L’impugnazione dell’atto di revoca di agevolazione concessa ex L. 488/1992 e’ soggetta alla giurisdizione di legittimita’ del G.A.



DIRITTO AMMINISTRATIVO. L’impugnazione dell’atto di revoca di agevolazione concessa ex L. 488/1992 e’ soggetta alla giurisdizione di legittimita’ del G.A. Cons. St., Ad. Plen., n. 17 del 29 luglio 2013

Sussiste la giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo nel caso di impugnazione dell’atto di revoca di una agevolazione concessa ai sensi della legge 19 dicembre 1992, n. 488, quando essa sia disposta dopo la concessione provvisoria del finanziamento e nell’esercizio del potere discrezionale previsto dall’art. 8, comma 1, lettera f), decreto ministeriale 20 ottobre 1995, n. 527, per il caso in cui, ‘calcolati gli scostamenti in diminuzione degli indicatori di cui all'art. 6, comma 4, suscettibili di subire variazioni, anche solo uno degli scostamenti stessi di tali indicatori rispetto ai corrispondenti valori assunti per la formazione della graduatoria o la media degli scostamenti medesimi superi, rispettivamente, i 30 o i 20 punti percentuali’.

Cons. St., Ad. Plen., n. 17 del 29 luglio 2013

Consiglio di Stato, Ad. Plen., n. 17 del 29 luglio 2013

FATTO e DIRITTO

I) L’impresa ricorrente in primo grado è stata ammessa al beneficio di un contributo con il decreto n. 1522307 del 1° dicembre 2006, riguardante il progetto "La nuova scocca per camper A.”, relativo ad un programma di sviluppo precompetitivo e d’industrializzazione (in applicazione della legge n. 488 del 1992).

Con il decreto n. 14 del 30 marzo 2012, la Direzione generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali del Ministero per lo sviluppo economico ha disposto la revoca totale del provvedimento che ha ammesso al beneficio, poiché, a seguito delle verifiche effettuate in sede di rendicontazione, è stata considerata ‘inammissibile’ una prestazione rendicontata, conseguente ad una collaborazione della società D., sua ausiliaria, con cui aveva stipulato un contratto chiavi in mano.

La mancata valutazione della medesima prestazione era dipesa dal fatto che, ad avviso dell’amministrazione, la fornitura non assumeva un grado di complessità tale da giustificare il ricorso a siffatta tipologia contrattuale, anche perché non era stata considerata comprovata la specifica competenza tecnica e commerciale dell’ausiliaria D.

II) Con il ricorso di primo grado n. 3435 del 2012 (proposto dinanzi al T.a.r. per il Lazio), l’impresa ha impugnato il decreto ministeriale n. 14 del 30 marzo 2012, emesso dal Direttore generale, chiedendo altresì il risarcimento dei danni subiti.

Si è costituito in giudizio il Ministero intimato, eccependo la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo e l’incompetenza territoriale del T.a.r. Lazio.

III) Il T.a.r. Lazio, con ordinanza n. 6392 del 2012, ha rilevato la sussistenza della competenza del T.a.r. per la Campania.

A seguito della riassunzione del giudizio, con la sentenza appellata il T.a.r. per la Campania ha dichiarato il difetto della giurisdizione amministrativa, rilevando che l’atto di ritiro di un contributo pubblico - per inadempimento del concessionario - inciderebbe su un diritto soggettivo, devoluto alla giurisdizione del giudice civile.

IV) Con l’appello in esame, l’impresa ha chiesto che, in riforma della sentenza del T.a.r., sia rilevata la sussistenza della giurisdizione amministrativa ed ha riproposto le censure già formulate in primo grado.

Il Ministero appellato si è costituito in giudizio ed ha chiesto che l’appello sia respinto.

In particolare, il Ministero ha richiamato l’orientamento delle Sezioni Unite sulla sussistenza della giurisdizione civile, quando vi sia un atto di revoca, incidente su un diritto soggettivo, di un precedente atto concessivo di un contributo o di una sovvenzione (cfr. Cass. civ., sez. un., sent. n. 15618/2006).

Non si è costituito in giudizio l’istituto di credito delegato all’istruttoria, pure evocato.

Assunta la causa in decisione alla Camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2012, la sezione VI, con sentenza parziale e contestuale ordinanza di rimessione all’Adunanza Plenaria n. 517/2013:

- ha respinto il primo motivo d’appello, con il quale l’impresa ha dedotto che il T.a.r. avrebbe erroneamente dichiarato il difetto di giurisdizione, poiché - a seguito della declaratoria d’incompetenza del T.a.r. per il Lazio e della susseguente riassunzione innanzi al T.a.r. per la Campania - si sarebbe formato il ‘giudicato implicito’ sulla questione di giurisdizione;

- passando al secondo motivo d’appello (con cui si è dedotta la sussistenza della giurisdizione amministrativa a conoscere della controversia), la Sezione ha ritenuto che il suo esame andasse deferito all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 99 del codice del processo amministrativo. A questo proposito la Sezione VI premette che, nel caso in cui sia stato emanato un atto di revoca di un provvedimento che abbia disposto un contributo pubblico, si è consolidato un risalente orientamento delle Sezioni unite della Corte di cassazione, per il quale rilevano gli ordinari criteri di riparto, fondati sulla natura delle situazioni soggettive azionate, con la conseguenza che, qualora la controversia sorga in relazione alla fase di erogazione del contributo o di ritiro della sovvenzione, sulla scorta di un addotto inadempimento del destinatario, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, anche se si faccia questione di atti denominati come revoca, decadenza o risoluzione, purché essi si fondino sull'asserito inadempimento, da parte del beneficiario, quanto alle obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo. A tale orientamento, aggiunge l’ordinanza di rimessione, si è adeguata la prevalente giurisprudenza amministrativa, per la quale è configurabile una situazione soggettiva d’interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, solo ove la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento attributivo del beneficio, o se, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse (ma non per inadempienze del beneficiario: cfr. Cons. St., Sez. IV, sent. 28 marzo 2011, n. 1875; Sez. VI, sent. 24 gennaio 2011, n. 465; Sez. V, sent. 10 novembre 2010, n. 7994. Nella specie, sottolineato in punto di fatto che le circostanze determinanti la contestata revoca sono emerse dopo il rilascio del provvedimento che ha disposto il beneficio non per vizi riconducibili all’originario provvedimento ma per ragioni inerenti alla rendicontazione finale e riguardanti la computabilità di spese che, ad avviso dell’amministrazione, non avrebbero potuto essere computate (anche per l’inadeguatezza della capacità tecnica e commerciale dell’ausiliaria D.), l’ordinanza della Sezione VI ritiene che la consolidata giurisprudenza in materia (basata su considerazioni generali circa la nascita di un diritto soggettivo a seguito del rilascio del contributo o della sovvenzione) possa essere oggetto di una rimeditazione, ove si consideri che: a) il potere di autotutela dell’amministrazione, esercitato con un atto di revoca (o di decadenza), in base ai principi del contrarius actus, incide di per sé su posizioni d’interesse legittimo (come si evince dalla pacifica giurisprudenza della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato attinente ai casi in cui una concessione di un bene pubblico o di un servizio pubblico sia ritirata per qualsiasi ragione, anche nell’ipotesi d’inadempimento del concessionario); b) l’art. 7 del codice del processo amministrativo dispone che il giudice amministrativo ha giurisdizione nelle controversie “riguardanti provvedimenti, atti … riconducibili anche mediatamente all’esercizio” del potere pubblico (e non è dubbio che il provvedimento di ritiro di un precedente atto autoritativo a sua volta abbia natura autoritativa). L’ordinanza ricorda ancora in proposito che la configurabilità di un potere autoritativo e di un correlativo interesse legittimo, in presenza dell’esercizio del potere di autotutela, risulta più rispondente alle esigenze di certezza del diritto pubblico (conseguendo l’atto di revoca la sua inoppugnabilità, nel caso di mancata tempestiva impugnazione) ed a quelle di corretta gestione del denaro pubblico, poiché l’esercizio del medesimo potere autoritativo agevola non solo il rapido recupero della somma in ipotesi non dovuta, ma anche la conseguente erogazione dei relativi importi ad altri soggetti, con ulteriori atti aventi natura autoritativa. Peraltro, secondo l’ordinanza stessa, la sussistenza della giurisdizione amministrativa potrebbe anche essere affermata, in via esclusiva, in considerazione dell’art. 12 della legge n. 241 del 1990, riguardante i ‘provvedimenti attributivi di vantaggi economici’, che disciplina la “concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari”, attribuendo il nomen iuris di concessione a qualsiasi provvedimento che disponga l’erogazione del denaro pubblico. Sotto tale profilo, potrebbe risultare rilevante l’art. 133, comma 1, lettera b), sulla sussistenza della giurisdizione esclusiva per le “controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici”. Né, si conclude, la portata applicativa delle disposizioni di legge sopra richiamate potrebbe essere riducibile in via interpretativa, per il rilievo da attribuire all’art. 44 della legge n. 69 del 2009, che ha condotto all’approvazione del codice del processo amministrativo, disponendo che il riassetto del medesimo dovesse avvenire “alfine di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione di princìpi generali e di assicurare la concentrazione delle tutele”.

In vista dell’odierna discussione parte appellante non ha depositato memorie illustrative, mentre parte appellata ha espresso, con memoria in data 4 maggio 2013, un nuovo e diverso orientamento in ordine alla controversa giurisdizione, in senso adesivo all’ordinanza di rimessione.

Alla Camera di consiglio del 27 maggio 2013 l’appello è stato trattenuto in decisione.

V) Ritiene l’Adunanza plenaria che l’appello sia fondato e vada accolto, restando peraltro a tal fine priva di rilevanza la questione rimessa all’esame dell’Adunanza stessa.

Con il secondo motivo di appello, il cui esame è stato appunto deferito a questa Adunanza dalla Sezione Sesta, si deduce invero che “la revoca disposta con riferimento alle agevolazioni concesse ex Lege 19 dicembre 1992 n. 488 sia sempre riconducibile alla giurisdizione amministrativa, anche quando venga disposta dopo la concessione provvisoria del finanziamento” ( pag. 9 app. ).

Rileva in proposito il Collegio che vertesi in tema di sovvenzioni e finanziamenti erogati dalla p.a. a privati e, in particolare, di agevolazioni di cui al D.L. 22 ottobre 1992, n. 415, art. 1, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 dicembre 1992, n. 488, destinate - sulla base di una graduatoria formata dalla pubblica amministrazione - alle imprese operanti nei settori di attività individuati dalle direttive emanate con delibera del CIPE del 27 aprile 1995, e con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato del 20 luglio 1998 e successive modifiche e integrazioni, ai sensi del D.L. n. 415 cit., art. 1, comma 2 e del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, art. 18, comma 1, lett. aa); esse sono concesse ed erogate secondo le modalità e i criteri previsti dalle dette direttive, nonchè secondo le disposizioni del D.M. 20 ottobre 1995, n. 527, che, nel prevedere all'art. 6, comma 7, la "concessione provvisoria" del contributo - erogato con le modalità di cui all'art. 7 e revocabile ai sensi dell'art. 8 - stabilisce che, all'esito della "documentazione definitiva" di spesa inviata dall'impresa e trasmessa dalle banche concessionarie al Ministero dell'industria, l'amministrazione provveda alla c.d. concessione definitiva, disciplinata dal successivo art. 10.

Orbene, sul tema specifico all’esame la Corte regolatrice, premesso che il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo deve essere attuato distinguendo le ipotesi in cui il contributo o la sovvenzione è riconosciuto direttamente dalla legge ( e alla p.a. è demandato esclusivamente il controllo in ordine all'effettiva sussistenza dei presupposti puntualmente indicati dalla legge stessa ) da quelle in cui la legge attribuisce invece alla p.a. il potere di riconoscere l'ausilio previa valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati in relazione all'interesse pubblico primario apprezzando discrezionalmente l'an, il quid ed il quomodo dell'erogazione, ha affermato che “la controversia avente ad oggetto la revoca di un finanziamento disciplinato dal D.L. 22 ottobre 1992, n. 415, convertito in legge dalla L. 19 dicembre 1992, n. 488, appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto non riguarda una sovvenzione riconosciuta direttamente dalla legge, sulla base di elementi da questa puntualmente indicati (per una fattispecie simile, v. Cass. Sez. Un. 25 novembre 2008 n. 28041); e ciò, ancorchè il finanziamento medesimo sia stato già riconosciuto in via provvisoria a norma del D.M. n. 527 del 1995, art. 6, comma 7” ( Cassazione civile, sez. un., 16 dicembre 2010, n. 25398, in ipotesi di revoca del finanziamento già concesso in via provvisoria ed in parte erogato, determinata dall’intervenuto accertamento di spese dichiarate non ammissibili in quanto sostenute prima della domanda di ammissione ).

V.1) Non contrastano peraltro con l’enunciato principio:

- né, come rilevato espressamente dalla medesima citata Ord. n. 25398 del 2010, il precedente della stessa Corte 10 luglio 2006, n. 15618, che riguarda la giurisdizione non già sul provvedimento di revoca dell'intera agevolazione, bensì sulla riduzione - in rapporto a spese non ammissibili - di un finanziamento provvisorio già deliberato, in ordine al quale, sino a che il titolo non venga meno nelle forme di legge, sussiste un diritto soggettivo del beneficiario;

- né il precedente costituito da Cass., Sez. un., 20 luglio 2011, n. 15867, nel quale si afferma la giurisdizione del giudice ordinario in una controversia sulla revoca di un finanziamento erogato ai sensi della legge n. 44 del 1986 per la promozione e lo sviluppo dell’imprenditorialità giovanile nel mezzogiorno, per l’impossibilità del raggiungimento delle finalità perseguite con il beneficio finanziario a séguito della dichiarazione di fallimento dell’impresa destinataria dello stesso e dunque in un caso in cui, come sottolineato dall’ordinanza stessa, l’Amministrazione, nel revocare il contributo stesso o nel dichiarare la decadenza da esso, non compie alcuna valutazione discrezionale, rispetto alla quale il privato possa vantare una posizione di interesse legittimo; ma si limita piuttosto ad accertare il venir meno di un presupposto previsto in modo puntuale dalla legge.

Ciò posto, nel caso in esame la revoca del finanziamento non è stata oggetto di un provvedimento vincolato dall’intervenuto accertamento dell’insussistenza di un presupposto puntualmente indicato dalla legge, ma in applicazione della previsione contenuta nel D.M. 20 ottobre 1995, n. 527, art. 8, comma 1, lett. f), che la consente qualora “calcolati gli scostamenti in diminuzione degli indicatori di cui all'art. 6, comma 4, suscettibili di subire variazioni, anche solo uno degli scostamenti stessi di tali indicatori rispetto ai corrispondenti valori assunti per la formazione della graduatoria o la media degli scostamenti medesimi superi, rispettivamente, i 30 o i 20 punti percentuali” ( del tutto analogamente, dunque, al caso deciso dalla citata decisione delle Sez. Un. n. 25398 del 2010, concernente una ipotesi di applicazione della lett. e) dello stesso comma 1 ); e dunque nell’esercizio di un potere discrezionale ( in relazione alla ammissibilità di alcune spese rendicontate che ha determinato uno scostamento del grado previsto dall’indicata lett. f) ), in relazione al quale la posizione del privato è di interesse legittimo e la giurisdizione è del giudice amministrativo.

VI. Deve pertanto conclusivamente affermarsi, in accoglimento dell’appello, la giurisdizione del giudice amministrativo, in applicazione dei principii ripetutamente enunciati dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione in materia di contributi e sovvenzioni pubbliche; donde l’irrilevanza, nel presente giudizio, della questione di diritto posta dall’Ordinanza di rimessione, postulante la sussistenza della giurisdizione amministrativa sulla base del superamento nella materia de qua degli ordinarii criterii di riparto fondati sulla natura delle posizioni soggettive azionate.

La causa va conseguentemente rimessa, ai sensi del comma 1 dell’art. 105 c.p.a., al giudice di primo grado, dinanzi al quale le parti dovranno riassumere il processo con le modalità e nei termini, di cui al comma 3 dello stesso articolo.

La sostanziale coincidenza delle posizioni delle parti quanto alla controversia questione di giurisdizione induce il Collegio a compensare integralmente tra esse le spese della presente fase di appello.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Adunanza Plenaria, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo.

Rimette la causa al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 105 c.p.a.

Spese della presente fase compensate.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 27 maggio 2013, con l'intervento dei giudici: [OMISSIS].

DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 29/07/2013

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