PENALE. Dei Delitti contro l'assistenza familiare (artt. 570-574 c.p.). Focus giurisprudenziale (Giugno 2013-Giugno 2014).



DEI DELITTI CONTRO L’ASSISTENZA FAMILIARE (artt. 570 – 574 c.p.)

Focus Giurisprudenziale. (Periodo: Giugno 2013 – Giugno 2014).

1. La disciplina codicistica.

2. Focus giurisprudenziale (Periodo: Giugno 2013 – Giugno 2014).

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1.La disciplina generale.

I delitti contro la famiglia sono divisi nel codice penale in quattro sezioni:

1) delitti contro il matrimonio (artt. 556-563 c.p.);

2) delitti contro la morale familiare (artt. 564 – 565 c.p.);

3) delitti contro lo stato della famiglia (artt. 566-569 c.p.);

4) delitti contro l’assistenza familiare (artt. 570 – 574 c.p.).

Il Capo IV del Titolo XI è dedicato ai delitti contro l’assistenza familiare (parte della dottrina ha criticato tale classificazione in quanto vi è una sola disposizione nel Capo IV a prevedere la violazione dell’assistenza familiare ossia l’art. 570 c.p.; le altre disposizioni prevedono infrazioni di doveri diversi).

L’art. 570 c.p. è volta a sanzionare le condotte lesive degli obblighi di assistenza familiare.

Ai sensi del comma 1 dell’art. 570 c.p.: “Chiunque, abbandonando il domicilio domestico [45 c. 2, 143 c. 2, 146 c.c.], o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale (1) [147, 316 c.c.]o alla qualità di coniuge [143, 146 c.c.], è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da 103 euro a 1.032 euro.

Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:

1) malversa o dilapida i beni del figlio minore [o del pupillo] (2) o del coniuge;

2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti [540; 75 c.c.] di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti [540; 75 c.c.] o al coniuge, il quale non sia legalmente separato [per sua colpa] (3) [146, 150, 151 c.c.]. Il delitto è punibile a querela della persona offesa [120] salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma (4).

Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un'altra disposizione di legge.

[(1) L'art. 93, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 ha sostituito alle parole: «potestà dei genitori» le parole: «responsabilità genitoriale»; tale modifica entra in vigore dal 7 febbraio 2014. (2) Il riferimento al pupillo deve intendersi superato a seguito della soppressione dell'istituto della tutela legale; si veda nota sub art. 564. (3) Dopo le innovazioni apportate dalla L. 19 maggio 1975, n. 151, che non fa più menzione della separazione per colpa, si vedano: artt. 151, c. 2 e 156 c. 1-3 c.c., dove è configurata l'eventualità di una separazione giudiziale «addebitabile» ad uno dei due coniugi.(4) Comma introdotto dall'art. 90, L. 24 novembre 1981, n. 689.]

L’abbandono del domicilio domestico.

Integra gli estremi del reato di violazione degli obblighi di assistenza famialire (art. 570 c.p.) l’abbandono del domicilio coniugale in assenza di una giusta causa, che ne renda intollerabile la prosecuzione della convivenza. (Cass. 04 luglio 2000 – 2 settembre 2000 n. 9440). Più volte la giurisprudenza ha evidenziato che non basta il solo fatto di sottrarsi al dovere della coabitazione, ma è necessario che l’allontanamento sia ingiustificato e cagioni volontariamente l’inadempimento degli obblighi della mutua assistenza materiale e morale.

La giusta causa dell’abbandono. In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, l’abbandono della cassa coniugale è giustificato, e quindi non idoneo ad integrare la fattispecie criminosa di cui all’art. 570 c.p. non soltanto quando segua la proposizione della domanda di separazione o di annullamento o di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ma anche quando esistano – a prescindere dalla proposizione di una delle dette domande giudiziali – ragioni di carattere interpersonale che non consentano la prosecuzione della vita comune. (Cass. 12 marzo 1999 – 28 settembre 1999 n. 11064; conf. Cass. 20 settembre 1995).

La condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie.

La giurisprudenza si è più volte pronunciata sulla condotta immorale e se la stessa da sola concretizzi l’ipotesi delittuosa per giungere alla conclusione che da sola la condotta immorale di per se stessa non concreta l’ipotesi delittuosa ed il semplice adulterio non è sufficiente, ad esempio, ad integrare gli estremi obiettivi dell’art. 570 comma 1 c.p. (Cass. 02 febbraio 1972 – 31 maggio 1972 n. 3924); si è in particolare affermato che “la violazione dell’obbligo di fedeltà tra i coniugi, anche se espressamente previsto dall’art. 143 c.c., non costituisce violazione degli obblighi di assistenza familiare, né può ritenersi che una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie sia di per sé punibile penalmente quando non abbia prodotto una violazione degli obblighi di assistenza.

La violazione dell’obbligo della fedeltà assume invece rilevanza penale quando viene realizzata con una condotta rivelatrice di un contenuto ed un intento diverso: quello cioè di sottrarsi anche a taluni doveri che derivano dalla qualità di coniuge (Cass. 18 febbraio 1980 n. 6077). Omessa prestazione dei mezzi di sussistenza.

Il concetto di mezzi di sussistenza in genere ha un contenuto più limitato rispetto a quello civilistico deli alimenti, rientrandovi ad esempio le cose indispensabili (vitto, vestiario, abitazione…) Occorre distinguere l’obbligo del mantenimento della moglie (artt. 145 r 146 c.c.) che comprende anche ciò che è soltanto utile o conforme alla condizione dell’alimentando ed in proporzione alle sostanze dell’obbligato, mentre l’obbligo di provvedere ai mezzi di sussistenza si riferisce solo a ciò che è strettamente indispensabile alla vita (Cass. 07 novembre 1972 n. 8071).

Per quanto concerne la necessità di ricevere i mezzi di sussistenza per l’integrazione del reato è indispensabile uno stato di effettivo bisogno del soggetto passivo. Non basta ad escludere il reato il fatto che l’assistibile abbia capacità lavorativa o che abbia saltuari, ed incerti guadagni o che, ad esempio, alla somministrazione dei mezzi di sussistenza provvedano altri familiari. Occorre inoltre distinguere tra assegno stabilito dal giudice civile e mezzi di sussistenza, essendo questi ultimi del tutto indipendenti dalla valutazione del giudice civile.

La nozione di mezzi di sussistenza comprende solo ciò che è necessario per la sopravvivenza dei familiari dell’obbligato nel momento storico in cui il fatto avviene. Ad esempio, in caso di mancata corresponsione da parte del coniuge obbligato dell’assegno stabilito in sede civile, il giudice penale, al fine di ritenere la configurabilità del reato di cui all’art. 570 c.p. deve accertare se per effetto di tale condotta siano venuti a mancare ai beneficiari i mezzi di sussistenza.

L’ipotesi di reato si realizza infatti solo se sussistono da una parte lo stato di bisogno dell’avente diritto alla somministrazione dei mezzi di sussistenza e dall’altra la concreta capacità economica dell’obbligato a fornirglieli.

L’art. 571 c.p. ha invece una portata più ampia, anche se inserita tra i delitti contro la famiglia e l’assistenza familiare. Le condotte coinvolte riguardano anche i rapporti di istruzione, cura, lavoro… E’ un reato c.d. proprio, in quanto soggetti attivi del reato possono essere solo le persone legittimate ad esercitare mezzi di correzione o di disciplina. L’abuso dei mezzi di correzione e disciplina presuppone l’esistenza di un uso lecito di tali mezzi, ius corrigendi, e si realizza quando l’uso viene effettuato con modalità non adeguate o per perseguire un interesse diverso da quello per il quale è conferito dall’ordinamento.

L’art. 572 c.p. rubricato “maltrattamenti in famiglia o verso i fanciulli” trascende il nucleo familiare e mira a tutelare la personalità di taluni soggetti non solo nell’ambito dei rapporti familiari ma anche nell’ambito dei rapporti di diversa natura, per ragioni di istruzione, educazione, cura, vigilanza, custodia… La distinzione tra reato di maltrattamento da quello di abuso di mezzi di correzione o disciplina si ha riguardo principalmente alle modalità della condotta ed in particolare alla qualità del preteso mezzo correttivo o disciplinare impiegato e dopo all’elemento soggettivo: se ad esempio, il mezzo correttivo e disciplinare impiegato è un mezzo lecito, allora occorrerà distinguere:

a) ricorre il delitto ex art. 571 c.p. se l’abuso di tale mezzo è sorretto in modo esclusivo dall’animus corrigendi;

b) ricorre l’art. 572 c.p. se l’abuso del mezzo lecito è accompagnato dal dolo di malatrattare, anche eventualmente in aggiunta all’animus corrigendi.

L’art. 574 c.p. invece mira a tutelare i poteri di vigilanza e custodia in relazione a soggetti incapaci o minori infraquattordicenni che l’ordinamento riconosce a favore di determinati soggetti quali: genitore, tutore, curatore…

2. Focus giurisprudenziale (Periodo: Giugno 2013 – Giugno 2014).

Art. 570 c.p.

L'adempimento dell'obbligo di assicurare i mezzi di sussistenza non può che concretizzarsi con la messa a disposizione - continuativa, regolare e certa, che non lasci pause o inadeguatezze - dei mezzi economici in favore del genitore affidatario, responsabile immediato di una 'gestione' ordinata delle quotidiane esigenze di 'sussistenza' del minore; o, quantomeno, con la contribuzione autonoma ma in accordo, nei suoi contenuti, con il genitore affidatario; i contributi economici materiali che, pur comportando impegno di risorse a vantaggio mediato del minore, non siano armonici al coordinamento delle sue esigenze primarie, non sono idonei all'adempimento dell'obbligo. Cass. pen. 29 maggio 2014 n. 23017

Integra il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare il genitore separato che ometta anche solo parzialmente il versamento in favore dei figli minori di quanto stabilito per il loro mantenimento, a prescindere da ogni accertamento sulla sufficienza della somma prestata in concreto alla loro sussistenza, specie in seguito all'estensione alla separazione della previsione di cui all'art. 12 sexies legge n. 898 del 1970 ad opera dell'art. 3 legge n. 54 del 2006. Cass. pen. 15 maggio 2014 n. 27989

Non basta il versamento dell'assegno di mantenimento in caso di separazione tra coniugi per far fronte alle esigenze di un figlio invalido. In questi caso, la violazione degli obblighi di assistenza familiare sussiste ex art. 570 c.p., qualora il genitore non partecipi alle spese mediche né provveda all'assistenza quotidiana e materiale. L'obbligo di assistenza sussiste anche quando a provvedere allo stato di bisogno è l'altro coniuge con il proprio lavoro o l'aiuto di altri congiunti. Cass. pen. 08 maggio 2014 n. 26494

Ai fini della configurabilità del delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare, il soggetto obbligato in sede di separazione legale dei coniugi non ha la facoltà di sostituire, di sua iniziativa, la somma di denaro stabilita dal giudice civile a titolo di contributo per il mantenimento della prole con "cose" o "beni" che, secondo una sua scelta arbitraria, meglio corrispondano alle esigenze del minore beneficiario, quali computer o capi di abbigliamento. Cass. pen. 16 aprile 2014 n. 17691

Integra il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare il genitore separato che non adempie agli obblighi di versamento imposti dal giudice civile in favore dei figli minori, essendo escluso ogni accertamento in sede penale sulla effettiva capacità proporzionale di ciascun coniuge di concorrere al soddisfacimento dei bisogni dei minori, e spettando al solo civile tale verifica, in quanto la disposizione incriminatrice si limita a sanzionare la condotta di inadempimento. Cass. pen. 16 aprile 2014 n. 17691

In tema di obblighi di assistenza familiare, non è una scusante la mancanza di reddito, se questa è causata dalle dimissioni dal proprio posto di lavoro, senza aver fornito delle motivazioni ragionevoli su tale fatto. Cass. pen. 18 marzo 2014 n. 17623

E' colpevole il genitore che fa mancare l'assistenza ai figli, prestando osservanza parziale ed episodica al provvedimento assunto in sede di separazione tra coniugi. Il soggetto obbligato non può liberarsi dai doveri connessi alla genitorialità a causa della perdita del lavoro e adducendo di non essere il padre naturale del figlio. Cass. pen. 11 marzo 2014 n. 27923

In tema di violazione continuata degli obblighi di assistenza familiare dovuti da mancato versamento dell'assegno di mantenimento, l'incapacità economica, intesa come impossibilità dell'obbligato di fare fronte agli adempimenti sanzionati dall'art. 570 c.p., deve essere 'assoluta', nel senso di estendersi a tutto il periodo dell'inadempimento e deve altresì concretizzarsi in una persistente, oggettiva ed incolpevole situazione di indisponibilità di introiti. inoltre tale 'condizione non momentanea' deve essere documentata con rigore da chi la prospetta in termini di forza maggiore o comunque essere oggetto di precisa e circostanzia allegazione. Cass. pen. 11 marzo 2014 n. 16450

In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, solo il versamento periodico dell'assegno di mantenimento assolve la funzione prevista dalla norma, e, il versamento successivo di una somma di denaro che copra in parte il debito accumulato negli anni non giustifica l'omesso versamento precedente poiché non si tratta di un'obbligazione di natura civilistica ma costituisce un obbligo collegato a far ottenere all'avente diritto i mezzi di sussistenza. Trib. La Spezia 26 febbraio 2014 n. 177

Solo le condizioni di incapacità economica definitiva giustificano l'omesso versamento dell'assegno di mantenimento per il figlio minore. Trib. La Spezia 26 febbraio 2014 n. 177

In caso di mancata corresponsione dell'assegno di mantenimento al coniuge separato, l'art. 3 della legge n. 54 del 2006 si applica anche nel caso di violazione degli obblighi di natura economica, successiva all'entrata in vigore della norma, che siano stati previsti da provvedimenti giurisdizionali deliberati in tempi precedenti. La pena per il reato di cui all'art. 3 della legge n. 54 del 2006, dunque, è quella alternativa prevista dal primo comma dell'art. 570 c.p.. Cass. pen. 12 febbraio 2014 n. 10110

In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare ex art. 570, comma 1 e 2, n. 2 c.p., l'invalidità civile costituisce semplicemente la presentazione di una situazione di fatto che non prova ex se l'impossibilità ad adempiere ai suddetti obblighi, dovendo la stessa essere comunque provata in giudizio. Inoltre, l'obbligo di fornire i mezzi di sussistenza al figlio minore permane anche quando intervenga, in tutto od in parte, per il suo sostentamento, l'altro genitore o un congiunto a sostegno dello stesso. Cass. pen. 19 gennaio 2014 n. 9721

Il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare è reato permanente che si protrae unitariamente per tutto il periodo in cui perdura l'omesso adempimento, con la conseguenza che, anche con riferimento alla fase iniziale della condotta illecita, il termine di prescrizione inizia a decorrere dalla cessazione della permanenza, coincidente con il sopraggiunto pagamento o con l'accertamento della responsabilità nel giudizio di primo grado. Cass. pen. 04 dicembre 2013 n. 51499

In tema di responsabilità di un genitore, a cui sia stato disposto l'obbligo di mantenimento della figlia minore a seguito della separazione coniugale, che si sia disinteressato dell'educazione, crescita e mantenimento della stessa, la prova inerente la presenza di fatti assolutamente impeditivi rispetto all'obbligo di garantirle i mezzi di sussistenza grava sul genitore e non può fondarsi sufficientemente su una semplice difficoltà e neppure sulla documentata acquisizione dello stato di disoccupazione, potendo l'interessato provvedere ugualmente aliunde in forza di altre disponibilità finanziarie e patrimoniali, la cui insussistenza radicale va comprovata a cura ed onere della parte obbligata. Cass. pen. 27 novembre 2013 n. 12308

In tema di omessa corresponsione dell'assegno di mantenimento da versare all'ex coniuge a seguito di una sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio, il generico rinvio 'quoad poenam' all'art. 570 c.p., deve intendersi riferito alle pene alternative previste dal comma 1 di quest'ultima disposizione, con la possibilità che sia il giudice a graduare la pena da comminare. Cass. pen. 27 novembre 2013 n. 12307

In tema di violazione degli obblighi di assistenza famigliare, l'obbligo di assicurare i mezzi di sussistenza ai figli minorenni grava su entrambi i genitori, per cui l'assolvimento dell'obbligo da parte di uno dei genitori non esenta in alcun modo l'altro. Cass. pen. 20 novembre 2013 n. 48456

La presenza della certificazione dello stato di disoccupazione, in difetto di comprovati elementi attestanti il necessario e dovuto impegno dell'imputato alla ricerca di un lavoro pur modestamente retribuito, non giustifica un atteggiamento di passività probatoria, essendo corretta e legittima l'aspettativa di moglie e figli in merito ai mezzi di sussistenza. Cass. pen. 19 novembre 2013 n. 51027

A fronte dell'inadempimento all'obbligo di sostentamento economico, l'imputato, per sottrarsi alla responsabilità penale, deve dimostrare di essersi trovato nella impossibilità oggettiva di provvedere. Cass. pen. 30 ottobre 2013 n. 50971

Il delitto di violazione degli obblighi di assistenza famigliare non è integrato dai comportamenti omissivi contrassegnati da minimo disvalore o espressivi di mere disfunzioni dei rapporti intra-familiari, ma soltanto dalle condotte che, attraverso la sostanziale dismissione delle funzioni genitoriali, pongano seriamente in pericolo il pieno ed equilibrato sviluppo della personalità del minore. Cass. pen. 24 ottobre 2013 n. 51488

In tema di violazione degli obblighi di natura economica posti a carico del genitore separato, la disposizione dell'art. 12 sexies legge 1 dicembre 1970, n. 898 (richiamata dall'art. 3 della legge 8 febbraio 2006) si applica anche al mancato adempimento degli obblighi assunti dai coniugi, per il mantenimento dei figli minori, in sede di separazione consensuale. Cass. pen. 24 ottobre 2013 n. 1653

Mentre può essere realizzata la violazione dall'art. 12 sexies della l. n. 898 del 1970 o dell'art. 3 della legge n. 54 del 2006, n. 54 senza che siano fatti mancare i mezzi di sussistenza alle parti offese indicate nell'art. 570, comma 2 n. 2, c.p., il genitore separato che fa mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori, omettendo di versare l'assegno di mantenimento, commette un unico reato, quello previsto dall'art. 570, comma 2 n. 2, c.p.; la violazione meno grave (l'omissione di versamento dell'assegno di mantenimento) per il principio di assorbimento, volto ad evitare il bis in idem sostanziale, perde, infatti, la sua autonomia e viene ricompresa nella accertata sussistenza della più grave violazione della norma prevalente per severità di trattamento sanzionatorio (aver fatto mancare i mezzi di sussistenza nei confronti del beneficiario dell'assegno di mantenimento). Cass. pen. 17 ottobre 2013 n. 44629

Il delitto di violazione degli obblighi di assistenza famigliare non è integrato dai comportamenti omissivi contrassegnati da minimo disvalore o espressivi di mere disfunzioni dei rapporti intra-familiari, ma soltanto dalle condotte che, attraverso la sostanziale dismissione delle funzioni genitoriali, pongano seriamente in pericolo il pieno ed equilibrato sviluppo della personalità del minore. Cass. pen. 24 ottobre 2013 n. 51488

Integra il reato di cui all'art. 570 comma 2 n. 2 c.p. (in esso risultando assorbito il reato previsto dall'art. 12 sexies l. 1 dicembre 1970 n. 898, come richiamato dall'art. 3 l. 8 febbraio 2006 n. 54) la condotta del genitore separato che fa mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori, omettendo di versare l'assegno di mantenimento. Cass. pen. 17 ottobre 2013 n. 44629

In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, nei mezzi di sussistenza non sono ricompresi solo vitto e alloggio, ma anche l'abbigliamento necessario, mezzi di trasporto e mezzi di comunicazione essenziali. Cass. pen. 25 settembre 2013 n. 43119

È configurabile il tentativo con riferimento al reato di omessa prestazione dei mezzi di sussistenza, trattandosi di illecito commissivo. Cass. pen. 25 settembre 2013 n. 50097

Integra l'ipotesi di tentativo di violazione degli obblighi di assistenza la condotta del padre che, per sottrarsi all'adempimento dell'obbligo civile di assegnazione della casa familiare, di proprietà esclusiva di esso , alla moglie , genitore affidatario della figlia minore, stipula un contratto preliminare simulato, trattandosi di ipotesi di omissione mediante commissione. Cass. pen. 25 settembre 2013 n. 50097

Ai fini della configurabilità del delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare, il soggetto obbligato in sede di separazione legale dei coniugi non ha la facoltà di sostituire, di sua iniziativa, la somma di denaro stabilita dal giudice civile a titolo di contributo per il mantenimento della prole con cose o beni che, secondo una sua scelta arbitraria, meglio corrispondano alle esigenze del minore beneficiario. Trib. Arezzo 22 luglio 2013 n. 1481

Il reato di violazione degli obblighi familiari di cui all'art. 570 c.p., sussiste anche in assenza di un obbligo di natura civilistica, essendo l'illecito in questione rapportato da un lato alla sussistenza dello stato di bisogno dell'avente diritto e dall'altro al mancato apprestamento dei mezzi di sussistenza da parte di chi per legge vi è obbligato, salvo che ricorra una circostanza esimente. Ne deriva che le difficoltà economiche in cui si viene a trovare l'obbligato, possono avere effetto esimente se lo stesso si sia venuto a trovare nell'impossibilità di adempiere, che non dipenda però da comportamento anche solo negligente dello stesso. Per la sussistenza del dolo è quindi necessaria la volontà cosciente e libera di sottrarsi, senza giusta causa, agli obblighi inerenti alla propria qualità, nella consapevolezza del bisogno in cui versa il soggetto passivo. Trib. Ivrea 01 luglio 2013 n. 291

Nel reato di omessa corresponsione dell'assegno divorzile previsto dall'art. 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898 il generico rinvio, quoad poenam, all'art. 570 c.p. deve intendersi riferito alle pene alternative previste dal comma primo di quest'ultima disposizione. Cass. pen. 14 giugno 2013 n. 33372

In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, sia l'obbligo morale sanzionato dall'art. 570 comma 1 c.p. che quello economico, sanzionato dal comma secondo della medesima disposizione, presuppongono la minore età del figlio non inabile al lavoro e vengono meno con l'acquisizione della capacità giuridica da parte del minore conseguente al raggiungimento della maggiore età. Cass. pen. 13 giugno 2013 n. 34080

Art. 571

Relativamente a minori, il termine "correzione" va assunto come sinonimo di educazione, con riferimento ai connotati intrinsecamente conformativi di ogni processo educativo. E non può ritenersi tale l'uso della violenza finalizzato a scopi educativi: ciò sia per il primato che l'ordinamento attribuisce alla dignità della persona, anche del minore, ormai soggetto titolare di diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione (se non addirittura di disposizione) da parte degli adulti; sia perché non può perseguirsi, quale meta educativa, un risultato di armonico sviluppo di personalità, sensibile ai valori di pace, di tolleranza, di connivenza utilizzando un mezzo violento che tali fini contraddice. Ne consegue che l'eccesso nel ricorso a mezzi di correzione, in sé illeciti, non rientra nella fattispecie dell'art. 571 c.p. (abuso di mezzi di correzione) giacché a tale condizione soltanto può ammettersi la configurazione dell' abuso punibile in maniera attenuata, rispetto ad altri e più gravi reati. Cass. pen. 16 maggio 2014 n. 25790

In tema di abuso di mezzi di correzione e di disciplina, di cui all'art. 571 c.p., mentre non possono ritenersi preclusi quegli atti di pressione morale che risultino adeguati alla finalità di rafforzare la proibizione di comportamenti di indisciplina gratuita o insolente idonei a minare la credibilità e l'effettività della funzione educativa, o anche quelli di coercizione fisica meramente impeditivi di condotte violente da parte del discente, integra la fattispecie criminosa in questione l'uso di un mezzo, vuoi di natura fisica, psicologica o morale, che abbia come effetto l'umiliazione del soggetto passivo, posto che l'intento educativo va esercitato in coerenza con una evoluzione non traumatica della personalità del soggetto cui è rivolto con la precisazione che con riguardo ai bambini il termine "correzione", presente nella dizione normativa, va inteso come sinonimo di educazione, con riferimento ai connotati intrinsecamente conformativi di ogni processo educativo. Cass. pen. 19 marzo 2014 n. 15149

Ai fini della configurabilità del reato di abuso dei mezzi di correzione e disciplina è necessario che le condotte del genitore, che risultino denigranti ed umilianti nei confronti dei figli, siano tali da causare un pericolo di malattia nel corpo o nella mente per il figlio medesimo. Cass. pen. 06 marzo 2014 n. 14749

Art. 572

Fatti episodici e lesivi anche di diritti fondamentali, derivanti da situazioni contingenti e particolari, che possono verificarsi nei rapporti interpersonali di una convivenza familiare, non integrano il delitto di maltrattamenti, pur conservando la propria autonomia di reati contro la persona. Cass. pen. 15 maggio 2014 n. 27987

Ai fini della configurabilità del delitto di maltrattamenti in famiglia non assume rilievo il fatto che gli atti lesivi si siano alternati con periodi di normalità nella condotta dell'agente e di accordo con i familiari, poiché, data la natura abituale del delitto in oggetto, l'intervallo di tempo tra una serie e l'altra di episodi lesivi non fa venir meno l'esistenza dell'illecito. La condotta ben può comprendere, dunque, momenti di pausa. Cass. pen. 11 aprile 2014 n. 19514

Rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 572 c.p. la condotta del datore di lavoro accusato di avere tenuto alle proprie dipendenze alcuni lavoratori in condizioni di estremo degrado materiale, poiché ospitati in locali fatiscenti, in pessime condizioni igienico - sanitarie, con somministrazione scarsa o nulla di cibo e privazione del compenso, allorchè vi sia una vicinanza del rapporto tra il datore di lavoro e i subordinati tale da ritenere il rapporto lavorativo di natura parafamiliare. Cass. pen. 11 aprile 2014 n. 24057

Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 572 c.p., è necessario che le pratiche persecutorie realizzate ai danni del lavoratore dipendente e finalizzate alla sua emarginazione si inquadrino in un rapporto tra il datore di lavoro ed il dipendente capace di assumere una natura para-familiare. Cass. pen. 08 aprile 2014 n. 18832.

In tema di maltrattamenti in famiglia, occorre che la condotta vessatoria sia reiterata per un lasso di tempo che giustifichi il convincimento del giudice circa una volontà da parte dell'agente di una sopraffazione sistematica diretta a rendere dolorosa la convivenza della persona in famiglia, dato che l'elemento psicologico del delitto richiede l'accertamento di un'intenzione di avvilimento e sopraffazione della vittima, così da ricondurre ad unità i vari episodi di aggressione alla sfera morale e materiale di quest'ultima. Cass. pen. 19 marzo 204 n. 15143

In tema di maltrattamenti posti in essere da un'insegnante nei confronti dei propri alunni, rientra nella fattispecie di cui all'art. 572 c.p., e come tale va punita, la condotta caratterizzata da un atteggiamento fortemente persecutorio della maestra nei confronti dei bambini finalizzata a realizzare un metodo di educazione e apprendimento fondato sull'intimidazione e sulla violenza, soprattutto psicologica ma pure fisica, anche con irrisioni ingiustificate, offese, bestemmie e denigrazioni degli alunni generando un permanente clima di stabile mortificazione e sopraffazione. Cass. pen. 13 marzo 2014 n. 14753

Le pratiche persecutorie realizzate ai danni del lavoratore dipendente e finalizzate alla sua emarginazione (cd. "mobbing") possono integrare il delitto di cui all'art. 572 c.p., anche nel testo modificato dalla l. n. 172 del 2012 esclusivamente se inquadrate in un rapporto tra il datore di lavoro ed il dipendente capace di assume natura para-familiare, in quanto caratterizzato da relazioni intense ed abituali, da consuetudini di vita tra i soggetti, dalla soggezione di una parte nei confronti dell'altra, dalla fiducia riposta dal soggetto più debole del rapporto in quello che ricopre la posizione di supremazia. Cass. pen. 05 marzo 2014 n. 13088

Il reato di maltrattamento in famiglia nel luogo di lavoro è configurabile solo qualora l'azienda abbia dimensioni ridotte dal punto di vista spaziale, personale e organizzativo, tale da equiparare le relazioni tra le persone (datore di lavoro o equiparato e lavoratori) a quelle esistenti tra componenti di una famiglia in senso stretto. Cass. pen. 05 marzo 2014 n. 13088

In tema di maltrattamenti contro familiari e conviventi, integra la circostanza aggravante della lesione grave, di cui al secondo comma dell'art. 572 cod. pen., la ritardata crescita del minore che, per via dei maltrattamenti, si sia trovato in condizioni di denutrizione o malnutrizione tali da cagionare la predetta malattia. Cass. pen. 04 marzo 2014 n. 12004

Ai fini della configurabilità del delitto di maltrattamenti in famiglia, ai sensi dell'art. 572 c.p., non è necessario che i singoli atti costituiscano di per sé delle specifiche fattispecie delittuose, dato che, a tal fine, sono valutabili anche condotte aggressive nei confronti del familiare, consistenti in atti di sopraffazione od offese tendenti a svalutare la persona. Cass. pen. 29 gennaio 2014 n. 12020

Il concorso tra violenza sessuale e maltrattamenti in famiglia sussiste laddove la condotta integrante quest'ultimo reato non si esaurisca negli episodi di violenza sessuale, ma s'inserisca in una serie di atti vessatori e percosse tipici della condotta di maltrattamenti. Cass. pen. 18 dicembre 2013 n. 7517

Il reato di cui all'art. 572 c.p. consiste nella sottoposizione dei familiari ad una serie di atti di vessazione continui tali da cagionare sofferenze, privazioni, umiliazioni, le quali costituiscono fonte di un disagio continuo ed incompatibile con normali condizioni di vita; i singoli episodi, che costituiscono un comportamento abituale, rendono manifesta l'esistenza di un programma criminoso relativo al complesso dei fatti, animato da una volontà unitaria di vessare il soggetto passivo. Cass. pen. 20 novembre 2013 n. 49857

Nella nozione di "maltrattamenti" rientrano i fatti lesivi della integrità fisica e del patrimonio morale del soggetto passivo, sì da rendere abitualmente dolorose le relazioni familiari, e che si manifestano mediante le sofferenze morali che determinano uno stato di avvilimento o con atti o parole che offendono il decoro e la dignità della persona, ovvero con violenze capaci di produrre sensazioni dolorose, ancorché tali da non lasciarne traccia. Per la configurabilità della fattispecie si richiede il dolo generico, consistente nella mera coscienza e volontà di sottoporre la persona di famiglia ad un'abituale condizione di soggezione psicologica e di sofferenza. Cass. pen. 24 ottobre 2013 n. 47078

Confluiscono nello schema dei maltrattamenti in famiglia, non solo le percosse, le lesioni, le ingiurie, le minacce, le privazioni o le umiliazioni imposte alla vittima, ma altresì gli atti «di disprezzo e di offesa alla sua dignità che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali», ove animate da una volontà unitaria di vessare il soggetto passivo. Circa la consumazione del reato, di natura abituale, essa verrà a perfezionarsi con l'ultima di tale serie di atti, pur se protrattisi successivamente alla separazione dei coniugi. Cass. pen. 08 ottobre 2013 n. 44700

Il reato di maltrattamenti in famiglia, configurando un'ipotesi di reato abituale che si caratterizza per la sussistenza di una serie di fatti che isolatamente considerati potrebbero anche essere non punibili, si consuma nel momento e nel luogo in cui le condotte poste in essere divengono complessivamente riconoscibili e qualificabili come maltrattamenti. Cass. pen. 25 settembre 2013 n. 43221

È inquadrabile nel paradigma di cui all’art. 572 c.p. la condizione di vita di una donna convivente costretta alle violenze fisiche e sessuali del compagno, e a subire manifestazioni di prevaricazione quali l’imposizione di non incontrare la sorella, la rottura del cellulare per impedirle di comunicare le vessazioni subite, le continue minacce, le percosse al bambino o a lei stessa davanti al bambino; lo stato di alterazione indotto dal consumo di alcolici e di cocaina del compagno e il quadro descritto, protrattosi per più di sei mesi, descrivono una condizione di intollerabilità del regime di vita della donna, in diretta dipendenza causale dalle prevaricazioni, sopraffazioni, violenze e minacce. Trib. La Spezia 19 agosto 2013 n. 10030

Deve ritenersi integrare gli estremi del reato di cui all'art. 572 c.p., la sottoposizione dei familiari ad atti di vessazione continui e tali da cagionare agli stessi sofferenze, privazioni, umiliazioni, che costituiscano fonte di uno stato di disagio continuo e incompatibile con normali condizioni di esistenza. E invero, comportamenti abituali caratterizzati da una serie indeterminata di atti di molestia, di ingiuria, di minaccia e di danneggiamento, manifestano l'esistenza di un programma criminoso di cui i singoli episodi, da valutare unitariamente, costituiscono l'espressione e in cui il dolo si configura come volontà comprendente il complesso dei fatti e coincidente con il fine di rendere disagevole in sommo grado e per quanto possibile penosa l'esistenza dei familiari. A tale stregua è provato quindi anche l'elemento soggettivo del reato di maltrattamenti in famiglia, il quale comunque non implica l'intenzione di sottoporre il familiare convivente in modo continuo e abituale, a una serie di sofferenze fisiche e morali, ma solo la consapevolezza dell'agente di persistere in un'attività vessatoria. Corte Appello Cagliari 11 luglio 2013 n. 880

Con l'intervenuto divorzio, cui non segua - come nella specie non è seguita - alcuna ricomposizione di una relazione e consuetudine di vita improntata a rapporti di assistenza e solidarietà reciproche, deve ritenersi cessato ogni presupposto per la configurabilità del reato di maltrattamenti. Cass. pen. 12 giugno 2013 n. 50333

È configurabile il concorso tra il delitto di maltrattamenti in famiglia e quello di violenza sessuale quando la condotta integrante il reato di cui all'art. 572 c.p. non si esaurisca negli episodi di violenza sessuale, ma si inserisca in una serie di atti vessatori e percosse tipici della condotta dei maltrattamenti. Il delitto di maltrattamenti è invece assorbito da quello di violenza sessuale allorquando vi sia piena coincidenza tra le condotte, nel senso che gli atti lesivi siano finalizzati esclusivamente alla realizzazione della violenza sessuale e siano strumentali alla stessa. Cass. pen. 11 giugno 2013 n. 29742

Non necessariamente le condotte lesive dell'integrità fisica della propria moglie, accompagnate da offese e minacce, anche se reiterate, integrano il reato di maltrattamenti in famiglia se non sono dirette a violare l'integrità e la solidarietà familiare. Trib. Monza 10 giugno 2013 n. 1007

Art. 574

Il fatto di avere sottratto un minore alla persona esercente la potestà genitoriale integra il delitto di cui all'art. 574 c.p., ma ciò non esclude affatto che ricorra anche il delitto di sequestro di persona, poiché le due norme non sono tra loro alternative, né l'una assorbe l'altra e possono quindi concorrere, perché le due fattispecie, sotto il profilo strutturale, sono diverse, con riferimento alla condotta ed all'oggetto materiale: nella prima, la sottrazione del minore o dell'infermo di mente al genitore, al tutore, al curatore o a chi ne abbia la vigilanza o a custodia; nel sequestro di persona, la privazione della libertà personale della vittima. Cass. pen. 12 febbraio 2014 n. 15366

La sottrazione di un minore alla potestà del genitore o dei genitori e la sua ritenzione contro la volontà del titolare o dei titolari della potestà parentale tutelano il medesimo bene giuridico incentrato sulla protezione degli interessi del minore e comportano entrambe l'assoggettamento della vittima all'esercizio di un potere illegittimo, distinguendosi solo per le modalità attraverso le quali l'autore del delitto entra in contatto con il minore ed interferisce sui suoi diritti e sulle sue situazioni soggettive, distogliendolo dalle direttive a lui impartite dal genitore o dal tutore: nel primo caso, infatti, si fa cessare de facto una determinata relazione che unisce una persona ad un determinato soggetto, nell'altra ipotesi l'autore del reato approfitta del fatto di essere venuto in contatto con il minore per una causa lecita e lo trattiene indebitamente presso di sé, ossia contro la volontà dell'altro genitore, del tutore, del curatore, o comunque di colui che eserciti una forma di vigilanza o custodia nei confronti del minore. Cass. pen. 06 febbraio 2014 n. 17799

Nel caso di affido familiare i genitori non dichiarati decaduti dalla potestà pertinente mantengono un autonomo potere di querela ai sensi dell'art. 574 c.p (sottrazione persone incapaci). Cass. pen. 22 novembre 2013 n. 49063

In tema di sottrazione di persone incapaci, l'affidamento del minore ai servizi sociali con collocamento presso una famiglia, non priva i genitori, non dichiarati decaduti dalla potestà, del diritto di querela. Cass. pen. 22 novembre 2013 n. 49063

Il tentativo è compatibile con la sottrazione di minore, avente natura di reato eventualmente permanente, e con la struttura soggettiva della fattispecie, punita a titolo di dolo generico; per la configurazione dell'ipotesi tentata è, infatti, sufficiente il proposito di compromettere l'esercizio della potestà genitoriale, unitamente alla commissione di atti diretti ed idonei ad attuare tale fine. Cass. pen. 18 giugno 2013 n. 44260

È manifestamente inammissibile la q.l.c. dell'art. 574 bis c.p., censurato, in riferimento agli art. 2, 3, 30 e 31 cost., nonché - in relazione all'art. 10 cost. - agli art. 3, 7 e 8 della convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con l. 27 maggio 1991, n. 176, "nella parte in cui stabilisce che, in caso di condanna pronunciata contro il genitore per il delitto di sottrazione e trattenimento di minore all'estero, consegua di diritto la sospensione della potestà genitoriale, così precludendo al giudice ogni possibilità di valutazione dell'interesse del minore nel caso concreto". L'assenza, nell'ordinanza di rimessione, di qualunque descrizione dei fatti di causa preclude il doveroso scrutinio della rilevanza della questione (sentenze n. 272, 301 del 2012). Corte Costituzionale 20 giugno 2013 n. 150

È configurabile il tentativo nel delitto di sottrazione di incapaci a condizione che gli atti compiuti siano idonei a creare una situazione di pericolo attuale di lesione del bene protetto dalla norma incriminatrice. Cass. pen. 18 giugno 2013 n. 44260

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