Associazione mafiosa: è sufficiente la partecipazione al rituale di affiliazione per integrarne il reato?

Rimessa alle Sezioni unite la decisione in ordine alla condotta di partecipazione e tenuto conto della formulazione dell'art. 416-bis c.p. e della struttura del reato.



A cura dell'Avv. Augusto Careni

La partecipazione alla cerimonia di affiliazione con tipici rituali

Il quesito che la Corte di Cassazione decide di rimettere alle Sezioni Unite è se vi sia idoneità dell'affiliazione rituale ad una cosca, non accompagnata da ulteriori indicatori fattuali, a fondare la conferma del giudizio di gravità indiziaria ai fini della custodia cautelare.

Tale problematica, a sua volta, postula la risoluzione di una questione ermeneutica più generale, che affonda le sue radici nell'opzione di politica criminale sottesa alla formulazione dell'art. 416-bis c.p., relativa alla possibilità che l'affiliazione, svolta con modalità rituali, a un'associazione di tipo mafioso riconducibile al novero delle "mafie storiche", costituisca un fatto, di per se stesso, idoneo a fondare un giudizio di responsabilità in ordine alla condotta di partecipazione del soggetto affiliato alla consorteria e quindi della configurabilità del reato di associazione mafiosa.

In realtà la necessità di risolvere questo problema non è del tutto nuova per il dibattito giurisprudenziale, traendo origine dalla consapevolezza che, con l'introduzione della fattispecie prevista dell'art. 416-bis c.p., si è compiuto un passo in avanti fondamentale nell'elaborazione di efficaci strategie di contrasto delle organizzazioni mafiose.

Ed infatti per la prima volta si è affrontato un fenomeno criminale secondo le sue effettive caratteristiche operative e di radicamento territoriale e non già per quelli che sono i modelli di analisi tradizionale della dogmatica (cfr. Cass pen. n. 55359/2016, n. 34874/2015, n. 30059/2014).

D'altra parte, pur senza entrare nel merito delle complesse ragioni di politica criminale sottese a questa innovativa scelta legislativa, è la stessa formulazione della fattispecie di cui all'art. 416-bis c.p. - quantomeno con riferimento alle "mafie storiche" - a spingere l'interprete nella direzione di una marcata caratterizzazione territoriale e strutturale del sodalizio mafioso, nella misura in cui tale previsione delinea i contorni di una consorteria tendenzialmente orientata nel senso di un controllo illecito e monopolistico delle attività produttive delle aree geografiche in cui è presente, tale da delineare i confini applicativi di un delitto ancorato alla valutazione concreta della condotta eversiva e antigiuridica dei suoi affiliati.

Lo scopo preminente dell'associazione mafiosa

Lo scopo preminente dell'associazione di tipo mafioso, secondo la formulazione dell'art. 416-bis c.p., comma 3, è quello di realizzare - attraverso la forza di intimidazione del vincolo associativo e la condizione di assoggettamento e di omertà che ne derivano - in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti.

L'associazione, in questa prospettiva normativa, orientata teleologicamente, punta ad aumentare la sua sfera di influenza sulle attività produttive del territorio dove opera ed esercita i suol poteri di supremazia delinquenziale, acquisendo in tale contesto posizioni economiche di oligopolio o addirittura di monopolio, che, in ultima analisi, costituiscono l'obiettivo dell'organizzazione mafiosa, secondo quella che è la previsione dell'art. 416-bis c.p.

Tuttavia, questa caratterizzazione, marcatamente territoriale e strutturale, del sodalizio mafioso, inevitabilmente, allontana la fattispecie di cui all'art. 416-bis c.p. dal modello di legalità formale proprio della dogmatica tradizionale, introducendo un modello di tipicità "atipica" o "incompiuta", rispetto al quale la partecipazione associativa è sanzionata in quanto tale, con strumenti normativi che, per un verso, recano con sè la necessità di un ancoramento rigoroso alle emergenze probatorie, per altro verso, comportano un'attenzione costante ai principi costituzionali, il cui rispetto deve costituire un parametro ineludibile per l'operatore del diritto.

Da queste questioni ermeneutiche trae origine la necessità di un intervento chiarificatore delle Sezioni unite, essendo indispensabile comprendere se l'affiliazione di un soggetto a un'organizzazione mafiosa costituisca ex se un fatto idoneo a fondare un giudizio di responsabilità nei confronti dell'associato, quanto meno con riferimento all'operatività delle "mafie storiche", strutturate e radicate territorialmente.

D'altra parte, se si ritiene che la partecipazione associativa debba essere integrata da elementi ulteriori rispetto alla mera affiliazione, estranei alla previsione dell'art. 416-bis c.p., occorrerà allora comprendere attraverso quale percorso ermeneutico si debba o si possa giungere all'individuazione di tali indicatori consortili, tenendo presenti i limiti che il modello di tipicità formale vigente nel nostro sistema penale pone all'operatività di ogni forma di "creazionismo giurisprudenziale" e la posizione della giurisprudenza di legittimità nell'ambito dell'ordinamento interno, contrassegnato dal valore non vincolante del precedente, relativa all'efficacia persuasiva, per la profondità e l'accuratezza dei suoi argomenti, ma non impositiva, al di fuori dei limitati ambiti applicativi di cui all'art. 627 c.p.p., dell'interpretazione giurisprudenziale, cui compete soltanto una funzione dichiarativa ed esplicativa della norma di legge.

Le Sezioni unite del 2005 sul concetto di indicatori della partecipazione associativa

Interessante al riguardo, ma non esaustiva, è la complessa operazione di ermeneutica processuale svolta dalle Sezioni unite nel 2005, secondo cui il partecipe di un'organizzazione mafiosa deve essere definito, in senso dinamico e funzionale, come "colui che, risultando inserito stabilmente e organicamente nella struttura organizzativa dell'associazione mafiosa, non solo "è" ma "fa parte" della (...) stessa: locuzione questa da intendersi non in senso statico, come mera acquisizione di uno status, bensì in senso dinamico e funzionalistico, con riferimento all'effettivo ruolo in cui si è immessi e ai compiti che si è vincolati a svolgere perchè l'associazione raggiunga i suoi scopi, restando a disposizione per le attività organizzate della medesima" (Cass pen. SS.UU. n. 33478/2005).

Le Sezioni unite i ntal caso non prendono espressamente posizione sul significato da attribuire all'affiliazione a una consorteria mafiosa, pur ritenendo tale situazione rituale un indicatore, dotato di elevata sintomaticità, della partecipazione associativa, evidenziando che, sul piano probatorio, "rilevano tutti gli indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza attinenti propriamente al fenomeno della criminalità di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi il nucleo essenziale della condotta partecipativa, e cioè la stabile compenetrazione del soggetto nel tessuto organizzativo dei sodalizio (...)".

Si deve trattare, in ogni caso, di indicatori "gravi e precisi tra i quali le prassi giurisprudenziali hanno individuato, ad esempio, i comportamenti tenuti nelle pregresse fasi di "osservazione" e "prova", l'affiliazione rituale, l'investitura della qualifica di "uomo d'onore", la commissione di delitti-scopo, oltre a molteplici, variegati e però significativi "facta concludentia dai quali sia lecito dedurre, senza alcun automatismo probatorio, la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo nonchè della duratura, e sempre utilizzabile, "messa a disposizione" della persona per ogni attività del sodalizio criminoso.

Gli orientamenti giurisprudenziali

Secondo un primo orientamento giurisprudenziale, l'affiliazione a un'associazione di tipo mafioso costituisce fatto idoneo a fondare un giudizio di responsabilità, atteso che il reato di cui all'art. 416-bis c.p. si consuma nel momento in cui il soggetto aderisce a una siffatta consorteria, senza che sia necessario il compimento di specifici e ulteriori atti esecutivi della condotta illecita programmata.

La fattispecie in esame, infatti, prefigura un reato di pericolo presunto, con la conseguenza che, per integrare l'offesa all'ordine pubblico, è sufficiente l'adesione all'associazione di tipo mafioso, che, postulando la disponibilità incondizionata alle esigenze strategiche della consorteria, a maggior ragione se ci si riferisce a una "mafia storica", appare, di per se stessa, idonea ad accrescere le potenzialità operative e intimidatorie del sodalizio (Cass. pen. n. 27672/2019).

Altro orientamento non ritiene l'affiliazione a un'associazione di tipo mafioso, di per sè sola, sufficiente a fondare un giudizio di responsabilità nei confronti dell'imputato, richiedendo la prova del compimento di specifici e ulteriori atti esecutivi della condotta illecita programmata.

Rappresenta in modo esemplare questo orientamento ermeneutico, che ritiene indispensabile, per la formulazione di un giudizio di responsabilità nei confronti dell'imputato del reato di cui all'art. 416-bis c.p., l'acquisizione di elementi concreti e specifici, rivelatori dei suo ruolo attivo nell'associazione di tipo mafioso (Cass. pen. n. 4864/2016).

La rimessione alle Sezioni unite per risolvere il contrasto giurisprudenziale

Per tali motivi la prima sezione della Suprema Corte ha deciso di rimeterre, a norma dell'art. 618 c.p.p., comma 1, alle Sezioni unite la seguente questione:

"Se la mera affiliazione ad un'associazione a delinquere di stampo mafioso c.d. storica, nella specie ‘Ndrangheta, effettuata secondo il rituale previsto dall'associazione stessa, costituisca fatto idoneo a fondare un giudizio di responsabilità in ordine alla condotta di partecipazione, tenuto conto della formulazione dell'art. 416-bis c.p. e della struttura del reato dalla norma previsto".

Occorre rimettere alle Sezioni unite il seguente quesito: "Se la mera affiliazione ad un'associazione a delinquere di stampo mafioso c.d. storica, nella specie 'Ndrangheta, effettuata secondo il rituale previsto dall'associazione stessa, costituisca fatto idoneo a fondare un giudizio di responsabilità in ordine alla condotta di partecipazione, tenuto conto della formulazione dell'art. 416-bis c.p. e della struttura del reato dalla norma previsto".

Cass. pen., sez. I, n. 5071 del 28 gennaio 2021 

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