Alla lottizzazione abusiva puņ essere applicato il condono edilizio?

Lottizzazione abusiva e illecito permanente: la lottizzazione č distinta dalle singole costruzioni prive di titolo abilitativo? Cons. St. 2 luglio 2015 n. 3305.



IL FATTO
Tizio, con il ricorso n. 1661 del 2014 proposto al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ha chiesto l'annullamento del silenzio - rifiuto serbato dal Comune sull'istanza n. 24917 del 20 giugno 2014 con cui il ricorrente chiedeva la revoca dell'ordinanza con cui gli era stata contestata una lottizzazione abusiva, a seguito di frazionamento e di trasferimento delle aree di sua proprietà in favore di D.M. ed altri, in qualità questi di legale rappresentante della società Omissis, disponendo per tale via la sospensione delle opere in corso, preordinata all'acquisizione dei beni al patrimonio comunale, ai sensi dell'art. 30 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e, in via consequenziale, l'annullamento del permesso di costruire n. 15 del 2007, dapprima rilasciato al ricorrente, relativo alla costruzione di un fabbricato rurale e annessi.

 Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, sezione prima, con la sentenza n. 417 del 2015, ha respinto il ricorso con compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

Con l'appello in epigrafe è chiesto l'annullamento della sentenza di primo grado con domanda cautelare di sospensione dell'esecutività.

La domanda cautelare è stata respinta con l'ordinanza 22 aprile 2015, n. 1697.

LA DECISIONE DEL CONSIGLIO DI STATO.

Il Consiglio di Stato respinge l'appello confermando la sentenza di primo grado.

Il ricorrente, asserita la sopravvenuta mancanza dei presupposti dell'ordinanza per la rimozione dell'intervento lottizzatorio, ne ha chiesto la revoca, chiedendo altresì anche l'accertamento della sussistenza dei presupposti della revoca, la dichiarazione della fondatezza dell'istanza e perciò dello specifico obbligo ad emanare la revoca richiesta.

Il silenzio - inadempimento si sarebbe perciò formato stante l'obbligo non assolto di procedere alla revoca determinato dalla rimozione della lottizzazione abusiva da parte del ricorrente.

IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

- Nei commi 7 e 8 dell'art. 30 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (come in precedenza all'art. 18 della L. 28 febbraio 1985, n. 47) si dispone che:

"7. Nel caso in cui il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale accerti l'effettuazione di lottizzazione di terreni a scopo edificatorio senza la prescritta autorizzazione, con ordinanza da notificare ai proprietari delle aree ed agli altri soggetti indicati nel comma 1 dell'articolo 29, ne dispone la sospensione. Il provvedimento comporta l'immediata interruzione delle opere in corso ed il divieto di disporre dei suoli e delle opere stesse con atti tra vivi, e deve essere trascritto a tal fine nei registri immobiliari.

8. Trascorsi novanta giorni, ove non intervenga la revoca del provvedimento di cui al comma 7, le aree lottizzate sono acquisite di diritto al patrimonio disponibile del comune il cui dirigente o responsabile del competente ufficio deve provvedere alla demolizione delle opere. In caso di inerzia si applicano le disposizioni concernenti i poteri sostitutivi di cui all'articolo 31, comma 8."

LA GIURISPRUDENZA:

- la lottizzazione abusiva è qualificata come un illecito permanente e insanabile poiché produce una deviazione dagli scopi stabiliti con la pianificazione urbanistica e lede perciò l'essenziale prerogativa comunale della programmazione in materia, alla cui protezione tende l'art. 30; essa ha dunque una potenzialità lesiva più estesa di quella del singolo abuso edilizio poiché incide sull'interesse pubblico primario alla corretta urbanizzazione del territorio condizionando indebitamente le scelte pianificatorie future della p.a. (Cons. Stato, IV, 12 febbraio 2013, n. 834; 15 settembre 2010, n. 6870);

- ne consegue che la fattispecie della lottizzazione abusiva è distinta da quella delle singole costruzioni prive di titolo abilitativo, e non può essere applicata alla prima la disciplina sul condono edilizio e non possono essere sanate le seconde, quando realizzate nell'ambito di una lottizzazione abusiva, se non previa valutazione globale dell'attività lottizzatoria secondo lo speciale meccanismo di cui agli articoli 29 e 35, comma 13, della L. n. 47 del 1985, cioè previa adozione di una variante dello strumento urbanistico (es. Cons. Stato, IV, 7 giugno 2012, n. 3381); così come, in ragione della differenza fra le due fattispecie, non è prevista per la prima la possibilità del ripristino da parte del privato come invece espressamente consentito al responsabile del singolo abuso ai sensi dell'art. 31, comma 3, D.P.R. n. 380 del 2001;

- in questo quadro la revoca del provvedimento sanzionatorio adottato ai sensi del comma 7 dell'art. 30 (prevista dal comma 8 del medesimo articolo) è possibile soltanto se l'Amministrazione, nel contesto della tutela dell'interesse alla corretta pianificazione urbanistica, riscontri l'insussistenza dei presupposti del provvedimento dapprima adottato e, inoltre, esegua la rigorosa valutazione di ogni situazione rispetto al detto interesse pubblico. La detta revoca non è perciò un atto vincolato e può essere adottato dall'Amministrazione soltanto sulla base di proprie, oggettive e congrue valutazioni. Non è previsto, in contrario, che sia vincolata per la sola esistenza di comportamenti del privato che questi ritenga idonei o di altri e altresì non previsti atti tipizzati.

 

 

TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA

Consiglio di Stato 2 luglio 2015 n. 3305.

Il signor A.I. (in seguito: ricorrente), con il ricorso n. 1661 del 2014 proposto al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ha chiesto l'annullamento del silenzio - rifiuto serbato dal Comune di Capaccio sull'istanza n. 24917 del 20 giugno 2014 con cui il ricorrente chiedeva la revoca dell'ordinanza n. 19 del 2 marzo 2011, a firma del Responsabile del servizio edilizia privata del Comune, con cui gli era stata contestata una lottizzazione abusiva, a seguito di frazionamento e di trasferimento delle aree di sua proprietà in favore di D.M. ed altri, in qualità questi di legale rappresentante della "P.C. S. di C. P. & C. s.a.s.", disponendo per tale via la sospensione delle opere in corso, preordinata all'acquisizione dei beni al patrimonio comunale, ai sensi dell'art. 30 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia; in seguito: Testo unico) e, in via consequenziale, l'annullamento del permesso di costruire n. 15 del 2007, dapprima rilasciato al ricorrente, relativo alla costruzione di un fabbricato rurale e annessi.

2. Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, sezione prima, con la sentenza n. 417 del 2015, ha respinto il ricorso con compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

3. Con l'appello in epigrafe è chiesto l'annullamento della sentenza di primo grado con domanda cautelare di sospensione dell'esecutività. La domanda cautelare è stata respinta con l'ordinanza 22 aprile 2015, n. 1697.

4. Alla camera di consiglio del 9 giugno 2015 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

1. Nella sentenza di primo grado: - si richiama anzitutto che il ricorrente, affermato di aver rimosso gli atti e le situazioni concretanti la lottizzazione contestata, ha ritenuto la conseguente sopravvenuta mancanza dei presupposti dell'ordinanza n. 19 del 2011, ha presentato al Comune, su tale base, istanza di revoca di tale ordinanza, ha quindi dedotto l'illegittimità dell'inerzia dell'Amministrazione sull'istanza, con conseguente silenzio-inadempimento, avverso il quale ha proposto ricorso, chiedendo anche, ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. f), cod. proc. amm., l'accertamento della intervenuta rimozione dei presupposti del presunto illecito lottizzatorio e, con ciò, della fondatezza dell'istanza;

- si afferma che l'iniziativa del ricorrente non costituisce, di per sé, ragione sufficiente per elidere le eventuali conseguenze penali della condotta o evitare gli effetti della confisca o dell'acquisizione al patrimonio comunale;

- la revoca dell'ordinanza in questione, adottata ai sensi del comma 7 dell'art. 30 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, non può perciò essere oggetto di una pretesa del privato, responsabile degli abusi, suscettibile di tutela con l'ingiunzione dell'obbligo di provvedere e, per di più, con l'accertamento della relativa spettanza; avendo peraltro chiarito la giurisprudenza che la confisca, o l'acquisizione gratuita, possono essere evitate soltanto se il Comune adotta provvedimenti incompatibili con l'effetto ablatorio, come l'approvazione di un piano di lottizzazione o di un PIRT ad iniziativa, senza che comunque ne discenda l'estinzione delle accertate conseguenze sul piano penale;

- risultando perciò infondata la pretesa sottesa alla richiesta formalizzata con l'istanza considerato altresì, al riguardo, l'art. 21-octies della L. 7 agosto 1990, n. 241.

2. Nell'appello si censura la sentenza per avere errato nel ritenere un automatismo tra l'accertamento della lottizzazione e l'acquisizione, con effetto preclusivo dell'obbligo di provvedere sull'istanza di revoca; l'interessato infatti, ai sensi dei commi 7 e 8 dell'art. 30 D.P.R. n. 380 del 2001, può provvedere alla rimozione degli abusi nei 90 giorni successivi; nella specie la rimozione è stata autorizzata e verificata dal Comune (autorizzazione n. 991 del 2014 e sopralluogo del 3 giugno 2014), nonché consentita dal giudice penale con il dissequestro preordinato alla riduzione in pristino; ne consegue la preclusione dell'acquisizione e quindi l'interesse del ricorrente alla pronuncia sulla revoca; la rimozione inoltre (nella specie eseguita durante la sospensione dell'efficacia dell'ordinanza impugnata disposta in sede cautelare in secondo grado) integra un fatto sopravvenuto rilevante anche ai sensi dell'art. 21-quinquies della L. n. 241 del 1990, di disciplina generale della revoca, legittimandosi così ulteriormente la proposizione del ricorso avverso il silenzio-rifiuto ai sensi degli articoli 31 e 117 cod. proc. amm.. Né ciò è precluso dalla pendenza di un procedimento penale avendo al riguardo trascurato il primo giudice che la sanzione cui è volto tale procedimento riguarda la condotta dell'autore dell'illecito mentre quella propria del procedimento amministrativo è ripristinatoria, con l'eliminazione del vulnus prodotto nel territorio; effetto che, nella specie, è stato conseguito con la rimozione della lottizzazione negoziale e materiale.

L'autonomia tra i due procedimenti, penale e amministrativo, chiarisce anche l'erroneità dell'asserito effetto assorbente della confisca (essendo peraltro tuttora pendente il procedimento penale), così come è erronea l'affermazione per cui la confisca sarebbe preclusa soltanto dall'autorizzazione alla lottizzazione in sanatoria, venendo con ciò introdotto un nuovo elemento per evitare la confisca non previsto dall'art. 30 D.P.R. n. 380 del 2001, diversamente dalla revoca tipizzata per le ipotesi delle sopravvenienze di fatto (come la rimozione dell'abuso).

Il silenzio - inadempimento del Comune si conferma perciò illegittimo, essendo scaduto il 20 luglio 2014 il termine di 30 giorni per provvedere con atto espresso e motivato, sussistendo altresì i presupposti perché, anche attraverso un Commissario ad acta, sia riconosciuta l'assenza di ragioni per l'acquisizione del bene.

3. L'appello è infondato per le ragioni che seguono.

3.1. Il ricorrente, asserita la sopravvenuta mancanza dei presupposti dell'ordinanza n. 19 del 2001 per la rimozione dell'intervento lottizzatorio, ne ha chiesto la revoca con l'istanza presentata il 20 giugno 2014; conformemente in giudizio ha chiesto non soltanto la dichiarazione dell'obbligo dell'Amministrazione a provvedere sull'istanza ma, domandato anche l'accertamento della sussistenza dei presupposti della revoca, la dichiarazione della fondatezza dell'istanza e perciò dello specifico obbligo ad emanare la revoca richiesta. Il silenzio - inadempimento si sarebbe perciò formato stante l'obbligo non assolto di procedere alla revoca determinato dalla rimozione della lottizzazione abusiva da parte del ricorrente.

3.2. Per l'esame di quanto così prospettato è necessario richiamare il quadro normativo e giurisprudenziale rilevante. Nei commi 7 e 8 dell'art. 30 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (come in precedenza all'art. 18 della L. 28 febbraio 1985, n. 47) si dispone che: "7. Nel caso in cui il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale accerti l'effettuazione di lottizzazione di terreni a scopo edificatorio senza la prescritta autorizzazione, con ordinanza da notificare ai proprietari delle aree ed agli altri soggetti indicati nel comma 1 dell'articolo 29, ne dispone la sospensione.

Il provvedimento comporta l'immediata interruzione delle opere in corso ed il divieto di disporre dei suoli e delle opere stesse con atti tra vivi, e deve essere trascritto a tal fine nei registri immobiliari. 8. Trascorsi novanta giorni, ove non intervenga la revoca del provvedimento di cui al comma 7, le aree lottizzate sono acquisite di diritto al patrimonio disponibile del comune il cui dirigente o responsabile del competente ufficio deve provvedere alla demolizione delle opere. In caso di inerzia si applicano le disposizioni concernenti i poteri sostitutivi di cui all'articolo 31, comma 8."

3.3. Ha chiarito la giurisprudenza che: - la lottizzazione abusiva è qualificata come un illecito permanente e insanabile poiché produce una deviazione dagli scopi stabiliti con la pianificazione urbanistica e lede perciò l'essenziale prerogativa comunale della programmazione in materia, alla cui protezione tende l'art. 30; essa ha dunque una potenzialità lesiva più estesa di quella del singolo abuso edilizio poiché incide sull'interesse pubblico primario alla corretta urbanizzazione del territorio condizionando indebitamente le scelte pianificatorie future della p.a. (Cons. Stato, IV, 12 febbraio 2013, n. 834; 15 settembre 2010, n. 6870);

- ne consegue che la fattispecie della lottizzazione abusiva è distinta da quella delle singole costruzioni prive di titolo abilitativo, e non può essere applicata alla prima la disciplina sul condono edilizio e non possono essere sanate le seconde, quando realizzate nell'ambito di una lottizzazione abusiva, se non previa valutazione globale dell'attività lottizzatoria secondo lo speciale meccanismo di cui agli articoli 29 e 35, comma 13, della L. n. 47 del 1985, cioè previa adozione di una variante dello strumento urbanistico (es. Cons. Stato, IV, 7 giugno 2012, n. 3381); così come, in ragione della differenza fra le due fattispecie, non è prevista per la prima la possibilità del ripristino da parte del privato come invece espressamente consentito al responsabile del singolo abuso ai sensi dell'art. 31, comma 3, D.P.R. n. 380 del 2001;

- in questo quadro la revoca del provvedimento sanzionatorio adottato ai sensi del comma 7 dell'art. 30 (prevista dal comma 8 del medesimo articolo) è possibile soltanto se l'Amministrazione, nel contesto della tutela dell'interesse alla corretta pianificazione urbanistica, riscontri l'insussistenza dei presupposti del provvedimento dapprima adottato e, inoltre, esegua la rigorosa valutazione di ogni situazione rispetto al detto interesse pubblico.

La detta revoca non è perciò un atto vincolato e può essere adottato dall'Amministrazione soltanto sulla base di proprie, oggettive e congrue valutazioni. Non è previsto, in contrario, che sia vincolata per la sola esistenza di comportamenti del privato che questi ritenga idonei o di altri e altresì non previsti atti tipizzati.

Il richiamo dell'art. 21-quinquies della L. n. 241 del 1990 non ha rilievo poiché, pur in disparte la specialità della normativa sulla lottizzazione abusiva, prevede che la revoca, sussistendo i presupposti indicati nella norma, sia comunque facoltativa.

3.4. Per quanto sopra considerato la ritenuta rimozione della lottizzazione non vale a determinare l'adozione della revoca, mancando quindi l'obbligo di provvedere asserito in tal senso dal ricorrente con la conseguente dedotta formazione del silenzio - inadempimento.

4. Per le ragioni che precedono l'appello è infondato e deve essere perciò respinto.

Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l'appello in epigrafe n. 1883 del 2015 confermando, per l'effetto, la sentenza di primo grado. Condanna il signor I.A., appellante, al pagamento delle spese del presente grado del giudizio a favore del Comune di Capaccio, appellato, che liquida in Euro 1.000,00 (mille /00), oltre gli accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 9 giugno 2015, con l'intervento dei magistrati: Giuseppe Severini, Presidente Maurizio Meschino, Consigliere, Estensore Gabriella De Michele, Consigliere Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere Roberta Vigotti, Consigliere

LA MASSIMA

- la lottizzazione abusiva è qualificata come un illecito permanente e insanabile poiché produce una deviazione dagli scopi stabiliti con la pianificazione urbanistica e lede perciò l'essenziale prerogativa comunale della programmazione in materia, alla cui protezione tende l'art. 30; essa ha dunque una potenzialità lesiva più estesa di quella del singolo abuso edilizio poiché incide sull'interesse pubblico primario alla corretta urbanizzazione del territorio condizionando indebitamente le scelte pianificatorie future della p.a. (Cons. Stato, IV, 12 febbraio 2013, n. 834; 15 settembre 2010, n. 6870);

- ne consegue che la fattispecie della lottizzazione abusiva è distinta da quella delle singole costruzioni prive di titolo abilitativo, e non può essere applicata alla prima la disciplina sul condono edilizio e non possono essere sanate le seconde, quando realizzate nell'ambito di una lottizzazione abusiva, se non previa valutazione globale dell'attività lottizzatoria secondo lo speciale meccanismo di cui agli articoli 29 e 35, comma 13, della L. n. 47 del 1985, cioè previa adozione di una variante dello strumento urbanistico (es. Cons. Stato, IV, 7 giugno 2012, n. 3381); così come, in ragione della differenza fra le due fattispecie, non è prevista per la prima la possibilità del ripristino da parte del privato come invece espressamente consentito al responsabile del singolo abuso ai sensi dell'art. 31, comma 3, D.P.R. n. 380 del 2001;

- la revoca del provvedimento sanzionatorio adottato ai sensi del comma 7 dell'art. 30 (prevista dal comma 8 del medesimo articolo) è possibile soltanto se l'Amministrazione, nel contesto della tutela dell'interesse alla corretta pianificazione urbanistica, riscontri l'insussistenza dei presupposti del provvedimento dapprima adottato e, inoltre, esegua la rigorosa valutazione di ogni situazione rispetto al detto interesse pubblico. La detta revoca non è perciò un atto vincolato e può essere adottato dall'Amministrazione soltanto sulla base di proprie, oggettive e congrue valutazioni. Non è previsto, in contrario, che sia vincolata per la sola esistenza di comportamenti del privato che questi ritenga idonei o di altri e altresì non previsti atti tipizzati. Consiglio di Stato 2 luglio 2015 n. 3305.

CONSULTA ANCHE:

- PROCESSO AMMINISTRATIVO. Abuso edilizio: l'ordinanza di demolizione deve essere notificata anche al proprietario. Cons. St. n. 4913 del 04 ottobre 2013.

- DIRITTO AMMINISTRATIVO. Notevole lasso di tempo dall'abuso edilizio e misura repressiva. Cons. St. n. 5158 del 24 ottobre 2013.

- ABUSO EDILIZIO: accertamento, realizzazione, demolizione e parziale difformità. Cons. St. 11 novembre 2013 n. 5368.

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