Spese processuali: e se la parte vittoriosa non le richiede esplicitamente?

La condanna al pagamento delle spese del giudizio è consequenziale ed accessoria; può essere dichiarata d’ufficio dal giudice. Cass. 11 febbraio 2015 n. 2719.



IL CASO
Un condomino proponeva ricorso al Tribunale competente affinchè fosse nominato un amministratore delle parti comuni del condominio di cui egli era condomino.
Il Tribunale adito rigettava l’istanza in quanto il ricorrente non aveva né dedotto né provato l’impossibilità di formare una maggioranza condominiale che consentisse la nomina dell’amministratore. 
L’ordinanza era reclamata davanti alla Corte di Appello competente; il condominio si costituiva e documentava che l’assemblea aveva nominato l’amministratore in data 22 marzo 2013.
La Corte di Appello adita dichiarava non luogo a provvedere sul reclamo e condannava il reclamante al pagamento delle spese, in quanto alcuni condomini (e non il reclamante) avevano convocato l'assemblea per la nomina dell'amministratore ai sensi dell'art. 66 disp. att. c.p.c., e che l'amministratore era stato regolarmente nominato; ciò comportava la cessazione della materia del contendere, ma anche la conferma che era possibile la nomina dell'amministratore senza ricorrere all'autorità giudiziaria; peraltro il reclamante, malgrado l'avvenuta nomina persisteva nel coltivare il reclamo e pertanto doveva essere condannato alle spese, anche considerando la sua soccombenza virtuale, ravvisabile nel fatto che la ratio decidendi del primo giudice (fondata sulla mancata dimostrazione dell'impossibilità di nomina) aveva trovato conferma nell'avvenuta nomina.
Il condomino proponeva ricorso per cassazione.

 

LA DECISIONE DELLA CORTE

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso evidenziando che l’art. 91 c.p.c. si riferisce a qualsiasi provvedimento che definisce il procedimento e ciò indipendentemente dalla natura e dal rito del procedimento stesso.

Con la sentenza in oggetto infatti la Corte precisa che l’art. 91 c.p.c. trova applicazione anche rispetto ai provvedimenti di natura camerale e non contenziosa (Cfr. Cass. 26 giugno 2006 n. 14742; Cass. 26 giugno 2006 n. 14742).

Il ricorrente si affida a due motivi:

- con il primo, motivo deduce violazione dell’art. 1129 c.c., artt. 91, 112 e 737 c.p.c., art. 132 disp. Att. C.p.c. comma 2, art. 118 disp. att. c.p.c.

- con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione dell'art. 360 c.p.c., n. 4, e la violazione degli artt. 1322, 1344, 1418 e 1421 c.c., in relazione agli artt. 1105 e 1129 c.c.

Il ricorrente sostiene di essere stato ingiustamente condannato alle spese del procedimento camerale di appello e ravvisa la contrarietà della condanna a norme di diritto per vari motivi che qui si richiamano e così si sintetizzano:

- al momento del deposito del ricorso per la nomina il condominio era privo di amministratore da cinque mesi e dunque nessuna soccombenza virtuale del reclamante era ravvisabile, avendo egli legittimamente agito in mancanza della nomina di una amministratore condominiale;

- non poteva essere applicato l'art. 91 c.p.c., ed egli non doveva essere condannato alle spese perchè nella domanda da lui proposta non v'era contrapposizione di interessi, non era virtualmente soccombente, la soccombenza virtuale non poteva essere ravvisata al di fuori di un processo contenzioso, era comprovata l'inerzia della maggioranza dei condomini, non era corretta la valutazione di persistenza nel coltivare il reclamo perchè egli si era limitato a formulare eccezioni in merito all'effettività della nomina. In ordine al provvedimento con il quale il reclamante è stato condannato alle spese (unico provvedimento rispetto al quale è consentito il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost.), occorre premettere che l'art. 91 c.p.c. (secondo il quale il giudice con la sentenza che chiude il processo dispone la condanna alle spese giudiziali) intende riferirsi a qualsiasi provvedimento che, nel risolvere contrapposte pretese, definisce il procedimento, e ciò indipendentemente dalla natura e dal rito del procedimento medesimo; pertanto, la norma trova applicazione anche ai provvedimenti di natura camerale e non contenziosa (cfr. Cass. 26/6/2006 n. 14742; Cass. 18/7/2008 n. 19979).

Infatti l'art. 91 c.p.c., si riferisce ad ogni processo, senza distinzioni di natura e di rito ed il termine sentenza è, all'evidenza, ivi usato nel senso di provvedimento che, nel risolvere contrapposte posizioni, chiude il procedimento stesso innanzi al Giudice che lo emette: quindi, anche se tale provvedimento sia emesso nella forma dell’ ordinanza o del decreto (cfr. Cass. 12/4/2001 n. 5469).

La Corte di Appello nel decidere sulle spese ha valorizzato la circostanza che il reclamante, malgrado l'avvenuta nomina dell'amministratore dal parte dell'assemblea dei condomini, ha insistito persistito) nel coltivare il reclamo, come del resto persiste anche in questa sede con il secondo motivo di ricorso; in ciò deve ravvisarsi quella contrapposizione di interessi (tra il condomino che chiede al giudice la nomina di un amministratore e il condominio che invece ha nominato il suo amministratore e non intende farlo nominare da un giudice) che giustifica la condanna alle spese.

La decisione della Corte di Appello è conforme alla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale la condanna al pagamento delle spese del giudizio, in quanto consequenziale ed accessoria, può essere legittimamente emessa dal giudice a carico del soccombente anche d'ufficio in mancanza di una esplicita richiesta dalla parte che risulti vittoriosa (cfr. Cass. S.U. 10/10/1997 n. 9859), semprechè la stessa non abbia manifestato espressa volontà contraria (il che esclude la possibilità di ravvisare la dedotta violazione dell'art. 112 c.p.c.) e financo quando il giudice debba dichiarare cessata la materia del contendere, dovendosi in tal caso delibare il fondamento della domanda per decidere sulle spese, secondo il principio della soccombenza virtuale (Cass. 29/9/2006, n. 21244).

La soccombenza in questo caso è stata motivata non solo, ma anche in relazione alle successive contestazioni con le quali il reclamante insisteva nella propria domanda e questa ratio decidendi è sufficiente ad escludere che la decisione sia stata emessa in violazione dell'art. 91 c.p.c..

Con il secondo motivo infine il ricorrente lamenta la mancata considerazione, da parte del giudice del reclamo, delle proprie deduzioni difensive secondo le quali nel decidere sul reclamo il giudice non avrebbe dovuto tenere conto della nomina dell'amministratore in quanto atto in frode alla legge e strumentale alla realizzazione di finalità illecite; correda questa asserzione con varie ulteriori considerazioni in ordine:

- al dolo dei condomini e dell'amministratore giudiziario del supercondominio av. G. (la frase "... ritengono utile e opportuno che i nostri condomini provvedano ad affidarne formalmente l'amministrazione all'avv. G...", insieme ad altre espressioni evidenzierebbe, a detta del ricorrente, la natura solo formale della nomina e il dolo di alcuni condomini);

- ad alcune condotte e ad asserite inadempienze dell'amministratore. La Corte di pronuncia negativamente anche sul secondo motivo sancendone l’inammissibilità in quanto l'avvenuta nomina dell'amministratore non può essere contestata in sede di procedimento ex art. 1129 c.c., ma attraverso l'impugnazione della deliberazione ai sensi dell'art. 1137 c.c., (nel testo vigente ratione temporis), nè potendo essere sospesa o resa inefficace la delibera di nomina attraverso la nomina di diverso amministratore da parte del giudice investito del ricorso ex art. 1129 c.c.; ne discende che correttamente non sono state esaminate quelle censure dal giudice di quel procedimento.

LA MASSIMA

La condanna al pagamento delle spese del giudizio, in quanto consequenziale ed accessoria, può essere legittimamente emessa dal giudice a carico del soccombente anche d'ufficio in mancanza di una esplicita richiesta dalla parte che risulti vittoriosa, sempreché la stessa non abbia manifestato espressa volontà contraria, e anche quando il giudice debba dichiarare cessata la materia del contendere, dovendosi in tal caso delibare il fondamento della domanda per decidere sulle spese, secondo il principio della soccombenza virtuale. Cass. 11 febbraio 2015 n. 2719; conf. Cass. S.U. 10 ottobre 1997 n. 9859.

 

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