DIRITTO PROCESSUALE CIVILE. Litisconsorzio necessario del coniuge fallito nel giudizio di revocatoria avente ad oggetto la costituzione del fondo patrimoniale. Cass. 18 ottobre 2011 n. 21494.



Nota dell'Avv. Rosalia Terrei

La sentenza che si annota si pronuncia sulla legittimazione passiva dei coniugi nell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c. promossa da un creditore personale e volta a rendere inefficace l’atto costitutivo del fondo patrimoniale, al quale avevano partecipato entrambi i coniugi, anche nel caso in cui uno dei due è stato dichiarato fallito. 

Nel caso di specie i coniugi, in regime di separazione dei beni, costituivano un fondo patrimoniale destinandovi due spezzoni di terreno e un fabbricato.
Il marito, proprietario dei beni oggetto del vincolo di detsinaizone, e socio illimitamente responsabile di una snc, veniva dichiarato fallito.
Dunque la curatela, deducendo che con la costituzione del fondo i coniugi avevano consapevolmente sottratto tali beni ai creditori della società fallita, chiedevano la declaratoria di inefficacia dell’atto costitutivo ex art. 2901 c.c..
In primo grado la domanda veniva rigettata.
La Corte d’Appello riformava la decisione e dichiarava l’inefficacia dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale nei confronti della curatela.
La moglie ricorre per cassazione lamentando la nullità dei giudizi di merito, in quanto in entrambi non era stato chiamato il marito, proprietario dei beni conferiti nel fondo patrimoniale e parte nell’atto costitutivo dello stesso.
La censura ad avviso dei Giudici di Legittimità è fondata.
Prima di passare ad analizzare le ragioni su cui si fonda la decisione della Corte di Cassazione è opportuno richiamare i caratteri e la disciplina del fondo patrimoniale, ex artt. 167 e seguenti del c.c.
I coniugi, congiuntamente o separatamente, o un terzo, possono costituire un patrimonio vincolato e destinato a far fronte ai bisogni della famiglia. 
L’atto costitutivo può attribuire la proprietà dei beni ad uno solo dei coniugi o al terzo costituente. In tal caso i coniugi avranno un diritto di godimento a carattere sostanziale reale. 
I beneficiari del vincolo sono i membri della famiglia nucleare, tra i quali esiste un dovere di contribuzione legato ai bisogni del gruppo.
La costituzione può avvenire inter vivos, nel caso in cui autori siano i coniugi, o mortis causa nel diverso caso di un terzo.
In tale ultimo caso se la costituzione avviene per testamento, la stessa può essere fatta con legato o con istituzione ereditaria, purché nei limiti della quota disponibile.
L’atto costitutivo del fondo è un atto di liberalità, perché nasce nei rapporti reciproci e con i figli, creando un vincolo di indisponibilità con destinazione dei frutti ai soli bisogni della famiglia.
Inoltre, ex art. 169 c.c. , non si possono alienare, ipotecare, dare in pegno e vincolare i beni del fondo, se non con il consenso dei coniugi, e se vi sono figli minori, con l’autorizzazione del Giudice Tutelare.
L’amministrazione dei beni costituenti il fondo è regolata dalle norme sulla comunione legale, ex art 168, III comma, c.c.
Il fondo patrimoniale cessa a seguito di annullamento del matrimonio o di divorzio o, in assenza di figli minori, nei casi previsti ex art 191 c.c.
Può aversi anche lo scioglimento volontario, salvo il caso in cui vi sia prole minorenne, in quanto in tale ipotesi, il fondo avrà vita fino al raggiungimento della maggiore età dei figli.
Caratteristica del fondo patrimoniale è la destinazione al perseguimento di una funzione esclusiva di determinati beni, che restano così sottratti alla regola ex art. 2740 c.c.
Inoltre, pur rientrando nelle convenzioni matrimoniali, non costituisce un regime patrimoniale alternativo agli altri, ma si innesta su di essi, avendo ad oggetto solo alcuni beni.
Il vincolo di destinazione si concreta in una speciale disciplina dell’amministrazione e nei limiti di indisponibilità ed inespropriabilità da parte dei terzi.      
I Giudici di Legittimità già in precedenza hanno affrontato la questione riguardante l’esperibilità dell’azione revocatoria avverso un fondo patrimoniale nel caso in cui il debito sia stato contratto da un solo coniuge.
Infatti, come abbiamo evidenziato il patrimonio del fondo è caratterizzato da un vincolo di inespropriabilità così che, nel caso in cui i coniugi dovessero contrarre un obbligazione per esigenze diverse da quelle della famiglia, i creditori non potrebbero soddisfare le proprie ragioni aggredendo i beni del fondo.
I creditori hanno però la possibilità di agire attraverso l’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. per vedere dichiarata l’inefficacia, nei loro confronti, dell’atto di costituzione del fondo.
Tale strumento può essere legittimamente invocato in presenza di alcune condizioni. 
In primo luogo, è necessario che vi sia un credito. 
In secondo luogo, che il debitore abbia agito con un atto di disposizione, da intendere come atto in grado di influenzare profondamente e negativamente il patrimonio del debitore, diminuendone l’attivo o aumentandone il passivo. 
In terza istanza, è richiesto che tale atto arrechi pregiudizio alle ragioni del creditore. In particolare, è sufficiente che l’atto di disposizione renda più difficile o più onerosa la realizzazione del diritto.
Infine, dal punto di vista soggettivo, è necessario che il debitore sia consapevole di ledere con l’atto di disposizione la garanzia del creditore. Ciò è evidente se l’atto è successivo all’assunzione del debito. Nel caso in cui sia antecedente, invece, spetterà al creditore la prova che l’atto era dolosamente preordinato dal debitore, al fine di spogliarsi di parte del suo patrimonio, in vista della nascita dell’obbligazione. 
Se l’atto, inoltre, è a titolo gratuito la prova del consilium fraudis è sufficiente. 
Diversamente se è oneroso, è necessario provare la partecipatio fraudis e cioè che il terzo contraente fosse consapevole del pregiudizio arrecato al creditore.   
Già la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 10052, del 26 febbraio-29 aprile 2009, ha affermato la natura gratuita dell’atto istitutivo del fondo patrimoniale, ammettendo così l’esperibilità, nei suoi confronti, dell’azione revocatoria ordinaria.
Inoltre, i Giudici di Legittimità hanno evidenziato come la costituzione di un vincolo su alcuni beni ad opera dei coniugi sia sufficiente a determinare una variazione quantitativa del patrimonio del debitore, tale da costituire un pericolo di danno per il creditore, individuabile nell’infruttuosità di una eventuale e futura azione esecutiva.
Dal punto di vista soggettivo, nel caso in cui la costituzione del fondo sia successiva all’assunzione del debito, è sufficiente la consapevolezza di arrecare pregiudizio al creditore, la cui prova può essere data anche tramite presunzioni.
Se diversamente l’atto di disposizione è anteriore al sorgere del credito, come affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24757 del 2008, non è necessario un dolo specifico e cioè la consapevole volontà del debitore di pregiudicare le ragioni del creditore. Deve ritenersi, infatti, sufficiente il dolo generico e cioè la mera previsione del pregiudizio ai creditori. Tale elemento soggettivo, che va provato dal soggetto che lo allega, può essere dimostrato anche con il ricorso alle presunzioni.
Nella decisione n. 21494/2011 la Corte di Cassazione afferma che, dalla natura reale del vincolo di destinazione e dalla necessità che la sentenza faccia stato nei confronti di coloro che l’hanno costituito, consegue che nel giudizio promosso con l’azione revocatoria siano legittimati passivi entrambi i coniugi, anche nel caso in cui l’atto è stato stipulato da uno solo di essi.
La Corte, nel dare risposta all’obiezione della curatela, ha l’occasione di pronunciarsi sulla sopravvivenza della legittimazione passiva del fallito, nell’azione revocatoria promossa dal curatore per ottenere la declaratoria di inefficacia dell’atto costitutivo del fondo patrimoniale.
Al riguardo evidenzia come l’incapacità processuale del fallito, come anche la perdita dell’amministrazione e della disponibilità dei beni, è relativa alla massa dei creditori.
Infatti, il fallito conserva la titolarità dei rapporti giuridici precedenti all’apertura della procedura concorsuale e ha la facoltà di avvalersi della tutela giurisdizionale in quanto la perdita della legittimazione processuale coincide con lo spossessamento fallimentare (ex art. 43 L. fall.).
Dunque, sia sul piano sostanziale che processuale, il fallito conserva il diritto di agire a tutela dei suoi diritti personali e dei suoi diritti patrimoniali, non compresi nel fallimento, ma che potrebbero essere pregiudicati da azioni promosse dagli organi del fallimento.
L’art. 46 L. fall. individua come non compresi nel fallimento i redditi dei beni costituiti in patrimonio familiare. Tale norma è dettata espressamente per il patrimonio familiare, il quale pur non coincidendo con il fondo patrimoniale, in merito ai vincoli di inespropriabilità e di inalinabilità, condivide con lo stesso il fine e la natura di patrimonio autonomo.
Pertanto, non essendo ricompresi nel fallimento i beni costituenti il fondo patrimoniale, in quanto sono beni destinati al soddisfacimento di scopi specifici, prevalenti sulla funzione di garanzia, permane in capo al debitore-fallito la legittimazione passiva nel giudizio avente ad oggetto la revocatoria fallimentare del fondo patrimoniale.
Per i motivi sopra esposti la Corte dichiara affetti da nullità i giudizi di merito, in quanto celebrati in assenza di tutti i litisconsorti necessari.
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Cassazione civile  sez. III  18 ottobre 2011 n. 21494
Con citazione notificata in data 7 marzo 1994 la Curatela del fallimento "Linares Diego & Figli Stefano e Salvatore S.n.c." e dei soci illimitatamente responsabili S., Sa. e Ma. conveniva in giudizio V.A. esponendo che con atto ricevuto dal notaio Galfano il 24.5.1990 la convenuta ed il di lei marito L.S., in regime di separazione dei beni, avevano costituito un fondo patrimoniale al quale avevano destinato la metà indivisa di due spezzoni di terreno e di un fabbricato, di proprietà del L., siti nella contrada (OMISSIS).
Ciò premesso, deducendo che con tale atto i predetti coniugi, avevano consapevolmente sottratto i beni di cui sopra ai creditori della società fallita, della quale il L. era socio illimitatamente responsabile, la Curatela chiedeva la declaratoria di inefficacia dell'atto di costituzione di fondo patrimoniale ai sensi dell'art. 2901 c.c.. In esito al giudizio, in cui si costituiva la V., il Tribunale di Marsala rigettava la domanda attrice.
Avverso tale decisione la Curatela proponeva appello ed in esito al giudizio la Corte di Appello di Palermo con sentenza depositata in data 18 luglio 2008 dichiarava l'inefficacia dell'atto di costituzione del fondo patrimoniale nei confronti della Curatela.
Avverso la detta sentenza la V. ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi, illustrati da memoria. Resiste con controricorso la Curatela la quale ha depositato altresì memoria difensiva ex art. 378 c.p.c..
DIRITTO
La prima doglianza, svolta dalla ricorrente, articolata sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione dell'art. 102 c.p.c., si fonda sulla considerazione che entrambi i giudizi di merito sarebbero affetti da nullità per mancata integrità del contraddittorio in quanto in nessuno di essi era stato chiamato a parteciparvi il litisconsorte necessario, L.S., marito della convenuta V.A., proprietario dei beni conferiti in fondo patrimoniale e soggetto stipulante nel relativo rogito notarile.
La censura è fondata. A riguardo, giova sottolineare che questa Corte ha già avuto modo di affermare il principio secondo cui la natura reale del vincolo di destinazione impressa dalla costituzione del fondo patrimoniale per i bisogni della famiglia e la necessità quindi che la sentenza faccia stato nei confronti di tutti coloro per i quali è stata costituita comportano che nel successivo giudizio promosso con l'azione revocatoria siano legittimati passivi entrambi i coniugi anche se l'atto sia stato stipulato da uno solo di essi, non potendo in ogni caso negarsi l'interesse anche dell'altro coniuge, quale beneficiario dell'atto, a partecipare al giudizio (Cass. n. 15917/06 in motivazione). Del resto, a norma dell'art. 168 c.c., la proprietà dei beni costituenti il fondo patrimoniale spetta ad entrambi i coniugi, salvo che sia diversamente stabilito nell'atto di costituzione. Con la conseguenza che, nell'azione revocatoria, promossa dal creditore personale, dell'atto costitutivo del fondo patrimoniale, al quale abbiano preso parte entrambi i coniugi divenendo comproprietari dei beni costituenti il fondo stesso, la legittimazione passiva compete ad entrambi i coniugi. (cfr anche Cass. n. 5402/04 in motivazione). A riguardo, la Curatela ha obiettato richiamando l'attenzione sulla peculiarità della situazione in esame in quanto nel caso di specie - così scrive testualmente - occorre affrontare "la diversa questione della sopravvivenza della legittimazione passiva del fallito di fronte all'azione revocatoria intentata dal curatore per la dichiarazione di inefficacia di un atto di costituzione di fondo patrimoniale".
L'obiezione non costituisce però un argomento di particolare rilievo. Ed invero, torna opportuno sottolineare a riguardo che l'incapacità processuale del fallito è stabilita dalla legge a salvaguardia degli interessi dell'amministrazione fallimentare. Con la conseguenza che la perdita della capacità processuale, come la perdita dell'amministrazione e della disponibilità dei beni, essendo correlata all'intervenuto fallimento, non è assoluta ma solo relativa alla massa dei creditori in quanto il fallito, conservando la titolarità dei rapporti giuridici sorti prima dell'apertura della procedura concorsuale, ha, in linea di principio, la facoltà di avvalersi personalmente della tutela giurisdizionale poichè, ai sensi della L. Fall., art. 43, la perdita della legittimazione processuale coincide con l'ambito dello spossessamento fallimentare.
Ed in effetti, egli può ancora agire, senza alcuna autorizzazione, sia sul piano sostanziale che processuale, al fine di far valere i diritti strettamente personali, ovvero i diritti patrimoniali, dei quali si disinteressino gli organi del fallimento mentre perde la capacità di stare in giudizio limitatamente ai rapporti nei quali subentra il curatore al fine di assicurare unitariamente l'esecuzione sul patrimonio del fallito e tutelare la par condicio creditorum (tra le tante Cass. n. 26935/06).
Il rilievo non è di poco conto nella misura in cui consente di affermare che, a fronte delle azioni che il curatore intraprende per ricostituire la massa attiva, recuperando denaro, crediti e beni di cui il fallito abbia disposto, quest'ultimo che, in via di principio rimane titolare dei rapporti giuridici sorti prima dell'apertura del fallimento e non è, in assoluto, privo della capacità di stare in giudizio, ove abbia a ritrovarsi in una situazione di conflitto con la curatela in ordine alla avocabilità dei beni al fallimento, è certamente legittimato a far valere i propri diritti, purchè inerenti a rapporti non compresi nel fallimento che potrebbero rimanere pregiudicati dall'azione dell'organo fallimentare. Infatti, ai sensi della L. Fall., art. 43, ratione temporis applicabile alla fattispecie, il curatore sta in giudizio nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito, "compresi nel fallimento" ed ai sensi della L. Fall., art. 46, n. 3, (nel testo anteriore al D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5), non sono compresi nel fallimento i redditi dei beni costituiti in patrimonio familiare, salvo quanto disposto dagli artt. 170 e 326 c.c..
Ora, l'art. 46 citato, sebbene dettato per l'abrogato istituto del patrimonio familiare, si applica anche al nuovo istituto del fondo patrimoniale, ad esso succeduto, in quanto, pur non coincidendo le relative discipline, per l'attenuazione dei vincoli di inalienabilità ed inespropriabilità previsti in riferimento al fondo patrimoniale, risultano identici sia ai fini perseguiti dai due istituti sia lo strumento a tal fine predisposto, consistente nella previsione di un patrimonio separato costituito da un complesso di beni determinati, assoggettati ad una speciale disciplina di amministrazione ed a limiti di alienabilità ed espropri, (cfr Cass. n. 1112/2010).
Pertanto, poichè la perdita della legittimazione processuale viene fatta coincidere con l'ambito dello spossessamento fallimentare, il punto decisivo della questione è quello di stabilire se i rapporti relativi alla costituzione di un fondo patrimoniale siano o meno compresi nel fallimento.
Sul punto, questa Corte ha già avuto modo di affermare che i beni del fondo patrimoniale non sono compresi nel fallimento poichè si tratta di beni che, pur appartenendo al fallito, rappresentano un patrimonio separato, destinato al soddisfacimento di specifici scopi che prevalgono sulla funzione di garanzia per la generalità dei creditori, (cfr Cass. n.8379/2000 in motivazione). Con la conseguenza così conclude la Corte nella decisione riportata - che, poichè i rapporti relativi alla costituzione di un fondo patrimoniale non sono compresi nel fallimento, "permane rispetto ad essi la legittimazione del debitore; sussiste pertanto la legittimazione processuale del fallito nel giudizio avente ad oggetto la revocatoria fallimentare del fondo patrimoniale".
Tutto ciò premesso e considerato, ne deriva pertanto che nel caso di specie, il giudizio avrebbe dovuto comportare la partecipazione necessaria del fallito, proprietario dei beni conferiti in fondo patrimoniale, il quale aveva a tal fine stipulato il rogito notarile.
Ciò posto, poichè il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità per violazione del principio del contraddittorio di cui all'art. 101 c.p.c., e art. 111 Cost., comma 2, la censura formulata merita di essere accolta, ritenendosi in essa assorbiti gli altri motivi di impugnazione. Il ricorso per cassazione, siccome fondato, deve essere accolto con la conseguente cassazione delle sentenze di primo e secondo grado e con rinvio al Tribunale di Marsala in diversa composizione, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri, cassa le sentenze di primo e secondo grado, con rinvio anche per le spese al Tribunale di Marsala in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 13 luglio 2011.
Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2011

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