Iscrizione anagrafica per i richiedenti asilo: il divieto è legittimo?

La norma è incostituzionale in quanto rende anche più difficoltosa l'individuazione degli stranieri.



Va dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, comma 1-bis, del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 (Attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale), come introdotto dall'art. 13, comma 1, lettera a), numero 2), del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata), convertito, con modificazioni, nella legge 1° dicembre 2018, n. 132.

La previsione viola l'articolo 3 della Costituzione sotto due distinti profili.

In primo luogo è viziata da irrazionalità intrinseca, in quanto, rendendo problematica la stessa individuazione degli stranieri esclusi dalla registrazione, è incoerente con le finalità del decreto, che mira ad aumentare il livello di sicurezza.

In secondo luogo riserva agli stranieri richiedenti asilo un trattamento irragionevolmente differenziato rispetto ad altre categorie di stranieri legalmente soggiornanti nel territorio statale, oltre che ai cittadini italiani.

Per la sua portata e per le conseguenze che comporta anche in termini di stigma sociale - di cui è espressione, non solo simbolica, l'impossibilità per i richiedenti asilo di ottenere la carta d'identità - la violazione del principio di uguaglianza enunciato all'articolo 3 della Costituzione assume in questo caso anche la specifica valenza di lesione della pari dignità sociale.

L'esclusione dei richiedenti asilo dall'iscrizione anagrafica, invece di aumentare il livello di sicurezza pubblica, finisce col limitare le capacità di controllo e di monitoraggio dell'autorità pubblica su persone che soggiornano regolarmente nel territorio statale, anche per lungo tempo, in attesa della decisione sulla loro richiesta di asilo.

Inoltre, negare l'iscrizione all'anagrafe a chi dimora abitualmente in Italia significa trattare in modo differenziato e indubbiamente peggiorativo, senza una ragionevole giustificazione, una particolare categoria di stranieri.

In via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, va dichiarata l'illegittimità costituzionale delle restanti disposizioni dell'art. 13 del d.l. n. 113 del 2018.

Corte Cost. n. 186 del 31 luglio 2020 

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