Pubblica Amministrazione e conferimento di incarichi esterni. (Dott.ssa Iolanda Raffaele).



DIRITTO DEL LAVORO PUBBLICO: Il ricorso delle pubbliche amministrazioni alla collaborazione coordinata e continuativa per il conferimento di incarichi esterni.

A cura dell Dott.ssa RAFFAELE IOLANDA

1.- Nell’ultimo decennio in linea con la progressiva assimilazione all’impresa privata, pur nella diversità delle finalità perseguite, è diventato sempre più frequente il ricorso da parte delle pubbliche amministrazioni a forme lavorative flessibili e ad incarichi esterni per ovviare ad esigenze obiettive, temporanee e straordinarie non diversamente fronteggiabili dal personale interno, con la conseguenza che la materia de qua è stata oggetto di svariati interventi normativi talvolta anche restrittivi, caratterizzati da intenti antifraudolenti. In particolare la disciplina delle collaborazioni esterne per le pubbliche amministrazioni è compendiata nell’art. 7, comma 6 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) e nell’art. 110, comma 6, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico degli enti locali).

La prima disposizione normativa, rubricata “Gestione delle risorse umane”, al citato comma riconosce la possibilità da parte delle amministrazioni pubbliche, per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio e in presenza dei presupposti di legittimità tassativamente indicati, di conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, requisito da cui è, comunque, consentito prescindere per specifiche attività normativamente individuate.

La seconda disposizione normativa, con specifico riguardo agli enti locali, intitolata “Incarichi a contratto”, prevede invece che “per obiettivi determinati e con convenzioni a termine, il regolamento (dell’ente locale di volta in volta interessato) può prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità” e, in virtù del richiamo (1) allo stesso operato dalla prima norma, si adegua ai principi da esso enunciati. Infine, accanto a tale complesso normativo, ulteriori linee di indirizzo utili sotto il profilo ermeneutico e applicativo sono state offerte dalle numerose e note circolari del Dipartimento della Funzione Pubblica (2), che con tali atti normativi interni è intervenuto per fissare i presupposti e i limiti delle collaborazioni coordinate e continuative e a dettare disposizioni sul contenimento delle spese ad essi relative.

1.1.- Individuato il contesto normativo di riferimento è opportuno compiere un’attenta e più puntuale analisi delle condizioni e dei presupposti di legittimità richiesti ex lege per il conferimento di incarichi di collaborazione coordinata e continuativa, come definita mediante la citata circolare 2/2008. Tale circolare partendo dalla contrapposizione di tale tipologia contrattuale rispetto alla collaborazione occasionale (3), contenuta nell’art. 7, comma 6 d.lgs.165/2001 cit., prevede che la collaborazione coordinata e continuativa, la quale qualora il committente è una pubblica amministrazione è sempre una prestazione di lavoro autonomo, si caratterizza per la continuazione della prestazione e la coordinazione con l’organizzazione e i fini del committente, il quale conserva non un potere di direzione, ma un potere di verifica della rispondenza della prestazione ai propri obiettivi attraverso un potere di coordinamento spazio-temporale.

Un quadro riassuntivo esaustivo di tali presupposti è stato offerto dalla Corte dei Conti che nelle sue varie pronunce (4) ha previsto come condizioni per il conferimento degli incarichi: la rispondenza dell’incarico agli obiettivi dell’amministrazione conferente; l’impossibilità per l’amministrazione conferente di procurarsi all’interno della propria organizzazione le figure professionali idonee allo svolgimento delle prestazioni oggetto dell’incarico da verificare attraverso una reale ricognizione; la specifica indicazione delle modalità e dei criteri di svolgimento dell’incarico; la temporaneità dell’incarico e la proporzione tra i compensi erogati all’incaricato e le utilità conseguite dall’amministrazione.

È necessario, dunque, che “ tali condizioni ricorrano tutte e insieme in guisa che l’incarico possa essere conferito lecitamente e senza incorrere nell’ipotesi di danno erariale” e che, in ossequio alla regola generale dell’obbligo di conclusione e redazione per iscritto dei contratti stipulati con la pubblica amministrazione, l’attribuzione della collaborazione risulti da atto scritto nel quale sono indicati l’oggetto della prestazione e la durata della collaborazione, commisurata al primo e fissata con precisione o per relationem, ammettendosi una proroga del contratto solo qualora sia funzionale al raggiungimento dello scopo per cui il contratto è stato posto in essere”(5). Premesso, dunque, che le previsioni normative in tema di presupposti per il ricorso alle collaborazioni esterne, di requisiti per il conferimento di incarichi e di pubblicità ai medesimi possono applicarsi a tutte le tipologie di incarichi di lavoro autonomo, indifferentemente dal contenuto della prestazione (consulenza, ricerca, studio) e dalla tipologia contrattuale (occasionale o coordinata e continuativa) (6), entrando nel dettaglio dei singoli requisiti di legittimità si osserva quanto segue.

Carenza (qualitativa e quantitativa) di personale in servizio.

In primo luogo, le pubbliche amministrazioni possono conferire incarichi individuali a terzi con le tipologie contrattuali previste dall’art. 7, comma 6, d.lgs.165/2001 solo per esigenze che non risultano fronteggiabili con il personale in servizio, infatti, a tale scopo la norma succitata alla lett. b) prevede espressamente che l’amministrazione deve avere preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno”(7). Da ciò si evince che l’amministrazione procedente deve compiere una preventiva ricognizione al fine di prevenire ad un giudizio negativo di disponibilità del personale (8) che quantitativamente e qualitativamente possa svolgere le attività oggetto di affidamento onde evitare di incorrere in conseguenze pregiudizievoli dal punto di vista organizzativo e funzionale e di notevole incidenza sul bilancio e sulle spese.

A tale proposito appare doveroso richiamare il pensiero espresso dalla giurisprudenza contabile (tra le tante, la pronuncia della Corte dei Conti, sezione Giurisdizionale del Lazio, 14 ottobre 2013, n. 683) secondo la quale “Risponde a principi di economicità e ragionevolezza la vigenza, in via generale, dell’obbligo delle pubbliche amministrazioni di far fronte alle ordinarie competenze istituzionali con il migliore e il più produttivo impiego delle risorse umane e professionali di cui esse stesse dispongono, rendendosi ammissibile il ricorso ad incarichi e consulenze professionali esterne soltanto in presenza di specifiche condizioni quali la straordinarietà e l’eccezionalità delle esigenze da soddisfare, la carenza di strutture e/o di personale idoneo, il carattere limitato nel tempo e l’oggetto circoscritto dell’incarico e/o della consulenza”.

Oggetto della prestazione.

Con riguardo all’oggetto dell’incarico ossia la contenuto della prestazione, la norma in esame delimita la cerchia di attività che possono essere affidate ad esperti esterni parlando di “esperti di comprovata competenza” e intercettando prestazioni di elevata professionalità e prestazioni d’opera intellettuale.

Le sezioni riunite della Corte dei Conti, con Delibera del 6 febbraio 2005, n. 6/CONTR/2005, hanno stabilito che tali limiti normativi riguardano gli incarichi il cui contenuto coincide con il contratto di prestazione d’opera intellettuale, regolato dagli articoli 2229 a 2238 cod. civ. (es. studio e soluzione di questioni inerenti all’attività dell’amministrazione committente, pareri, valutazioni, consulenze legali e studi per l’elaborazione di schemi di atti amministrativi o normativi), mentre non rientrano gli incarichi conferiti per adempimenti obbligatori per legge, mancando la facoltà discrezionale dell’amministrazione (es. la rappresentanza in giudizio e il patrocinio dell’amministrazione, appalti ed esternalizzazione dei servizi).

Altresì la stessa autorità giurisdizionale precisa che:

“1) gli incarichi di studio possono essere individuati con riferimento ai parametri indicati dal D.P.R. n.338/1994 che, all’articolo 5, determina il contenuto dell’incarico nello svolgimento di un’attività di studio, nell’interesse dell’amministrazione. Requisito essenziale, per il corretto svolgimento di questo tipo di incarichi, è la consegna di una relazione scritta finale, nella quale saranno illustrati i risultati dello studio e le soluzioni proposte;

2)gli incarichi di ricerca, invece, presuppongono la preventiva definizione del programma da parte dell’amministrazione;

3) le consulenze infine riguardano le richieste di pareri ad esperti”. Si tenga, inoltre, presente che il carattere di autonomia e la mancanza di qualsiasi vincolo di subordinazione tra committente e prestatore d’opera del rapporto di collaborazione esclude che oggetto di esso siano compiti di gestione e di rappresentanza, che costituiscono attribuzioni tipiche dei funzionari e dei dirigenti della pubblica amministrazione i quali, al contrario, sono subordinati al datore di lavoro-amministrazione e agiscono secondo indirizzi ed obiettivi ad essi assegnati, rispondendo secondo le leggi civili, penali e amministrative di cui all’art. 28 Cost.. Tale elemento di autonomia (9) deve risultare prevalente per evitare la elusione e la violazione delle norme sull’accesso alla pubblica amministrazione attraverso concorso pubblico e il principio di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa di cui all’art. 51 Cost. e art. 97 Cost.. La lett. a) dell’art. 7, comma 6 d.lgs. cit., qualificando l’oggetto della prestazione quale presupposto di legittimità e tracciandone le caratteristiche, evidenzia il carattere principale della determinazione che consente che l’oggetto pienamente e preventivamente determinato (10) possa essere effettivamente rintracciabile e facilmente individuabile.

La norma impone, in primo luogo, la corrispondenza dell’oggetto della prestazione “alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione conferente” e così statuendo fa sì che l’amministrazione possa ricorrere a contratti di collaborazione autonoma soltanto con riguardo alle attività istituzionali stabilite dalla legge o previste dal programma e approvate dal Consiglio dell’ente locale (11) ai sensi dell’art. 42 del d.lgs. 267/2000. In secondo luogo siffatto oggetto deve essere correlato “ad obiettivi e progetti specifici e determinati”, ovvero deve riscontrarsi un’effettiva e palese relazione tra l’oggetto del contratto e gli obiettivi e i progetti da conseguire ben individuati e specifici, sottesi al contratto sottoscritto dal collaboratore. Infine, ma non da ultimo, l’oggetto deve “risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell’amministrazione conferente”, e dunque anche in tal caso la norma interviene espressamente a ribadire il dovere dell’amministrazione che procede al conferimento dell’incarico esterno di compiere una valutazione delle esigenze reali da soddisfare in relazione allo svolgimento delle proprie funzioni, in modo tale da poter trarre un effettivo vantaggio dall’attività affidata.

Temporaneità e straordinarietà della prestazione.

L’art.7, comma 6 d.lgs. cit. alla lett. c) fissa l’ulteriore presupposto di legittimità alla temporaneità; la prestazione, infatti, deve avere durata limitata nel tempo e non continuativo, in rapporto alla natura delle ragioni e delle esigenze che hanno reso necessario deliberare lo svolgimento e il successivo conferimento.

Si ritiene che l’incarico esterno deve essere conferito “allo scopo di sopperire esigenze di carattere non permanente e per le quali le Amministrazioni si trovino nell’effettiva impossibilità di fare ricorso alle risorse umane e professionali in servizio e non abbiano a disposizione tempo sufficiente per provvedere al reclutamento, con le procedure prescritte dalle vigenti disposizioni di personale professionalmente adeguato allo svolgimento delle prestazioni richieste”(Sezione Centrale del controllo di legittimità sugli atti di Governo e delle Amministrazioni dello Stato nella Delibera n. 13 del 17 luglio 2013).

Il carattere della straordinarietà della prestazione non è esplicitamente indicato, tuttavia, è desumibile mediante interpretazione sistematica e unitaria dell’art.7, comma 6, che se da una parte prevede il conferimento di incarichi all’esterno per esigenze non superabili mediante il personale in servizio, dall’altro prevede che “il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento di funzioni ordinarie o l’utilizzo dei collaboratori come lavoratori subordinati è causa di responsabilità amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti”.

Si risponde in tal modo a bisogni qualificati senza incrementare il numero del personale stabilmente in servizio e si affidano compiti di carattere straordinario che differiscono da quelli svolti dai dipendenti delle amministrazioni (12). Questa seconda parte della norma legittima la suindicata tipologia contrattuale come strumento eccezionale da impiegarsi solo per funzioni di carattere straordinario e collega alla sua inosservanza conseguenze in termini di responsabilità amministrativa dirigenziale, in quanto il conferimento costituisce un atto di gestione.

A tale responsabilità si aggiunge sia la responsabilità da danno erariale, dal momento che se è vero che l’amministrazione si è giovata dell’attività lavorativa prestata e quindi ha remunerato un’utilità effettivamente conseguita, non ci può essere una trasposizione dei canoni di valutazione civilistici del danno, essendo la pubblica amministrazione sempre tenuta a comportamenti legittimi, sia la responsabilità in sede civile qualora l’incarico dissimuli un rapporto di lavoro dipendente poiché l’ordinamento prevede la tutela risarcitoria entro i limiti di cui all’art. 2126 c.c.

Le esigenze normali e costanti, dunque, andranno soddisfatte secondo le modalità ordinarie legislativamente previste e mediante il proprio personale interno dirigenziale e non dirigenziale, di cui “le amministrazioni pubbliche curano la formazione e l’aggiornamento, garantendo l’adeguamento dei programmi formativi, al fine di contribuire allo sviluppo della cultura di genere della pubblica amministrazione” (13). Infatti, le amministrazioni sono tenute ad individuare le necessità costanti e frequenti mediante provvedimenti di analisi e di programmazione triennale dei fabbisogni e a procedere all’aggiornamento periodico dei profili professionali ai mutamenti istituzionali e ai nuovi bisogni quando si stabilizzano, realizzando la migliore utilizzazione delle risorse umane per perseguire le finalità di cui all’art. 1, comma 1 d.lgs. 165/2001(14).

Alta qualificazione della prestazione.

L’art. 7 comma 6, alla lett. c) prevede altresì l’elevata qualificazione della prestazione e, nello specifico, richiede, mediante un armonioso dialogo delle varie disposizioni della stessa norma, che gli incarichi individuali siano conferiti ad esperti, quindi a soggetti periti nel settore che sono dotati di conoscenze generali e specifiche adeguate e che abbiano una particolare e comprovata specializzazione anche universitaria.

È opportuno ricordare che il legislatore ha provveduto a modificare l’originaria formulazione della norma che prevedeva semplicemente “la provata competenza degli esperti” con l’art. 3, comma 76 della l. 2007, n. 244, limitando il possibile conferimento degli incarichi ai soli “esperti di particolare e comprovata specializzazione universitaria”, espressione oggetto di chiarimenti da parte della citata circolare n.2/2008 del Dipartimento della Funzione Pubblica. Quest’ultima ha statuito che “l’utilizzo dell’espressione “esperti di particolare e comprovata specializzazione universitaria” deve far ritenere quale requisito minimo necessario il possesso della laurea magistrale o del titolo equivalente, attinente l’oggetto dell’incarico.

Non sono tuttavia da escludere percorsi didattici universitari completi e definiti formalmente dai rispettivi ordinamenti, finalizzati alla specializzazione richiesta, in aggiunta alla laurea triennale. Conseguentemente le amministrazioni non potranno stipulare contratti di lavoro autonomo con persone con una qualificazione professionale inferiore”. Inoltre il rimando “all’esperienza e alla particolarità della competenza”, coerente con l’oggetto dell’incarico, e la necessità di una procedura comparativa per il conferimento degli incarichi portano a prendere in considerazione la necessità di reperire collaboratori che operano da tempo nel settore di interesse, mentre negli altri casi si deve ricorrere in via principale alle “risorse interne alle amministrazioni o ad altri istituti (ad esempio assegnazioni temporanee di personale da altre amministrazioni) o a strumenti diversi (come gli appalti di servizi). Tuttavia il successivo art. 46, d.l. 25 giugno 2008, n.112, intervenendo sulla norma ha inserito l’avverbio “anche” prima dell’aggettivo “universitaria” riferito alla specializzazione che deve essere posseduta dal collaboratore, anticipando le ipotesi per cui si può prescindere da tale requisito, menzionate nell’ultima parte della norma. In particolare, la disposizione prevede che “si prescinde dal requisito della comprovata specializzazione universitaria in caso di stipulazione di contratti di collaborazione di natura occasionale o coordinata e continuativa per attività che debbano essere svolte da professionisti iscritti in ordini o albi o con soggetti che operino nel campo dell’arte, dello spettacolo o dei mestieri artigianali o dell’attività informatica nonché a supporto dell’attività didattica e di ricerca, per i servizi di orientamento, compreso il collocamento, e di certificazione dei contratti di lavoro di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, purché senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, ferma restando la necessità di accertare la maturata esperienza nel settore”.

In tali casi le deroghe al titolo di studio si giustificano sulla scorta della considerazione per cui l’incarico riguarda una prestazione rientrante negli ambiti considerati, senza alcuna possibile interpretazione estensiva, e sulla base della maturata esperienza nel settore, mantenendosi la facoltà di una diversa preferenza da parte dell’amministrazione a favore della specializzazione universitaria.

Predeterminazione della durata, del luogo,dell’oggetto e del compenso.

Coerentemente ai presupposti di legittimità citati, la norma ribadisce alla lett. d) il dovere da parte dell’amministrazione procedente di affidare degli incarichi determinati in via preventiva con riferimento alle sue parti essenziali, e ciò implica che l’oggetto della prestazione, il luogo, la durata e il compenso da corrispondere al collaboratore siano fissati e definiti antecedentemente e non risultano generici e indeterminati.

Si recupera, in tal senso, il requisito già menzionato della temporaneità dell’incarico che deve essere tale dal momento che la necessità di ricorrere ad una collaborazione si colloca nella programmazione delle attività dell’amministrazione con riferimento ad aspetti o fasi della stessa programmazione.

In relazione alla durata (15), si osserva che non è ammesso il rinnovo del contratto di collaborazione, ma il committente può prorogare la durata del contratto, ove ravvisi un motivato interesse e solo per completare progetti e per ritardi non imputabili al collaboratore, fatto salvo il compenso pattuito per i progetti individuati.

Per quanto riguarda il compenso (16), l’ufficio competente determina il compenso, stabilito in funzione dell’attività oggetto dell’incarico, della quantità e della qualità dell’attività, dell’eventuale utilizzazione da parte del collaboratore di strumenti propri, anche con riferimento ai valori di mercato. Deve essere assicurata la proporzionalità con l’utilità conseguita dall’amministrazione e la liquidazione del compenso deve avvenire salvo diversa previsione espressa, al termine della collaborazione.

Tanto premesso in merito ai requisiti di legittimità, è necessario osservare che le amministrazioni pubbliche, in ogni caso, se intendono affidare incarichi di collaborazione coordinata e continuativa, sono obbligate a ricorrere a procedure comparative secondo quanto previsto ai sensi di quanto previsto dall’art.7 comma 6-bis del d.lgs. 165/2001, disciplinate e rese pubbliche in base ai propri ordinamenti. Tutto ciò avviene in ossequio ai principi di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 Cost., da cui derivano i principi di trasparenza e ragionevolezza del procedimento amministrativo, e che si applicano a tutte le amministrazioni pubbliche, enti locali compresi, che adeguano i propri regolamenti di cui all’art. 110, comma 6, d.lgs. 276/2000.

Le procedure comparative costituiscono uno strumento di indagine utile per le amministrazioni pubbliche conferenti per verificare le capacità e le attitudini specifiche dei soggetti potenzialmente destinatari dell’incarico e la rispondenza delle stesse alle esigenze funzionali dell’ente, individuate in precedenza, al fine di operare una selezione il più possibile proficua e vantaggiosa per l’ente stesso.

Lo svolgimento di tali procedure per la scelta del contraente non comporta procedure di gara, aperte, ristrette o negoziate, come nel Codice dei contratti pubblici (d.lgs.163/2006), bensì un confronto che poggia su elementi documentali (curricula, incarichi precedenti, caratteristiche qualitative dell’offerta, compenso richiesto) ed eventualmente su un colloquio, e che deve essere attivato mediante la pubblicazione di un avviso da parte del dirigente comprensivo di tutte le indicazioni necessarie, mentre la comparazione delle candidature sarà svolta dal dirigente competente o da una commissione da lui nominata (17).

Indicazioni utili in tal senso sono state offerte dal Regolamento allegato alla Circolare 11 marzo 2008, n.2 del Dipartimento della Funzione Pubblica che all’art.5, in materia di procedura comparativa, prevede che l’ufficio competente valuta i curricula presentati, attraverso commissioni apposite di cui fanno parte anche i rappresentanti degli uffici che useranno la collaborazione; individua gli elementi da considerare per l’attribuzione di un punteggio ai curricula stessi, e detta previsioni specifiche per determinate forme di attività e per particolari esigenze di flessibilità e celerità dell’ente. Siffatte procedure comparative devono essere altresì adeguatamente pubblicizzate al fine di garantire la trasparenza nel conferimento degli incarichi e in ottemperanza agli obblighi in tal senso previsti (18) all’art. 53 comma 14 del d.lgs.165/2001 secondo cui le pubbliche amministrazioni sono tenute non solo a comunicare semestralmente al Dipartimento della Funzione Pubblica l’elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti a cui sono stati affidati incarichi di consulenza con l’indicazione della ragione dell’incarico e dell’ammontare dei compensi corrisposti, ma anche a rendere noti, mediante l’inserimento in banche dati accessibili al pubblico per via telematica, gli elenchi dei propri consulenti indicando l’oggetto, la durata e il compenso dell’incarico.

Ancora il succitato regolamento allegato alla circolare 2/2008 prevede all’art. 9, comma 2 la pubblicità dell’esito della procedura comparativa mediante il sito dell’amministrazione e attraverso altri mezzi di comunicazione, e all’art. 6, comma 2 sancisce l’esclusione dalle procedure comparative e dagli obblighi di pubblicità per le sole prestazioni meramente occasionali che si esauriscono in una prestazione episodica che il collaboratore svolge in maniera che saltuaria, che non è riconducibile a fasi di piani o programmi del committente e che si sviluppa in modo del tutto autonomo, anche rientranti nella fattispecie al comma 6 dell’art. 53 del d.lgs. 165/2001.

Infine con particolare riguardo agli enti locali, oltre al citato art. 110, comma 6, è opportuno tenere presente che gli stessi sono obbligati ad approvare un regolamento di cui all’art. 89 che, rispettoso delle norme vigenti in materia, fissa i limiti, i criteri e le modalità per l’affidamento degli incarichi di collaborazione, studio, ricerca o di consulenza a soggetti esterni all’amministrazione e il limite massimo di spesa sostenibile.

Ai sensi dell’art. 42, comma 2, lett. a) e dell’art. 48, comma 3 d.lgs. 267/2000, il regolamento deve essere adottato dalla Giunta nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal Consiglio, integra il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, e provvede a disciplinare le procedure comparative per il conferimento degli incarichi di cui all’art. 7, comma 6- bis d.lgs. 165/2001 cit.

Le collaborazioni inoltre devono essere attivate solo nell’ambito di un programma approvato dagli organi di indirizzo e di controllo politico amministrativo, cioè i consigli degli enti, ai quali l’ordinamento attribuisce competenze generali in tema di programmazione di cui all’art. 42, comma 2 lett. b) del T.U.E.L. che elenca “programmi, relazioni revisionali e programmatiche, piani finanziari, programmi triennali e elenco annuale dei lavori pubblici, bilanci pluriennali e relative variazioni, rendiconto, piani territoriali ed urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione, eventuali deroghe ad esse, pareri da rendere per dette materie”.

I dirigenti preposti, pertanto, possono valutare il ricorso ad una collaborazione solo nell’ambito della programmazione delle attività della propria amministrazione, con riferimento ad aspetti o fasi della medesima programmazione, conservando la possibilità di conferire incarichi di collaborazione per le competenze e le attività specificamente previste dalle norme di legge e provvedendo alla verifica tecnica sulla mancanza della professionalità interna necessaria.

1.2.- Alla stregua delle suesposte considerazioni di diritto sarà possibile affermare in via esemplificativa che l’attività di studio, consulenza ed elaborazione del memorandum degli uffici potrà essere affidata a personale esterno mediante un incarico di collaborazione coordinata e continuativa ai sensi dell’art. 7, comma 6 d.lgs. 165/2001 e 110, comma 6 d.lgs. 267/2000. In ogni caso, l’amministrazione interessata dovrà prima valutare la reale possibilità di conferire gli incarichi di collaborazione, dal momento che il carattere straordinario delle esigenze connesse allo svolgimento di tale tipo di attività, la temporaneità e l’alta qualificazione della prestazione la obbligano ad avere una buona conoscenza delle proprie risorse interne dal punto di vista organizzativo e del personale, e solo in seguito potrà procedervi nel rispetto e, esclusivamente, in presenza dei requisiti previsti dalla legge e dalle circolari interpretative e recepiti nei propri regolamenti, entro i limiti di spesa e i vincoli finanziari posti a suo carico.

Come suggerisce la circolare del 21 dicembre 2006, n.5 del Dipartimento della Funzione Pubblica è sempre opportuno adottare documenti di programmazione triennale dei fabbisogni e di determinazione delle dotazioni organiche per fronteggiare e pianificare le esigenze dell’amministrazione e per realizzare i compiti istituzionali, e vagliare tutte le possibilità di adottare piani di formazione, aggiornamento o riqualificazione del personale interno in costanza dei mutamenti normativi e istituzionali e dei processi di innovazione tecnologica, e strumenti gestionali alternativi già a disposizione degli amministratori pubblici.

L’ente dovrà, pertanto, seguire correttamente l’iter stabilito per l’affidamento di tali incarichi evitando di incorrere nella sanzione di illegittimità degli atti di conferimento adottati e nelle varie forme di responsabilità legate alla sua inosservanza.

__________________________

(1) art. 7, comma 6 - ter d.lgs. 165/2001, “ i regolamenti di cui all’articolo 110, comma 6, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, si adeguano ai principi di cui al comma 6”.

(2) Si vedano tra le tante: Circolare 15 luglio 2004, n. 4; Circolare 21 dicembre 2006, n. 5; Circolare 11 marzo 2008, n. 2.

(3) Si parla di collaborazione occasionale nel caso di prestazione episodica che il collaboratore svolga in maniera saltuaria e autonoma, spesso con contenuto professionale che si esaurisce in una sola azione o prestazione che consente il raggiungimento del fine e dove <> con il committente sia sporadico. Tale collaborazione pertanto potrebbe non essere necessariamente riconducibile a fasi di piani o programmi del committente.

(4) tra le tante , Corte dei Conti , sez. giuris. per il Veneto, 3 novembre 2003, n. 1124/2003; Corte dei Conti, sez. I, 18 gennaio 1994, n. 7 e 7 marzo 1994 , n. 56.

(5) circolare 15 luglio 2004, n. 2 cit.

(6) Circolare 21 dicembre 2006, n. 5 .

(7) sul punto l’unico art. 1 , comma 42 della l. 31 dicembre 2004 n. 311 dispone che “ l’affidamento da parte degli enti locali di incarichi di studio o di ricerca ovvero di consulenza ai soggetti estranei all’amministrazione deve essere adeguatamente motivato con specifico riferimento all’assenza di strutture organizzative o professionalità interne all’ente in grado di assicurare i medesimi servizi, ad esclusione degli incarichi conferiti ai sensi della l.11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni”.

(8) parla di insufficienza organizzativa la Sezione Umbra della Corte dei Conti, con la sentenza n. 447-EL/2005, prevedendo che la stessa è pertinente ad una carenza qualitativa di professionalità specifica all’interno dell’ente nel caso di incarico a terzi, mentre attiene ad una carenza di professionalità ordinaria all’interno dell’ente in caso di stipula di contratti di lavoro temporaneo

(9)connotazione ribadita dalla Corte dei Conti, sez. Controllo enti, nella deliberazione n. 33 del 22 luglio 1994.

(10) art. 7, comma 6 lett. d) d.lgs. 165/2001.

(11) sul punto , Deliberazioni della Sez. contr. Reg. Lombardia, n. 37/09 e n. 244/08.

(12) sul punto, l’ unico art. 1, comma 11 della l. 31 dicembre 2004 n. 311 dispone che “l’affidamento di incarichi di studio o di ricerca ovvero di consulenze a soggetti estranei all’amministrazione in materie e per oggetti rientranti nelle competenze della struttura burocratica dell’ente deve essere adeguatamente motivato ed è possibile soltanto nei casi previsti dalla legge ovvero nell’ipotesi di eventi straordinari”.

(13) Art. 7, comma 4 d.lgs. 165/2001 cit.

(14) art.1, comma 1 d.lgs. 165/2001, lett. a) accrescere l’efficienza delle amministrazioni in relazione a quella dei corrispondenti uffici e servizi dei paesi dell’Unione Europea, anche mediante il coordinato sviluppo di sistemi informativi pubblici; b) razionalizzare il costo del lavoro pubblico, contenendo la spesa complessiva per il personale, diretta ed indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica; c) realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni, assicurando la formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti, applicando condizioni uniformi rispetto a quelle del lavoro privato, garantendo pari opportunità alle lavoratrici e ai lavoratori, nonché l’assenza di ogni qualunque forma di discriminazione e di violenza morale o psichica.

(15) art. 7 comma 1, Regolamento allegato alla circolare 11 marzo 2008, n. 2 , Dipartimento della Funzione Pubblica.

(16) art. 7 comma, 2 e 3 Regolamento allegato alla circolare 11 marzo 2008, n. 2, Dipartimento della Funzione Pubblica.

(17)T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, sent. 24 gennaio 2008, n. 382; T.A.R. Veneto, sez. I sent. 16 marzo 2007, n. 797 (18) indicati nella circolare n. 5 del 21 dicembre 2006 al paragrafo 4. 

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