QUESTIONE PREGIUDIZIALE

La questione pregiudiziale sorge nel corso di un procedimento (civile, penale o amministrativo) e ne condiziona l'andamento: la soluzione della questione principale, insomma, è preceduta dalla soluzione della questione pregiudiziale. In diritto processuale civile, tipiche questioni pregiudiziali sono quelle relative ai requisiti processuali, come la giurisdizione e la competenza, o la legittimazione ad agire (artt. 34, 187, 279, 295, c.p.c.). In diritto processuale penale, le questioni pregiudiziali riguardano aspetti sostanziali (penali, civili o amministrativi) differenti rispetto alla imputazione, dalla cui soluzione, però, dipende la decisione del processo; più precisamente, l'art. 2, c.p.p. consente al giudice penale di risolvere "ogni questione da cui dipende la decisione, salvo che sia diversamente stabilito", e tale decisione, "che risolve incidentalmente una questione civile, amministrativa o penale non ha efficacia vincolante in nessun altro processo"; tuttavia, se le questioni civili o amministrative sono particolarmente complesse o riguardano controversie sullo stato di famiglia o di cittadinanza, il giudice può sospendere il processo penale fino al passaggio in giudicato del provvedimento che definisce la questione (artt. 3, 479, c.p.p.). In diritto processuale amministrativo, il giudice decide tutte le questione pregiudiziali incidentali necessarie per decidere il ricorso, ad eccezione di quelle relative all'incidente di falso, allo stato (ex: di famiglia o di cittadinanza) ed alla capacità delle persone fisiche, per le quali, invece, è necessario attendere la decisione del giudice civile (art. 295, c.p.c.; artt. 3, 479, c.p.p.; art. 8, L. 6.12.1971, n. 1034; art. 28, R.D. 26.6.1924, n. 1054).