Violazione codice della strada e valutazione soggettiva del giudice.

Il giudice deve limitarsi ad accertare la colpa del contravventore per essersi disinteressato della persistente utilizzabilità della strada ai fini della sosta dell'auto, ovviamente nel rispetto degli adempimenti richiesti alla p.a.



Contravvenzione per divieto di sosta apposto in seguito al posteggio dell’auto: tutto regolare. Cass. Civ. 20 marzo 2015 n. 5663.

In tema di contravvenzioni stradali, al Giudice è concessa o meno una certa discrezionalità in merito alle specifiche circostanze oggetto di contestazione?
A questo quesito viene chiamata a dare risposta la Corte di Cassazione, alla quale l’automobilista-ricorrente chiede di pronunciarsi su una possibile valutazione discrezionale a cui dovrebbe rifarsi il giudice al momento di valutare la legittimità di una contravvenzione.
Il caso riguarda un verbale di accertamento di violazione al C.d.S. elevato ad un veicolo in diviesto di sosta. La particolarità risiede nella circostanza che nel tratto di strada ove veniva elevata la multa non era presente alcun divieto di sosta al momento del posteggio dell’auto.
Il ricorrente nel proprio ricorso sostiene che il giudice di merito non debba limitarsi a verificare il mero rispetto da parte dell’amministrazione proprietaria della strada dell'intervallo di quarantotto ore tra l'installazione della segnaletica di divieto e l'entrata in vigore di quest'ultimo, ma che invece debba valutare specifiche circostanze di tempo e di luogo allegate dal ricorrente che rendano concretamente insufficiente la suddetta misura minima di intervallo temporale e verificare se l'introduzione di quel divieto fosse conoscibile con l'ordinaria diligenza da parte di chi aveva iniziato la sosta allorquando nessun divieto era comminato, qualificando quindi incolpevole la condotta di colui che abbia omesso di porre fine ad una sosta iniziata allorquando nessun divieto era comminato.
Per i giudici di piazza Cavour tale assunto non è però condivisibile in quanto il giudice deve limitarsi ad accertare la colpa del contravventore per essersi disinteressato della persistente utilizzabilità della strada ai fini della sosta dell'auto, ovviamente nel rispetto degli adempimenti richiesti alla p.a., ossia il termine di 48 ore che è il termine di legge tra l'installazione della segnaletica del divieto di sosta e l'entrata in vigore dello stesso.
La corte conclude quindi affermando che ai fini della configurabilità della contravvenzione non è consentita una valutazione soggettiva del giudicante sulla sufficienza o meno di detto termine.

Cass. civ. 20 marzo 2015 n. 5663. 

FATTO

Con sentenza depositata il 6.6.2006 il Giudice di Pace di Roma rigettava l'opposizione proposta da M.E. nei confronti del Comune di Roma, avverso il verbale di accertamento per violazione del divieto di sosta. Lamentava che il primo Giudice non avesse tenuto conto che nel tratto di strada ove era stata elevata l'infrazione non era presente alcun divieto di sosta nè il giorno in cui era stata posteggiata la propria vettura nè per i giorni successivi. La sentenza era impugnata dal M. innanzi al Tribunale di Roma, contumace il Comune convenuto. Il Tribunale adito rigettava l'appello osservando che, come correttamente affermato dal giudice di prime cure, "nel tratto stradale nel quale era stata elevata la contravvenzione per il divieto temporaneo di sosta per lavori stradali, era stato posto regolare avviso mediante segnaletica, a nulla rilevando che l'appellante avesse posteggiato giorni prima quanto tale avviso era assente, atteso che gravava sul sig. M. la verifica che l'area di sosta anche per i giorni successivi fosse consentita". Per la cassazione di tale decisione propone ricorso M.E. formulando tre motivi. Il Comune intimato non ha svolto attività difensiva.

DIRITTO

Il ricorrente deduce:

1) nullità della sentenza per violazione dell'art. 346 c.p.c., posto che il Tribunale, in assenza di un gravame incidentale, aveva fondato la propria decisione su un presupposto (punibilità a titolo di responsabilità oggettiva) che il Giudice di Pace aveva disatteso, avendo ascritto al M. il difetto dell'ordinaria diligenza;

2)violazione e falsa applicazione dell'art. 6 C.d.S., comma 4, lett. f, in relazione alla L. n. 689 del 1981, art. 3 ed agli artt. 40 cpv.e 43 c.p., stante il contrasto della decisione impugnata con dette norme, in assenza dell'accertamento della coscienza e volontà della condotta posta in essere dall'autore dell'illecito. Sul punto si chiede l'affermazione del seguente principio di diritto: al fine di reputare colpevole (o meno) la sosta di un veicolo lungo una strada interessata da un divieto di sosta, introdotto ai sensi dell'art. 6 C.d.S., comma 4, lett. f, il giudice di merito possa limitarsi a verificare il mero rispetto (da parte della P.A. proprietaria della strada) dell'intervallo di quarantotto ore tra l'installazione della segnaletica di divieto e l'entrata in vigore di quest'ultimo o se debba valutare specifiche circostanze di tempo, di luogo ecc. allegate dal ricorrente che rendano concretamente insufficiente la suddetta misura minima di intervallo temporale e verificare se l'introduzione di quel divieto fosse conoscibile con l'ordinaria diligenza da parte di chi aveva iniziato la sosta allorquando nessun divieto era comminato, qualificando incolpevole la condotta di colui che abbia omesso di porre fine ad una sosta iniziata allorquando nessun divieto era comminato;

3) omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ossia la sussistenza della coscienza e volontà rispetto alla predetta condotta tipica; il giudice di appello non aveva tenuto conto

: a) del particolare periodo dell'anno(coincidente con l'inizio delle ferie estive) in cui si era svolta la vicenda in esame;

b) che l'intervallo temporale di 48 ore includeva un giorno festivo (domenica 31 luglio 2005);

c)che l'estensione per ulteriori 48 ore della segnaletica di divieto, rispetto all'inizio della relativa efficacia, avrebbe reso più agevole e tempestiva la conoscibilità del divieto medesimo. Il ricorso è infondato. In ordine alla prima censura manca il quesito diritto, richiesto, ex art. 366 bis c.p.c., applicabile nella specie ratione temporis, trattandosi di sentenza pubblicata il 17.7.2008; in ogni caso il giudice di appello ha ribadito la "ratio decidendi"del primo giudice senza affermare in alcun modo la sussistenza di una "responsabilità oggettiva". Il secondo motivo è infondato, posto che dalla motivazione della sentenza impugnata è desumibile la colpa del contravventore per essersi disinteressato della persistente utilizzabilità della strada ai fini della sosta dell'auto. Va aggiunto che costituisce termine di legge quello di 48 ore tra l'installazione della segnaletica del divieto in questione e l'entrata in vigore dello stesso sicchè, ai fini della configurabilità della contravvenzione, non è consentita una valutazione soggettiva del giudicante sulla sufficienza o meno di detto termine. In ordine al terzo motivo è sufficiente osservare che non è corredato del "momento di sintesi", necessario allorchè venga dedotto un vizio di motivazione della sentenza. Come prescritto dall'art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il motivo del ricorso per cassazione, ove sia denunciato un vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, richiede che l'illustrazione del motivo indichi il fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa, insufficiente o contraddittoria (cfr. S.U. n. 23732/07; S.U. n. 351/2008). Nella specie difetta un adeguato momento di sintesi (omologo al quesito di diritto), posto che la censura si limita a riportare parte della motivazione della sentenza impugnata, non correlata alle specifiche ragioni poste a fondamento della decisione sicchè la questione controversa non risulta esattamente individuata con riferimento ai fatti accertati; inoltre il "momento di sintesi" non risulta contenuto in una parte del motivo a ciò specificatamente e riassutivamente destinato(Cass. n. 4309/2008; n. 8897/2008; S.U. n. 351/2008).

Il ricorso, per quanto osservato, va respinto.

Nulla per le spese del presente giudizio di legittimità in difetto di attività difensiva da parte del Comune intimato.

P.Q.M. 

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese del giudizio di legittimità. 

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2015. Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2015

LA MASSIMA

In tema di violazione del Codice della Strada, ai fini della configurabilità della contravvenzione non è consentita una valutazione soggettiva del giudicante sulla sufficienza o meno dei termini temporali stabiliti dalla legge. Cass. civ. 20 marzo 2015 n. 5663.

 

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