Anche smontare singoli pezzi di un veicolo può integrare il reato di riciclaggio.

Nel caso dei beni mobili registrati, quali auto e moto, pur senza intaccare il numero di telaio o di motore, una volta smontati taluni pezzi e sostituiti con altri analoghi, ancorchè per ipotesi di modelli differenti si ottiene il medesimo risultato.



IL FATTO

Il Tribunale di Modena condannava il Sig. per il reato ex art. 648 bis c.p. per essersi appropriato dei codici identificativi del motore, del cambio e del telaio di automezzi non più in circolazione (perchè distrutti in conseguenza di pregressi incidenti stradali) e di averli applicati su autovetture di provenienza furtiva.

La sentenza di condanna alla pena della reclusione di tre anni e di 3.000 euro di multa oltre ad euro 12.000 quale risarcimento del danno in favore della parte civile, veniva confermata dalla Corte di Appello di Bologna. L’imputato ricorreva quindi in Cassazione sostenendo, tra gli altri motivi, la mancanza di motivazione in ordine al secondo motivo d'appello con il quale la difesa aveva eccepito che i fatti ascritti al prevenuto avrebbero dovuto essere qualificati come acquisto di cose di sospetta provenienza.

LA DECISIONE DELLA CORTE

La Suprema Corte osserva che costituisce principio ormai consolidato della giurisprudenza che, per integrare l'elemento oggettivo del reato di riciclaggio, è sufficiente il mero smontaggio di singoli pezzi, pur privi di codice identificativo, di un bene mobile registrato, come un'autovettura o un ciclomotore, di provenienza delittuosa, rientrando tale condotta nella nozione normativa di operazione adatta ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa del bene.

Al riguardo, infatti, con la riforma attuata dalla L. 9 agosto 1993, n. 328, art. 4, il delitto di riciclaggio è a forma libera, grazie alla previsione di chiusura che, alle condotte di sostituzione o trasferimento, ha aggiunto qualsiasi altra operazione atta ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa del bene.

E’ pacifico che possa trattarsi di operazioni anche meramente materiali sui beni (diversamente, sarebbe bastato ad integrare il delitto il trasferimento della res, già previsto come condotta rilevante nell'originaria formulazione della norma incriminatrice), purchè tali da ostacolare "l'identificazione della loro provenienza delittuosa". Il riferimento alle condotte che ostacolano l'identificazione della provenienza delittuosa evidenzia che la condotta del soggetto attivo del reato può incidere tanto sulla mera identità del bene, ovvero sulla sua "riconoscibilità", quanto sulla "tracciabilità" del suo percorso.

Per escludere il delitto di riciclaggio non basta che il bene resti astrattamente tracciabile se poi, proprio in forza di interventi di manomissione delle sue componenti, se ne altera l'identità in modo da non renderlo più riconoscibile.

E, per converso, un bene può restare fisicamente identico e, ciò nondimeno, di difficile tracciabilità a cagione di plurimi trasferimenti dopo essere stato sottratto alla sfera di controllo del suo titolare.

Nel caso dei beni mobili registrati, la tracciabilità è legata alle relative risultanze documentali e queste ultime all'identità del mezzo che è data non soltanto dagli identificativi fisicamente impressi sul bene (come i numeri di telaio o di motore) o comunque ad esso incorporati (come la targa), ma anche dal modello e dall'epoca di produzione.

Di conseguenza, pur senza intaccare il numero di telaio o di motore dell'autovettura, una volta smontati taluni pezzi e sostituiti con altri analoghi, ancorchè per ipotesi di modelli differenti (per tipo, epoca e/o casa produttrice), si ottiene il medesimo risultato, vale a dire la creazione di un bene non più conforme (e, quindi, di non agevole riconoscibilità) ai numeri identificativi su di esso rimasti inalterati.

Per i giudici di legittimità dunque il delitto di riciclaggio è integrato dal compimento di operazioni volte non solo ad impedire in modo definitivo, ma anche soltanto a rendere difficile l'accertamento della provenienza del bene.

Non è quindi necessario, per integrare il delitto di riciclaggio di un autoveicolo di provenienza delittuosa, che siano alterati i dati identificativi dello stesso quali il telaio, il numero di targa o quello del motore, potendosi ottenere il risultato di occultarne la provenienza delittuosa anche smontando il veicolo e vendendo o riutilizzando i singoli pezzi.

Smontaggio e riutilizzo integrano infatti proprio l'elemento specializzante della più grave fattispecie di riciclaggio (rispetto a quella di ricettazione) consistente nell'ostacolare l'individuazione della provenienza delittuosa dei beni.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 5 novembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2015

LA MASSIMA

In tema di riciclaggio, per integrare l'elemento oggettivo è sufficiente il mero smontaggio di singoli pezzi, pur privi di codice identificativo, di un bene mobile registrato, come un'autovettura o un ciclomotore, di provenienza delittuosa, rientrando tale condotta nella nozione normativa di operazione adatta ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa del bene. 
Non è quindi necessario, per integrare il delitto di riciclaggio di un autoveicolo di provenienza delittuosa, che siano alterati i dati identificativi dello stesso quali il telaio, il numero di targa o quello del motore, potendosi ottenere il risultato di occultarne la provenienza delittuosa anche smontando il veicolo e vendendo o riutilizzando i singoli pezzi. (
Cass. Pen. n. 46110 del 20 novembre 2015Conforme: Cass. Pen. n. 12766 /2011)

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