Crisi da sovraindebitamento: le procedure proponibili sono alternative?

La sentenza del Tribunale di Cagliari dell’11 maggio 2016 offre interessanti spunti di riflessione sulla concreta applicazione della Legge n. 3/2012.



A cura dell'Avv. Augusto Careni

La sentenza del Tribunale di Cagliari dell’11 maggio 2016 offre interessanti spunti di riflessione sulla concreta applicazione della Legge n. 3/2012, con particolare riferimento alla questione relativa alla impossibilità per il debitore di ripresentare nei cinque anni successivi una nuova domanda qualora abbia già beneficiato di una procedura prevista da tale legge.

In una tematica relativamente nuova nella sua concreta applicazione, seppur la legge risalga al 2012, la pronuncia del Tribunale di Cagliari risulta innovativa ed interpretativa di una norma non sempre chiara nelle sue molteplici sfaccettature ed alla quale solo la giurisprudenza può fornire quell’indispensabile supporto ai fini di una corretta attuazione.

Nel presente articolo, senza alcun intento di esaustività, si cercherà di fornire elementi utili sulla base delle indicazioni derivanti dall’esame della sentenza.

  • Il piano del consumatore

Marito e moglie (in regime di comunione di beni) presentano il c.d. piano del consumatore previsto dall’art. 7 e segg. della Legge n. 3/2012, ne chiedono l’omologazione e, in via subordinata nell’ipotesi in cui il tribunale non avesse ravvisato la meritevolezza, che il piano proposto venisse convertito in proposta per l'accordo dei creditori.

Al ricorso viene allegata la relazione del professionista nominato quale gestore della crisi e i documenti previsti dall'art. 9 della L. n. 3/2012.

  • La posizione dei debitori.

A fondamento del piano i ricorrenti, in sintesi, riferiscono:

- di essere coniugi in regime di comunione dei beni e di non essere soggetti ad alcuna delle procedure concorsuali di cui all'art. 1 della Legge Fallimentare, in quanto consumatori;

- di non aver mai fatto ricorso ad una procedura di sovraindebitamento;

- di versare in una situazione di sovra indebitamento, come previsto dall'art. 6 comma 2, lettera a), della L. n. 3/2012;

- che i propri debiti ammontavano ad euro 275.998,96;

- che le morosità attenevano alle posizioni nei confronti di banche e finanziarie;

- di essere comproprietari, ciascuno per la quota di 1/2 pro indiviso di un immobile per civile abitazione in cui abitavano con i propri due figli;

- che la famiglia disponeva di un reddito complessivo mensile pari ad euro 2.635,00, di cui: euro 1.718,00 quale stipendio mensile di un coniuge al netto della tassazione IRPEF; una somma variabile tra euro 280.00 ed euro 600.00 quale accessori sullo stipendio; euro 290,00 percepiti dal figlio minore; euro 95,00 percepiti a titolo di buono celiachi;

- che le cause di sovraindebitamento non erano dipese da loro colpa, quanto piuttosto dall'aver costoro dovuto affrontare le ingenti spese mediche per la salute dei figli minori.

  • La posizione dei creditori

I creditori intervenuti (banche e finanziarie) concludevano per il diniego della richiesta, evidenziando in particolare il difetto in capo ai ricorrenti del requisito della meritevolezza previsto dall'art. 12-bis terzo comma della L n. 3/2012.

La decisione del giudice. Con decreto il giudice designato disponeva la sospensione del procedimento di esecuzione forzata promosso dal creditore.

Con successiva ordinanza il giudice non omologava il piano presentato e dichiarava l'inefficacia del provvedimento di sospensione del procedimento di esecuzione forzata.

Il percorso motivazionale seguito dal giudice si incentra sulla circostanza ritenuta dallo stesso che i ricorrenti già nel 2007 avessero sostanzialmente raggiunto il tetto massimo dell'indebitamento e che ulteriori debiti non fossero più sostenibili o fossero assai difficilmente sostenibili.

Al contrario i coniugi in epoca successiva al 2007 contraevano ulteriori debiti, ed in particolare chiedevano un prestito di euro 17.000 da rimborsarsi in n. 48 mesi, un ulteriore prestito personale dell'importo di euro 50.000 la cui finalità della richiesta era costituita da "diversi lavori", con rata mensile di euro 673,20, per n. 120 rate.

Pertanto, a parere del giudice, fin dal 2007, ed ancora maggiormente in epoca successiva, comunque a partire dal 2012, la situazione finanziaria dei ricorrenti non era più in alcun modo sostenibile, ragion per cui essi non potevano contrarre altri debiti, non essendovi la ragionevole prospettiva di poterli adempiere.

Gli stessi inoltre acquistavano anche due autovetture ed un motorino ed accedevano ad altrui due prestiti personali dell'importo di euro 5.000 ciascuno.

Prestiti che peraltro non sono apparsi al giudice in diretta correlazione con la necessità di far fronte alle spese mediche da sostenere in ragione delle condizioni di salute dei figli minori, considerato il fatto che per far fronte a tali esigenze i coniugi ricorrenti ricevono la pensione d'invalidità ed il buono per celiachi.

Alla luce di tali considerazioni ad avviso del giudice sussistevano le circostanze ostative all'omologa del piano, consistenti nell'aver colposamente determinato o comunque notevolmente aggravato il proprio sovraindebitamento, mediante l'assunzione, quantomeno dal 2012, di obbligazioni da parte del consumatore senza che vi fosse la ragionevole prospettiva di poterle adempiere.

Il reclamo dei debitori I debitori proponevano reclamo avverso la decisione del giudice adito, motivandolo sotto due profili, che possono essere così sintetizzati:

1) Insufficiente, contraddittoria ed erronea motivazione sulla mancanza di meritevolezza in quanto:

a) il concetto di meritevolezza assunto dal primo giudice è eccessivamente restrittivo, presupponendo esso quale modello di riferimento il consumatore informato, quando, proprio per le finalità delle legge 3/2012, il modello dovrebbe essere quello di "una persona che non è in grado di gestire adeguatamente le risorse di cui dispone, il quale fa ricorso al credito sopravvalutando le proprie capacità patrimoniali";

b) il primo giudice non ha tenuto in debito conto le cause dell'indebitamento e gli imprevisti familiari che i debitori hanno dovuto affrontare, tra i quali la morte del padre di un coniuge che da sempre avrebbe sostenuto economicamente la famiglia e la nascita del secondo figlio nel 2012, peraltro portatore di una malattia che necessita di cure e spese mediche; non avrebbe inoltre tenuto conto della patologia della figlia maggiore, comportante spese mediche e di cura non sufficientemente coperte dalla pensione di invalidità e dal buono per celiaci e l'esigenza di acquistare per imprescindibili esigenze familiari due autovetture particolarmente datate. Tutte le suddette circostanze avevano inevitabilmente portato i coniugi ad assumere sempre maggiori finanziamenti pur di sopperire alle sopravvenute esigenze della famiglia;

c) infine, il giudice avrebbe omesso di valutare le cause dell'indebitamento attribuibile all'inadempimento delle finanziarie all'obbligo di valutare il merito creditizio del cliente, obbligo sancito dall'art. 124 bis del TUB, nonché dal d.m. n. 117 del 3.2.2011.

2) Omissione nell’esaminare ed accogliere la domanda subordinata di convertire la proposta di piano del consumatore, in ipotesi di diniego dell'omologa, in accordo con i creditori, del quale la proposta porta tutti i requisiti ed i presupposti di legge.

Le difese dei creditori. Anche in sede di reclamo la banca e la finanziaria si costituivano e insistevano per il rigetto del ricorso condividendo il giudizio del primo giudice in punto di meritevolezza.

  • Le valutazioni del tribunale.

La meritevolezza.

La prima questione sottoposta al vaglio del collegio involge il concetto di meritevolezza assunto dalla legge 3/2012 quale presupposto di ammissibilità della proposta di piano del consumatore. Tale presupposto assume rilievo essenziale nella disciplina legislativa, in quanto vale a caratterizzare la proposta di piano del consumatore rispetto ai restanti rimedi previsti dalla l. 3/2012 ovvero l'accordo con i creditori (artt. 11 e 12) e la liquidazione dei beni (art. 14 ter), i quali ultimi non presuppongono alcuna previa valutazione sulla meritevolezza. In primis deve escludersi che la scelta del legislatore sia finalizzata ad offrire al debitore/consumatore sovraindebitato una possibilità di soluzione della crisi mediante il sacrificio dei creditori, ciò in quanto nelle procedure previste dalla Legge n. 3/2012 assumono rilevanza le ragioni della crisi e la condotta del debitore, ed allora solo al debitore meritevole può essere concessa l’esdebitazione, mentre al debitore sovraindebitato non meritevole è precluso l’accesso a tale disciplina con i relativi effetti di beneficio.

Da una attenta analisi dell'art. 12 bis, comma III, della Legge n. 3/2012, l'omologazione del piano del consumatore deve essere vagliato ad un giudizio di esclusione da parte del giudice di due circostanze:

1) che il consumatore abbia assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere;

2) che il consumatore abbia colposamente determinato il sovraindebitamento, anche per effetto di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali.

Non è certamente semplice distinguere i contorni dei due presupposti:

-il primo pone l’attenzione su una visuale prospettica dell'inadempimento, nel senso che il consumatore meritevole è quello che non poteva ragionevolmente prevedere di non poter adempiere.

Si tratta dunque di un soggetto che, valutate la situazione attuale e futura, fa affidamento sulla propria capacità di pagare i creditori in base ad una valutazione di buon senso

. -Il secondo presupposto, invece, chiarisce che il debitore è meritevole quando ha assunto un debito eccessivo senza che gli si possa essere mosso alcun rimprovero in ragione della consistenza del proprio patrimonio.

La norma sembrerebbe pertanto fare riferimento ad un soggetto capace di fare una valutazione presente e futura sulla propria capacità economica in rapporto con i debiti che assume, dunque una figura vicina a quella del buon padre di famiglia, in grado di orientarsi nel mondo economico secondo orizzonti di normalità e buon senso.

Per converso potrebbe ritenersi meritevole il debitore che si trovi a dover affrontare una crisi da sovraindebitamento dovuta ad esigenze sopravvenute non ragionevolmente prevedibili, ovvero che abbia ragionevolmente valutato la propria capacità restitutoria sulla base di elementi non rivelatisi fondati.

La norma, dunque, per un verso, non assume a modello un soggetto particolarmente avveduto e previdente, né però sembrerebbe far riferimento ad un soggetto ingenuo, incapace di orientare le proprie scelte secondo criteri razionali.

  • Il merito creditizio.

L’art. 124 bis del TUB e il D.M. n. 117/2011 stabiliscono che gli istituti di credito sono tenuti a fare una valutazione sulla capacità del debitore di restituire il prestito, sulla base della quale orientare la decisione di concedere o meno il credito.

Tale norma è direttamente finalizzata alla tutela del sistema creditizio, ma ha altresì una seppur indiretta finalità di protezione del consumatore, impedendogli di assumere ingenti debiti per il consumo di beni.

La Legge n. 3/2012, con riguardo al giudizio di meritevolezza, non ha preso in considerazione in modo diretto la condotta dei creditori, ma al contempo non ha escluso che tale condotta, sviata rispetto ai canoni di buona fede e correttezza, possa incidere sulla valutazione della meritevolezza nel caso in cui abbia indotto in errore incolpevole il debitore.

La legge in commento se per un verso ha ammesso ai benefici soggetti anche non particolarmente avveduti ed oculati nella gestione del loro patrimonio, per altro verso, ha ritenuto non rilevante e dunque neutra la condotta non collaborativa o inadempiente del creditore, salvo che questa sia stata caratterizzata da mala fede, inducendolo ad assumere il debito nella ragionevole consapevolezza, rivelatasi poi erronea, di poterlo adempiere. In altri termini, non può ritenersi meritevole di tutela il debitore che ha assunto debiti eccessivi rispetto alle proprie possibilità anche se il creditore non abbia frenato la sua propensione ad indebitarsi, ma non può nemmeno del tutto escludersi che la violazione dell'obbligo di valutare il merito creditizio possa incidere sul singolo rapporto contrattuale ed essere utile al fine di riportare alla giusta dimensione l'indebitamento.

  • La decisione del Collegio sul reclamo.

Sulla domanda di omologa del piano del Consumatore.

Secondo il Collegio chiamato a decidere sulla decisione impugnata, da quanto emerso nel ricorso e nella documentazione prodotta dai ricorrenti appare evidente che qualunque soggetto, anche il più ingenuo, sarebbe stato in grado di capire la portata dell'impegno assunto e l'incapacità di poterlo onorare nel futuro, ciò a prescindere dalla valutazione del merito creditizio posta in essere o meno dai soggetti eroganti il credito.

Non vengono inoltre spiegate da parte dei coniugi le utilizzazioni delle somme ricevute in prestito, venendo quindi anche meno le censure proposte dai ricorrenti in merito alla asserita mancata valutazione da parte del primo giudice delle sopravvenienze che avrebbero aggravato la situazione familiare.

Pertanto il Collegio ha concluso confermando il provvedimento impugnato nella parte in cui è stato escluso il presupposto di meritevolezza per l'omologa del piano del consumatore.

  • Sulla domanda in via subordinata di proposta di accordo.

I ricorrenti che nel ricorso avevano chiesto in via principale l'omologa del piano del Consumatore, in via subordinata subordine, avevano chiesto la fissazione dell'udienza per l'accordo con i creditori sulla base dello stesso piano proposto da convertire in proposta di accordo.

Il primo giudice, dopo avere negato l'omologa, aveva omesso di pronunciarsi sulla domanda subordinata, pertanto secondo il Collegio il suddetto provvedimento impugnato risulta affetto dal vizio di omessa pronuncia.

La questione è alquanto complessa e lascia certamente aperte varie interpretazioni sulla portata dell'art. 7, c. 2 lett. b) per il quale la proposta non è ammissibile quando il debitore "ha fatto ricorso, nei precedenti cinque anni, ai procedimenti di cui al presente capo". Rimanendo in un primo profilo meramente letterale, "fare ricorso" non sembrerebbe riferirsi alla “sola domanda” quale motivo di inammissibilità, perché sarebbe risultato più logico utilizzare il termine tecnico di "proporre ricorso".

L'uso della locuzione "fare ricorso" sembra riconducibile ad una terminologia atecnica, il cui significato è quello di "accesso" ad una delle procedure con conseguente effetto esdebitatorio.

Le tre procedure previste dalla Legge n. 3/2012 (accordo con i creditori, piano del consumatore e liquidazione del patrimonio) sono distinte l'una dall'altra quanto ai presupposti.

Nel caso di specie, il motivo ostativo alla omologa del piano è l'assenza di meritevolezza che, invece, non costituisce un presupposto dell'accordo con i creditori.

  • Ci si chiede quindi per quale motivo il debitore non potrebbe ricorrere all'accordo una volta che il giudica abbia escluso la meritevolezza e quindi l’omologa del piano del Consumatore?

La lettura che può darsi alla norma, in un’ottica di interpretazione della volontà legislativa, è quella di ritenere che il debitore che abbia beneficiato di una procedura prevista dalla Legge n. 3/2012 non possa nei successivi cinque anni presentare domanda, perché in tal modo si vuole evitare che il debitore, che già abbia beneficiato dei vantaggi della norma, possa nuovamente o ripetutamente farvi ricorso per continue esdebitazioni.

Qualora invece la norma imponesse di non concedere al debitore di accedere alla composizione della crisi attraverso una diversa procedura tra quelle previste avrebbe un mero carattere sanzionatorio del debitore per avere fatto ricorso allo strumento sbagliato: non omologato il piano o non approvato l'accordo con i creditori, il debitore sarebbe esposto alle azioni dei creditori senza avere la possibilità di perseguire una modalità di composizione della crisi differente da quella inizialmente proposta.

Peraltro già l'art. 14 quater della Legge n. 3/2012, contempla la possibilità di "conversione della procedura di composizione in liquidazione", ragion per cui non vi è motivo per negare la possibilità di valutare una domanda subordinata di composizione della crisi nel caso in cui non venga accolta la proposta principale recante l'alternativo rimedio e viceversa. In conclusione quindi il debitore ha due alternative:

1. presentare, a seguito di diniego della richiesta omologazione del piano del consumatore, un autonomo e successivo ricorso contenente altra e diversa procedura prevista dalla Legge n. 3/2012;

2. inserire nel medesimo ricorso la richiesta di omologazione del piano e in via subordinata altra procedura di composizione della crisi, non risultando alcun impedimento e divieto processuale, a patto che sussistano sin dall'inizio tutti i presupposti ed i requisiti di legge per accedere alla procedura chiesta in subordine.

La decisione del Collegio sulla ammissibilità della proposta di accordo. Il collegio, esaminati gli atti e gli allegati documenti, ha osservato che: - sussistono i presupposti di cui all'art. 7, c. 2 in quanto è escluso che il debitore:

a) è soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dal presente capo;

b) ha fatto ricorso, nei precedenti cinque anni, ai procedimenti di cui al presente capo;

c) ha subito, per cause a lui imputabili, uno dei provvedimento di cui agli articoli 14 e 14-bis;

d) ha fornito documentazione che non consente di ricostruire compiutamente la sua situazione economica e patrimoniale.

- sono soddisfatti i presupposti previsti dall'art. 8, in quanto il piano prevede che il reddito dei ricorrenti è sufficiente a garantire la fattibilità dell'accordo e sono previste limitazioni all'accesso al mercato del credito al consumo. - sono soddisfatti i requisiti di cui all'art. 9, cc. 1 e 2, in quanto la proposta di accordo è stata presentata presso il tribunale competente unitamente all'elenco di tutti i creditori, con l'indicazione delle somme dovute, di tutti i beni del debitore e degli eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni, corredati dalle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni e dell'attestazione sulla fattibilità del piano, nonché l'elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento suo e della sua famiglia, previa indicazione della composizione del nucleo familiare corredata del certificato dello stato di famiglia.

Il Collegio, pertanto, in riforma dell'impugnato provvedimento, e previa qualificazione della proposta di "piano del consumatore" in proposta di accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti", della quale contiene tutti i requisiti, ha ritenuto di ammettere i ricorrenti alla procedura di cui all'art. 10 Legge n. 3/2012 in quella fase preordinata alla fissazione dell'udienza prevista dall'art. 10, comma I, e finalizzata al coinvolgimento dei creditori nella approvazione dell'accordo.

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