DIRITTO AMMINISTRATIVO. Accesso alla documentazione di gara, aggiudicazione e associazioni temporanee di imprese. Cons. St. 18 ottobre 2011 n. 5571.
Nota di Simona Rapagnetta
La prima questio esaminata dalla sentenza in commento si incardina sulla natura giuridica dell’istituto dell’ATI (o RTI) ed, in particolare, sulla legittimazione di una delle imprese partecipanti all’associazione temporanea, a poter ricorrere, singolarmente ed in nome proprio, avverso un atto/provvedimento/contratto concettualmente e di fatto connesso alla procedura di gara nella quale l’impresa stessa aveva preso parte sotto forma “associativa”.
Il dettato normativo contenuto nell’art. 37 del D.lgs. 163/06 contempla la possibilità di costituire dei raggruppamenti temporanei e consorzi ordinari di concorrenti (A.T.I. o R.T.I.) onde concorrere ad appalti pubblici. Attraverso la formula giuridica del raggruppamento temporaneo, perciò, le imprese partecipano, in modo associato, alla procedura pubblica: si assiste, pertanto, ad una sorta di frazionamento dei requisiti tecnici ed economici complessivamente richiesti ad ogni concorrente e perciò, ai fini della partecipazione alla procedura ciò che rileva è la sintesi di tutti i requisiti in possesso delle imprese partecipanti al costituendo raggruppamento. Tale volontà deve essere esplicitamente formalizzata in un “mandato collettivo speciale con rappresentanza”, ovvero in un atto formale per mezzo del quale le imprese conferiscono esplicitamente apposito mandato ad uno dei soggetti firmatari (ovvero al mandatario) che, così, assume la rappresentanza del raggruppamento. Ai fini della sua validità tale atto deve rivestire necessariamente la forma di una scrittura privata autenticata.
Peculiarità assoluta di tale istituto è che la validità e la rilevanza dell’ATI è imprescindibilmente legata alla procedura per la quale la stessa viene costituita: al di fuori di tale contesto quindi, l’associazione non può vantare alcuna esistenza giuridica.
Nel caso in specie la società P.M.V.,mandataria, ricorre per accedere alla documentazione relativa al contratto di esecuzione stipulato tra la Stazione appaltante e la società aggiudicataria dell’esecuzione dei lavori, a prescindere dalla pacifica constatazione che il soggetto sicuramente titolato ad agire fosse il mandante.
Viene, in via preliminare, eccepito il difetto di legittimazione attiva dell’appellante, sostenendo, all’uopo, che l’unico soggetto legittimato a proporre opposizione avverso un atto relativo alla procedura sia il mandatario e che quindi la partecipazione al costituito raggruppamento e il conferimento di un apposito mandato speciale ad una delle imprese precluderebbe, ad ogni singolo partecipante, di agire individualmente e per conto proprio.
Sul punto è intervenuta la pronuncia n. 490/08, nella quale il Consiglio di Stato espressamente chiarisce che “il ricorso presentato dalla capogruppo deve considerarsi come ricorso presentato anche in nome proprio poiché ciascuno dei componenti della temporanea associazione è dotata di autonoma legittimazione ad impugnare i provvedimenti afferenti allo svolgimento della gara stessa”. Persisterebbe, pertanto, in capo a ciascuna impresa dell’associazione temporanea, un autonomo interesse ad agire. L’unicità del soggetto partecipante quindi, ha valenza assoluta solo ai fini della partecipazione alla procedura (temporaneità del raggruppamento/associazione) in ossequio al dettato normativo dell’art. 116 del codice dei contratti dove viene sancito il principio di “immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle gare”. Tale principio è legato appunto in via esclusiva, all’esigenza delle amministrazioni di avere piena contezza dei requisiti dei partecipanti. Qualora, infatti, venisse consentito alle imprese partecipanti ai raggruppamenti temporanei, di farsi arbitrariamente sostituire da altre e nuove società, l’attività di vaglio e controllo preliminare dei requisiti, (al fine di constatarne la veridicità) sarebbe priva di qualsivoglia ratio.
In effetti il fine ultimo del precetto contenuto nell’art. 37 del D.lgs. 163/06 è quello di consentire alle imprese non in possesso di tutti i requisiti richiesti in un bando di gara, di poter unire e sommare le caratteristiche di ciascuna impresa e costituire un nuovo soggetto, altamente concorrenziale e la cui esistenza sia imprescindibilmente e temporalmente legata all’espletamento della procedura per la quale si concorre. Aggregarsi, quindi, non comporta una perdita della propria personalità giuridica né tantomeno una perdita della propria capacità di agire per la tutela dei propri interessi.
Constatata la legittimazione attiva della ricorrente, l’attenzione si focalizza sulla seconda questio relativa ai limiti del diritto di accesso agli atti, legislativamente riconosciuto dall’ormai celeberrima L. 241/90 e succ. modifiche e integrazioni.
Nel caso di specie, l’accesso agli atti istanziato dalla S. P. è finalizzato a conoscere non già gli atti inerenti la procedura di gara in senso stretto ma, piuttosto, la documentazione comprovante l’inadempimento della Società aggiudicataria dell’esecuzione dei lavori, rispetto a quanto contrattualmente stabilito nel contratto d’esecuzione.
L’inadempimento, documentato dagli atti oggetto della richiesta di accesso ,perciò, avrebbe giustificato l’inadeguatezza dell’offerta presentata e risultata essere la migliore. Il dettato normativo degli artt. 9 e 10 della legge citata, dispone che l’accesso debba essere comunque consentito ai soggetti portatori di un interesse concreto, diretto ed attuale, collegato ad una situazione giuridicamente tutelata e connessa al documento cui si chiede di accedere. In particolare, con riferimento al diritto di accesso ai documenti di gara è intervenuta una pronuncia del Consiglio di Stato, sez. VI, del 07 giugno 06 n. 3418, con la quale si è statuito che la partecipazione ad una gara comporta che l’offerta tecnico-progettuale presentata e risultata la migliore, possa essere oggetto di accesso agli atti al fine di garantire ad un’altra impresa partecipante di poter verificare l’esistenza dei requisiti tecnici richiesti. Tale assunto deriva dalla considerazione che l’istante deve essere posto nella condizione di poter tutelare la propria posizione facendo rilevare, ove vi fosse il fumus boni iuris, eventuali irregolarità inficianti la procedura o l’offerta, in ossequio al principio del contraddittorio.
Il particolare favor riconosciuto dal legislatore al diritto di accesso agli atti di gara è mitigato solo da specifici casi come le offerte frutto di attività intellettuali particolarmente complesse ed innovative: in tal ipotesi la stazione appaltante sarà legittimata a limitare il diritto de quo potendo opporre il rilascio di copie ed accordando, in sostituzione, la mera presa visione della documentazione. Sul punto è intervenuta anche la sezione III della Corte di Giustizia che nella pronuncia del 14 febbraio 2008, C 450/06, ha affermato che la garanzia dell’attuazione del principio del contraddittorio non implica che le parti godano di “un diritto di accesso illimitato e assoluto al complesso delle informazioni relative alla procedura di aggiudicazione. Tale diritto deve essere ponderato con il diritto di altri operatori economici alla tutela delle informazioni riservate e dei loro segreti commerciali.”.
Nella sentenza oggetto del presente esame, però, la società P., non richiedeva la documentazione di gara (tale richiesta, pienamente legittima, sarebbe stata sufficiente a dimostrare la concretezza dell’interesse sotteso all’istanza), ma un atto di natura esoprocedimentale e perciò esterno all’intera procedura di scelta dell’aggiudicatario; l’stanza, perciò, esula dalla tutela accordata dall’art. 13 del D.lgs. 163/06. Scopo della ricorrente, quindi, non era far emergere un’oggettiva mancanza di requisiti tecnici nell’offerta presentata o eventuali irregolarità nella documentazione o nell’espletamento della procedura di gara ma spingersi oltre e provare, attraverso l’inadempimento contrattuale, l’inadeguatezza dell’offerta originariamente prodotta. Il legislatore considera il committente quale unico interessato all’esecuzione dell’opera, mentre l’appaltatore dovrebbe mirare quasi in maniera del tutto esclusiva a realizzare l’opera in modo conforme a quanto pattuito al fine di vedersi riconosciuto la corresponsione della relativa remunerazione.
Il dettato dell’art. 1671 c.c. espressamente statuisce che “Il committente può recedere dal contratto anche se è stata iniziata l’esecuzione dell’ opera…” :viene riconosciuto, in capo al committente una sorta di diritto di recesso ad nutum stante l’ampiezza di formulazione della norma. Da ciò si deduce agevolmente che l’inadempimento contrattuale, in materia di appalti pubblici, non possa essere fatto rilevare indistintamente da chiunque sol perché “pubblico”: la mancata esecuzione dell’opera, quindi, può essere opposta e fatta rilevare solo dai contraenti o tutt’al più da terzi che possano vantare l’esistenza di un diritto oggettivamente ed indiscutibilmente compromesso dalla mancata esecuzione di un’opera pubblica.
Nel ricorso inoltrato dalla società P., inoltre, si accenna frettolosamente all’esistenza di un presunto interesse ambientale, ex art. 2 del D.lgs. 195/05 ( attuazione della direttiva comunitaria 2003/4), alla base dell’istanza di accesso de quo senza però specificare null’altro. L’interesse ambientale che la normativa sopra richiamata tutela viene espressamente limitato alla conoscenza degli atti relativi allo stato degli elementi dell’ambiente, ai fattori quali le energie, il rumore, i rifiuti, i programmi e i piani concernenti specificamente l’adozione di misure a carattere strettamente ambientale e può essere esercitato da chiunque (persona fisica o giuridica) senza dover provare un interesse in tal senso.
La normativa così emergente conia un’ipotesi di diritto di accesso modellata alle azioni popolari: si assiste perciò, ad un’estensione del novero dei soggetti legittimati all’accesso unitamente ad un cospicuo aumento del contenuto delle informazioni accessibili.
Nel caso di specie, però, il ricorrente agisce non per la tutela ambientale ma in qualità di soggetto partecipante alla gara pubblica dato che il ricorrente, in nessun modo offre gli elementi per individuare l’interesse ambientale violato dalla mancata realizzazione della Super Strada Pedemontana. Se da un lato il legislatore non chiede alcun elemento probante l’interesse del cittadino ad accedere a determinate informazioni ambientali (legittimazione attiva – azione popolare), dall’altro viene specificato che oggetto del diritto di accesso siano le questioni elencate nell’art. 2 del D.lgs. 195/05; la richiesta, quindi dovrà, pena la sua ammissibilità, essere sufficientemente dettagliata, (C.d.S., sez. VI, 16 febbraio 2011, n. 996), e offrire gli elementi utili ad individuare le matrici ambientali riportate nella novella dell’ articolo 2 del D. Lgs. 19 ottobre 2005, n. 195 (C.d.S., sez. V, 15 ottobre 2009, n. 6339)
Il ricorso proposto dal ricorrente viene perciò rigettato.
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Consiglio Stato sez. V 18 ottobre 2011 n. 5571
1. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. I, con la sentenza n. 2083 dell'8 marzo 2011, nella resistenza del Commissario delegato per l'emergenza del traffico e della mobilità nel territorio delle Province di Treviso e Vicenza, del C.S. SIS Società Consortile per azioni (quale capogruppo mandataria del raggruppamento di imprese con I.I. S.A.) e della società S.P.V. s.r.l., ha respinto il ricorso proposto dalla società P.V. S.p.A. per l'annullamento della nota prot. 3030 del 4 ottobre 2010 con cui il predetto Commissario delegato aveva negato l'accesso agli atti, documenti ed elaborati costituenti il progetto definitivo della S.P.V., richiesto con la nota del 28 settembre 2010.
Respinta la preliminare eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva della ricorrente (fondata sul presupposto che essa aveva agito quale mandante della costituita A.T.I. con I. S.p.A., mandataria) ed accolta invece l'eccezione di difetto di legittimazione passiva del C.S. SIS Società Consortile per azioni, con conseguente sua estromissione dal giudizio (atteso che dopo l'aggiudicazione era stata costituita la società di progetto S.P.V. s.r.l. concessionaria dell'esecuzione dell'opera), il predetto tribunale ha ritenuto infondate le censure di "Violazione di legge. Violazione degli artt. 22 e ss. L. 241/1990. Eccesso di potere per difetto di motivazione ed erroneità dei presupposti", nonché "Violazione di legge. Violazione del d. lgs. 195/2005. Violazione della direttiva 2003/4 CE. Eccesso di potere per difetto di motivazione ed erroneità dei presupposti", difettando in capo alla ricorrente, che aveva promosso l'intervento e partecipato alla gara per l'affidamento della concessione, un interesse diretto, concreto ed attuale all'accesso agli atti e documenti richiesti, i quali non riguardavano l'azione amministrativa, ma erano relativi alla fase di esecuzione del contratto per la realizzazione dell'opera; né l'interesse all'accesso poteva ricollegarsi all'eventuale declaratoria di inefficacia del contratto tra l'amministrazione ed il concessionario ed all'altrettanto eventuale subentro della ricorrente nel contratto (con conseguente sviluppo ed esecuzione della progettazione definitiva predisposta dall'A.T.I. SIS), trattandosi di circostanze del tutto ipotetiche e future, così che in definitiva non era stata fornita alcuna dimostrazione che gli atti richiesti avessero spiegato o fossero idonei a spiegare effetti diretti e neppure indiretti nei confronti di essa ricorrente; né, ancora, la fattispecie poteva farsi rientrare nell'ambito delle c.d. informazioni ambientali, di cui al D. Lgs. 19 agosto 2005, n. 195, non essendo stato individuato l'eventuale specifico contesto ambientale cui si ricollegava il richiesto accesso.
2. La P.V. S.p.A. con rituale e tempestivo atto di appello ha chiesto la riforma di tale sentenza, lamentandone la erroneità e l'ingiustizia per "Violazione e falsa applicazione di legge. Violazione degli artt. 22 e ss. della L. 241/90. Erroneità, difetto di motivazione e travisamento dei fatti" e "Violazione e falsa applicazione di legge. Violazione del Decreto Legislativo n. 195/2005. Violazione della Direttiva 2003/4. Irragionevolezza e illogicità manifesta", attraverso cui sono state sostanzialmente riproposte le censure sollevate in primo grado, a suo avviso malamente apprezzate, superficialmente esaminate ed inopinatamente respinte con motivazione approssimativa ed affatto condivisibile.
Hanno resistito al gravame il C.S. SIS Società Consortile per azioni, il Commissario delegato e la Società S.P.V. s.r.l., deducendo l'inammissibilità e l'infondatezza e chiedendone il rigetto.
3. Tutte le parti hanno ampiamente illustrato con apposite memorie le proprie rispettive tesi difensive.
All'udienza in camera di consiglio del 19 luglio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
4. L'appello è infondato.
4.1. Deve essere innanzitutto esaminata l'eccezione di difetto di legittimazione attiva dell'appellante (mandante della costituita A.T.I. di cui I. S.p.A. è mandataria), sostenuta sulla scorta dell'articolo 37, comma 15, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sia dalla società S.P.V. s.r.l. che dal C.S. SIS Società Consortile per azioni, sul presupposto che l'avvenuta costituzione dell'associazione temporanea di imprese impedirebbe alle singole imprese di agire individualmente.
Tale eccezione è per un verso infondata e per altro verso inammissibile.
Invero, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal quale non vi è motivo di discostarsi, sussiste la legittimazione attiva ad agire in giudizio della singola impresa in associazione, sia essa mandataria o mandante e anche se il raggruppamento sia stato già costituito (al momento dell'offerta o della costituirsi all'esito dell'aggiudicazione), in quanto il mandato conferito alla capogruppo di un'associazione temporanea non preclude alla singola impresa mandante di proporre un'impugnazione sulla base della propria autonoma e persistente legittimazione, ricollegabile all'interesse di cui è titolare all'interno del raggruppamento, mancando una espressa previsione in tal senso nella normativa comunitaria di riferimento ed in quella nazionale di recepimento, in materia di appalti di servizi , di lavori e di forniture (C.d.S., sez. V, 15 ottobre 2010, n. 7524; 6 marzo 2007, n. 1042; 29 marzo 2006, n. 1600; sez. VI. 8 ottobre 2008, n. 4931).
Sotto altro profilo deve rilevarsi che, sebbene l'eccezione di difetto di legittimazione attenga alla stessa ammissibilità del ricorso, sia astrattamente rilevabile d'ufficio e possa quindi essere proposta per la prima volta in appello, nel caso di specie essa è stata oggetto di espressa statuizione di rigetto da parte della sentenza impugnata, così che essa avrebbe dovuto costituire oggetto di apposito motivo di gravame: ciò non essendo avvenuto, sul punto si è formato il giudicato interno, che ne impedisce anche la rilevabilità di ufficio.
4.2. E" infondato il primo motivo di gravame con il quale l'appellante ha rivendicato il suo diritto di accesso agli atti, documenti ed elaborati relativi il progetto definitivo della realizzanda S.P.V., a suo avviso ingiustamente negato dall'amministrazione con la nota impugnata in primo grado, altrettanto inopinatamente ritenuto legittimo dai primi giudici per la asserita carenza di un interesse diretto, concreto ed attuale, laddove quest'ultimo si radicherebbe indiscutibilmente per essere essa stata innanzitutto essa appellante promotrice dell'opera, per aver partecipato alla gara per la individuazione del concessionario, per essere oggetto di controversia giurisdizionale l'affidamento in concessione della realizzazione dell'opera alla controinteressata e quindi anche per l'eventuale declaratoria di inefficacia del contratto già stipulato.
Al riguardo la Sezione osserva quanto segue.
4.2.1. Come risulta dal tenore letterale del secondo comma dell'articolo 22 della legge 7 agosto 1990, n. 241, il diritto di accesso costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza (in tal senso, ex multis, anche C.d.S., sez. V, 25 settembre 2006, n. 5636; sez. VI, 14 dicembre 2004, n. 8062).
La giurisprudenza ha più volte evidenziato che esso non dà luogo ad una pretesa meramente strumentale alla difesa in giudizio (C.d.S., sez. VI, 12 aprile 2005, n. 1680), essendo piuttosto finalizzato al conseguimento di un autonomo bene della vita (indipendente non solo dalla sorte del processo principale nel quale venga fatta valere l'anzidetta situazione, ma anche dall'eventuale inammissibilità della domanda giudiziale che il richiedente, una volta conosciuti gli atti, potrebbe proporre, C.d.S., sez. IV, 28 settembre 2010, n.7183; sez. V, 23 febbraio 2010, n. 1067; sez. VI, 16 febbraio 2010, n. 857), qual è quello alla conoscenza dell'attività amministrativa per consentire alla pubblica amministrazione di adottare un "giusto" provvedimento che postula la completa conoscenza (ai fini della corretta valutazione e comparazione) di tutti gli interessi in gioco, anche quelli privati, onde limitare quanto più possibile i sacrifici loro imposti (C.d.S., sez. IV, 13 ottobre 2010, n. 7486); in tale prospettiva è stato sottolineato che il diritto di accesso non può essere utilizzato come strumento per un mero generico e generalizzato controllo esplorativo sull'azione amministrativa per verificare la possibilità di eventuali, future lesive di interessi privati (C.d.S., sez. IV, 15 novembre 2004, n. 7412; sez. VI, 6 luglio 2010, n. 4297), né può essere configurato come un particolare tipo di azione popolare (C.d.S., sez. V, 7 settembre 2004, n. 5873; sez. IV, 15 settembre 2010, n. 6899).
4.2.2. Ciò premesso, occorre rilevare che, come puntualmente rilevato dai primi giudici, la richiesta di accesso di cui si discute non concerneva alcuna attività amministrativa in senso proprio, riguardando piuttosto un atto di esecuzione del contratto stipulato tra l'amministrazione regionale veneta e l'A.T.I. tra SIS C.S. s.c.p.a. e I.I. S.A., concessionaria per la realizzazione della Superstrada a pedaggio P.V., in particolare il progetto definitivo per la realizzazione di quest'ultima.
Eventuali carenze di tale progetto definitivo o inadempienze contrattuali circa la sua redazione (ancorchè direttamente o indirettamente derivanti da presunti violazione o travisamenti del progetto preliminare proposto dalla società appellante, promotrice dell'opera) non possono in alcun modo configurarsi come attinenti all'azione amministrativa, ma rifluiscono nella dinamica contrattuale cui è evidentemente estranea l'appellante, alla quale non può derivare alcun effetto diretto o indiretto e tanto meno qualsiasi pregiudizio.
Ciò evidenzia al di là di ogni ragionevole dubbio la mancanza di un interesse diretto, concreto e attuale alla conoscenza del progetto definitivo dell'opera da realizzare, conoscenza che altrimenti si configurerebbe come un mero inammissibile interesse alla curiosità o ad un generico controllo sulla gestione del rapporto negoziale in questione).
E" appena il caso di rilevare che, sebbene la Sezione con la decisione 25 febbraio 2009, n. 1115, abbia effettivamente ritenuto sussistente l'interesse attuale, diretto e concreto, ex art. 22 della legge 7 agosto 1990, n. 241, all'accesso a documenti riguardanti l'esecuzione di un contratto (di servizio), in quel caso la conoscenza era finalizzata a dimostrare, attraverso la prova dell'inadempimento delle prestazioni contrattuali, l'originaria inadeguatezza dell'offerta vincitrice della gara, finalità e circostanze che invece non si rinvengono nella fattispecie in esame.
4.3. Ugualmente infondato è il secondo mezzo di gravame con il quale l'appellante ha invocato a sostegno dell'accesso la disciplina dell'informativa di carattere ambientale, erroneamente disattesa dai primi giudici.
Al riguardo occorre rilevare che, ai sensi dell'art. 2 del D. Lgs. 19 ottobre 2005, n. 195, per informazione ambientale si intende qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica od in qualunque altra forma materiale concernente: 1) lo stato degli elementi dell'ambiente, quali l'aria, l'atmosfera, l'acqua, il suolo, il territorio, i siti naturali, compresi gli igrotopi, le zone costiere e marine, la diversità biologica ed i suoi elementi costitutivi, compresi gli organismi geneticamente modificati e, inoltre, le interazioni tra questi elementi; 2) fattori quali le sostanze, le energie, il rumore, le radiazioni od i rifiuti, anche quelli radioattivi, le emissioni, gli scarichi ed altri rilasci nell'ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell'ambiente, individuati al numero 1); 3) le misure, anche amministrative, quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura amministrativa, nonché le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell'ambiente di cui ai numeri 1) e 2), e le misure o le attività finalizzate a proteggere i suddetti elementi.
Sebbene l'accesso all'informazione ambientale possa essere esercitato da chiunque, senza la necessità di dimostrare uno specifico interesse (che è da considerare in re ipsa per ciascun essere umano o ente che lo rappresenti o ne sia emanazione, ai sensi dell'art. 3 comma 1, del predetto decreto legislativo), la richiesta non solo non deve essere formulata in termini eccessivamente generici (C.d.S., sez. VI, 16 febbraio 2011, n. 996), per quanto deve essere specificamente individuata con riferimento alle matrici ambientali ovvero ai fattori di cui al citato punto 2) o alle misure di cui al predetto punto 3) del citato articolo 2 del D. Lgs. 19 ottobre 2005, n. 195 (C.d.S., sez. V, 15 ottobre 2009, n. 6339).
Nel caso di specie, per contro, l'istanza di accesso formulata dalla P.V. S.p.A. in data 28 settembre 2010 è imperniata innanzitutto sulla sua qualità di soggetto promotore dell'intervento e partecipante alla gara per l'affidamento della relativa concessione, nonchè sulla dell'avvenuta conoscenza (a mezzo degli organi di stampa) della notizia della sottoscrizione del decreto di approvazione del progetto definitivo relativo alla S.P.V., con conseguente asserito "interesse a prendere visione di tutti gli atti e documenti relativi al suddetto progetto definitivo anche in vista della eventuale tutela giurisdizionale dei propri interessi", senza che sia stato fatto neppure alcun cenno ad eventuali interessi ambientali.
Essa è pertanto manifestamente carente di quel genuino interesse ambientale che solo giustifica l'applicazione dell'invocato D. Lgs. 19 ottobre 2005, n. 195, non potendo del resto ammettersi l'utilizzo strumentale di tale disciplina (che ha specifiche finalità di tutela ambientale) per conseguire finalità del tutto diverse (economico - patrimoniali), quali sono quelle perseguite dall'appellante, come correttamente rilevato dai primi giudici (in termini, C.d.S., sez. V, 15 ottobre 2009, n. 6339, già citata).
5. In conclusione l'appello deve essere respinto.
La peculiarità della controversia giustifica tuttavia la compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull'appello proposto da Pedemontana S.p.A. avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. I, n. 2083 dell'8 marzo 2011, lo respinge.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 luglio 2011 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore
Roberto Chieppa, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolò Lotti, Consigliere
Doris Durante, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 18 OTT. 2011
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