ERRORE

L'errore consiste in una falsa rappresentazione della realtà. In diritto civile, l'errore è un vizio della volontà che può incidere su un elemento di fatto (c.d. errore di fatto) o di diritto (c.d. errore di diritto) e, se è rilevante, cioè essenziale e riconoscibile dall'altro contraente, provoca l'annullabilità del contratto (art. 1428, c.c.). "L'errore è essenziale: 1) quando cade sulla natura o sull'oggetto del contratto; 2) quando cade sull'identità dell'oggetto della prestazione ovvero sopra una qualità dello stesso che, secondo il comune apprezzamento o in relazione alle circostanze, deve ritenersi determinante del consenso; 3) quando cade sull'identità o sulle qualità della persona dell'altro contraente, sempre che l'una o le altre siano state determinanti del consenso; 4) quando, trattandosi di errore di diritto, è stato la ragione unica o principale del contratto" (art. 1429, c.c.). "L'errore si considera riconoscibile quando in relazione al contenuto, alle circostanze del contratto ovvero alla qualità dei contraenti, una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo" (art. 1431, c.c.). Il codice considera anche l'errore di calcolo e l'errore nella dichiarazione o nella sua trasmissione (c.d. errore ostativo): "l'errore di calcolo non dà luogo ad annullamento del contratto, ma solo a rettifica, tranne che, concretandosi in errore sulla quantità, sia stato determinante del consenso" (art. 1430, c.c.); invece, l'errore ostativo non è un vizio della volontà, perché questa si considera formata correttamente, tuttavia, a causa dell'errore, esiste una divergenza tra la volontà stessa e la dichiarazione del soggetto, per cui l'art. 1433, c.c. estende l'applicazione delle norme in materia di errore anche in riferimento all'errore ostativo, cioè "anche al caso in cui l'errore cade sulla dichiarazione, o in cui la dichiarazione è stata inesattamente trasmessa dalla persona o dall'ufficio che ne era stato incaricato". In materia penale, l'errore può incidere o sul processo di formazione della volontà che nasce sin dall'inizio viziata (c.d. errore-motivo), o sulla fase di esecuzione del reato, dando luogo ad una divergenza tra la volontà del soggetto agente e il fatto illecito posto in essere (c.d. errore-inabilità). L'errore-motivo è una causa di esclusione del fatto tipico e può incidere sul fatto (c.d. errore sul fatto) o sul divieto (c.d. errore sul divieto o sul precetto). L'errore sul fatto può derivare da un errore di fatto, cioè dalla mancata o non perfetta percezione della realtà concreta, o da un errore sulla legge extrapenale richiamata, a sua volta, dalla legge penale, oppure da un errore su una norma sociale richiamata da una norma penale; in tali casi, l'art. 47, c.p. dispone che: "l'errore sul fatto che costituisce il reato esclude la punibilità dell'agente. Nondimeno, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo (comma I). L'errore sul fatto che costituisce un determinato reato non esclude la punibilità per un reato diverso (comma II)". L'errore sul divieto, invece, può derivare da ignoranza o erronea interpretazione di una norma penale oppure da ignoranza o erronea interpretazione di una norma extrapenale richiamata dalla legge penale; di regola, tale errore è irrilevante dal punto di vista penalistico, a meno che non sia inevitabile (art. 5, c.p., così come interpretato dalla Corte Costituzionale con sent. n. 365/1998). L'errore-motivo non va confuso con l'errore-inabilità, cioè con l'errore che cade sulla fase esecutiva del reato: in tali casi, si parla, più precisamente, di reato aberrante (aberratio), distinto, a sua volta, in aberratio ictus (art. 82, c.p.) e aberratio delicti (art. 83, c.p.).