La configurabilità del reato di appropriazione indebita di files

I dati informatici sono qualificabili cose mobili ai sensi della legge penale e ciò può portare a configurarne il reato di appropriazione indebita.



A cura dell'Avv. Augusto Careni

I dati informatici sono qualificabili come "cose mobili"?

La qualificabilità dei dati informatici come cose “mobili” è un tema sul quale la giurisprudenza e la dottrina ormai da diversi anni si stanno confrontando con tesi a volte anche diametralmente opposte.

La questione non è di poco conto soprattutto in considerazione della strada della digitalizzazione intrapresa dalla nostra società che vede continui sviluppi nel campo dell’informatica.

Non a caso uno dei temi più caldi già a partire dal 2016 è la protezione dei dati personali che costituiscono senza dubbio una delle risorse più importanti dell'era moderna.

Tornando al tema centrale di questo articolo, la qualificabilità dei “files” come beni “mobili” diviene il primo passo per l’eventuale configurabilità di una condotta penale di appropriazione indebita ex art. 646 c.p. e del superamento della sola configurabilità di "furto" di tali dati.

Non sono mancati come detto i contrasti sul punto. In anni meno recenti la giurisprudenza aveva escluso

che i files possano formare oggetto del reato di cui all'art. 624 c.p., osservando che, “rispetto alla condotta

tipica della sottrazione, la particolare natura dei documenti informatici rappresenta un ostacolo logico alla

realizzazione dell'elemento oggettivo della fattispecie incriminatrice, ad esempio nel caso di semplice

copiatura non autorizzata di "files" contenuti in un supporto informatico altrui, poiché in tale ipotesi non si realizza la perdita del possesso della res da parte del legittimo detentore” (Cass. Pen. n. 44840/2010; Cass. Pen. n. 3449/2003).

Lo spunto a tale indirizzo derivava probabilmente dalla considerazione sviluppatasi nella giurisprudenza che oggetto del reato di appropriazione indebita non può essere un bene immateriale come ad esempio somme di denaro derivanti da premi assicurativi riscossi da subagenti ma allo stesso non versati, o disegni e progetti industriali coperti da segreto e riprodotti su documenti di cui l'imputato si era appropriato, o ancora in relazione al delitto di ricettazione di supporti contenenti dati informatici.

Solo in epoca più recente si è cominciata a valutare l’ipotesi di considerare la condotta di “furto” anche in merito a beni quali i files (Cass. Pen. n. 32383/2015, riguardante il caso di un avvocato che, dopo aver comunicato la propria volontà di recedere da uno studio associato, si era impossessato di alcuni "files", cancellandoli dal "server" dello studio).

In una recentissima pronuncia la Corte di Cassazione (Cass. Pen. n. 11959 del 10 aprile 2020) ha offerto spunti davvero chiari e significativi sul quesito posto all’inizio di questo contributo, partendo dalla considerazione della struttura del file, inteso quale “insieme di dati numerici tra loro collegati che non solo nella rappresentazione (grafica, visiva, sonora) assumono carattere materiale”, passando per la trasferibilità dei files tra dispositivi che li contengono, oltre che nell'ambiente informatico rappresentato dalla rete Internet.

Sappiamo che il codice penale italiano non contiene una definizione di “cosa mobile” se non unicamente nella disposizione che equipara alla cosa mobile l'energia elettrica e ogni altra energia economicamente valutabile (art. 624, comma 2, c.p.).

Come avviene quasi sempre in questi casi sono la dottrina e la giurisprudenza a colmare tale mancanza: nel caso della nozione penalistica di "cosa mobile" si è considerata attraverso l'individuazione di alcuni caratteri minimi, rappresentati dalla materialità e fisicità dell'oggetto, che deve risultare definibile nello spazio suscettibile di essere spostato da un luogo ad un altro.

Concetto di file

Volendo anche analizzare la nozione informatica, il file è definibile come l'insieme di dati, archiviati o elaborati (sulla base delle specifiche ISO), cui sia stata attribuita una denominazione secondo le regole tecniche uniformi. Trattasi di struttura che ha ovviamente una propria dimensione fisica che è determinata dal numero delle componenti, necessarie per l'archiviazione e la lettura dei dati inseriti nel file, elementi non astratti quindi ma dotati di una propria fisicità e che occupano fisicamente una porzione di memoria quantificabile, la dimensione della quale dipende dalla quantità di dati che in essa possono essere contenuti.

Già sulla base di queste considerazioni al file non può che attribuirsi una dimensione fisica costituita dalla grandezza dei dati che lo compongono, come dimostrano l'esistenza di unità di misurazione della capacità di un file di contenere dati e la differente grandezza dei supporti fisici in cui i files possono essere conservati e elaborati.

Per altro verso, però, rimane la questione della materiale apprensione del file inteso come dato informatico: 

ai fini della appropriazione nel senso giuridico di cose mobili deve ritenersi assolutamente necessario il criterio della detenzione fisica della cosa?

Per dare una risposta a tale domanda è necessario partire dalla considerazione che nell’odierna società è profondamente mutato il panorama delle attività che l'uomo è in grado di svolgere attraverso l’uso di svariati e sempre più innovativi hardware e software per la conservazione, la gestione e il trasferimento di dati informatici.  

In quest’ottica non può non considerarsi come l'elemento della materialità e della tangibilità di un bene intesa in senso “classico”, e del quale il dato digitale è ovviamente sprovvisto, perde notevolmente peso, e il dato digitale viene ritenuto oggetto di diritti penalmente tutelati possedendo tutti i requisiti della mobilità della cosa.

Superata la questione della definibilità del dato informativo come “bene mobile”, si pone una seconda questione altrettanto importante:

se l'interpretazione proposta nei termini su indicati si ponga in contrasto con i principi volti a garantire l'intervento della legge penale quale extrema ratio, subordinando l'applicazione della sanzione penale al principio di legalità, nel suo principale corollario del rispetto del principio di tassatività e determinatezza.

Quanto al principio di determinatezza sembrerebbero non esserci problemi laddove la Corte Cost. in una propria pronuncia (Corte Cost. n. 96/1981) ha precisato che “nelle norme penali vi è il riferimento a fenomeni la cui possibilità di realizzarsi sia stata accertata in base a criteri che allo stato delle attuali conoscenze appaiano verificabili”, […] non potendosi “concepire disposizioni legislative che inibiscano o ordinino o puniscano fatti che per qualunque nozione ed esperienza devono considerarsi inesistenti o non razionalmente accertabili”.

Quanto al principio di tassatività, anche qui la Corte Cost. ha affermato che “l'inclusione nella formula descrittiva dell'illecito di espressioni sommarie, di vocaboli polisensi, ovvero di clausole generali o concetti elastici, non comporta un vulnus del parametro costituzionale evocato, quando la descrizione complessiva del fatto incriminato consenta comunque al giudice - avuto riguardo alle finalità perseguite dall'incriminazione ed al più ampio contesto ordinamentale in cui essa si colloca - di stabilire il significato di tale elemento mediante un'operazione interpretativa non esorbitante dall'ordinario compito a lui affidato: quando cioè quella descrizione consenta di esprimere un giudizio di corrispondenza della fattispecie concreta alla fattispecie astratta, sorretto da un fondamento ermeneutico controllabile; e, correlativamente, permetta al destinatario della norma di avere una percezione sufficientemente chiara ed immediata del relativo valore precettivo” (Corte Cost. n. 25/2019).

La citata sentenza della Suprema Corte (Cass. Pen. n. 11959/2020) richiama poi una quantomai interessante comparazione tra l’appropriazione di denaro (che la legge equipara alla cosa mobile in più disposizioni) e l’appropriazione di dati informatici.

In effetti anche il denaro - seppur oggetto anche di apprensione materiale - nella sua componente espressiva del valore di scambio tra beni, è suscettibile di operazioni contabili, così come di trasferimenti giuridicamente efficaci, anche in assenza di una materiale apprensione delle unità fisiche che rappresentano l'ammontare del denaro (si pensi alle disposizioni telematiche di denaro).

Allo stesso tempo, è pacifico che le condotte dirette alla sottrazione, ovvero all'impossessamento del denaro, possono esser realizzate anche senza alcun contatto fisico con il denaro, attraverso operazioni bancarie o disposizioni impartite, anche telematicamente.

L'apprensione dei soli dati informatici è qualificabile come furto? 

Certamente va esclusa l’ipotesi che appropriazione di dati informatici possa qualificarsi come “furto” che si verificherebbe nella sola ipotesi in cui il proprietario dei files perda in modo definitivo i dati informatici, ipotesi configurabile solo laddove vi sia anche l’apprensione dei supporti materiali su cui i dati sono impressi.

Esclusa questa ipotesi l’autore della sottrazione del file compie “soltanto” una “presa di conoscenza” di notizie contenute nel file, ossia si procura sostanzialmente un mezzo per acquisire la conoscenza delle informazioni contenute nel dato informatico, che resta comunque nella disponibilità materiale e giuridica del titolare.

L’indirizzo giurisprudenziale più recente, costituito dalla citata Cass. Pen. 11959 del 20 aprile 2020, ha quindi precisato che “nell'interpretazione della nozione di cosa mobile, contenuta nell'art. 646 c.p., in relazione alle caratteristiche del dato informatico (file), ricorre quello che la Corte Cost. ebbe a definire il «fenomeno della descrizione della fattispecie penale mediante ricorso ad elementi (scientifici, etici, di fatto o di linguaggio comune), nonché a nozioni proprie di discipline giuridiche non penali», situazione in cui « il rinvio, anche implicito, ad altre fonti o ad esterni contrassegni naturalistici non viola il principio di legalità della norma penale - ancorché si sia verificato mutamento di quelle fonti e di quei contrassegni rispetto al momento in cui la legge penale fu emanata - una volta che la reale situazione non si sia alterata sostanzialmente, essendo invece rimasto fermo lo stesso contenuto significativo dell'espressione usata per indicare gli estremi costitutivi delle fattispecie ed il disvalore della figura criminosa. In tal caso l'evolversi delle fonti di rinvio viene utilizzato mediante interpretazione logicosistematica, assiologica e per il principio dell'unità dell'ordinamento, non in via analogica» (Corte Cost. n. 414/1995)”.

Ha quindi affermato un innovativo principio di diritto sul tema della configurabilità dell’appropriazione indebita di files, per il quale:

I dati informatici (files) sono qualificabili cose mobili ai sensi della legge penale e, pertanto, costituisce condotta di appropriazione indebita la sottrazione da un personal computer aziendale, affidato per motivi di lavoro, dei dati informatici ivi collocati, provvedendo successivamente alla cancellazione dei medesimi dati e alla restituzione del computer "formattato.

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