DIRITTO DEL LAVORO. L'illegittimo rifiuto del datore di lavoro di concedere le ferie richieste non autorizza il lavoratore ad agire "in autotutela".



Non avendo potuto godere delle ferie maturate nel corso di un biennio perché la sua richiesta, seppure reiterata, era stata respinta dalla A.S.L. di appartenenza, un medico adiva l’Autorità Giudiziaria affinché ordinasse al datore di lavoro di fargli godere le ferie spettanti.

Al termine del giudizio di merito, instauratosi in seguito ad un procedimento d’urgenza ex art. 700, c.p.c., la A.S.L. veniva condannata alla concessione dei giorni di ferie annuali residui e, allo stesso tempo, il comportamento del ricorrente, che si era posto in ferie unilateralmente, cioè a prescindere dall’autorizzazione del proprio datore di lavoro, veniva reputato illegittimo. In effetti, come ricordava anche la Corte d’appello, l’accordo collettivo per i medici convenzionati di cui al D.P.R. n. 270/2000 stabiliva che i giorni di ferie spettanti ai sanitari fossero fruiti in parte a scelta dei medici ed in parte a scelta della A.S.L., spettando a quest’ultima il potere di contemperare il riposo dei dipendenti con le esigenze di servizio del datore di lavoro.
La pronuncia della Corte territoriale veniva impugnata dal medico dinanzi alla Cassazione, adducendo sia la violazione delle norme che disciplinano il diritto del lavoratore al riposo feriale (nella specie, vengono richiamati l’art. 68, D.P.R. 270/2000 e i principi costituzionali di irrinunciabilità del diritto alle ferie e di tutela della salute, nonché le fonti internazionali e comunitarie in materia), sia il difetto di motivazione, poiché la sentenza, per un verso, affermava che il diritto a godere delle ferie annuali poteva essere rifiutato dal datore di lavoro solo in presenza di esigenze eccezionali, e per l’altro, riteneva che, nel caso di specie, il rifiuto della A.S.L. era legittimo in quanto altri medici aveva effettuato richiesta di ferie nel medesimo periodo, seppure ciò fosse dovuto alla cronica carenza di organico.
La Suprema Corte ha reputato infondati i citati motivi, respingendo il ricorso del medico, poiché, fermo restando il «diritto irrinunciabile a godere delle ferie maturate nell’anno», il giudice di secondo grado aveva di fatto riconosciuto l’illegittimità del comportamento datoriale, dal quale sarebbe scaturito il diritto del lavoratore al risarcimento dei danni, che, tuttavia, non era stato concesso in quanto la richiesta del ricorrente era priva di alcun supporto probatorio.
In ogni caso, ha precisato la Corte, «il problema che resta […] è invece di decidere se, a fronte di una rituale richiesta di godere delle ferie annuali e di un rifiuto da parte del datore che non sia conforme alla normativa applicabile, il dipendente possa agire “in autotutela”, assentandosi dal luogo di lavoro per usufruirne»: ebbene, la risposta a tale quesito non può che essere negativa.
«Non vi è dubbio infatti che, secondo la disciplina di cui al D.P.R. n. 270 del 2000, accordo collettivo per i medici di medicina generale, dei 21 giorni di ferie complessivi spettanti, competa al medico la scelta di 11, mentre i residui 10 si usufruiscono su indicazione dell’azienda. Al medico compete dunque di “scegliere”, ma non può poi prescindere dal previo consenso della A.S.L., giacché la norma fa riferimento solo alla “scelta” non alla “decisione”, ed il fatto che ciò debba avvenire compatibilmente con le esigenze aziendali è dimostrato dall’ultima parte della disposizione, laddove si limita in ogni caso l’assenza dal servizio in misura pari ad un totale di ore lavorative pari a tre volte l’impegno orario settimanale».
In sostanza, per evitare che un servizio essenziale, come quelle di medicina generale, resti privo di copertura, gli Ermellini hanno ribadito l’affermazione della Corte territoriale circa la necessità di un equo contemperamento degli interessi in gioco, fondato su un rapporto di leale coordinamento e collaborazione tra azienda e professionista: la prima, «per garantire il godimento nell’anno delle ferie maturate, non può trincerarsi dietro esigenze del servizio che siano in realtà dovute a carenze di organico permanenti, ed in ogni caso, qualora opponga un rifiuto alla richiesta, deve indicare il diverso periodo, nell’arco dell’anno, in cui è possibile il godimento del riposo»; il secondo, invece, «vede sacrificato il suo diritto al godimento delle ferie nell’anno in caso di eventi eccezionali ed imprevedibili ed è tenuto ad armonizzare le sue richieste con quelle dei colleghi per evitare la scopertura del servizio».
«Conclusivamente la illegittimità del rifiuto datoriale può essere causativo di risarcimento danni, ma non autorizza alla decisione unilaterale di fruizione del riposo».
____________________
Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, Sentenza del 10.06.2011, n. 12805.
Motivi della decisione
Con il primo motivo si denunzia violazione dell’art. 68 del DPR 270/2000, per avere la Corte territoriale affermato che spetta al datore il potere di contemperare il diritto del lavoratore al riposo feriale con le esigenze di servizio per cui, nella specie, ferma la possibilità di scelta del medico, la ASL poteva opporre esigenze ostative, mentre detta interpretazione, sostiene il ricorrente, sarebbe in contrasto con i principi costituzionali di irrinunciabilità del diritto alle ferie e di tutela della salute. Nello stesso senso sarebbero anche fonti internazionali, come la convenzione OIL n. 132 del 1970, ratificata con legge 157/1981 e comunitarie, come la direttiva CE 93/104 e successive modifiche, nonché l’art. 10 del sopravvenuto decreto legislativo n. 66/2003, ed anche la giurisprudenza comunitaria. Inoltre le ferie, per consentire il reintegro delle energie psico-fisiche devono essere godute entro l’anno di riferimento, per cui sarebbe illegittima la sentenza impugnata che ha dichiarato illegittimo il suo comportamento di godere delle ferie dal 23 al 31 dicembre 2011, ancorché avesse lavorato ininterrottamente dal 1999 ed essendo state respinte le sue richieste il 17 maggio e del 18 settembre 2001.
A seguire la tesi della Corte territoriale, sostiene il ricorrente, il diritto alle ferie potrebbe essere rinviato di anno in anno in presenza di non meglio precisate esigenze di servizio e verrebbe meno il principio, ancorché astrattamente enunciato “dell’equo contemperamento”. Secondo la Corte Costituzionale il sacrificio del diritto alle ferie è legittimo solo se le esigenze di servizio assumano carattere eccezionale, mentre nella specie non ricorreva alcuna situazione eccezionale ed imprevedibile, ma solo la cronica carenza di organico. Sarebbe altresì legittimo il comportamento del lavoratore che agisce “in autotutela”, ossia decide unilateralmente di fruirne dopo averle tempestivamente richieste, quando non sussistano valide ragioni ostative.
Con il secondo mezzo si denunzia difetto di motivazione, perché la sentenza impugnata aveva, da un lato, affermato in via generale che il diritto al godimento delle ferie dell’anno può essere negato dal datore solo quando ricorrano esigenze eccezionali, dall’altro aveva ritenuto che nella specie il rifiuto della A. (datore di lavoro) era legittimo per il solo fatto che altri medici avevano chiesto di fruire di ferie nel medesimo periodo, nonostante detta impossibilità fosse dovuta a perdurante carenza di organico.
I due motivi, da trattare congiuntamente, non sono fondati.
Invero, non è qui in questione la esistenza del diritto irrinunciabile a godere delle ferie maturate nell’anno, come chiaramente prescrive la normativa a cui il ricorrente fa riferimento e neppure la illegittimità del rifiuto della A. (datore di lavoro) di concedere le ferie richieste, giacché così ha statuito la sentenza impugnata. I Giudici d’appello hanno infatti riconosciuto la illegittimità del comportamento datoriale ed hanno affermato che detta illegittimità era passibile di risarcimento danni, che però hanno negato ( senza censure da parte del ricorrente) perché la richiesta non era supportata da idonee allegazioni.
II problema che resta, ed è unico nella sostanza che il ricorrente propone, è invece di decidere se, a fronte di una rituale richiesta di godere delle ferie annuali e di un rifiuto da parte del datore che non sia conforme alla normativa applicabile, il dipendente possa agire “in autotutela”, assentandosi dal luogo di lavoro per usufruirne.
Al quesito non può che darsi risposta negativa.
Non vi è dubbio infatti che, secondo la disciplina di cui al dpr n. 270 del 2000, accordo collettivo per i medici di medicina generale, dei 21 giorni di ferie complessivi spettanti, competa al medico la scelta di 11, mentre i residui 10 si usufruiscono su indicazione dell’azienda. Al medico compete dunque di “scegliere”, ma non può poi prescindere dal previo consenso della ASL, giacché la norma fa riferimento solo alla “scelta” non alla “decisione”, ed il fatto che ciò debba avvenire compatibilmente con le esigenze aziendali è dimostrato dall’ultima parte della disposizione, laddove si limita in ogni caso l’assenza dal servizio in misura pari ad un totale di ore lavorative pari a tre volte l’impegno orario settimanale.
D’altra parte la necessità di un equo contemperamento tra le esigenze dei medici e quelle della ASL, e quindi la illegittimità di ogni forma di iniziativa unilaterale, appare intrinseca al tipo di servizio reso, dal momento che, anche in presenza di un organico completo, sarebbe impossibile la concessione delle ferie maturate annualmente se tutti i medici concentrassero la loro richiesta nel medesimo periodo, pena la completa scopertura di un servizio essenziale come quello della medicina generale. Di qui l’equo contemperamento degli interessi che possono essere divergenti, e che richiede un leale rapporto di coordinamento e collaborazione, per cui la ASL, in primo luogo, per garantire il godimento nell’anno delle ferie maturate, non può trincerarsi dietro esigenze del servizio che siano in realtà dovute a carenze di organico permanenti, ed in ogni caso, qualora opponga un rifiuto alla richiesta, deve indicare il diverso periodo, nell’arco dell’anno, in cui è possibile il godimento del riposo. Il medico, da parte sua, vede sacrificato il suo diritto al godimento delle ferie nell’anno in caso di eventi eccezionali ed imprevedibili ed è tenuto ad armonizzare le sue richieste con quelle dei colleghi per evitare la scopertura del servizio.
Conclusivamente la illegittimità del rifiuto datoriale può essere causativo di risarcimento danni, ma non autorizza alla decisione unilaterale di fruizione del riposo.
Il primo motivo di ricorso va quindi rigettato.
Quanto al secondo motivo sul difetto di motivazione, la Corte territoriale ha in ogni caso ritenuto illegittimo il rifiuto di concessione delle ferie richieste per non avere la ASL indicato il periodo diverso di godimento, ed anche perché detta impossibilità non era dovuta ad eventi eccezionali, ma alla cronica carenza di organico, a cui la ASL medesima avrebbe dovuto comunque far fronte, che ricorrendo ad incarichi temporanei, al fine di garantire la tempestiva fruizione del periodo feriale nell’anno. Stante la riconosciuta illegittimità del comportamento della ASL, il ricorrente non sembra avere ragioni di doglianza, supportate da specifiche allegazioni probatorie.
Parimenti infondato è il terzo motivo, in cui si censura la sentenza per violazione degli artt. 700 e 669 cod. proc. civ. non potendo la decisione unilaterale di collocarsi in ferie trovare legittimità nel provvedimento d’urgenza, giacché con esso il Tribunale si è limitato alla seguente statuizione: “dichiara il diritto di (…) ad usufruire di nove giorni di ferie per l’anno 2001″, riconoscendo così il diritto ma senza conferire alcuna autorizzazione ad agire unilateralmente. In definitiva il ricorso va rigettato. Nulla per le spese non avendo la controparte svolto attività difensiva.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Depositata in Cancelleria il 10.06.2011

Fai una domanda