DIRITTO CIVILE: L'affissione in bacheca di dati personali dei condomini viola la privacy. Cass. civ. 4 gennaio 2011, n. 186.



Nota di Nunzia Liberatoscioli. Avvocato - Foro di Chieti.

Lamentando la violazione della privacy, un condomino agisce contro il condominio e il suo amministratore, in seguito all’esposizione, nella bacheca condominiale posta all’interno dello spazio comune (e quindi accessibile al pubblico), del proprio nominativo nell’elenco dei condomini e delle rispettive quote condominiali, comprese quelle non ancora pagate.

In primo grado, il Tribunale rigetta la domanda del condomino, adducendo che, trattandosi di meri dati contabili e non di dati personali, la loro esibizione è funzionale alla buona amministrazione del condominio, per cui, bilanciando gli interessi in gioco, l’esigenza di efficienza e di controllo dell’operato dell’amministratore deve prevalere sul diritto alla riservatezza.
Impugnata la pronuncia, mediante ricorso immediato in Cassazione (art. 152, comma 13, Cod. Privacy), la Suprema Corte accoglie le doglianze del condomino, cassando la sentenza e rinviando la causa ad altro giudice di primo grado.
In particolare, i Giudici di Piazza Cavour partono dal presupposto che anche i dati dei condomini raccolti per la gestione della cosa comune, compresi gli eventuali debiti di ciascuno nei confronti del condominio, rientrano nella nozione di dati personali. Del resto, la definizione di “dato personale” prevista dall’art. 4, Cod. Privacy è tutt’altro che ristretta, comprendendo “qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale”. In sostanza, come afferma la Cassazione nella pronuncia in oggetto, “l’elemento qualificante dell’informazione, perché possa essere considerata dato personale, è rappresentato esclusivamente dal fatto che essa si riferisca ad un soggetto determinato o determinabile”.
Di conseguenza, i dati riferiti a ciascun condomino e raccolti per la gestione collettiva, pur avendo un mero valore contabile, rappresentano, allo stesso tempo, dati personali e, come tali, sono soggetti alla disciplina speciale dettata dal D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, recante il Codice in materia di protezione dei dati personali (più note come Codice della privacy). Ciò posto, sempre secondo la Suprema Corte, l’amministratore ha la possibilità di raccogliere, registrare, conservare, esibire e selezionare tutte le informazioni necessarie per la gestione e l’amministrazione della cosa comune (comprese le posizioni di dare e avere dei singoli condomini) e può anche comunicarle a tutti gli altri partecipanti, ma, nello stesso tempo, ha il “dovere di adottare le opportune cautele per evitare l’accesso a quei dati da parte di persone estranee al condominio”.
In definitiva, ribaltando la decisione del Tribunale, la Cassazione, sulla base dell’art. 2, Cost. e dell’art. 8, CEDU, precisa che il diritto alla riservatezza deve sempre prevalere sulle esigenze di efficienza ed enuncia il seguente principio di diritto: “la disciplina del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, prescrivendo che il trattamento dei dati personali avvenga nell'osservanza dei principi di proporzionalità, di pertinenza e di non eccedenza rispetto agli scopi per i quali i dati stessi sono raccolti, non consente che gli spazi condominiali, aperti all'accesso a terzi estranei al condominio, possano essere utilizzati per la comunicazione di dati personali riferibili al singolo condomino; pertanto - fermo il diritto di ciascun condomino di conoscere, anche su propria iniziativa, gli inadempimenti altrui nei confronti della collettività condominiale - l'affissione nella bacheca dell'androne condominiale, da parte dell'amministratore, dell'informazione concernente le posizioni di debito del singolo partecipante al condominio, risolvendosi nella messa a disposizione di quel dato in favore di una serie indeterminata di persone estranee, costituisce un'indebita diffusione, come tale illecita e fonte di responsabilità civile, ai sensi degli artt. 11 e 15 del codice".
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Cass. civ. , Sez. II, Ord., 04 gennaio 2011, n. 186
1.-Preliminarmente, va affermata l'immediata ricorribilità per cassazione della sentenza del Tribunale. Poiché, infatti, detta pronuncia è stata resa in. una controversia riguardante l'applicazione delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, d'ora in poi, codice, trova applicazione l'art. 152, comma 13, dello stesso codice, il quale dichiara la sentenza del tribunale che definisce nel merito tale controversia (cfr. Cass., sez. un., 7 ottobre 2008, n. 24708) non appellabile, ma immediatamente ricorribile per cassazione.
Superando la prospettazione contenuta nella proposta di definizione ex art. 380 bis c.p.c., il Collegio ritiene che l'applicazione di siffatto regime impugnatorio non è impedita dal fatto che il giudice di primo grado, dopo avere correttamente qualificato la domanda nel senso che essa concerneva l'applicazione del codice della privacy, non si sia conformato al rito speciale delineato dallo stesso art. 152, ma abbia applicato, in un giudizio introdotto con citazione, il rito ordinario, avendo omesso sia di prescrivere il termine per notificare la domanda introduttiva al Garante per la protezione dei dati personali, in modo da provocarne la partecipazione al giudizio, sia di dare lettura del dispositivo in udienza. Infatti, ciò che vale ai fini della individuazione del mezzo di impugnazione proponibile è che sia stata posta una domanda concernente direttamente la protezione dei dati personali secondo le norme del D.Lgs. n. 196 del 2003, e che il giudice abbia ritenuto esatta questa qualificazione, restando irrilevante il tipo di procedimento adottato (cfr. Cass., sez. un., 1 febbraio 2008, n. 2434).
2. - Con l'unico motivo, la ricorrente - richiamando il provvedimento del Garante per la protezione dei dai personali in data 18 maggio 2006 (in Gazzetta Ufficiale n. 152 del 3 luglio 2006) - denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 196 del 2003, artt. 11 e 12, dolendosi dell'illiceità della diffusione dei dati personali effettuata dall'amministratore mediante l'affissione di avvisi di mora o comunque di sollecitazioni di pagamento in spazi condominiali accessibili al pubblico.
2.1. - La censura è manifestamente fondata.
2.1.1. - Occorre premettere che i dati riferiti ai singoli partecipanti al condominio, raccolti ed utilizzati per le finalità riconducibili alla disciplina civilistica di cui all'art. 1117 c.c. e ss., ed alle relative norme di attuazione, ivi compresi quelli relativi alle posizioni debitorie di ciascuno nei confronti della collettività condominiale, costituiscono dati personali, ai sensi dell'art. 4, comma 1, lett. b).
Infatti, l'elemento qualificante dell'informazione, perchè possa essere considerata dato personale, è rappresentato esclusivamente dal fatto che essa si riferisca ad un soggetto determinato o determinabile.
La misura in cui ciascun condomino è tenuto a partecipare alle spese condominiali e i dati relativi alla mora nel pagamento dei contributi, hanno certamente una valenza contabile, di interesse ai fini della gestione collettiva, ma ciò non fa venir meno la loro natura di dati personali, soggetti, in quanto tali, alla disciplina del codice e alle regole generali per il trattamento che esso delinea.
Affinchè questa disciplina sia applicabile, non occorre che il dato sia anche sensibile (ossia idoneo a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, ovvero, ancora, idoneo a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale), giacchè l'appartenenza dell'informazione alla sottoclasse dei dati sensibili comporta la previsione di una disciplina di tutela e di garanzia ulteriore contro i rischi della circolazione (v., ad esempio, l'art. 26 del codice), in considerazione della intrinseca attitudine di questi dati ad essere strumentalizzati per fini discriminatori.
2.1.2. - In ambito condominiale, le informazioni relative al riparto delle spese, all'entità del contributo dovuto da ciascuno e alla mora nel pagamento degli oneri pregressi possono senz' altro essere oggetto di trattamento, anche senza il consenso dell'interessato, come si ricava dall'art. 24 del codice.
Difatti, le attività di gestione ed amministrazione delle parti comuni implicano che l'amministratore possa procedere alla raccolta, registrazione, conservazione, elaborazione e selezione delle informazioni concernenti le posizioni di dare ed avere dei singoli partecipanti al condominio. Del pari, ragioni di buon andamento e di trasparenza giustificano una comunicazione di questi dati a tutti i condomini, non solo su iniziativa dell'amministratore in sede di rendiconto annuale o di assemblea ovvero nell'ambito delle informazioni periodiche trasmesse nell'assolvimento degli obblighi scaturenti dal mandato ricevuto, ma anche su richiesta di ciascun condomino, essendo questi investito di un potere di vigilanza e di controllo sull'attività di gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni, che lo abilita a domandare in ogni tempo all'amministratore informazioni sulla situazione contabile del condominio, comprese quelle che riguardano eventuali posizioni debitorie degli altri partecipanti.
Il trattamento dei dati personali, per essere lecito, deve tuttavia avvenire nell'osservanza dei principi di proporzionalità, di pertinenza e di non eccedenza rispetto agli scopi per i quali i dati stessi sono raccolti (art. 11 del codice).
Sull'amministratore del condominio, pertanto, grava il dovere di adottare le opportune cautele per evitare l'accesso a quei dati da parte di persone estranee al condominio.
Ora, l'affissione nella bacheca dell'androne condominiale del dato personale concernente le posizioni di debito del singolo condomino va al di là della giustificata comunicazione dell'informazione ai soggetti interessati nell'ambito della compagine condominiale; tale affissione, infatti, avvenendo in uno spazio accessibile al pubblico, non solo non è necessaria ai fini dell'amministrazione comune, ma, soprattutto, si risolve nella messa a disposizione di quei dati in favore di una serie indeterminata di persone estranee e, quindi, in una indebita diffusione, come tale illecita e fonte di responsabilità civile, ai sensi degli artt. 11 e 15 del codice.
Ha pertanto errato la sentenza impugnata a ritenere prevalenti, sul "diritto alla riservatezza", "esigenze di efficienza". Tale bilanciamento non tiene conto del rango di diritto fondamentale assunto dal diritto alla protezione dei dati personali, tutelatodall'art. 2 della Costituzione italiana e dall'art. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea: un diritto a mantenere il controllo sulle proprie informazioni che, spettando non solo alle persone in vista ma a "chiunque" (art. 1 del codice) e ad "ogni persona" (art. 8 della Carta) nei diversi contesti ed ambienti di vita, concorre a delineare l'assetto di una società rispettosa dell'altro e della sua dignità in condizioni di eguaglianza.
3. - La sentenza impugnata è cassata.
La causa deve essere rinviata al Tribunale di Napoli, che la deciderà in persona di diverso magistrato.
Il giudice del rinvio si atterrà al seguente principio di diritto:
"La disciplina del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, prescrivendo che il trattamento dei dati personali avvenga nell'osservanza dei principi di proporzionalità, di pertinenza e di non eccedenza rispetto agli scopi per i quali i dati stessi sono raccolti, non consente che gli spazi condominiali, aperti all'accesso a terzi estranei al condominio, possano essere utilizzati per la comunicazione di dati personali riferibili al singolo condomino;
pertanto - fermo il diritto di ciascun condomino di conoscere, anche su propria iniziativa, gli inadempimenti altrui nei confronti della collettività condominiale - l'affissione nella bacheca dell'androne condominiale, da parte dell'amministratore, dell'informazione concernente le posizioni di debito del singolo partecipante al condominio, risolvendosi nella messa a disposizione di quel dato in favore di una serie indeterminata di persone estranee, costituisce un'indebita diffusione, come tale illecita e fonte di responsabilità civile, ai sensi degli artt. 11 e 15 del codice".
Al giudice del rinvio è demandato anche il compito di provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa, la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Napoli, in persona di diverso giudicante.

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