone dello stesso sesso.

  • LE CONVIVENZE DI FATTO

Ai fini dell’attribuzione della qualifica di conviventi di fatto è necessaria la convivenza di due persone maggiorenni, unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile.

Ai conviventi vengono attribuiti i medesimi diritti dei coniugi nei casi un cui uno dei due si trovi in stato di detenzione, di accesso alle informazioni personali. Diritto di visita e assistenza in caso di malattia o ricovero.

E’ altresì prevista la possibilità per il convivente di designare l’altro come suo rappresentante in caso di malattia che comporti incapacità d’intendere e di volere.

La rappresentanza può essere prevista anche per il caso di morte, per quanto riguarda l’espianto di organi e i funerali, mediante scritto autografo o in forma verbale davanti a testimone.

Sempre in caso di morte, viene stabilito che in caso di proprietà della casa comune il partner superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni.

Ove nella stessa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni.

Il diritto anzidetto viene meno nel caso in cui il convivente superstite cessi di abitare stabilmente nella casa di comune residenza o in caso di matrimonio, di unione civile o di nuova convivenza di fatto.

Nei casi invece di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente di fatto ha facoltà di succedergli nel contratto.

Ai conviventi è data facoltà di un contratto di convivenza per regolare le questioni patrimoniali che può essere redatto con un atto pubblico o con una scrittura privata autenticata sottoscritta da un notaio o da un avvocato.

Ai fini dell’opponibilità ai terzi, il professionista che ha autenticato la sottoscrizione deve provvedere a trasmetterne copia al comune di residenza dei conviventi entro i dieci giorni successivi, al fine dell’iscrizione all’anagrafe.

I contratti di convivenza possono riguardare la scelta della residenza comune, le modalità di contribuzione alla vita comune e il regime patrimoniale scelto.

Il contratto di convivenza non può essere sottoposto né a termine né a condizione e sono previste ipotesi di nullità insanabile.

Il contratto di convivenza si risolse per accordo delle parti, recesso unilaterale, matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra uno dei conviventi e un’altra persona, morte di uno dei contraenti.

E’ prevista la possibilità di recesso unilaterale dal contratto con previsione che il professionista che riceve o che autentica l’atto è tenuto, oltre che agli adempimenti di natura pubblicitaria ai fini dell’opponibilità ai terzi, “a notificarne copia all’altro contraente all’indirizzo risultante dal contratto.

Nel caso in cui la casa familiare sia nella disponibilità esclusiva del recedente, la dichiarazione di recesso, a pena di nullità, deve contenere il termine, non inferiore a novanta giorni, concesso al convivente per lasciare l’abitazione”

In caso di cessazione della convivenza di fatto è previsto nei confronti del partner che versi in stato di bisogno un diritto agli alimenti, stabilito dal Giudice per un periodo determinato in considerazione della durata della convivenza.

Non viene previsto il diritto del convivente di fatto superstite alla pensione di reversibilità.

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