APPELLO

L'appello è un mezzo di impugnazione che consente alla parte interessata di chiedere la riforma, totale o parziale, di un provvedimento del giudice di primo grado reputato ingiusto e che dà luogo ad un giudizio di secondo grado. In particolare, l'appello è un mezzo di impugnazione ordinario, impedendo che la sentenza passi in giudicato, e devolutivo, comportando un nuovo esame della controversia relativamente alle parti oggetto dell'impugnazione, per cui la sentenza del giudice di appello si sostituisce a quella impugnata. In diritto processuale civile, l'appello (artt. 339 ss., c.p.c.; L. 26.11.1990, n. 353; D.Lgs. 19.2.1998, n. 51; D.Lgs. 2.2.2006, n. 40) si propone mediante citazione (o, in materia di lavoro, mediante ricorso) che contiene, fra l'altro, l'esposizione sommaria dei fatti e dei motivi specifici dell'impugnazione, e che deve essere notificata alla controparte nel termine perentorio di 30 giorni dalla notificazione della sentenza ad opera della parte avversaria (termine breve) o, in difetto di notificazione, nel termine di 1 anno dalla pubblicazione della sentenza (termine lungo). La decisione in appello può consistere in una sentenza di conferma di quella appellata o di riforma, quando il giudice di secondo grado si pronuncia sulla controversia in maniera differente rispetto al giudice di primo grado. In questa sede, sono inappellabili: le sentenze pronunciate secondo equità ex art. 114 c.p.c.; le sentenze del Giudice di Pace pronunciate secondo equità nelle cause il cui valore non ecceda € 1.100,00, a meno che con l'impugnazione si contesti la violazione delle norme sul procedimento, di norme costituzionali o comunitarie o dei principi regolatori della materia; le sentenze per le quali le parti sono d'accordo a proporre direttamente ricorso per Cassazione (c.d. ricorso per saltum), omettendo l'appello; le sentenze relativa ad una controversia individuale di lavoro o in materia di previdenza e assistenza obbligatoria, di valore non superiore ad € 25,82; le sentenze che decidono solo sulla competenza (impugnabili, pertanto, con regolamento di competenza); le sentenze ex art. 23, L. 689/1981 in materia di sanzioni amministrative pecuniarie; le sentenze che si pronunciano sulla nullità o meno del lodo arbitrale. In materia civile, i giudici competenti per l'appello sono: il Tribunale, per le sentenze del Giudice di Pace, e la Corte d'Appello, per le sentenze di primo grado del Tribunale. In diritto processuale penale, l'appello (artt. 593 ss., c.p.p.; L. 20.2.2006, n. 46) può essere proposto contro le sentenze di condanna o di proscioglimento, in genere, dai soggetti legittimati (il Pubblico Ministero, l'imputato o il suo difensore, la parte civile, il responsabile civile e il civilmente obbligato per la pena pecuniaria, nonché il querelante condannato alle spese o ai danni), nel termine perentorio di 15, 30 o 45 giorni, a seconda rispettivamente che la motivazione sia contestuale al dispositivo, depositata nei successivi 30 giorni oppure in un termine più lungo. La decisione di appello conferma o riforma la sentenza impugnata, ovvero annulla il provvedimento appellato e gli atti sono rimessi al giudice di primo grado. Rilevanti limitazioni al potere di proporre appello sono previste dal codice di procedura penale, specialmente dopo l'entrata in vigore della L. 20.2.2006, n. 46 (c.d. Legge Pecorella): per l'imputato ed il Pubblico Ministero, le sentenze di condanna alla sola pena dell'ammenda; in sede di giudizio abbreviato, per l'imputato, le sentenze di proscioglimento, e per il Pubblico Ministero, le sentenze di condanna, a meno che, in quest'ultimo caso, il giudice abbia modificato il titolo di reato; per l'imputato ed il Pubblico Ministero, le sentenze di patteggiamento, con l'eccezione che il Pubblico Ministero può proporre appello se la pena è stata applicata dal giudice che abbia ritenuto ingiustificato il dissenso dello stesso Pubblico Ministero; per l'imputato ed il Pubblico Ministero, la sentenza di non luogo a procedere emessa in udienza preliminare; per l'imputato ed il Pubblico Ministero, la sentenza di proscioglimento predibattimentale emessa ex art. 469 c.p.c.; per l'imputato, le sentenze di proscioglimento pronunciate dal Tribunale o dalla Corte d'Assise relative a contravvenzioni punibili con la sola ammenda o con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda. In materia penale, i giudici competenti per l'appello sono: il Tribunale in composizione monocratica, per le sentenze o altri provvedimenti del Giudice di Pace; la Corte d'Appello, per le sentenze dibattimentali del Tribunale, monocratico e collegiale, nonché per le sentenze del G.I.P. e del G.U.P.; la Corte d'Assise d'Appello, per le sentenze della Corte d'Appello, oltre che per le sentenze del G.I.P. presso il Tribunale, se concernenti reati di competenza per materia della Corte d'Assise; la Corte d'Appello - Sezione per i minorenni, per le sentenze dei giudici minorili; il Tribunale di Sorveglianza, per le disposizioni aventi ad oggetto materie di sicurezza. In diritto processuale amministrativo, l'appello (art. 125 Cost.; R.D. 26.6.1924, n. 1054; R.D. 21.4.1942, n. 444; D.Lgs. 6.5.1948, n. 654; artt. 28-29 L. 6.12.1971, n. 1034) può essere proposto dalla parte interessata, entro il termine di 60 giorni dalla notificazione delle sentenze del T.A.R. ed ha lo scopo di rinnovare, nei limiti delle richieste delle parti, l'esame della causa. In materia amministrativa, giudice competente per l'appello è il Consiglio di Stato o, relativamente alla Sicilia, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la regione siciliana.