Contratti di solidarietà: maneggiare con cura!

Focus sull'istituto, istruzioni per l'uso. Contratti di solidarietà come forma di ammortizzatore sociale (legge 19 dicembre 1984 n. 863).



A cura della dott.ssa Raffaele Iolanda.

In un periodo di grave tensione sociale e allarmante difficoltà d’impiego, come quello che sta attraversando la popolazione italiana e non solo, risulta indispensabile la ricerca di soluzioni e strategie di intervento per mantenere e incrementare l’occupazione e risolvere il problema “lavoro” in modo sistematico e radicale. Il presente articolo vuole essere, dunque, un focus sull’istituto dei “Contratti di solidarietà”, uno degli strumenti che, almeno nelle intenzioni del legislatore, potrebbe servire o, comunque, contribuire a superare la presente condizione di profonda crisi del lavoro.

Forma di ammortizzatore sociale alternativa ai regimi della Cassa Integrazione Guadagni, i contratti di solidarietà vengono introdotti nel nostro ordinamento dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, costituiscono ai sensi dell’art. 1, comma 1 della stessa legge “accordi collettivi stipulati tra l’Azienda e le Organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale” e possono essere, pertanto, stipulati dalle strutture sindacali in collaborazione con le RSU e le RSA.

Hanno ad oggetto una diminuzione dell’orario di lavoro e sono concepiti per difendere l’occupazione, consentendo al lavoratore di recuperare il sacrificio imposto a seguito di tale riduzione grazie ad un rimborso di quote della retribuzione da parte dell’Inps.

La denominazione appare, infatti, giustificata dal clima di solidarietà che si verrebbe a creare tra i lavoratori e tra questi e la parte aziendale: i primi accettano una riduzione dell’orario di lavoro e di retribuzione motivati dalla finalità di riassorbire le eccedenze di personale. In base allo scopo perseguito gli stessi si distinguono in contratti di solidarietà difensivi ed espansivi.

I contratti di solidarietà difensivi sono disciplinati dall’art.1, comma 1, l. 863/1984, e sono diretti a conservare l’occupazione in caso di crisi aziendale e ad evitare, di conseguenza, la riduzione del personale.

Al loro interno si differenziano,ulteriormente, in due tipologie a seconda che vengano adottati da parte di aziende che, per caratteristiche dimensionali o settore di attività, rientrano nel campo di applicazione della CIGS o che non vi rientrano. Infatti, l’art.1 della citata legge prevede contratti di solidarietà di TIPO A per le aziende che rientrano nel campo di applicazione della disciplina della CIGS, comprese le imprese appaltatrici di servizi di mensa e pulizie, che abbiano occupato in media più di 15 lavoratori nel semestre precedente la data di presentazione della domanda.

Sono rivolti a tutto il personale dipendente con esclusione di alcune categorie: dirigenti; apprendisti; lavoratori a domicilio; lavoratori con anzianità aziendale inferiore a 90 giorni; lavoratori assunti a tempo determinato per attività stagionali. I lavoratori part-time, invece, vengono considerati ammessi solo qualora l’azienda dimostri “il carattere strutturale del part-time nella preesistente organizzazione del lavoro”.

A fronte della riduzione dell’orario di lavoro, viene corrisposta al lavoratore un’integrazione salariale pari al 60% della retribuzione persa.

Tuttavia il d.l. 1 luglio 2009, n. 78, convertito nella l. 3 agosto 2009, n. 102, ha aumentato per gli anni 2009 e 2010 l’ammontare dell’integrazione relativa ai soli lavoratori coinvolti dai contratti di solidarietà difensiva di cui all’art. 1 l. 1984 n. 863, cosicché l’integrazione è pari all’80% della retribuzione persa.

Con riferimento alla durata, i contratti di solidarietà possono essere stipulati per un periodo di massimo 24 mesi, prorogabili di altri 24, e di 36 mesi per i lavoratori che sono occupati nelle aree del Mezzogiorno.

Nel caso in cui il contratto di solidarietà superi la durata massima prevista, la stipula di un nuovo contratto per le stesse unità aziendali può avvenire solo decorsi 12 mesi dal termine del precedente accordo.

Sul punto si precisa che la citata legge prevede una durata minima del contratto di solidarietà di 12 mesi ed una massima di 24 mesi.

La stipula del nuovo contratto può avvenire, dunque, solo dopo 12 mesi dal precedente e ai sensi dell’art. 1, comma 9 l. 1991 n. 223 l’erogazione globale dei trattamenti straordinari non può essere superiore in totale a 36 mesi nell’arco di un quinquennio. Siffatta regola è derogabile solo per evitare l’apertura della procedura di mobilità di cui all’art. 4 l.223/1991 e s.m.i. e bisognerà, dunque, mantenere in azienda almeno la metà delle eccedenze dichiarate e indicate nel contratto di solidarietà.

L’iter prevede per tale TIPO A prima la stipula del contratto di solidarietà con i sindacati aderenti alle confederazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, poi la richiesta da parte del datore di lavoro della relativa integrazione salariale con modulo CIGS SOLID1 al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali- Direzione generale per gli ammortizzatori sociali e incentivi all’occupazione.

La domanda deve essere contenere in allegato l’originale del contratto di solidarietà e l’elenco nominativo dei lavoratori interessati, mentre il decreto ministeriale di concessione del trattamento viene emanato entro 30 giorni dalla ricezione della domanda.

La seconda tipologia è rappresentata dai contratti di solidarietà di TIPO “B” prevista per le aziende che non rientrano nell’ambito della normativa in materia di Cassa Integrazione , ma alle quali gli stessi sono stati estesi dall’art. 5, commi 5 e 8 della l. 236/1993. Essa si rivolge ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato, con esclusione dei dirigenti, dipendenti da: imprese con più di 15 dipendenti, escluse dalla disciplina della CIGS, e che hanno avviato la procedura di mobilità; imprese con meno di 15 dipendenti che ricorrono ai contratti di solidarietà per evitare licenziamenti plurimi individuali; imprese alberghiere, aziende termali pubbliche e private operanti in località territoriali con gravi crisi occupazionali; imprese artigiane al di là del numero dei dipendenti. Il contributo è corrisposto ai lavoratori con orario ridotto solo se percepiscono una prestazione di entità non inferiore alla metà del contributo pubblico destinata ai lavoratori dai fondi bilaterali presso cui l’azienda è iscritta.

Devono attivare inoltre le procedure di mobilità le imprese artigiane con più di 15 dipendenti.

Per il TIPO B la durata del contratto di solidarietà è pari ad un periodo massimo di 24 mesi, e non sono ammesse proroghe qualora non vi sia stata soluzione di continuità; mentre il contributo erogabile ammonta al 25% della retribuzione persa per il lavoratore e per l’azienda.

I contratti di solidarietà espansivi sono disciplinati, invece, dall’art. 2 l. 1984/283, sono di minore applicazione e servono a favorire e stimolare nuove assunzioni mediante una programmata riduzione dell’orario di lavoro e della retribuzione.

La suesposta legge e le disposizioni risultanti dal combinato disposto della Circolare Min. Lav. n. 8 del 2003 e il D.M. 16 settembre 2003 introducono, altresì, l’importante principio di “congruità” e sancisce che considerato come parametro di riferimento costante l’orario di lavoro su base settimanale, la percentuale di riduzione di orario concordata fra le parti sia tale che il totale delle ore non lavorate dai lavoratori interessati sia superiore del 30% o inferiore nella stessa percentuale al numero di ore che sarebbero state lavorate dai lavoratori dichiarati in esubero.

Alla stregua della finalità perseguita mediante tale ammortizzatore sociale si considera illegittimo il licenziamento dei lavoratori attuato in vigenza dello stesso, mentre ai fini dell’applicazione di tali contratti è possibile derogare all’art.2103 c.c. mediante l’adibizione dei lavoratori a mansioni inferiori, dal momento che tale riorganizzazione è diretta al riassorbimento. Infine, è opportuno sottolineare che i lavoratori interessati dall’accordo che porta a tali contratti non subiscono pregiudizio sotto il profilo della pensione e del trattamento di fine rapporto, poiché il calcolo avviene solo con riguardo alla retribuzione che il lavoratore avrebbe dovuto percepire durante il periodo di riduzione di orario di lavoro.
Si confida, dunque, nella bontà e nel razionale impiego di strumenti duttili e flessibili quali i contratti di solidarietà difensivi, affinché diventino frequente occasione di dialogo tra gli attori delle relazioni industriali, nella prospettiva di evitare i costi sociali ed economici dei licenziamenti, di aumentare il consenso sociale e di contribuire alla soluzione del problema annoso della crisi occupazionale.

 

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