Violazione norme anti-COVID-19: quali le conseguenze dopo la depenalizzazione?

La condanna per mancato rispetto delle misure di contenimento va annullata.



La sentenza del tribunale di primo grado riguardava la violazione delle norme anti-COVID-19, ed in particolare le misure di contenimento previste dal D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 4, comma 2.

Veniva riconsociuto l'imputato colpevole del reato di cui all'art. 650 c.p., in applicazione di quanto disposto dal D.P.C.M. richiamato (secondo cui "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il mancato rispetto degli obblighi di cui al presente decreto é punito ai sensi dell'art. 650 c.p., come previsto dal D.L. 23 febbraio 2020, n. 6, art. 3, comma 4").

La Suprema Corte afferma che, poiché nella sentenza impugnata non é dato comprendere la porzione di pena applicata dal tribunale per tale condotta e comunque non vi é possibilità di modificare il patto intervenuto tra le parti (si trattava di patteggimento ex art. 444 c.p.p.), la sentenza medesima deve essere annullata senza rinvio e gli atti restituiti al tribunale di  per l'ulteriore corso.

La disposizione del D.L. 23 febbraio 2020, n. 6, art. 3, comma 4, - che qualificava "reato" punibile ai sensi dell'art. 650 c.p., il mancato rispetto delle misure di contenimento emanate per fronteggiare lo stato di emergenza dovuto alla diffusione del Covid-19 - è stata sostituita dal D.L. 25 marzo 2020, n. 19, art. 4, comma 1, in vigore dal giorno successivo e convertito con modificazioni dalla L. 22 maggio 2020, n. 35, che ha depenalizzato, trasformandola in illecito amministrativo, la condotta di mancato rispetto delle citate misure di contenimento.

Cass. pen., sez. IV,  n. 7988 del 17 febbraio 2021 

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