Art. 2082 Codice Civile. Imprenditore.

2082. Imprenditore.

È imprenditore [c.c. 1824, 2710] chi esercita professionalmente [c.c. 2070] una attività economica [c.c. 2062, 2069] organizzata [c.c. 1655, 2195, 2238, 2247] al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi [c.c. 1330, 1368, 1722, n. 4, 1824, 2085, 2135, 2195, 2555, 2597] (1).

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(1) Per quanto riguarda le imprese editrici vedi l'art. 1, primo comma, L. 5 agosto 1981, n. 416 e la L. 25 febbraio 1987, n. 67.

FOCUS GIURISPRUDENZIALE SULLA NOZIONE DI IMPRENDITORE.

Nozione tributaristica di esercizio di imprese commerciali.

Ai fini della nozione tributaristica di esercizio di imprese commerciali - non coincidente con quella civilistica - l'art. 51 TUIR richiede lo svolgimento "per professione abituale ancorché non esclusiva" delle attività indicate dall'art. 2195 c.c., ancorché non organizzate in forma di impresa, connotate per caratteristiche di stabilità e ripetitività, anche solo tendenziale e prospettica nel tempo, potendo essere svolte pure in modo non esclusivo e, quindi, contemporaneamente ad altre attività, dandosi luogo, in questo caso, a due distinti redditi. Laddove si tratti di un contribuente persona fisica ovvero di ente diverso da società commerciale, l'indagine sulla professionalità, nel senso suddetto, va effettuata "ex ante" in connessione ad un insieme di fattori da valutare in relazione alla specifica tipologia di attività ed in base all'"id quod plerumque accidit", tra cui la predisposizione dei mezzi necessari per lo svolgimento dell'attività.Cassazione civile sez. trib., 15 luglio 2020, n.15021

Agente di commercio e imprenditore
 

Gli elementi identificativi dell'impresa commerciale, ai sensi dell'art. 2082 cod. civ., sono la professionalità e l'organizzazione, intese come svolgimento abituale e continuo dell'attività e sistematica aggregazione di mezzi materiali e immateriali, al di là della scarsezza dei beni predisposti, tanto più quando l'attività, come quella dell'agente di commercio, non necessiti di mezzi materiali e personali rilevanti.Cassazione civile sez. VI, 17 maggio 2017, n.12338

Imprenditore commerciale. 

In tema di IVA, la nozione civilistica e quella tributaristica di “imprenditore commerciale” divergono per il requisito della necessità dell'“organizzazione”, indispensabile per il diritto civile ma non per il diritto tributario, per il quale rileva, invece, l'aspetto della “professionalità abituale”, anche se non esclusiva, dell'attività economica svolta. Cassazione civile sez. VI, 6 aprile 2017, n.8982

La nozione di “imprenditore”, contenuta nell'art. 2082 c.c., va interpretata in senso “oggettivo”, dovendosi riconoscere il carattere imprenditoriale all'attività economica organizzata che sia ricollegabile ad un dato obiettivo inerente all'attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi, rimanendo giuridicamente irrilevante lo scopo di lucro, che riguarda il movente soggettivo che induce l'imprenditore ad esercitare la sua attività e dovendo essere, invece, escluso il suddetto carattere imprenditoriale dell'attività nel caso in cui sia svolta in modo del tutto gratuito, dato che non può essere considerata imprenditoriale l'erogazione gratuita dei beni o servizi prodotti.Cassazione civile sez. trib., 8 luglio 2015, n.14225

La direttiva 93/37/Cee stabilisce in più punti che la partecipazione alle pubbliche gare d'appalto sia consentita alla indifferenziata categoria degli "imprenditori", pur senza fornire una definizione normativa della nozione di "imprenditore". La giurisprudenza nazionale ha tuttavia ritenuto che la nozione di "imprenditore" trasfusa nella richiamata direttiva debba essere fatta coincidere con quella esistente nell'ordinamento italiano, il quale fa riferimento a un soggetto il quale svolge "un'attività economica per la produzione e lo scambio di beni o servizi" (art. 2082 c.c.).Consiglio di Stato sez. VI, 17 luglio 2013, n.3891

La nozione di imprenditore portata dall'art. 2082 c.c. non comprende il libero professionista in ragione dell'assenza, nell'attività da lui svolta, della necessaria componente organizzativa di un apparato stabile e complesso, formato da beni strumentali e lavoratori.Cassazione civile sez. lav., 26 giugno 2013, n.16092

Il termine decadenziale di cui all'art. 38, d.P.R. n. 602 del 1973, decorrente “dalla data del versamento”, ha portata generale, riferendosi a qualsiasi ipotesi di indebito correlato all'adempimento dell'obbligazione tributaria, qualunque sia la ragione per cui il versamento è in tutto o in parte non dovuto. Con riferimento all' i.r.a.p., la razionale giustificazione del tributo non è la oggettiva natura dell'attività svolta, ma il modo in cui la stessa viene condotta, ossia il fatto che l'attività si connoti per la produzione di un quid che ecceda il lavoro personale del soggetto agente implicando l'organizzazione di capitali o di lavoro altrui. Il requisito della autonoma organizzazione non è dunque connaturato alla natura dell'attività (imprenditoriale) svolta. E infatti, mentre nel caso degli “imprenditori” di cui all'art. 2082 c.c. l'elemento organizzativo è insito nella nozione di impresa, nel caso del piccolo imprenditore artigiano ex art. 2083 c.c. tale requisito dev'essere accertato caso per caso, dovendo escludersi allorquando l'attività svolta dal contribuente risulti essere essenzialmente basata sul suo lavoro personale, senza l'impiego di beni strumentali (o con il minimo indispensabile impiego degli stessi) e/o di lavoro altrui. Comm. trib. prov.le Como sez. V, 26/02/2013, n.22

Per trasferimento d'azienda deve intendersi qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella titolarità di un'attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro; non osta, infatti, alla configurabilità del trasferimento la mancanza di un fine di lucro. La nozione di imprenditore, ai sensi dell'art. 2082 c.c., va intesa in senso oggettivo, dovendosi riconoscere il carattere imprenditoriale all'attività economica organizzata che sia ricollegabile al dato obiettivo inerente all'attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi, rimanendo giuridicamente irrilevante lo scopo di lucro, che riguarda il movente soggettivo che induce l'imprenditore ad esercitare la sua attività e dovendo essere, invece, escluso il suddetto carattere imprenditoriale nel caso in cui l'attività sia svolta in modo del tutto gratuito, dato che non può essere considerata imprenditoriale l'erogazione gratuita dei beni o servizi prodotti. Pertanto, ai fini della natura imprenditoriale dell'attività svolta è sufficiente l'idoneità, almeno tendenziale, dei ricavi a perseguire il pareggio di bilancio.Cassazione civile sez. lav., 7 aprile 2010, n.8262

La nozione di imprenditore, ai sensi dell'art. 2082 c.c., va intesa in senso oggettivo, dovendosi riconoscere il carattere imprenditoriale all'attività economica organizzata che sia ricollegabile ad un dato obiettivo inerente all'attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi, rimanendo giuridicamente irrilevante lo scopo di lucro, che riguarda il movente soggettivo che induce l'imprenditore ad esercitare la sua attività e dovendo essere, invece, escluso il suddetto carattere imprenditoriale dell'attività nel caso in cui essa sia svolta in modo del tutto gratuito, dato che non può essere considerata imprenditoriale l'erogazione gratuita dei beni o servizi prodotti. Peraltro, ai fini dell'industrialità dell'attività svolta (art. 2195, comma 1, c.c.), per integrare il fine di lucro è sufficiente l'idoneità, almeno tendenziale, dei ricavi a perseguire il pareggio di bilancio; né ad escludere tale finalità è sufficiente la qualità di congregazione religiosa dell'ente.Cassazione civile sez. III, 19 giugno 2008, n.16612

La nozione di imprenditore, ai sensi dell'art. 2082 c.c., va intesa in senso oggettivo, dovendosi riconoscere il carattere imprenditoriale all'attività economica organizzata che sia ricollegabile ad un dato obiettivo inerente all'attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi, rimanendo giuridicamente irrilevante lo scopo di lucro, che riguarda il movente soggettivo che induce l'imprenditore ad esercitare la sua attività: pertanto qualora sussistano tali requisiti, è applicabile la tutela reale anche al rapporto di lavoro alle dipendenze di un consorzio (che svolge un’attività agricola connessa ex art. 2135 c.c.) senza scopo di lucro.Corte appello Bari, 3 giugno 2008, n.2208

Ai fini della dichiarazione di fallimento, l'art. 1 l. fall. come modificato dal d. lgs. 9 gennaio 2006 n. 5, presuppone un espresso rinvio, rilevante anche ove il debitore risulti al di sotto dei parametri fissati dal comma 2, alla nozione di piccolo imprenditore contenuta nell'art. 2083 c.c. Al fine di escludere il fallimento, la dimostrazione della qualità di piccolo imprenditore si connota come eccezione, il cui onere probatorio incombe sul debitore che la invoca.Tribunale Firenze sez. III, 31 gennaio 2007

È configurabile una holding di tipo personale allorquando una persona fisica, che sia a capo di più società di capitali in veste di titolare di quote o partecipazioni azionarie, svolga professionalmente, con stabile organizzazione, l'indirizzo, il controllo ed il coordinamento delle società medesime, non limitandosi, così, al mero esercizio dei poteri inerenti alla qualità di socio. A tal fine è necessario che la suddetta attività, di sola gestione del gruppo (cosiddetta holding pura), ovvero anche di natura ausiliaria o finanziaria (cosiddetta holding operativa), si esplichi in atti, anche negoziali, posti in essere in nome proprio, fonte, quindi, di responsabilità diretta del loro autore, e presenti altresì obiettiva attitudine a perseguire utili risultati economici, per il gruppo e le sue componenti, causalmente ricollegabili all'attività medesima. Cassazione civile Sez. Un., 29 novembre 2006, n.25275

Presupposto giuridico per la legittima configurabilità di un atto di concorrenza sleale è la sussistenza di una situazione di concorrenzialità tra due o più imprenditori. Ne consegue che è da escludere l'applicabilità della normativa in tema di concorrenza sleale al di là della nozione di imprenditore - definita dall'art. 2082 c.c. - in riferimento all'ipotesi delle professioni intellettuali, poiché nel caso di attività di una associazione di professionisti non vi sono elementi atti a consentire qualsiasi assimilazione sostanziale ad un'attività propriamente imprenditoriale.Tribunale Bologna sez. IV, 14 settembre 2006

La disposizione di cui al comma 1 dell'art. 2195 c.c. non ha alcun carattere definitorio, ma sostanzialmente esaurisce, ai numeri 1 e 2, l'ambito della nozione di imprenditore (di cui all'art. 2082 c.c.) mediante la previsione delle imprese industriali e, rispettivamente, di quelle commerciali in senso stretto, sicché le successive previsioni, contenute nei numeri 3, 4 e 5 del comma 1 del citato art. 2195 c.c., sono mere specificazioni - motivate dall'importanza dei rispettivi settori economici - delle categorie generali delineate dai primi due punti. Ne consegue che, ai fini della determinazione dell'applicazione di un determinato Accordo interconfederale (nella specie del 3 dicembre 1954), il carattere di impresa industriale deve definirsi sulla base dei criteri fissati dal suddetto art. 2195 c.c. e che ogni volta che una specifica legge non detti criteri diversi deve reputarsi impresa industriale anche quella che produca servizi nuovi, purché l'attività medesima sia finalizzata alla costituzione di una nuova utilità.Cassazione civile sez. lav., 27 gennaio 2006, n.1727

In tema di esonero dal pagamento dei contributi Cuaf in favore dei soggetti che erogano prestazioni assistenziali, l'art. 23 bis del d.l. n. 663 del 1979 (convertito in legge n. 33 del 1980) ha condizionato il beneficio all'assenza, in capo a detti soggetti, del fine di lucro, ricavabile dalle modalità stesse dell'azione imprenditoriale; a tal fine la nozione di imprenditore, ai sensi dell'art. 2082 c.c., va intesa in senso oggettivo, dovendosi riconoscere il carattere imprenditoriale all'attività economica organizzata che sia ricollegabile ad un dato obiettivo inerente all'attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi, rimanendo giuridicamente irrilevante lo scopo di lucro, che riguarda il movente soggettivo che induce l’imprenditore ad esercitare la sua attività e dovendo essere, invece, escluso il suddetto carattere imprenditoriale dell'attività nel caso in cui essa sia svolta in modo del tutto gratuito, dato che non può essere considerata imprenditoriale l'erogazione gratuita dei beni o servizi prodotti.Cassazione civile sez. lav., 23 aprile 2004, n.7725