Patent Box: una nuova opportunità per le imprese.

La nuova normativa si rivolge a tutti i soggetti titolari del reddito d’impresa tassativamente individuati dall’art. 2 del decreto, purché esercitino attività di ricerca sviluppo.



A cura del Dott. Emilio Lorenzi

Come annunciato sulla Gazzetta Ufficiale n. 244 del 20 ottobre 2015 è stato pubblicato sul sito istituzionale del MISE il decreto (1) del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, del 30 luglio 2015 con cui sono state individuate le modalità di attuazione dell’art. 1 commi da 37 a 45 della “Legge di stabilità” 2015 (L. 23 dicembre 2014 n. 190) come modificato dal successivo decreto-legge “investment compact” (D.L. n. 3 del 23.01.2015 convertito con legge 24 marzo 2015, n. 33) recante un regime opzionale di detassazione dei redditi derivanti dall’utilizzo e/o dalla cessione di “opere dell’ingegno, da brevetti industriali, da marchi, nonché da processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili”.

Tale idea, nota come Patent Box o IP-Box o Innovation-Box, fu teorizzata all’inizio del nuovo millennio dalle Tax Autorities irlandesi e francesi per poi trovare applicazione, seppur con modalità ed aliquote diverse, in vari stati europei come Francia, Paesi Bassi, Gran Bretagna, Belgio, Lussemburgo e Spagna.

La forte concorrenza a livello fiscale e il conseguente spostamento di grandi e medie imprese italiane (è significante l’esempio di FIAT GTech) nei paesi in cui il patent box era già stato da tempo adottato, hanno spinto in maniera decisiva l’autorità governativa italiana a colmare il gap con il resto dell’Europa.

Lo si è fatto attraverso la creazione di un provvedimento made in Italy che a differenza dei regimi esteri ha inizialmente allargato i privilegi (salvo poi ravvedersi, come si vedrà, con il disegno di legge della L. di Stabilità 2016) anche allo sfruttamento di beni immateriali quali marchi e disegni, proprio in considerazione della forte presenza sul territorio italiano non solo di industrie tecnologicamente avanzate ma anche di realtà leader del mercato agroalimentare, tessile, della moda e del design.

Si comprende, allora, come la nuova normativa non rappresenta un mero vantaggio fiscale previsto per le imprese ma si rivela una importante scelta di natura politica volta ad invertire la rotta delle imprese che investono maggiormente su creatività e innovazione e a riportarle sul territorio italiano (2), e questo con grande impatto anche a livello occupazionale .

Ma vediamo più nel dettaglio di cosa si tratta.

Fatta eccezione per le società sottoposte alle procedure di fallimento, di liquidazione coatta e di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, la nuova normativa si rivolge a tutti i soggetti titolari del reddito d’impresa tassativamente individuati dall’art. 2 del decreto (3), purché esercitino essi stessi o tramite soggetti terzi indipendenti (Università, Enti di ricerca e organismi equiparati, società, anche start up innovative, diverse da quelle che direttamente o indirettamente controllano l'impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa.) attività di ricerca e sviluppo (R&S) per la creazione, il mantenimento, l’accrescimento del valore, lo sviluppo di Intangibles “agevolabili”.

Tali attività vanno dalla ricerca di base e quella applicata, con ciò dovendosi intendere la ricerca pianificata per acquisire nuove conoscenze e capacità, da utilizzare per sviluppare nuovi prodotti, processi o servizi o apportare miglioramenti a prodotti, processi o servizi esistenti, in qualsiasi settore della scienza e della tecnica.

I suddetti soggetti, a partire dal periodo impositivo successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, hanno la facoltà di ottenere un’agevolazione fiscale esercitando un’apposita opzione irrevocabile della durata di 5 anni.

Più precisamente, a partire dal 1 gennaio 2015, per i primi due periodi d’imposta, l’opzione deve essere comunicata all’Agenzia delle Entrate secondo le modalità e i termini che dovranno essere indicati da un apposito provvedimento del direttore dell’Agenzia stessa.

Per i periodi d’imposta successivi, invece, l’opzione verrà esercitata mediante comunicazione nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta a decorrere dal quale il contribuente fruisce del regime agevolato.

Al fine di conferire a quest’ultimo carattere di stabilità è altresì precisato che l’opzione è comunque rinnovabile.

Tuttavia, il disegno di legge recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di Stabilità 2016), approvato in data 15 ottobre 2015 dal Consiglio dei Ministri, ha ristretto la portata della normativa prevedendo termini e condizioni più stringenti per le opzioni relative ai marchi nonché a processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili (c.d. Know how).

In riferimento ai suddetti beni immateriali, infatti, è stato stabilito un regime derogatorio per cui l’opzione non è rinnovabile e potrà essere esercitata solo in determinati casi entro e non oltre il 30 giugno 2016 (4).

La necessità di adattare la normativa italiana alla raccomandazione OCSE in tema di regimi fiscali dannosi è stata determinante e ha costretto il Governo ad un simile cambio di rotta. Invero, secondo le raccomandazioni OCSE, un regime di tassazione vantaggioso come quello de quo è ammissibile solo ove sussista il c.d. Nexus Approach ossia un legame diretto tra le spese sostenute per il bene immateriale in termini di R&S ed il reddito derivante dall’utilizzo del bene immateriale stesso.

Nel caso dei “marketing intangibles” la natura insita degli stessi generalmente non richiede costi in termini di ricerca e sviluppo ragion per cui le rispettive agevolazioni rischierebbero di risultare off-limits rispetto alle normative in termini di concorrenza fiscale.

Ad ogni modo, l’opzione deve avere ad oggetto i redditi derivanti dall’utilizzo, dalla concessione in uso o, a particolari condizioni, dalla cessione di beni immateriali tassativamente indicati dall’art. 6 del decreto Patent Box e cioè

  1.  software protetti da copyright:
  2.  brevetti industriali siano essi concessi o in corso di concessione, ivi inclusi i brevetti per invenzione, ivi comprese le invenzioni biotecnologiche e i relativi certificati complementari di protezione, i brevetti per modello d'utilità nonché i brevetti e certificati per varietà vegetali e le ropografie di prodotti a semiconduttori;
  3.  marchi di impresa, ivi inclusi i marchi collettivi, siano essi registrati o in corso di registrazione;
  4. disegni e modelli, giuridicamente tutelabili;
  5. informazioni aziendali ed esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali o scientifiche proteggibili come informazioni segrete, giuridicamente tutelabili.

Il decreto chiarisce che, poiché gli intangibles in questione non sono solo quelli tutelati in Italia ma anche quelli tutelati in qualsiasi paese estero sulla scorta della normativa ivi applicabile, ai fini della loro definizione e dell’individuazione dei requisiti per la loro esistenza e protezione si deve aver riguardo delle norme nazionali, dell’Unione europea ed internazionali e a quelle contenute in regolamenti dell’Unione europea, trattati e convenzioni internazionali in materia di proprietà industriale e intellettuale applicabili nel relativo territorio di protezione.

Tuttavia, si precisa che i beni immateriali collegati da vincoli di complementarità e impiegati congiuntamente e inscindibilmente per la finalizzazione di un processo produttivo sono considerati alla stregua di un solo bene immateriale.

A fini esemplificativi si può pensare ad un modello di un’autovettura che incorpora una pluralità di brevetti.

La quota di reddito agevolabile è determinata sulla base del rapporto tra i costi di attività di ricerca e sviluppo sostenuti per il mantenimento, l’accrescimento e lo sviluppo del bene immateriale ed i costi complessivi, rilevanti ai fini fiscali, sostenuti per produrre tale bene.

Da qui la seguente formula:

Costi qualificati(5)

--------------------- X Redditi derivanti dal bene immateriale= Reddito agevolabile Costi complessivi (6)

In concreto coloro che esercitano l’opzione otterranno vantaggi fiscali a seconda del caso in cui vi sia: 

1. Utilizzo diretto o Concessione in uso di beni immateriali 

In tal caso la road map prevista dal decreto attuativo in questione stabilisce una detassazione parziale ai fini IRES e IRAP che, a partire dell’esercizio 2015 ammonterà al 30% del reddito agevolabile, per poi passare al 40% nel 2016 fino ad arrivare ad un valore di regime del 50% nel 2017.

2. Cessione di beni immateriali.

In questa seconda ipotesi è stabilita una detassazione totale delle plusvalenze derivanti dalla cessione di beni immateriali “agevolabili” se e solo se almeno il 90% del corrispettivo derivante della cessione dei predetti beni venga reinvestito, prima della chiusura del secondo periodo d’imposta successivo a quello in cui si è verificata la cessione, nella manutenzione o nello sviluppo di altri beni immateriali.

Ai fini della quantificazione del contributo economico dato dal bene immateriale alla produzione del reddito d’impresa, il contribuente, a meno che non si tratti di operazioni infragruppo, è obbligato ad attivare una procedura di contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate (c.d. Ruling internazionale ex articolo 8, D.l. 269/2003).

È fatta salva comunque una procedura semplificata per microimprese, piccole e medie imprese secondo apposite modalità che saranno previste, nel rispetto del principio comunitario del contenimento degli oneri amministrativi, con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate.

Alla luce di quanto osservato è di tutta evidenza che la normativa sul Patent Box, seppur oggetto di forti polemiche a livello comunitario e di seri dubbi circa la sua portata, rappresenta un’opportunità che le imprese italiane, da sempre contraddistintesi per idee e capacità innovative, non possono farsi sfuggire soprattutto in un’ottica di risanamento dell’economia del nostro paese.

___________________

NOTE

(1) Il testo del Decreto Ministeriale 30 luglio 2015.

(2) L. MACI, Patent Box, l'Italia si gioca la partita dei brevetti.

(3) È significativo l’esempio di quanto avvenuto in Gran Bretagna a seguito dell’adozione della normativa sul Patent Box. Il colosso farmaceutico Glaxo Smith Kline (noto come GSK) ha stanziato una cifra superiore a 500 milioni di sterline per la creazione di nuovi stabilimenti con conseguenti riflessi in termini occupazionali. Sebbene il Patent Box abbia ridotto in maniera importante il gettito fiscale dall’altro esso ha indubbiamente determinato un aumento del PIL e dei posti di lavoro. Significative sono state le parole di Sir Andrew Witty, amministratore delegato di GSK: “L’introduzione del patent box ha fatto sì che cambiasse la percezione del Regno Unito come luogo per nuovi investimenti, garantendo che la medicina del futuro non sarà solo scoperta ma potrà anche continuare ad essere prodotta qui in Inghilterra”.

(4)Tali soggetti sono:

•Le persone fisiche che esercitano imprese commerciali ai sensi dell'articolo 55 del D.P.R.22 dicembre 1986. n. 917

•“le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione, nonchè le società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 e le società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato”

•gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali o a quelli che NON hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali, relativamente all’attività commerciale eventualmente esercitata •le società in accomandita semplice e in nome collettivo

•le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato purchè residenti in Paesi con i quali sia in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione e con i quali lo scambio di informazioni sia effettivo, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato alla quale sono attribuibili i beni immateriali di cui all'articolo 6 del decreto. In particolare in riferimento ai marchi commerciali è stato stabilito che le imprese potranno optare per il regime agevolativo liberamente fino al 31 dicembre 2015. Fino al 30 giugno 2016, invece, potranno aderire solo se il marchio è stato prodotto internamente, acquisito da terzi diversi dal Gruppo cui appartengono, ovvero all’interno del Gruppo ma esclusivamente da soggetti residenti in alcuni paesi con un regime privilegiato in materia. Va aggiunto che per quanto concerne le opzioni relative a processi, formule e informazioni, è stabilito un un’ulteriore termine con decorrenza 1 luglio 2016, a condizione che, i menzionati beni siano certificati dal MISE (secondo modalità e termini da stabilirsi successivamente con decreto) e che il soggetto che esercita l’opzione «consegua un fatturato medio annuo non superiore a 50 milioni di euro nonché un fatturato medio annuo generato dai soli beni intangibili non superiore a 7,5 milioni di euro, da calcolare come media dei cinque esercizi precedenti l’esercizio dell’opzione» (in caso di operazioni infragruppo, il limite dei 50 mln è riferito al gruppo di imprese).

(5) I Costi qualificati sono incrementati ex art. 9 comma 3 del Decreto Ministeriale 30 luglio 2015 • dei costi relativi alle attività di R&S derivanti da operazioni infragruppo, per la quota costituita dal riaddebito di costi sostenuti dalle società del gruppo nei confronti di soggetti terzi • dei costi relativi alle attività di R&S sostenuti dal soggetto beneficiario nell'ambito di un accordo per la ripartizione dei costi come definito dal provvedimento 29 settembre 2010 dell'Agenzia delle Entrate (relativo alla disciplina degli oneri documentali in materia di transfer pricing), almeno fino a concorrenza dei proventi rappresentati dal riaddebito dei costi, di cui al comma 2, ai soggetti partecipanti all'accordo.

(6) I costi complessivi sono aumentati ex. art. 9 comma 4 del Decreto • dai costi derivanti da operazioni infragruppo, sostenuti per lo sviluppo, il mantenimento e l'accrescimento del bene immateriale del costo di acquisizione, anche mediante licenza di concessione in uso, del bene immateriale sostenuto nel periodo d'imposta.

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