DIRITTO CIVILE. Adempimento del preliminare di vendita nel caso di accollo del mutuo da parte del promissario acquirente. Cass. civ. 9 maggio 2011 n. 10172.



Nota dell'Avv. Nunzia Liberatoscioli.

La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 10172 del 9 maggio 2011, viene chiamata a pronunciarsi in ordine all’adempimento del preliminare di vendita, avente ad oggetto il trasferimento di alcuni immobili (nella specie, un appartamento con annesso box autorimessa) in favore del promissario acquirente, nell’ipotesi specifica di accollo del mutuo a carico del medesimo.

In particolare, quest’ultimo citava in giudizio il promittente venditore, affinché il giudice gli ordinasse di sottoscrivere il rogito notarile di trasferimento delle proprietà oggetto del preliminare di vendita. Dal canto suo, il promittente venditore, costituitosi in giudizio, chiedeva, tra le altre cose, la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento della controparte. In primo grado, la domanda di parte attrice veniva accolta ed il giudice, sulla base dell’emanata sentenza, atta a tener luogo del contratto definitivo non concluso, ordinava il trasferimento degli immobili oggetto del preliminare, previo pagamento del residuo prezzo di vendita; la pronuncia veniva poi confermata dal giudice di appello, seppure sulla base di una differente motivazione.
Impugnata la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, il promittente venditore lamentava, con il primo motivo, la violazione dell’art. 1362, c.c., relativo all’intenzione dei contraenti in tema di interpretazione del contratto, sia riguardo al prezzo di vendita (maggiore rispetto a quello indicato dal giudice), sia in merito alla mancata realizzazione della condizione prevista per la stipulazione del contratto definitivo, rappresentata dall’assenza del frazionamento del mutuo richiesto e del relativo accollo. Ma tali censure sono dichiarate, rispettivamente, inammissibili e non pertinenti.
Con il secondo motivo, il medesimo ricorrente lamentava il mancato accollo del mutuo da parte del promissario acquirente ed il mancato pagamento del residuo prezzo di vendita, da conguagliare in sede di stipula del definitivo. Neppure quest’ultima censura viene accolta dalla Suprema Corte, considerando l’assenza di prove in ordine al pagamento delle rate del mutuo da parte del promittente venditore.
In definitiva, dalla pronuncia in commento si ricava il seguente principio di diritto: in caso di accollo del mutuo da parte del promissario acquirente di un immobile, la prova dell’avvenuto pagamento da parte del venditore delle rate già scadute nella fase tra il preliminare ed il rogito notarile è a carico del venditore stesso.
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Cass. civ., Sez. II, Sentenza 09-05-2011, n. 10172
Motivi della decisione
1. - Con il primo motivo P.A. lamenta la violazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, in riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 97 disp. att. c.p.c., art. 1362 cod. civ., e segg., e contraddittoria e/o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5. Secondo il ricorrente, la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto delle prove prodotte ed ha addirittura, assunto come provate circostanze del tutto sfornite di riscontro. In particolare il ricorrente ritiene:
A) che la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto che le parti con l'atto di transazione, non convennero in via definitiva il prezzo di vendita dell'intero alloggio (l'importo di L. 47.885,580), bensì, semplicemente, quello non più modificabile relativo al prezzo per mq. di superficie (corrispondente a L. 405.810 al mq). La Corte territoriale non avrebbe tenuto conto, altresì, che l'importo indicato nella transazione era relativo ad una superficie di mq. 118 stabilita in via meramente esemplificativa, mentre l'immobile venduto era di superficie 133,064 mq. come risulta dalla CTU che il giudice di merito non ha inteso considerare perché ritenuta superflua. Se, dunque, la Corte territoriale avesse tenuto conto delle risultanze probatorie ed avesse interpretato correttamente il contenuto della transazione, avrebbe accertato che il prezzo della vendita era di L. 53.998.702.
B) che la Corte territoriale non avrebbe rispettato i principi della disponibilità delle prove e del divieto di scienza privata di cui all'art. 115 c.p.c., neppure quando ha ritenuto inadempiente il P. per essersi lo stesso rifiutato di stipulare il definitivo e in ragione della considerazione che il R. avesse versato una somma maggiore dei suoi crediti allora esigibile. Epperò alla data in cui R. instaurò il giudizio di primo grado il mutuo non era stato ancora frazionato né, quindi, si poteva procedere all'accollo cui si era impegnato il R. La Corte territoriale non avrebbe, altresì, tenuto conto che, nella scrittura privata del 26 aprile 1984, di assunzione dell'obbligo di accollo del mutuo, era stato dato atto che ai fini contabili si conveniva che il R.A. fosse debitore della somma di L. 30.000.000 di sorta capitale. Sicché tenuto conto di ciò e del fatto che il corrispettivo della vendita fosse superiore a quello originariamente stabilito, era agevole ritenere che l'inadempimento era del R. e non di P.
C) che la Corte territoriale non avrebbe considerato che in assenza del frazionamento del mutuo e di accollo non si era verificata la condizione per la stipula del definitivo.
1.1. - La censura in tutta la sua articolazione non merita di essere accolta non solo perché il ricorrente con questo motivo sollecita valutazioni di merito inibiti al Giudice di legittimità, ma e, soprattutto, perché la sentenza impugnata non contiene nessuno dei vizi denunciati. In particolare:
1.1.a. - Quanto al primo dei profili della censura, va osservato che la censura è inammissibile per novità, atteso che la sentenza fa menzione della proposizione della sola questione relativa alla validità del prezzo al mq. stabilito nella transazione (e per effetto della transazione nella sua interezza) ed assume che nella transazione il prezzo era stato fissato definitivamente da P. in L. 47.885.580. Il ricorrente non indica, invece, se e quando quella di un maggior prezzo dell'appartamento rispetto a quanto indicato nella transazione in ragione alla sua maggiore estensione accertata dal CTU fosse stata sollevata nel giudizio di primo grado ed in quello di appello.
1.b. - Quanto al secondo dei profili sopra indicati va osservato che la censura non è pertinente al rilievo che il R. non aveva corrisposto quanto dovuto prima del frazionamento del mutuo e del rogito, giacché la sentenza ha chiarito che l'espressione si riferiva alla sorte capitale del mutuo e non alle somme da versare, indipendentemente, dall'accollo del mutuo e prima del suo frazionamento.
1.1.c - Quanto al terzo dei profili va osservato che la censura prospetta una questione nuova non esaminata nei precedenti giudizi.
2. - Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3, in riferimento all'art. 115 c.p.c. e all’art. 97 disp. att. c.p.c., e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5. Secondo il ricorrente la motivazione espressa dalla Corte territoriale sarebbe contraddittoria. Il fatto che la Corte abbia affermato che l'efficacia traslativa della sentenza era subordinata al previo accollo del mutuo e conguaglio sul residuo prezzo, significa che il mutuo non era stato mai accollato e che non era stato mai pagato il residuo prezzo comprensivo degli accessori, che dovevano essere oggetto di conguaglio in sede di stipula.
Epperò, la Corte aveva affermato che le rate del mutuo già scadute prima del rogito e del frazionamento non erano esigibili né dal P. né dalla Banca poiché l'accollo delle stesse, ovvero, il rimborso delle stesse al P. era subordinato all'individuazione dell'immobile mediante il rogito e il frazionamento del mutuo. Sicché la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto che il P., come ha dichiarato lo stesso R., aveva pagato le rate del mutuo scadute dal 1986-1992, e che l'accollo del mutuo da parte del R. non era subordinato all'individuazione dell'immobile, bensì, al pagamento delle somme tutte dovute a conguaglio.
2.1. - Anche questa censura non merita di essere accolta, anche per quelle stesse ragioni di cui si è detto in precedenza. Comunque, va qui osservato che la sentenza ha affermato che non poteva essere disposto il rimborso delle rate di mutuo scadute perché non vi era prova che il P. avesse pagato tali rate. Sicché le ragioni di una censura potrebbero integrare, eventualmente, gli estremi di un vizio revocatorio.
In definitiva il ricorso va rigettato, Le spese seguiranno il principio della; soccombenza e saranno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna, il ricorrente, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori come per legge.

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