Balconi aggettanti e ripartizione delle spese.

I balconi aggettanti costituiscono un prolungamento dell'appartamento dal quale protendono?



 

Carissimi,

questa settimana ho deciso di approfondire in tema di condominio, alla luce di una richiesta di un utente, la ripartizione delle spese dei balconi aggettanti.

Ai sensi dell’art. 1117 c.c. sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo: tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, le aree destinate a parcheggio nonché i locali di servizio comune, le opere, le installazioni, manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune.

Ai sensi dell’art. 1125 c.c. le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l’intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto.

I balconi aggettanti, diversamente dai balconi c.d. incassati che non sporgono rispetto ai muri perimetrali, sporgono rispetto alla facciata dello stabile e, secondo ormai consolidata giurisprudenza, costituiscono un prolungamento dell’appartamento dal quale protendono.

Le terrazze a livello che sono invece incassate nel corpo dell’edificio svolgono una funzione di copertura dell’edificio e di sostegno tali da potersi considerare a servizio dei piani sovrapposti e quindi di proprietà comune dei proprietari di tali piani.

Ai balconi aggettanti quindi non svolgendo alcuna funzione di sostegno né di necessaria copertura dell’edificio non possono considerarsi a servizio dei piani sovrapposti e rientrano pertanto nella proprietà esclusiva dei titolari degli appartamenti cui accedono (cfr. Cass. 5 gennaio 2011 n. 218).

L’art. 1125 c.c. non può trovare applicazione nel caso di balconi “aggettanti”, i quali sporgendo dalla facciata dell’edificio, costituiscono solo un prolungamento dell’appartamento dal quale protendono; e non svolgono alcuna funzione di sostegno, né di necessaria copertura dell’edificio non possono considerarsi a servizio dei piani sovrapposti e quindi di proprietà comune dei proprietari di tali piani.

Essi rientrano nella proprietà esclusiva dei titolari degli appartamenti cui accedono.

Altro orientamento, seppur minoritario, ha ravvisato una diversa ripartizione delle spese in caso di fregi ornamentali caratteristici di particolari decori architettonici: secondo tale orientamento i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore devono considerarsi comuni a tutti ma solo nel caso in cui si inseriscano nel prospetto dell’edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole.

Tale approccio ermeneutico si intende doversi riferire a quell’estetica dell’edificio costituita dall’insieme delle linee e delle strutture ornamentali che ne costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti di esso una sua determinata e armonica fisionomia, occorrendo all’uopo che si tratti di edifici di particolare e documentabile pregio artistico.

  • Il proprietario dell’appartamento sito al piano inferiore può agganciare le tende alla soletta del balcone aggettante sovrastante?

No, il proprietario dell’appartamento sito al piano inferiore non può agganciare le tende alla soletta del balcone aggettante sovrastante se non con il consenso del proprietario dell’appartamento sovrastante (Cfr. Cass. 17 luglio 2007 n. 15913).

Contra: La presunzione assoluta di comunione ex art. 1125 c.c. si estende alla parte ferma o soletta dei balconi. Pertanto, l'aggancio di tendaggi alla soletta è legittimo a norma dell'art. 1102 c.c., non alterando la destinazione del bene comune e non impedendo agli altri partecipanti alla comunione di farne pari uso secondo il loro diritto. (Trib. Napoli 11 aprile 1994).

  • Il condomino che abbia trasformato il proprio balcone in veranda è soggetto alla normativa sulle distanze?

La giurisprudenza in tema ha diversificato le varie ipotesi: il condomino che abbia trasformato il proprio balcone in veranda, elevandola sino alla soglia del balcone sovrastante è soggetto alla normativa sulle distanze di cui all’art. 907 c.c. quando la costruzione insista su altra area del terrazzo non ricadente in quella del sovrastante balcone, mentre non è tenuto ad analogo rispetto qualora la veranda insista insista esattamente nell’area del balcone senza debordare dal suo perimetro, in modo da non limitare la veduta in avanti e a piombo del proprietario sovrastante (Cfr. Cass. 7 agosto 2007 n. 17317).

Le norme sulle distanze delle costruzioni dalle vedute si osservano anche nei rapporti tra condomini di un edificio in quanto l'art. 1102 c.c., non deroga al disposto dell'art. 907 c.c., per cui la veranda realizzata a distanza di un metro dal balcone dell'appartamento sovrastante è illegittima, mentre la trasformazione del proprio balcone in veranda, elevata sino alla soglia del balcone sovrastante non è soggetta al rispetto delle predette distanze legali purché il manufatto insista esattamente nell'area del balcone, senza debordare dal suo perimetro, in modo da non limitare la veduta in avanti e a piombo del proprietario del balcone sovrastante, giacché l'art. 907 cit. non attribuisce a quest'ultimo la possibilità di esercitare dalla soletta o dal parapetto del suo balcone una inspectio o prospectio obliqua verso il basso e contemporaneamente verso l'interno della sottostante proprietà. (Cass. n. 15186 dell’11 luglio 2011).

  • Nel condominio i proprietari dei singoli piani possono utilizzare i muri comuni per aprire ad esempio nuove porte o vedute?

Nel caso di edifici in condominio, i proprietari dei singoli piani possono utilizzare i muri comuni, nella parte corrispondente agli appartamenti di proprietà esclusiva, aprendovi nuove porte o vedute verso aree comuni, ingrandendo o spostando le vedute preesistenti o trasformando finestre in balconi o in pensili, a condizione che l'esercizio della indicata facoltà, disciplinata dagli art. 1102 e 1122 c.c., non pregiudichi la stabilità e il decoro architettonico dell'edificio e non menomi o diminuisca sensibilmente la fruizione di aria e luce per i proprietari dei piani inferiori. (TAR Catanzaro n. 1211 del 29 luglio 2014).

In tema di condominio gli interventi sul muro comune - come l'apertura di una finestra o di vedute, l'ingrandimento o lo spostamento di vedute preesistenti, la trasformazione di finestre in balconi - sono legittimi, dato che tali opere non incidono sulla destinazione del muro bene comune ai sensi dell'art. 1117 c.c. e sono l'espressione del legittimo uso delle parti comuni. Tuttavia nell'esercizio di tale uso vanno rispetti i limiti contenuti nell'art. 1117 c.c. consistenti nel non pregiudicare la stabilità e il decoro architettonico dell'edificio, nel non menomare o diminuire sensibilmente la fruizione di aria o di luce per i proprietari dei piani inferiori, nel non impedire l'esercizio concorrente di analoghi diritti degli altri condomini, nel non alterare la destinazione a cui il bene e preposto e nel rispettare i divieti dell'art. 1120 c.c.

In particolare, l'apertura di finestre su area di proprietà comune e indivisa tra le parti costituisce opera inidonea all'esercizio di un diritto di servitù di veduta, sia per il principio nemini res sua servit, che per la considerazione che i cortili comuni, assolvendo alla precipua finalità di dare aria e luce agli immobili circostanti, sono ben fruibili a tale scopo dai condomini, cui spetta, pertanto, anche la facoltà di praticare aperture che consentano di ricevere aria e luce dal cortile comune o di affacciarsi sullo stesso, senza incontrare le limitazioni prescritte, in tema di luci e vedute, a tutela dei proprietari dei fondi confinanti di proprietà esclusiva, con il solo limite, posto dall'art. 1102 c.c., di non alterare la destinazione del bene comune o di non impedirne l'uso da parte degli altri comproprietari. (cass. n. 53 del 03 gennaio 2014).

  • E’ consentita al condomino la costruzione di nuovi balconi?

La costruzione di balconi e pensili sul cortile comune è consentita al singolo condomino purché - ai sensi dell'art. 1102 c.c. - non risulti alterata la destinazione del bene comune, non pregiudichi la stabilità e il decoro architettonico dell'edificio e non diminuisca sensibilmente la fruizione di area e luce per i proprietari dei piani inferiori. (Cass. n. 54 del 03 gennaio 2014).

  • La c.d. “altana” o c.d. “belvedere” costituisce “nuova fabbrica” in sopraelevazione?

In tema di condominio negli edifici, non costituisce "nuova fabbrica" in sopraelevazione, agli effetti dell'art. 1127 c.c., la cosiddetta "altana" (denominata anche "belvedere"), struttura tipica dei palazzi veneziani consistente in una piattaforma o loggetta, di regola in legno, realizzata sulla sommità del fabbricato, la quale a differenza delle terrazze e dei balconi, normalmente non sporge dal corpo principale dell'edificio, dando luogo ad un intervento che non comporta lo spostamento in alto della copertura, mediante occupazione della colonna d'aria sovrastante il medesimo fabbricato, quanto, piuttosto, la modifica della situazione preesistente, attuata attraverso una diversa ed esclusiva utilizzazione di una parte del tetto comune, con relativo potenziale impedimento all'uso degli altri condomini. (Cass. n. 5039 del 28 febbraio 2013).

  • Il condomino proprietario del piano sottostante al tetto comune può aprire su esso abbaini e finestre?

Il condomino, proprietario del piano sottostante al tetto comune, può aprire su esso abbaini e finestre - non incompatibili con la sua destinazione naturale - per dare aria e luce alla sua proprietà, purché le opere siano a regola d'arte e non pregiudichino la funzione di copertura propria del tetto, né ledano i diritti degli altri condomini sul medesimo. (Cass. n. 17099 del 27 luglio 2006).

  • La costruzione di balconi prospicenti un cortile costituisce innovazione?

La costruzione di balconi prospicenti un cortile non costituisce innovazione ai sensi dell'art. 1120 c.c. bensì opera soggetta alla disciplina generale di cui agli art. 1102 e 1122 c.c. da ritenersi vietata quando comporti un'apprezzabile diminuzione della colonna d'aria e di luce nel cortile e, di conseguenza, un danno alla proprietà individuale degli altri condomini. (Corte di Appello di Milano del 09 maggio 1989).

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