DIRITTO CIVILE. Contratto di agenzia: la condotta del terzo come giusta causa di risoluzione. Cass. civ. 4 maggio 2011 n. 9779.
Nota dell'Avv. Nunzia Liberatoscioli.
La Corte di Cassazione è chiamata a risolvere una questione di diritto relativamente nuova, inerente la risoluzione del rapporto di agenzia per giusta causa, dovuto al comportamento inadempiente di un soggetto terzo rispetto all’agente titolare del contratto di agenzia, ma a quest’ultimo riconducibile.
In particolare, la vicenda trae spunto dalla richiesta giudiziale di pagamento dell’indennità di risoluzione del citato rapporto avanzata dalla società titolare di un’agenzia assicurativa – subentrata, senza soluzione di continuità, ad un agente divenuto poi socio della medesima agenzia – nei confronti della compagnia di assicurazioni preponente, alla quale quest’ultima si era opposta, adducendo, come giusta causa dello scioglimento del rapporto, la responsabilità del citato socio dell’agenzia in ordine ad un ingente ammanco di danaro, a causa del quale lo stesso era stato sottoposto a procedimento penale e, insieme al proprio coniuge, era stato dichiarato fallito.
In primo grado, il giudice aveva condannato la compagnia assicurativa preponente al pagamento, in favore dell’agenzia, sia dell’indennità di risoluzione del rapporto contrattuale, sia dell’indennità di mancato preavviso. La Corte territoriale, invece, riformando parzialmente la pronuncia del giudice di prime cure, aveva ritenuto che l’ammanco di denaro nell’agenzia gestita da parte attrice poteva essere considerata, senz’altro, giusta causa di recesso.
Giunta la causa dinanzi alla Suprema Corte, l’agenzia di assicurazione, aveva dedotto, tra le altre cose, violazione e falsa applicazione dell’art. 2119, c.c. (richiamato in via analogica in relazione al contratto di agenzia), poiché il giudice di merito, pronunciandosi in ordine alla lesione del rapporto fiduciario idoneo a giustificare la giusta causa del recesso, aveva dato rilievo a comportamenti estranei al rapporto di agenzia e, in particolare, alla condotta di un soggetto terzo al predetto rapporto, per cui l’alterazione della fiducia non era riconducibile alla medesima società assicurativa.
Pronunciandosi sulla questione, la Corte di Cassazione ha ribadito, innanzitutto, che «il contratto di agenzia, al pari di quello di lavoro, col quale presenta evidenti addentellati causali (per la comune derivazione dallo schema primario della locatio operarum), si basa sull’intuitus personae, il cui venire meno, incrinando la fiducia nella necessaria collaborazione delle parti tra loro, legittima lo scioglimento del rapporto».
In particolare – ha proseguito la Corte, «in tema di contratto d’agenzia […] pur nella sostanziale diversità delle rispettive prestazioni e della relativa configurazione giuridica, per stabilire se lo scioglimento del contratto stesso sia avvenuto o meno per un fatto imputabile al preponente o all’agente, tale da impedire la possibilità di prosecuzione anche temporanea del rapporto, può essere utilizzato per analogia il concetto di giusta causa di cui all’art. 2119, c.c., previsto per il lavoro subordinato», la cui valutazione, però, è rimessa al giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazioni adeguate. Tuttavia, «per la valutazione della gravità della condotta, deve considerarsi che nel contratto di agenzia il rapporto di fiducia – in corrispondenza della maggiore autonomia di gestione dell’attività per luoghi, tempi, modalità e mezzi, in funzione del conseguimento delle finalità aziendali – assume maggiore intensità rispetto al rapporto di lavoro subordinato, per cui ai fini della legittimità del recesso è sufficiente un fatto di minore consistenza».
Tutto ciò premesso, gli Ermellini hanno respinto il ricorso avanzato dall’agenzia assicuratrice, affermando che «ciò che rileva ai fini del legittimo esercizio della facoltà di recesso per giusta causa è il fatto incidente sull’affidamento dell’una parte verso l’altra», per cui «possono assumere importanza anche condotte di terzi che per il loro collegamento, a vario titolo, con l’agente, siano tali da far venir meno nel preponente l’aspettativa che la futura esecuzione del contratto da parte di quest’ultimo avvenga in maniera conforme agli obblighi convenzionali o di legge, incluso quello generale di correttezza sancito dall’art. 1375, c.c., generatore di obbligazioni collaterali di tipo protettivo». In sostanza, «l’inadempimento del terzo che sia anch’egli agente del medesimo preponente in forza di un diverso contratto di agenzia, mantiene all’interno di quest’ultimo il proprio autonomo rilievo ad ogni possibile effetto, mentre nell’altro rapporto la giusta causa di recesso dipende dalla violazione, anch’essa qualificabile come inadempimento, del dovere di correttezza dell’agente, il quale deve mantenere la propria organizzazione aziendale al riparo dall’ingerenza del soggetto che ha mostrato, sia pure in altro contesto, di non essere affidabile».
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Cassazione civile, Sez. II, 04 maggio 2011 n. 9779.
Motivi della decisione
1. - In via pregiudiziale va respinta l'eccezione, sollevata dalla controricorrente con la memoria ex art. 378 c.p.c., di inammissibilità del ricorso per difetto di procura speciale.
1.1. - E' consolidato orientamento di questa Corte che la procura apposta in calce o a margine del ricorso per cassazione, essendo per sua natura speciale, non richiede ai fini della sua validità alcuno specifico riferimento al giudizio in corso, sicché risultano irrilevanti sia la mancanza di uno specifico richiamo al giudizio di legittimità sia il fatto che la formula adottata faccia cenno a poteri e facoltà solitamente rapportabili al giudizio di merito (v. da ultimo e per tutte, Cass. n.26504/09).
1.2. - Nello specifico, la procura al difensore della parte ricorrente è stata apposta a margine del ricorso, con il quale, pertanto, forma corpo unico, di guisa che nessun dubbio è lecito nutrire sul suo carattere speciale, in rapporto sia al giudizio di legittimità, sia alla sentenza di merito impugnata, ben specificata nel ricorso stesso;
2. - Con unico motivo d'impugnazione, articolato in più punti, la società ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dell'art. 2119 c.c., art. 1453 c.c. e ss., art. 2472 c.c. e ss., art. 1750 c.c., ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonché l'omessa motivazione su punti decisivi della controversia prospettati dalle parti e comunque rilevabili d'ufficio, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Sostiene in particolare, che l'art. 2119 c.c., non è stato correttamente applicato in quanto la sentenza impugnata ha attribuito rilievo, ai fini della lesione del rapporto fiduciario, a comportamenti estranei al rapporto di agenzia, tenuti da un soggetto terzo rispetto alla società agente, lì dove, invece, la norma in esame esclude, in linea di principio, dal suo ambito di rilevanza i comportamenti estranei al rapporto, salvo da essi possa scaturire il fondato convincimento che la controparte non sia più professionalmente idonea alla corretta prosecuzione del rapporto, ma sempre se si tratti di una condotta del medesimo soggetto parte del contratto di agenzia.
La Corte di merito, si sostiene, esclusivamente preoccupata di tutelare l'aspetto fiduciario del rapporto tra la preponente e il soggetto agente, non ha considerato che l'alterazione della fiducia non si è accompagnata ad alcuna condotta della SO., punendo con il recesso per giusta causa quest'ultima e la sua compagine sociale per il solo fatto che un socio si sarebbe reso insolvente in un altro, diverso rapporto d'agenzia con la stessa SI. Inoltre, la Corte territoriale non ha considerato che il recesso ai sensi dell'art. 2119 c.c., analogicamente applicato al contratto d'agenzia, configura pur sempre un'ipotesi di risoluzione contrattuale, ragion per cui in base all'art. 1453 c.c. e ss., presuppone ad ogni modo fatti o situazioni inerenti al rapporto e ai suoi soggetti.
È, infine, infondato in fatto ed errato in diritto che la SO. costituisca uno schermo delle attività di B.F.. Affermare che la personalità giuridica del soggetto contraente non sia altro che uno schermo dietro il quale si celano le condotte dei soci, tale da rendere irrilevante la soggettività della società di capitali ed imporre l'esigenza di un rapporto fiduciario con tutti i soci, significa scardinare i principi fondamentali in materia, intaccando l'autonomia della società rispetto alle condotte degli azionisti o dei quotisti.
2.1. - Il motivo è infondato.
Il contratto d'agenzia, al pari di quello di lavoro, col quale presenta evidenti addentellati causali (per la comune derivazione dallo schema primario della locatio operarum), si basa sull'intuitus personae, il cui venir meno, incrinando la fiducia nella necessaria collaborazione delle parti tra loro, legittima lo scioglimento del rapporto.
In tema di contratto d'agenzia, questa Corte ha avuto modo di affermare che pur nella sostanziale diversità delle rispettive prestazioni e della relativa configurazione giuridica, per stabilire se lo scioglimento del contratto stesso sia avvenuto o meno per un fatto imputabile al preponente o all'agente, tale da impedire la possibilità di prosecuzione anche temporanea del rapporto, può essere utilizzato per analogia il concetto di giusta causa di cui all'art. 2119 cc., previsto per il lavoro subordinato; il giudizio sulla sussistenza di una giusta causa di recesso costituisce valutazione rimessa al giudice di merito e incensurabile in sede di legittimità ove sorretto da un accertamento sufficientemente specifico degli elementi di fatto e da corretti criteri di carattere generale ispiratori del giudizio di tipo valutativo (Cass. nn. 422/06, 3595/11, 3869/11).
È stato inoltre precisato che, tuttavia, per la valutazione della gravità della condotta, deve considerarsi che nel contratto di agenzia il rapporto di fiducia - in corrispondenza della maggiore autonomia di gestione dell'attività per luoghi, tempi, modalità e mezzi, in funzione del conseguimento delle finalità aziendali - assume maggiore intensità rispetto al rapporto di lavoro subordinato, per cui ai fini della legittimità del recesso è sufficiente un fatto di minore consistenza (Cass. n. 14771/08).
Altro aspetto comune tra lavoro subordinato e agenzia è dato dal rilievo che in quest'ultimo rapporto può assumere l'avvicendamento di più soggetti mandatali nella titolarità dell'impresa agente, trovando applicazione, in presenza di continuità aziendale, la norma dell'art. 2112 c.c. (cfr. Cass. n. 9728/97).
La sia pur parziale assimilazione delle due figure contrattuali, attraverso le direttrici comuni della fiducia e. della continuità aziendale, nell'ottica della prevalenza dell'effettività del rapporto economico tra l'impresa preponente e l'impresa preposta, sulla rispettiva titolarità formale, induce, dunque, a ritenere rilevante ogni comportamento idoneo a gravare sul rapporto delle parti, potenzialmente anche oltre la mera imputabilità soggettiva delle singole condotte.
2.2. - Il quesito peculiare che pone il caso di specie riguarda la possibilità che lo scioglimento del rapporto d'agenzia per giusta causa possa essere determinato anche da una condotta, essa stessa costituente inadempimento di obbligazioni derivanti da altro contratto di agenzia col medesimo preponente, di un soggetto formalmente terzo rispetto all'agente, ma che tuttavia sia ad esso collegabile, in via diretta o indiretta.
Il richiamo alla nozione di giusta causa, enucleabile dall'art. 2119 c.c., analogicamente applicato, pone al centro della risposta l'inadempimento colpevole quale fatto generatore della crisi di fiducia, e non come evento lesivo dell'equilibrio sinallagmatico, non necessariamente apprezzabile in un rapporto di durata che, come quello di agenzia, è connotato da una rete complessa di obbligazioni reciproche, non esaurentesi nella corrispettività a coppie tra prestazione lato sensu lavorativa e remunerazione in denaro.
Se dunque ciò che rileva ai fini del legittimo esercizio della facoltà di recesso per giusta causa è il fatto incidente sull'affidamento dell'una parte verso l'altra, indipendentemente dalla ricaduta che esso abbia o non nell'economia del rapporto di scambio, possono assumere importanza anche condotte di terzi che per il loro collegamento, a vario titolo, con l'agente, siano tali da far venir meno nel preponente l'aspettativa che la futura esecuzione del contratto da parte di quest'ultimo avvenga in maniera conforme agli obblighi convenzionali o di legge, incluso quello generale di correttezza sancito dall'art. 1375 c.c., generatore di obbligazioni collaterali di tipo protettivo.
La circostanza che, a sua volta, la condotta del terzo costituisca essa stessa violazione degli obblighi inerenti ad un altro contratto di agenzia, non porta a deviare l'angolo visuale e a trasporre i piani dei rispettivi rapporti. L'inadempimento del terzo che sia anch'egli agente del medesimo preponente in forza di un diverso contratto di agenzia, mantiene all'interno di quest'ultimo il proprio autonomo rilievo ad ogni possibile effetto, mentre nell'altro rapporto la giusta causa di recesso dipende dalla violazione, anch'essa qualificabile come inadempimento, del dovere di correttezza dell'agente, il quale deve mantenere la propria organizzazione aziendale al riparo dall'ingerenza del soggetto che ha mostrato, sia pure in altro contesto, di non essere affidabile.
2.3. - L'accertamento di una siffatta infrazione dell'obbligo di correttezza implica una caratteristica indagine di fatto, come tale rimessa al giudice di merito, la cui decisione al riguardo non è sindacabile se congruamente e logicamente motivata.
2.3.1. - Tale apprezzamento è stato operato, nel caso di specie, in maniera adeguata e immune da censure d'illogicità da parte della Corte d'appello capitolina, la quale ha ritenuto integrati gli estremi della giusta causa valorizzando vari elementi della fattispecie, quali la ridottissima compagine dei soci della SO.(prima tre, poi solo due), tra cui B.F.; le testimonianze raccolte, in base alle quali B.F. sia di fatto, sia di diritto, attraverso procure e nomine a cariche sociali, in qualsiasi momento poteva intervenire nella gestione della predetta società agente; la storia del lungo rapporto di agenzia in questione, iniziato nel 1973, essendo la SO. s.r.l. sorta per effetto della trasformazione dell'omonima s.a.s., la quale, a sua volta, era subentrata, senza soluzione di continuità, a B.F. nella posizione di agente; e la circostanza che quest'ultimo aveva continuato ad essere iscritto all'albo degli agenti di assicurazione.
In tale motivazione non sono isolabili insufficienze ovvero incongruità logiche nell'individuare B.F. come soggetto ancora capace di influire in maniera decisiva su ogni aspetto gestionale della SO. e, quindi, sull'esecuzione del contratto di agenzia che legava quest'ultima alla S.I. Con la conseguenza che la medesima società agente è stata ritenuta esposta all'ingerenza di un soggetto non affidabile, circostanza che integra la violazione di un obbligo di protezione verso la preponente.
3. - In conclusione il ricorso va respinto.
4. - Sussistono giusti motivi, in considerazione della parziale novità della questione di diritto affrontata, per compensare integralmente fra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e dichiara integralmente compensate le spese
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