L'avvocato puō trattenere le somme liquidate in sentenza dalla controparte.

L'avvocato puō trattenere le somme liquidate in sentenza dalla controparte, anche omettendo l'avviso al cliente di aver percepito dette somme: tale assunto ha comunque un effetto liberatorio nei confronti della parte. Cass. n. 23017 dell'11 novembre 2015



L'omesso avviso al cliente da parte dell'avvocato di aver percepito le somme liquidate in sentenza dalla cotnroparte ha qualche effetto liberatorio nei confronti della parte?

La Corte di Cassazione con sentenza n,. 23017 dell'11 novembre 2015 si è pronunciata sulla annosa questione del pagamento delle somme liquidate in sentenza dalla controparte.

IL CASO

Con atto di citazione Tizio citava a comparire la Caia s.r.l. innanzi al competente Giudice di Pace.

Il Giudice di Pace, condannava Tizio a rimborsare alla Caia s.r.l. le spese di lite.

Nel gudizio di appello la sentenza del Giudice di Pace era stata riformata e la s.r.l. era stata condannata a rifonderle le spese di entrambi i gradi. 

Tizio esponeva altresì che aveva invano domandato alla convenuta la restituzione dell'importo in precedenza corrisposto e chiedeva che la s.r.l. fosse condannata a restituire la somma di Euro 1.291,09 con gli interessi. 

Costituitasi,Caia s.r.l. deduceva di non aver mai ricevuto alcunchè. Instava per la reiezione dell'avversa domanda, previa, se del caso, autorizzazione alla chiamata in causa dell'avvocato , affinchè la manlevasse da qualsivoglia conseguenza pregiudizievole atta a scaturire da una eventuale condanna. 

Chiamato in causa, si costituiva l'avvocato ; invocava per il rigetto dell'avverse domande. 

Deduceva di aver personalmente incassato la somma versata dall'attrice e di aver comunicato alla propria assistita - la Caia s.r.l.- "che avrebbe trattenuto la somma quale corrispettivo per l'attività difensiva svolta a suo favore". 

Disposta la "cancellazione ex art. 89 c.p.c. (...) di numerose frasi sconvenienti ed offensive contenute negli atti redatti dall'Avv. " , con sentenza n. 22830/2007 il giudice adito accoglieva in danno della convenuta la domanda dell'attrice.

Interponeva appello la Caia s.r.l. e resistevano Tizioe l'avvocato.

La decisione del Tribunale.

 Con sentenza n. 12906 del 8/12.11.2010 il tribunale adito rigettava il gravame e condannava l'appellante a rimborsare alle controparti le spese del secondo grado.

Premetteva il tribunale che sussisteva senz'altro "la legittimazione passiva della Caia s.r.l. quale parte nei precedenti gradi di giudizio"; che difatti "i rapporti erano intercorsi tra essa e la sig.ra C." e che a nulla rilevava che l'avvocato avesse trattenuto quanto versato con assegno da Tizio. Indi esplicitava che "l'avvocato, in conformità (...) all'art. 44 del codice deontologico, ha trattenuto la somma versata dalla Tizia imputandola agli onorari dovuti per l'attività svolta"; che invero, ai sensi dell'art. 44 del codice deontologico, "l'avvocato ha diritto di trattenere le somme pervenutegli dalla parte assistita o da terzi a rimborso delle spese sostenute, dandone avviso al cliente"; che, ai sensi del medesimo art. 44, l'avvocato "può anche trattenere le somme ricevute a titolo di pagamento dei propri onorari quando si tratti di somme liquidate in sentenza a carico della controparte a titolo di diritti ed onorari ed egli non le abbia ancora ricevute dalla parte assistita".

 Esplicitava infine, quanto alla domanda di risarcimento dei danni all'immagine conseguente all'ordine di cancellazione di frasi sconvenienti, che gli asseriti danni non erano stati provati; che in ogni caso l'ordine di cancellazione appariva "provvedimento adeguato a riparare ciò che è risultato pregiudizievole".

 Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la Caia s.r.l.; ne ha chiesto sulla scorta di sei motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese e con condanna dell'avvocato  al risarcimento dei danni ex art. 89 c.p.c..

La decisione della Corte di Cassazione.

La Corte rigetta il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso, in tal guisa assorbiti il quarto ed il quinto; rigetta il sesto motivo; condanna la ricorrente, Caia s.r.l., a rimborsare al controricorrente Tizio le spese grado di legittimità, che si liquidano nel complesso in Euro 1.100,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali, i.v.a. e cassa come per legge; condanna la ricorrente, Caia s.r.l., a rimborsare al controricorrente avvocato le spese del presente grado di legittimità, che si liquidano nel complesso in Euro 1.300,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali, i.v.a. e cassa come per legge.

La Corte evidenzia in primis che le norme del codice deontologico di un ordine professionale, al di fuori dell'ambito disciplinare, non sono assimilabili a norme di diritto operanti nell'ordinamento generale, nè possono essere considerate tali nell'accezione e ai fini di cui all'art. 360 c.p.c.comma 1, n. 3, (cfr. Cass. 23.1.2007, n. 1476). 

Si evidenzia, ulteriormente, che la vicenda de qua non ha ovviamente nessuna connotazione "disciplinare". 

In tal guisa la previsione dell'art. 44 del cod. deont. in nessun modo proietta la sua efficacia dispositiva al di là del rapporto d'opera intellettuale intercorso tra l'avvocato e la Caia s.r.l.. 

Segnatamente in nessun modo proietta la sua efficacia dispositiva sul rapporto tra la Caia s.r.l. e Tizio.

Su tale scorta va puntualizzato che è fuor di contestazione che Tizio, in ottemperanza al dictum di cui alla sentenza n. 352 del 16.1.2001 del giudice di pace , ebbe a pagare l'avvocato : la Caia s.r.l. sostanzialmente riconosce l'atto solutorio non solo giacchè si duole - col primo motivo - propriamente di non esser stata mai "notiziata" nè dell'avvenuto incasso nè della richiesta di restituzione, ma giacchè ha prospettato di non aver mai ratificato nè di aver approfittato di siffatto pagamento (cfr. ricorso, pag. 6). 

Vero è, d'altra parte, che il procuratore ad litem, se non è specificamente autorizzato, non è legittimato a riscuotere le somme dovute al proprio cliente ed a liberare il debitore (cfr. in tal senso Cass. 24.4.1971, n. 1199).

Più esattamente, allorchè ha riscontrato che l'avvocato aveva imputato la somma corrispostagli da Tizio agli onorari dovutigli dalla propria assistita - la s.r.l. - per l'attività svolta, in tal guisa, evidentemente, ha riconosciuto la legittimazione a resistere della medesima Caia s.r.l. ed ha disconosciuto in pari tempo il preteso diritto della stessa società di essere manlevata dal legale che aveva officiato.

Afferma la Corte che : "In questi termini si rimarca che in nessun modo risulta che la ricorrente, allorchè ebbe a corrispondere l'importo di lire 1.000.000, ebbe a dichiarare, in ossequio al disposto dell'art. 1193 c.c., comma 1, che in tal modo intendeva adempiere l'obbligazione pecuniaria traente titolo dall'opera professionale specificamente prestata ai fini della difesa nei confronti di Tizio.

Le ragioni che inducono al rigetto del primo, del secondo e del terzo motivo di ricorso, valgono di per sè a giustificare la reiezione del quarto e del quinto motivo, motivi, questi ultimi, con cui sostanzialmente sono veicolate le medesime censure. 

LA MASSIMA

L'omesso avviso al cliente di aver percepito le somme liquidate in sentenza dalla controparte non ha alcun effetto sul pagamento dell'importo che, comunque, ha un effetto liberatorio nei confronti della parte. Cass. n. 23017 dell'11 novembre 2015. 

 

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