CONCILIAZIONE

In diritto processuale civile, la conciliazione consiste in un tentativo effettuato dal giudice, in sede di processo civile, al fine di definire la controversia e far cessare la materia del contendere (artt. 183, 185, 199, 320, 350, 410, 420, c. I-III, 708, 711, c.p.c.). Prima della riforma del 2005, il tentativo di conciliazione, effettuato alla prima udienza di trattazione, era obbligatorio, anche se, nella pratica, era diventato discrezionale e, secondo la giurisprudenza dell'epoca, la sua omissione non dava luogo a nullità. In seguito alla riforma del 2005 (L. 14.5.2005, n. 80; L. 28.12.2005, n. 263), il tentativo di conciliazione è divenuto facoltativo, nel senso che viene disposto dal giudice d'ufficio o su richiesta congiunta delle parti, in qualsiasi stato e grado del processo. Nel caso la conciliazione abbia esito positivo, viene formato processo verbale di conciliazione, che costituisce titolo esecutivo. Con la Legge n. 69 del 18.6.2009, il Governo ha ricevuto la delega per adottare, entro sei mesi dall'entrata in vigore del citato testo normativo (4.7.2009), uno o più decreti legislativi in materia di mediazione e di conciliazione, in ambito civile e commerciale, avente ad oggetto le controversie vertenti su diritti disponibili, senza precludere l'accesso alla giustizia; la conciliazione dovrebbe essere svolta da organismi professionali e indipendenti, mediante un procedimento di durata non superiore ai 4 mesi. Il verbale di conciliazione dovrebbe avere efficacia esecutiva per l'espropriazione forzata, per l'esecuzione in forma specifica e dovrebbe costituire titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale.