DIRITTO AMMINISTRATIVO. Antimafia e misure di prevenzione: la c.d. interdittiva antimafia tipica. Cons. St. 19 gennaio 2012 n. 254.



Nota dell'Avv. Liliana Rullo
 
La sentenza del Consiglio di Stato n. 254 depositata in cancelleria il 19 gennaio 2012 sintetizza mirabilmente gli elementi salienti della c.d. interdittiva antimafia tipica prevista dall’art. 4 del D. Lgs. n. 490 del 1994 e dall’art. 10 del D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252 (ed oggi dagli articoli 91 e segg. del D. Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, recante il Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione).
Sulla scia del dominante orientamento giurisprudenziale (conf. Cons. St. sez. III n. 5995 del 12 novembre 2011 e n. 5130 del 14 settembre 2011, la sentenza in commento afferma che:
  • l'interdittiva prefettizia antimafia costituisce una misura preventiva volta a colpire l'azione della criminalità organizzata impedendole di avere rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione;
  •  trattandosi di una misura a carattere preventivo, l’interdittiva prescinde dall'accertamento di singole responsabilità penali nei confronti dei soggetti che, nell’esercizio di attività imprenditoriali, hanno rapporti con la pubblica amministrazione e si fonda sugli accertamenti compiuti dai diversi organi di polizia valutati, per la loro rilevanza, dal Prefetto territorialmente competente;
  •  tale valutazione costituisce espressione di ampia discrezionalità che può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo solo sotto il profilo della sua logicità in relazione alla rilevanza dei fatti accertati;
  •  essendo il potere esercitato espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, la misura interdittiva non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certi sull'esistenza della contiguità dell’impresa con organizzazione malavitose, e quindi del condizionamento in atto dell'attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa verificarsi il tentativo di ingerenza nell’attività imprenditoriale della criminalità organizzata;
  • anche se occorre che siano individuati (ed indicati) idonei e specifici elementi di fatto, obiettivamente sintomatici e rivelatori di concrete connessioni o possibili collegamenti con le organizzazioni malavitose, che sconsigliano l’instaurazione di un rapporto dell’impresa con la pubblica amministrazione, non è necessario un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello richiesto per dimostrare l’appartenenza di un soggetto ad associazioni di tipo camorristico o mafioso, potendo l’interdittiva fondarsi su fatti e vicende aventi un valore sintomatico e indiziario e con l’ausilio di indagini che possono risalire anche ad eventi verificatisi a distanza di tempo;
  •  di per sé non basta a dare conto del tentativo di infiltrazione il mero rapporto di parentela con soggetti risultati appartenenti alla criminalità organizzata (non potendosi presumere in modo automatico il condizionamento dell’impresa), ma occorre che l’informativa antimafia indichi (oltre al rapporto di parentela) anche ulteriori elementi dai quali si possano ragionevolmente dedurre possibili collegamenti tra i soggetti sul cui conto l’autorità prefettizia ha individuato i pregiudizi e l’impresa esercitata da loro congiunti;
  •  gli elementi raccolti non vanno considerati separatamente dovendosi piuttosto stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l’esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata.
Nella fattispecie concreta, sono state infatti indicate le circostanze che fanno ritenere possibile che l’attività della società appellante possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata. E  - afferma il Consiglio di Stato - la valutazione prefettizia sulla rilevanza di tali circostanze non appare affetta da manifesta illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti.
 
Cons. Stato n. 254 del 19 gennaio 2012
1. L’appellante P. G. S.p.A. aveva impugnato davanti al T.A.R. per la Calabria, Sede di Catanzaro, l’informativa interdittiva, n. 2303/09/A1/AM del 18.2.2009, emessa dalla Prefettura di C., ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. 3 giugno 1998 n. 252, nonché la conseguente nota, n. 506 del 24.2.2009, con la quale il Comune di B. S. le aveva comunicato che la concessione per la realizzazione di un parco eolico nel territorio del Comune (di cui alla convenzione rep. n. 4/2008 del 10 luglio 2008) era risolta di diritto.
A seguito di attività istruttoria delle forze dell’ordine era infatti risultato che l’amministratore unico della società, sig. Iona Francesco, proprietario di quote nominali pari ad €. 600.000,00, “ è figlio di I. R.… ex capo clan del luogo”, (assassinato a Strongoli nel 1988 in un agguato mafioso), nonché fratello non convivente di I. “arrestato nell’anno 2003 a seguito dell’operazione di polizia denominata ‘Ciclone’ condotta dal R.O.S. Carabinieri di Catanzaro, per associazione a delinquere di stampo mafioso, tentata estorsione, detenzione di armi da guerra e omicidio, già agli arresti domiciliari e successivamente alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. …”, che risulta anche essere l’uomo di fiducia del lontano cugino I. ..., padre di I. ... e capo della cosca omonima.
Erano stati inoltre segnalati alcuni precedenti penali riguardanti personalmente il sig. I...., amministratore unico della società.
Il Prefetto di Crotone, sulla base di tali elementi, aveva quindi concluso che non si poteva escludere la possibilità di infiltrazioni mafiose nella società P. G.
2.- Il T.A.R. per la Calabria, Sede di Catanzaro, Sezione I, ha respinto l’indicato ricorso con la sentenza n. 89 del 24 gennaio 2011.
La società P. G. ha ora appellato la citata sentenza ritenendola erronea sotto diversi profili.
In particolare la P. ha sostenuto che, nella fattispecie, non sussistevano i presupposti per l’adozione della misura interdittiva considerato che i precedenti penali riguardanti il signor I., amministratore della società, non erano recenti ed erano di scarso rilievo; che la morte violenta del padre del signor I. (I.....) risaliva al lontano 1988; che non sussisteva l’affermato rapporto di parentela fra I.... e I...., padre di I.... e capo della cosca omonima; che I.... non aveva rapporti economici con il fratello I....,
3.- L’appello è tuttavia infondato.
Si deve al riguardo ricordare che, con riferimento alla cd. interdittiva antimafia "tipica", prevista dall’art. 4 del D. Lgs. n. 490 del 1994 e dall’art. 10 del D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252 (ed oggi dagli articoli 91 e segg. del D. Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, recante il Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione) la giurisprudenza amministrativa (fra le più recenti: Consiglio di Stato, Sezione III, n. 5995 del 12 novembre 2011; n. 5130 del 14 settembre 2011) ha affermato:
- che l'interdittiva prefettizia antimafia costituisce una misura preventiva volta a colpire l'azione della criminalità organizzata impedendole di avere rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione;
- che, trattandosi di una misura a carattere preventivo, l’interdittiva prescinde dall'accertamento di singole responsabilità penali nei confronti dei soggetti che, nell’esercizio di attività imprenditoriali, hanno rapporti con la pubblica amministrazione e si fonda sugli accertamenti compiuti dai diversi organi di polizia valutati, per la loro rilevanza, dal Prefetto territorialmente competente;
- che tale valutazione costituisce espressione di ampia discrezionalità che può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo solo sotto il profilo della sua logicità in relazione alla rilevanza dei fatti accertati;
- che, essendo il potere esercitato espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, la misura interdittiva non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certi sull'esistenza della contiguità dell’impresa con organizzazione malavitose, e quindi del condizionamento in atto dell'attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa verificarsi il tentativo di ingerenza nell’attività imprenditoriale della criminalità organizzata;
- che, anche se occorre che siano individuati (ed indicati) idonei e specifici elementi di fatto, obiettivamente sintomatici e rivelatori di concrete connessioni o possibili collegamenti con le organizzazioni malavitose, che sconsigliano l’instaurazione di un rapporto dell’impresa con la pubblica amministrazione, non è necessario un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello richiesto per dimostrare l’appartenenza di un soggetto ad associazioni di tipo camorristico o mafioso, potendo l’interdittiva fondarsi su fatti e vicende aventi un valore sintomatico e indiziario e con l’ausilio di indagini che possono risalire anche ad eventi verificatisi a distanza di tempo;
- che di per sé non basta a dare conto del tentativo di infiltrazione il mero rapporto di parentela con soggetti risultati appartenenti alla criminalità organizzata (non potendosi presumere in modo automatico il condizionamento dell’impresa), ma occorre che l’informativa antimafia indichi (oltre al rapporto di parentela) anche ulteriori elementi dai quali si possano ragionevolmente dedurre possibili collegamenti tra i soggetti sul cui conto l’autorità prefettizia ha individuato i pregiudizi e l’impresa esercitata da loro congiunti;
- che, infine, gli elementi raccolti non vanno considerati separatamente dovendosi piuttosto stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l’esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata.
4.- Alla stregua di tali consolidati principi, l’interdittiva oggetto del presente giudizio, come affermato dal T.A.R. di Catanzaro, risulta giustificata dagli elementi indiziari che sono stati indicati nel relativo provvedimento dalla Prefettura di Crotone.
Nella fattispecie, sono state infatti indicate le circostanze che fanno ritenere possibile che l’attività della società appellante possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata. E la valutazione prefettizia sulla rilevanza di tali circostanze non appare affetta da manifesta illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti.
Pur non risultando infatti che il sig. I....., amministratore della società, sia stato condannato o abbia procedimenti penali pendenti per reati di stampo mafioso, tuttavia, come è stato affermato dal giudice di primo grado, “il quadro fattuale rappresentato non consente di escludere … un eventuale intreccio di interessi economici e familiari, dai quali sia possibile desumere la sussistenza dell’oggettivo pericolo di infiltrazione nella società, avuto riguardo ad elementi che, nel loro coacervo, possono essere tali da fondare un giudizio di possibilità che l’attività d’impresa possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata”.
5.- Né si può giungere a diversa conclusione sulla base delle osservazioni contenute nel ricorso in merito alla modesta rilevanza dei precedenti penali riguardanti il signor Iona Francesco, amministratore della società, alla risalenza nel tempo della morte violenta del padre del signor I..... (I.....), nonché alla mancanza di un vero rapporto di parentela fra I..... e I....., padre di I...... e capo della cosca omonima, tenuto conto della rilevanza complessiva delle informazioni assunte dalle forze dell’ordine (che si sono sinteticamente ricordate) sulla base delle quali il Prefetto ha compiuto le sue valutazioni che, come si è già detto, non possono ritenersi viziate per irragionevolezza.
6.- Sulla scorta di tali considerazioni l’appello si rileva infondato.
Si deve aggiungere che non può incidere sulla valutazione della legittimità della interdittiva in questione la circostanza, evidenziata dall’appellante nella memoria del 6 ottobre 2011, delle avvenute dimissioni dalla carica di amministratore unico della società del signor Francesco Iona, trattandosi di un fatto sopravvenuto alla interdittiva impugnata che può eventualmente influire sulle successive valutazioni che l’amministrazione potrà compiere sulla attività della società appellante anche ai sensi del comma 5 dell’art. 91 del citato D. Lgs. n. 159 del 6 settembre 2011.
7.- In conclusione l’appello deve essere respinto.

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