Diritto Amministrativo: sulle lottizzazioni... Consiglio di Stato n. 8348 del 29 novembre 2010.



Le lottizzazioni convenzionate non possono avere l’efficacia di condizionare a tempo indeterminato la pianificazione urbanistica e quindi, mutuando il termine di cui all’art. 16 della legge urbanistica, “va individuato un tempo decennale di durata massima delle convenzioni, che risponde al preminente interesse pubblico non soltanto per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione, ma anche per l’edificazione dei lotti (in tal senso, v. anche Cons. Stato Sez. IV, 2 marzo 2004, n. 957, 25 luglio 2001, n. 4074, 3 novembre 1998, n. 1412, 16 marzo 1999, n. 286).

Sentenza del Consiglio di Stato n. 8348 depositata il 29 novembre 2010.

FATTO e DIRITTO

1.- Con l’appello in esame, la P.C.M. C.s.r.l. ed il signor A.U. impugnano la sentenza del TAR per la Puglia, Sezione di Lecce, Sez. III, 24 luglio 2009 n. 1944, che ha accolto il ricorso n. 1944 del 2009, proposto dal Consorzio di R.M. e dalla signora Rosa Savoia per l’annullamento:

- del permesso di costruire n. 2007-P-329, Prot. n. 24431/2007, rilasciato dal Comune di Ostuni in data 20.3.2009, alla P.C.M. C.s.r.l. per la edificazione di una bi-villa in R.M. sul lotto G-97;

- del permesso di costruire n. 2007-P-328, Prot.. n. 24430/2007, rilasciato dal Comune medesimo in data 20.3.2009 alla predetta società per la edificazione di una bi-villa in R.M. sul lotto G-83;

- del permesso di costruire 24 marzo 2009 n. 2007-P-355, rilasciato al signor A.U. per la edificazione di una bi-villa in R.M. sul lotto G-80.

Espongono gli appellanti che nel ricorso di prime cure i ricorrenti assumevano tra l’altro la violazione del giudicato costituito dalla sentenza TAR Puglia n. 6431 del 2003 e che il Tribunale amministrativo ha accolto il ricorso, da un lato, affermando che la violazione del giudicato sussisterebbe solo in relazione ai permessi inerenti ai lotti G-97 e G-80 (non riguardando la sentenza n. 6431/03 il lotto G-83) e, dall’altro, assumendo che in sede di rilascio il Comune avrebbe dovuto tener conto che su tutti e tre i lotti graverebbe una servitù non aedificandi costituita per destinazione di padre di famiglia ex artt. 1061 e 1062 Cod. civ. a vantaggio di tutti gli altri fondi del comprensorio.

Secondo la prospettazione degli appellanti, il Consiglio di Stato avrebbe riconosciuto (con le decisioni Sez. IV n. 264/1992 e Sez. V nn. 257/1995 e 915/1996) la destinazione edificatoria di tutti i lotti relativi alla zona di R.M.; sulla vicenda – assumono sempre gli appellanti – dovrebbero considerarsi acquisiti i seguenti punti fermi:

a) la strumentazione urbanistica vigente in ordine alla lottizzazione sarebbe quella risultante dalla planimetria approvata dalla Soprintendenza ai monumenti con la nota del 24 novembre 1967, n. 7553, oggetto della deliberazione del Consiglio Comunale n. 42 del 1971; sì che, nel valutare l’edificabilità dei singoli lotti occorrerebbe fare riferimento esclusivo alla predetta planimetria (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 13 agosto 1996 n. 915);

b) il c.d. “regolamento temporaneo” condominiale della lottizzazione ha valenza esclusivamente privatistica e non modifica la destinazione urbanistica (cfr. Sez. V, n. 915/1996, cit.);

c) era illegittima la variante al piano di lottizzazione approvata con deliberazione C.C. n. 36/2001 (TAR Lecce n. 3564/02, confermata da Cons. Stato, Sez. IV, 24.4.2009 n. 2432) ed erano illegittimi i permessi rilasciati in base alla predetta variante di C.C. 36/2001 (TAR Lecce n. 6431/03);

d) i lotti edificabili in base alla planimetria di approvazione della lottizzazione del 1967 sarebbero ulteriormente modificabili se sui medesimi non siano state realizzate opere, servizi o attrezzature di uso pubblico, quali strade, parcheggi, etc. (Sez. V, n. 257/1995, n. 915/1996, pag. 25; TAR Lecce n. 6431/03, pag. 10).

Ciò posto, gli appellanti hanno dedotto:

I – Sulla asserita violazione del giudicato costituito dalla sentenza TAR Puglia n. 6431/03:

I.a) La sentenza impugnata sarebbe completamente errata in quanto pronunciata su motivi non formulati nel ricorso di primo grado.

I.b) La precedente sentenza del TAR n. 6431/03 avrebbe affermato l’opposto di quanto sostenuto nella sentenza appellata, in quanto non avrebbe condizionato il rilascio di nuovi permessi all’approvazione di un nuovo piano urbanistico.

I.c) La sentenza impugnata sarebbe viziata laddove ha affermato che la sentenza n. 6431 del 2003, indipendentemente dalla coerenza con altre sentenze, ha portata conformativa.

II.- Sulla asserita sussistenza della cosiddetta servitù non aedificandi costituita sui lotti G-97, G-80, G-83.

La sentenza impugnata avrebbe ipotizzato la sussistenza di una servitù costituita per destinazione del padre di famiglia, malgrado l’assenza di qualsiasi deduzione sul punto formulata ex adverso; neppure nel giudizio civilistico il Consorzio avrebbe mai ipotizzato la costituzione di servitù ex art. 1062 cod. civ., sicché la stessa sentenza avrebbe violato l’art. 112 c.p.c..

II.a) Sussiste difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla materia dei diritti soggettivi di servitù.

II.b) I lotti non sarebbero destinati ad usi collettivi, bensì recintati dai rispettivi proprietari per delimitare la rispettiva proprietà.

II.c) La sentenza appellaa non avrebbe tenuto conto del principio per cui le servitù non apparenti non possono acquistarsi per destinazione del padre di famiglia.

II.d) I lotti G-97 e G-80 non rientrerebbero nella zona ritenuta vincolata ai sensi della lettera i) dell’atto notarile; né la predetta zona riguarderebbe il lotto G-83; errato sarebbe altresì il riferimento all’atto per notar Greco del 18.11.1970; in ogni caso, l’atto dovrebbe prevalere sulla planimetria.

II.d), rectius, e) La ipotizzata sussistenza della servitù non potrebbe comunque, in alcun modo, inficiare la legittimità dei permessi.

II.e), rectius, f) Correttamente il Comune avrebbe tenuto conto della sentenza della Corte d’Appello di Lecce n. 352/07 e della sentenza del Consiglio di Stato n. 915/96 e di tutte le altre intervenute in materia.

III.- Sulla infondatezza del ricorso originario.

I lotti risulterebbero edificabili in quanto così considerati nella planimetria del 1967 ed in seguito non vi sarebbe stata alcuna modifica, giusta verbale di sopralluogo del 18.12.2008 n. prot. 29740 (non impugnato ex adverso); anche una eventuale riduzione della superficie rispetto alla consistenza originaria non avrebbe alcun rilievo; andrebbe inoltre escluso in radice che i lotti siano divenuti “strade, parcheggi e zone verdi” o che vi siano interferenze con strutture realizzate all’esterno dei lotti medesimi.

La prospettazione degli appellanti risulta ulteriormente illustrata con successiva memoria difensiva.

Con diffusa memoria di costituzione anche il Comune di Ostuni ha sostienuto l’erroneità della sentenza appellata e ne ha chiesto l’annullamento.

Il Consorzio di R.M. e la signora R. S. si sono costituiti in giudizio ed hanno contro dedotto, chiedendo che l’appello sia respinto, perché infondato..

2.- Per completezza espositiva, il Collegio ha ritenuto di enunciare analiticamente e diffusamente i punti di doglianza proposti dagli appellanti, pur nella meditata considerazione che la controversia presenta sostanziali profili assorbenti che ne delimitano gli effettivi contenuti.

Ciò posto, ritiene il Collegio che il ricorso in appello della P.C.M. C.s.r.l. e del signor A.U. debba essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza di primo grado, seppure con motivazione integrata e parzialmente diversa.

3.- Va in primo luogo rilevata la portata conformativa della sentenza del TAR Lecce n. 6431 del 2003 relativamente ai lotti G-80 e G-97, in ragione della identità dell’ambito soggettivo ed oggettivo (il che non può affermarsi ex se in ordine al lotto G-83 per la diversità dell’ambito oggettivo, pur essendo il principio di diritto affermato in quella decisione – e cioè la possibilità di rilascio del titolo edilizio solo dopo l’adozione della nuova disciplina edilizia della lottizzazione e solo per i lotti non trasformati irreversibilmente con la destinazione ad usi collettivi – applicabile anche per i lotti che si trovano in analoga situazione fattuale).

Va invero ricordato che il Comune di Ostuni non ha impugnato la sentenza n. 6431 del 2003 (donde la intangibilità del giudicato per il titolare del potere provvedimentale) e comunque, che il principio di esecutività del precetto giudiziale non consentiva alcuna possibilità di edificazione per tutte le dette aree.

Ciò costituisce punto fermo dell’oggetto del contendere, su cui non utilmente parte appellante tenta di incidere.

Diversamente da quanto affermato dagli odierni appellanti, infatti, la precedente sentenza del TAR n. 6431 del 2003 ha ribadito come sia “essenziale” che l’attività amministrativa, come conformata dalla ancora precedente sentenza del TAR n. 3564/02 (peraltro poi confermata da questa Sezione con la decisione 24 aprile 2009, n. 2432) “riconsideri l’intera vicenda, atteso che la concessione di nuove opportunità edificatorie viene ad incidere ulteriormente in senso negativo sull’assetto dell’intero comprensorio, mortificando ulteriormente il rispetto degli standard edilizi”.

Ed ancora, assume la sentenza, vi è “la necessità di procedere ad una valutazione degli interessi che ricadono nel territorio in questione, agendo all’interno della griglia di priorità predisposta dal legislatore”; e tale profilo “esalta gli ancora integri poteri pianificatori della pubblica amministrazione”, dovendo la pianificazione comunale agire sulla condizione fattuale del comprensorio di R.M. “nel senso di selezionare quale destinazione imprimere alle aree residue, eventualmente considerando anche la regolamentazione adottata dai privati, nei limiti in cui risulti contigua al soddisfacimento degli scopi pubblici”.

E nel condividere le argomentazioni conclusive dei ricorrenti, la sentenza n. 6431 del 2003 ha sancito la necessità “che sia abbandonato il riferimento alla prima lottizzazione, i cui tempi di realizzazione sono ormai scaduti e non possono dare vita a legittime aspettative per procedere ad una valutazione complessiva dello stato dei luoghi, come in concreto determinatosi negli anni”.

Rileva il collegio che le statuizioni contenute nella sentenza n. 6431 del 2003 si inscrivono pienamente nel quadro delle considerazioni enunciate nella decisione di questa stessa Sezione n. 2432/2009 che, con riguardo alla medesima lottizzazione e nel confermare la sentenza del TAR n. 3564/02, ha affermato esplicitamente – in riferimento alla questione della efficacia temporale della lottizzazione e della rilevanza delle aspettative edificatorie che essa possa aver ingenerato – il principio per il quale le lottizzazioni convenzionate non possono avere l’efficacia di condizionare a tempo indeterminato la pianificazione urbanistica e quindi, mutuando il termine di cui all’art. 16 della legge urbanistica, “va individuato un tempo decennale di durata massima delle convenzioni, che risponde al preminente interesse pubblico non soltanto per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione, ma anche per l’edificazione dei lotti (in tal senso, v. anche Cons. Stato Sez. IV, 2 marzo 2004, n. 957, 25 luglio 2001, n. 4074, 3 novembre 1998, n. 1412, 16 marzo 1999, n. 286).

La Sezione, nel condividere e far propri tali principi, osserva che non risponde al vero che la sentenza impugnata sia stata pronunciata, sul punto, su motivi non formulati nel ricorso di primo grado: la censura inerente il rilascio dei nuovi permessi di costruire “senza che sia stato adottato alcun nuovo atto di pianificazione” è ben presente nel ricorso introduttivo del Consorzio di R.M. (cfr. pag. 13).

Che poi dall’esposto iter argomentativo della sentenza 6431/03 debba desumersi la portata di un mero “invito” all’amministrazione comunale - a riesercitare i poteri pianificatori in conformità a quanto stabilito nella precedente sentenza 3564/2002 “senza inibire nelle more il rilascio di nuovi permessi” - appare argomento non condivisibile e da respingere, ove si considerino le enunciazioni poste alla base della pronuncia dianzi sinteticamente esposta; va del resto rilevato che la preclusione concernente il rilascio di nuovi permessi è ontologicamente speculare all’affermazione del principio della “essenzialità” della nuova pianificazione e, nel contempo, risulta espressamente dal rilievo che “la concessione di nuove opportunità pianificatorie viene ad incidere ulteriormente in senso negativo sull’assetto dell’intero comprensorio” nonché dalle esposte annotazioni in tema di validità ed efficacia della lottizzazione.

Va altresì respinta la deduzione secondo cui il TAR Puglia avrebbe stabilito di prendere in considerazione solo alcune decisioni intervenute sulla complessa vicenda, e non altre.

Infatti, la sentenza gravata, manifestando una scrupolosa e completa disamina di tutte le risultanze processuali, ha solo operato una accorta sintesi delle pregresse vicende giudiziali, incentrando in conclusione il proprio esame sulla sentenza 6431/2003 – ma prendendo le mosse dalla ancora precedente sentenza 3564/2002, che ha rilevato la disciplina urbanistica rilevante per la lottizzazione R.M. (e la cui correttezza non può essere posta in discussione, poiché tale sentenza è stata confermata in appello dalla sentenza di questa Sezione n. 2432/2009)..

In conclusione, va ribadito che, quanto meno relativamente ai lotti G 80 e G 97, l’illegittimità dei permessi di costruire indicati nella esposizione in fatto discende dal rilievo che il rilascio dei detti permessi è preclusa, dal momento che – alla stregua dei condivisibili principi espressi nella sentenza 6431/2003 – solo formali sopravvenute previsioni urbanistiche potrebbero rendere edificabili alcune aree, ovviamente nel rispetto della necessaria dotazione di standard.

4.- Come enunciato in narrativa, il secondo motivo dell’appello investe la effettiva sussistenza della c.d. servitù non aedificandi costituita sui lotti G-97, G-80, G-83.

Ritiene al riguardo il collegio che va certamente esclusa la rilevanza di modifiche al regolamento originario temporaneo del 1967, contenute nelle planimetrie ma non nella elencazione risultante dagli atti notarili che si sono susseguiti nel tempo (atti 9 agosto 1968, 18 novembre 1970, 20 aprile 1971, 27 agosto 1971, 17 giugno 1972, 8 febbraio 1973); certamente non può nel contempo disconoscersi che gli atti notarili 18 novembre 1970 e 8 febbraio 1973 recano una articolata elencazione delle modifiche attinenti ad una serie di lotti che “meglio risultano dalla planimetria” allegata (atto 18 novembre 1970) ovvero ulteriori modifiche elencate nelle lettere da A) ad O), modifiche che risultano dalla “planimetria portante le variazioni stesse, planimetria datata 7 maggio 1971 Dis. n. 4, che si allega a questo atto sotto la lettera A” (atto 8 febbraio 1973).

In altri termini, la volontà espressa nell’atto notarile è dichiaratamente integrata dai contenuti delle planimetrie allegate, così definendo per volontà delle parti nell’insieme (diversamente dagli atti pregressi) un vincolo di destinazione a verde concernente sia la zona della piscina (nella quale sono ubicati i lotti G-97 e G-80) sia la zona sita sul retro del distributore TOTAL, nella quale è situato il lotto G.83 (giusta il raffronto tra le varie planimetrie).

Del tutto correttamente il primo giudice (in ciò non vincolato in senso contrario né dalla sentenza della Corte d’Appello di Lecce n. 352/2007 né dalla decisione del Consiglio di Stato n. 915/1996 – quanto meno per l’assenza nel primo giudizio del Comune di Ostuni e, nel secondo, per la mancanza della qualità di parte in capo al Consorzio R.M. e della originaria ricorrente, oltre che per il fatto che si è funditus occupata della volumetria assentibile e non di preclusioni all’edificazione – né dalle sentenze dello stesso TAR Puglia nn. 2905 e 2908 del 2007, che si limitano a richiamare le considerazioni della sentenza del Consiglio di Stato n. 915/1996 cit.) ha potuto esaminare le questioni giuridiche coinvolte, motivatamente concludendo che il “proprietario” dei beni, con gli atti notarili citati e le allegate planimetrie, ha imposto sui lotti G-97, G-80, G-83 uno specifico vincolo in favore di tutti gli altri lotti del comprensorio.

Che poi tale vincolo discenda da una “destinazione del padre di famiglia” ex artt 1061 – 1062 c.c., ovvero da una costituzione di “servitù” di uso collettivo a favore di tutti gli altri fondi edificabili del comprensorio, è dato giuridico assolutamente privo di rilievo: certo è, invero, che l’imposizione del vincolo – con il correlato divieto di costruire – discende da una dichiarazione di volontà del proprietario contenuta in un atto debitamente trascritto (come risulta dall’attestazione apposta in calce al medesimo dalla Conservatoria dei registri immobiliari) e quindi opponibile a terzi, anche se in tal modo il vincolo di destinazione si è così in sostanza sovrapposto, mantenendovi tutti i divieti, a quello motivatamente ritenuto sussistente dal TAR in base all’istituto civilistico della destinazione del padre di famiglia.

Va nel contempo rilevato che negli atti del 18 novembre 1970 e dell’8 febbraio 1973 è intervuto il legale rappresentante della Inter Atlas R.M. s.p.a., evidentemente succeduta a R.M. Immobiliare s.p.a., che in base al regolamento temporaneo è risultata proprietaria delle “zone a verde, individuate nella planimetria di massima dalla parte colorata in verde”, zone destinate, al pari delle strade, “all’uso di tutti gli aderenti proprietari di lotti del complesso”.

E seppure la detta destinazione non ha attinto valenza di disciplina urbanistica – come ancora ha correttamente rilevato il primo giudice – in quanto non riprodotta in alcuna deliberazione adottata dall’autorità competente nell’esercizio dello specifico potere, tuttavia essa anche sotto tale distinto aspetto risultava preclusiva del rilascio del permesso di costruire per i lotti in questione, non potendo conseguire l’assenso edilizio, ai sensi dell’art. 11 D.P.R. n. 380 del 2001, i proprietari di beni che risultino non edificabili non solo in base alla disciplina urbanistica, ma anche in base alle facoltà giuridiche riconducibili agli atti, di rilievo privatistico, di disposizione della proprietà.

Al riguardo, gli appellanti hanno reieteratamente lamentato l’assenza di qualsiasi deduzione sul punto da parte degli originari ricorrenti.

In realtà, deve convenirsi con l’assunto del giudice di primo grado secondo cui il motivo di ricorso sul rilievo preclusivo degli atti sopra richiamati, seppure non formulato in modo diffuso e sacramentale, è comunque agevolmente desumibile dal contesto dell’atto (in particolare, dalle annotazioni e dalla analitica ricostruzione del susseguirsi dei fatti e degli atti rilevanti nel giudizio, concernenti la funzione svolta nella realizzazione della lottizzazione dalle variazioni apportate con le modifiche al regolamento temporaneo e alle quali va attribuito rilievo per la negativa incidenza sulle facoltà dei proprietari coinvolti).

Sugli ulteriori profili il Collegio sinteticamente osserva:

sub II. a) ben può il giudice amministrativo occuparsi degli aspetti sopra evidenziati, senza l’insorgenza di questioni di giurisdizione, sia perché questo giudizio attiene alla legittimità degli atti impugnati in primo grado (e non alle pretese riguardanti i diritti soggettivi di servitù e che si intendano far valere in sede civile), sia perché l’esame degli atti di natura privatistica attiene in questa sede solo in via incidentale, per l’esame della fondatezza del ricorso originario;

sub II. b) sulla destinazione ad usi collettivi, risulta irrilevante l’eventuale avvenuta recinzione dei lotti da parte dei rispettivi proprietari in violazione del vincolo imposto con gli atti in precedenza richiamati, ben potendo seguire al riguardo l’esercizio del potere-dovere del Comune e le eventuali iniziative degli interessati, per l’adeguamento della situazione di fatto a quella di diritto;

sub II. c) non si verte nella specie in tema di servitù non apparenti, ma della qualificazione del regime giuridico dei suoli, sulla base degli atti di pianificazione urbanistica nelle loro connessione con le vicende che hanno caratterizzato la lottizzazione;

sub II. d) le risultanze degli atti e delle correlate planimetrie orientano per la ricomprensione dei lotti G-97, G-80, G-83 nella zona inedificabile, in quanto soggetta a vincolo.

Relativamente ai punti sub II.d), rectius, e) e sub II.e), rectius, f), il Collegio si è già espresso con i precedenti rilievi.

5.- Alcune annotazioni vanno riferite al terzo mezzo motivo d’appello, col quale si espongono residui profili di asserita infondatezza del ricorso originario.

Le argomentazioni si palesano prive di pregio alla stregua dello schema regolatore della fattispecie individuato dal Collegio.

Alcune affermazioni risultano in contrasto con le conclusioni cui è pervenuto questo Consesso.

Si è già rilevato che le originarie prescrizioni del 1967 hanno subito variazioni di notevole spessore; che non si tratta nella specie di “riduzione di superficie”; che il vincolo di destinazione resta integro pur nella eventuale presenza di “interferenze” con strutture medio tempore realizzate.

6.- Per le ragioni che precedono, l’appello risulta nel suo complesso infondato.

Al rigetto dell’atto di appello consegue – come già indicato al punto 2) della presente decisione – la conferma della sentenza di primo grado, seppure con motivazione integrata e parzialmente diversa.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi euro 6000,00 (seimila/00), oltre accessori di legge, da ripartire, in pari misura, in favore del Consorzio di R.M. e della signora originaria ricorrente; vanno compensate nei confronti del Comune di Ostuni, in quanto anch’esso soccombente, per aver aderito all’appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso in appello n. 549 del 2010 e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado con motivazione integrata e parzialmente diversa.

Condanna la  PCM C.e il signor U. A. (in solido tra loro) al pagamento delle spese di giudizio, che si liquidano in complessivi euro 6.000,00 (seimila/00), oltre IVA e Cpa, da ripartire, in pari misura, in favore di Consorzio di R.M. e R. S.

Spese compensate con riguardo al Comune di Ostuni.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

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