Vizi della cosa venduta: quale prescrizione...annuale o decennale?

La prescrizione annuale non puō essere superata dal riconoscimento dei vizi della cosa venduta. Cass. n. 22690 del 6 novembre 2015.



Cass. n. 22690 del 6 novembre 2015.

IL CASO

XX e YY proponevano azione per ottenere la condanna della società Z in liquidazione alla eliminazione di immissioni di umidità presenti nel magazzino venduto loro dalla società ovvero, in subordine, alla riduzione del prezzo della compravendita.

Parte convenuta eccepiva la prescrizione ai sensi dell'art.1495 c.c. negando l'esistenza di danni e contestando l'ammissibilità della riduzione del prezzo.

La decisione del Tribunale 

Il Tribunale adito concedeva un sequestro conservativo e inquadrava la domanda nell'ambito dell'azione di garanzia ai sensi degli artt. 1492 e 1495 c.c. e così:

- dichiarò inammissibile l'eccezione di decadenza, perchè tardiva;

- rigettò anche l'eccezione di prescrizione, perchè ritenne che i vizi erano stati riconosciuti, con l'assunzione di nuova e diversa obbligazione.

Il tribunale evidenziò che i vizi erano stati riconosciuti con l'assunzione di nuova e diversa obbligazione in quanto la ZZ era intervenuta sull'immobile per eseguire riparazioni, alla quale era riferibile l'intervento eseguito dal socio, che aveva quantomeno ingenerato negli acquirenti affidamento in tal senso.

Il tribunale aggiunse che costituiva mera precisazione delle conclusioni la richiesta finale di una somma a titolo di deprezzamento del bene, richiesta da ritenere compresa in quella di riduzione del prezzo e risarcimento danni esplicitata in citazione.

Il Tribunale condannò pertanto la società convenuta al pagamento di circa 77.000 Euro oltre interessi e rivalutazione progressiva.

La decisione della Corte d'Appello.

La Corte di appello ha rigettato il gravame della società.

Ha preliminarmente esaminato la posizione dei chiamati in causa, evocati in giudizio dagli appellati con un'impropria istanza di riassunzione. Ha rilevato che essi non avevano titolo per stare in giudizio, in quanto gli effetti della cancellazione della società, avvenuta il 1 gennaio 1999, erano stati superati dalla revoca di tale cancellazione, deliberata con atto notarile del luglio 2003, quindi prima dell'entrata in vigore del nuovo diritto societario, con il ritorno della società alla fase di liquidazione.

La Corte cagliaritana con la sentenza n. 601/08, che ha corretto la sentenza di primo grado, ha ritenuto infondata l'eccezione di decadenza, pur ammissibile, a causa dell'avvenuto riconoscimento dei vizi grazie all'intervento del socio, il quale aveva collocato la pompa di sollevamento delle acque.

Ha negato che il tribunale si fosse orientato sulla base di un unico indizio, costituito dall'essere il socio della società; ha ravvisato plurime ragioni poste a fondamento della decisione e non l'unico, pur astrattamente sufficiente, indizio. Ha smentito che vi fosse novità delle conclusioni assunte dagli appellati, interpretando l'ambito della domanda iniziale anche alla luce di quanto richiesto al c.t.u.. Ha disatteso le censure relative alla prova del danno.

La società ha proposto ricorso in Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione.

- La società ha eccepito l'inammissibilità del controricorso e ricorso incidentale, in quanto sottoscritto dall'avvocato X il 29 maggio 2009, quando egli era sprovvisto di procura, rilasciata il giorno dopo, 30 maggio 2009. La Corte di Cassazione evidenzia l'infondatezza del rilievo assumendo che "è pacifico che la data di rilascio della procura è successiva alla data della sentenza e che essa accede all'atto, poichè è apposta in calce al controricorso. Non vi è quindi dubbio sulla sua specialità. Ai fini dell'ammissibilità del ricorso per cassazione, è necessario che il mandato al difensore sia stato rilasciato in data anteriore o coeva alla notificazione del ricorso all'intimato e non alla sua redazione.

La anteriorità della data dell'atto rispetto a quella della procura, lungi dal far dubitare della validità di quest'ultima, dimostra la piena consapevolezza del cliente nel rilasciare il mandato al professionista, avendo egli inteso formalizzare l'incarico professionale solo dopo essersi sincerato del completamento dell'opera. Non è ravvisabile quindi alcuna nullità.

- La società ha inoltre riproposto l'eccezione di decadenza e di prescrizione al diritto alla garanzia. Sul punto  la Corte di appello ha affermato che l'intervento realizzato dal socio nell'immobile degli appellati era valso ad "integrare il riconoscimento che ai sensi dell'art. 1495 c.c., esonera il compratore dall'obbligo di denunciare i vizi nel termine di 8 giorni e di esercitare l'azione di garanzia nel successivo anno. Ha poi precisato che il tribunale aveva errato laddove aveva affermato "che per effetto dell'intervento in esame sarebbe sorta una nuova obbligazione in sostituzione di quella originaria".

Questa tesi risentirebbe degli orientamenti giurisprudenziali invalsi fino alla sentenza delle Sezioni unite del 2005. Ha dunque ribadito che il semplice riconoscimento dell'esistenza del vizio da parte della società appellante era da rigettare anche l'eccezione di prescrizione.

- Con il quarto motivo la società afferma che la decadenza e la prescrizione, una volta maturate, non possono essere impedite da un fatto "riconoscitivo del vizio" posto in essere dopo "tale maturazione".

- Il connesso quinto motivo lamenta violazione degli artt. 1490 e 1495 c.c., e vizi di motivazione, deducendo che queste norme si riferiscono ai soli vizi della cosa venduta che siano insiti ab origine o si manifestino entro un anno.

La ricorrente sostiene che nella specie il magazzino e lo scantinato vennero consegnati nel settembre 1987; che il rogito fu stipulato nel giugno 1988 e che negli atti difensivi del gennaio 1992 le infiltrazioni vennero riferite a qualche mese dall'acquisto e quindi a vizio sopraggiunto "dopo qualche anno".

Queste questioni sono state risolte dalla Corte di appello, come si è visto, sulla base dell'avvenuto riconoscimento del vizio.

Afferma la Corte di Cassazione che "Su questo punto decisivo, articolato nei due motivi esaminati, il ricorso è fondato. In applicazione dei principi innovativi posti dalle Sezioni Unite con la sentenza 19702 del 2012 ha affermato che, in tema di garanzia per i vizi della cosa venduta, il diritto del compratore alla riduzione del prezzo e alla risoluzione del contratto resta soggetto alla prescrizione annuale, di cui all'art. 1495 c.c.

Discostandosi espressamente da SU 13294/05 e da Cass. 747/12, le Sezioni Unite hanno chiarito la distinzione tra il regime configurabile per le azioni edilizie, soggette alla prescrizione annuale specificamente stabilita dal codice (sentenza 19702/12 pag. 11) e il regime applicabile alla diversa obbligazione di facere che può essere assunta dal venditore il quale si sia successivamente obbligato a eliminare i vizi della cosa.

Questa obbligazione è stata considerata esterna alla disciplina di cui all'art. 1490 c.c., e tale da non poter influire su di essa e sul termine di prescrizione.

Non si può dunque più affermare, come ha fatto la Corte di appello, che il riconoscimento dei vizi giustifica il superamento dei limiti temporali sanciti dall'art. 1495.

La prescrizione decennale sarà propria della diversa obbligazione di eliminare i vizi della cosa che il venditore abbia eventualmente assunto al di fuori dalle azioni edilizie e quindi dalla garanzia per vizi. In quest'ultima, è stato precisato, non è compresa un'azione "di esatto adempimento" per ottenere dal venditore l'eliminazione dei vizi della cosa venduta, rimedio che all'acquirente compete soltanto in particolari ipotesi di legge (garanzia di buon funzionamento, vendita dei beni di consumo) o qualora il venditore si sia specificamente impegnato alla riparazione del bene.

Nella specie, la Corte di appello, nel negare la applicabilità delle eccezioni sollevate da parte venditrice, ha espressamente stabilito, correggendo la sentenza di primo grado, che si doveva restare nell'ambito delle azioni edilizie e che non era sorta alcuna "obbligazione in sostituzione di quella originaria". Ha in questo modo escluso che sussista nel caso in esame l'ipotesi residuale configurata dalle Sezioni Unite per poter invocare la prescrizione decennale, in relazione alla denuncia di vizi della cosa venduta.

Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata e il conseguente rinvio al giudice di secondo grado per nuovo esame dell'appello sul punto, da condurre adeguandosi al principio di diritto stabilito da Cass. SU 19702/12 in ordine alla insuperabilità della prescrizione annuale di cui all'art. 1495 c.c., per effetto del solo riconoscimento dei vizi della cosa venduta.

Restano assorbiti tutti gli altri motivi del ricorso principale, che vertono sul riconoscimento dei vizi o su aspetti della controversia che comunque dovranno essere nuovamente valutati in sede di rinvio, in esito a quanto qui statuito e alle successive decisioni della Corte di appello.

Parimenti è da dichiarare assorbito il ricorso incidentale autonomo, che lamenta la mancata liquidazione del maggior danno da svalutazione monetaria in relazione al risarcimento che era stato ritenuto spettante a parte acquirente: la spettanza di tale risarcimento è infatti subordinata al nuovo scrutinio sulla prescrizione dell'azione e comunque al giudizio complessivo della Corte di appello.

Per quanto concerne i rapporti pendenti e la legittimazione processuale in capo alla società la Corte di Appello ha spiegato che nel regime anteriore alla novella del diritto societario non vi era estinzione delle società fino a quando vi fossero stati rapporti giuridici pendenti e che l'atto formale di cancellazione di una società dal registro delle imprese non valeva a modificare questo regime allora applicabile, avendo esso mera funzione di pubblicità.

La giurisprudenza (v. Cass. 15691/03; 7972/00) ha aggiunto che fino al momento dell'esaurimento dei rapporti pendenti permane la legittimazione processuale in capo alla società e deve escludersi, anche con riferimento alle successive fasi di impugnazione, che, intervenuta la cancellazione, il processo già iniziato debba proseguire nei confronti o su iniziativa delle persone fisiche che la rappresentavano in giudizio o dei soci.

Corollario della permanenza dell'autonomia patrimoniale della società è che i singoli soci non possono agire in proprio per far valere presunti crediti vantati dalla società, potendo essi agire, quali organi della società tuttora in vita, solo qualora ne abbiano la rappresentanza.

Con la riforma del diritto societario si è creata una divisione tra i due regimi, quello appena descritto e quello nuovo.

Le Sezioni Unite (Cass. 4060/10) hanno chiarito che la cancellazione dal registro delle imprese determina l'immediata estinzione della società, indipendentemente dall'esaurimento dei rapporti giuridici ad essa facenti capo, soltanto nel caso in cui tale adempimento abbia avuto luogo in data successiva all'entrata in vigore del D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, art. 4, che, modificando l'art. 2495 c.c., comma 2, ha attribuito efficacia costitutiva alla cancellazione: a tale disposizione, infatti, non può attribuirsi natura interpretativa della disciplina previgente, in mancanza di un'espressa previsione di legge, con la conseguenza che, non avendo essa efficacia retroattiva e dovendo tutelarsi l'affidamento dei cittadini in ordine agli effetti della cancellazione in rapporto all'epoca in cui essa ha avuto luogo, per le società cancellate in epoca anteriore al 1 gennaio 2004 l'estinzione opera solo a partire dalla predetta data.

Hanno poi avuto modo di pronunciarsi (6070/13) sul fenomeno successorio che insorge a seguito della cancellazione e, in tema di società di persone, sulla rilevanza che può avere la continuazione dell'operatività sociale dopo l'avvenuta cancellazione, ai fini di una cancellazione della cancellazione.

Nel caso di specie invano è stata invocata il sopravvenire dell'estinzione di diritto, a seguito della mancata iscrizione della delibera di revoca.

Va premesso, per delimitare il singolare caso, che erano parte costituita allorchè, nel 1998, venne dichiarata la chiusura dello stato di liquidazione benchè vi fosse giudizio pendente e, dunque, non possono invocare affidamento derivante dalla delibera del 1998, dovendo essere consapevoli dell'anomalia revocata nel 2003.

Ciò che rileva è che la società il 4 luglio 2003, dunque prima del 1 gennaio 2004, ha revocato "gli atti e le deliberazioni di chiusura dello stato di liquidazione e conseguente cessazione e cancellazione della società", lasciando "aperta la procedura di liquidazione", onde poter ottemperare al disposto legislativo allora in vigore, che imponeva la definizione dei rapporti pendenti per poter addivenire alla chiusura dello stato di liquidazione e alla cancellazione.

La delibera assembleare unanime del 2003, di revoca della precedente delibera risalente al 1998, ha ripristinato la condizione societaria anteriore e ha espressamente comportato la revoca della cancellazione.

Se dunque con tale atto pubblico la società è rientrata nel regime anteriore, revocando lo stato di chiusura della liquidazione (presupposto della cancellazione, che pure espressamente si è voluto far venir meno), non poteva ad essa applicarsi il regime sopravvenuto dell'estinzione di diritto per le società che trovavansi nella condizione di società cancellate al 1 gennaio 2004.

La Corte, riuniti i ricorsi 12055/09 e 21415/09, così provvede:

Accoglie quarto e quinto motivo del ricorso principale Società in liquidazione.

Assorbiti gli altri.

Rigetta il ricorso 21415/09  e Dichiara assorbito il ricorso incidentale autonomo.

Rigetta il ricorso incidentale condizionato preliminare.

Accoglie per quanto di ragione il ricorso incidentale condizionato subordinato. 

Dichiara assorbito il ricorso incidentale dei soci della Società.

 Cassa la sentenza n. 601/08 della Corte di appello competente e rinvia per il riesame dell'appello alla Corte di appello di ______, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

 

LA MASSIMA

L'impegno del venditore all'eliminazione dei vizi, accettato dal compratore, fa sorgere il corrispondente diritto, che è soggetto alla prescrizione decennale, mentre i diritti alla riduzione del prezzo ed alla risoluzione del contratto restano soggetti alla prescrizione annuale. Cass. n. 22690 del 6 novembre 2015. 
 

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