La liquidazione del danno morale prescinde da quella del danno biologico.

La Cassazione si è pronunciata con una interessante sentenza sulla liquidazione del danno morale che prescinde da quello del danno biologico. Cass. n. 811 del 20 gennaio 2015.



Tizio era alla guida del prorio ciclomotore quando veniva investito da una autocisterna rimasta non identificata.

La moglie e la figlia di Tizio vonvenivano dinnanzi al Tribunale competente l'Assicurazione in qualità di impresa designata dal Fondo Generale Vittime della Strada chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti a seguito della morte di Tizio.

La decisione di Primo Grado.

Il Giudice di Primo Grado accolse la domanda ritenendo l'ignoto camionista responsabile dell'incidente nella misura del 70% e condannando conseguentemente la compagnia assicuratrice al pagamento della complessiva somma di circa 345 mila Euro in favore degli attori.

La decisione della Corte di Appello.

La Corte di Appello competente  accolse entrambe le impugnazioni, princale e incidentale, riducendo tuttavia l'importo risarcitorio a 171.379 Euro e liquidando in favore dei familiari della vittima le spese di lite del primo grado in circa 5.500 euro.

La sentenza della Corte d'Appello è stata impugnata dai familiari della vittima.

La decisione della Corte di Cassazione.

La Corte di Cassazione accoglie il motivo riguardante la insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata,e  rigetta il primo e il secondo motivo nel merito, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte di Appello competente in altra composizione per i seguenti motivi.

1) La Corte dichiara il terzo motivo, denunciante motivazione insufficiente e contraddittoria con erronea valutazione delle risultanze istruttorie della sentenza della Corte di Appello, fondato in quanto nella predetta sentenza risulta del tutto omesso il quesito di fatto.

Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha più volte evidenziato che deve ravvisarsi una necessaria sintesi del quesito di fatto e l'esatta portata del sintagma deve riportare una chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione (Cfr. Cass. Sez. Un. n. 20603/07). 

La relativa censuura deve contenere un momento di sintesi omologo del quesito di diritto (c.d. "quesito di fatto") che ci circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità.

2) La Corte rigetta il secondo motivo in quanto inammissibile nel rito. Il quesito di diritto - afferma la Corte - deve essere formulato in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica unitaria della questione, con conseguente inammissibilità del motivo di ricorso tanto se sorretto da un quesito la cui formulazione sia del tutto inidonea a chiarire, in concreto, l'errore di diritto imputato alla sentenza impugnata  in relazione alla controversia in concreto, quanto che sia destinato a risolversi in una richiesta del tutto generica .

Il quesito deve, di converso, investire ex se la ratio decidendi della sentenza impugnata con riferimento, sia pur sintetico, ai fatti essenziali di causa, proponendone una alternativa di segno opposto destinata ad una soluzione che, partendo dalla fattispecie concreta, e poi trascendendo la medesima, come sottoposta all'esame del giudice di legittimità, ne dia specifico conto ed esaustiva esposizione: le stesse sezioni unite di questa corte hanno chiaramente specificato (Cass. ss. uu. 2-12-2008, n. 28536) che deve ritenersi inammissibile per violazione dell'art. 366 bis c.p.c., il ricorso per cassazione nel quale l'illustrazione dei singoli motivi sia accompagnata dalla formulazione di un quesito di diritto che si risolve in una tautologia o in un interrogativo circolare, e che già presupponga la risposta senza peraltro consentire un utile riferimento alla fattispecie in esame.
La corretta formulazione del quesito esige, in definitiva (ex multis, Cass. 19892/09), che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli, in forma interrogativa e non (sia pur implicitamente) assertiva, il principio giuridico di cui si chiede l'affermazione.

3) Per quanto concerne il danno morale ed il danno biologico la Corte evidenzia che la valutazione del danno morale va operata caso per caso e senza che il danno biologico possa essere un riferimento assoluto.

A volte infatti il danno morale è altamente significativo anche in prsenza di un danno biologico lieve o da liquidarsi in misura lieve.

Sin dalle Sezioni Unite dell'11 novmebre 2008 la Corte ha evidenziato che:

 il danno derivante dalla da consapevolezza dell'incombere della propria fine sia del tutto svincolato da quello più propriamente biologico, e postuli una ben diversa valutazione sul piano equitativo, sub specie di una più corretta valutazione della intensissima sofferenza morale della vittima.

 

LA MASSIMA

Il danno derivante dalla da consapevolezza dell'incombere della propria fine è del tutto svincolato da quello più propriamente biologico, e postula una ben diversa valutazione sul piano equitativo, sub specie di una più corretta valutazione della intensissima sofferenza morale della vittima. Cass. n. 811 del 20 gennaio 2015

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