Espropriazione presso terzi: l'opposizione deve essere proposta con ricorso.
Nella procedura espropriativa presso terzi l'ordinanza di assegnazione da parte del giudice dell'esecuzione non può essere impugnata mediante atto di citazione. Cass. 08 febbraio 2016 n. 2490.
La Corte di Cassazione si pronuncia in tema di espropriazione presso terzi: è possibile impugnare l'ordinanza di assegnazione mediante atto di citazione?
No, anche se il giudice dell'esecuzione abbia concesso un termine per l'introduzione del giudizio di merito sull'opposizione all'esecuzione.
IL CASO
La Società X proponeva opposizione ai sensi dell'art. 617 c.p.c. avverso l'ordinanza di assegnazione pronunciata dal giudice dell'esecuzione nel processo di espropriazione presso terzi promosso dalla stessa società verso al Società Y.
La decisione del Tribunale.
Il tribunale accoglieva parzialmente l'opposizione ritenendo che il giudizio di opposizione si sarebbe dovuto introdurre con citazione piuttosto che con ricorso, reputando tempestiva l'opposizione agli atti esecutivi avendo riguardo alla data di notificazione dell'atto di citazione piuttosto che alla data di deposito della stessa in cancelleria.
La decisione della Corte di Cassazione.
Il giudice dell'esecuzione, con l'unica ordinanza qui impugnata, datata 29 maggio 2008, depositata in Cancelleria il 4 giugno 2008 e comunicata alle parti il 9 giugno 2008, ha adottato due differenti decisioni:
- per un verso, ha assegnato il credito oggetto di pignoramento presso terzi in favore del creditore intervenuto;
- per altro verso, ha rigettato l'istanza di sospensione avanzata dalla debitrice esecutata ed ha fissato il termine perentorio per l'introduzione del giudizio di merito riguardante l'opposizione all'esecuzione che era stata proposta dalla società debitrice.
Quest'ultima non ha insistito nell'opposizione all'esecuzione.
La società creditrice, a sua volta, ha autonomamente impugnato l'ordinanza di assegnazione per motivi diversi da quelli oggetto della già pendente opposizione, in quanto ha lamentato il mancato riconoscimento, da parte del giudice dell'esecuzione, degli accessori di legge sul capitale assegnato di Euro 23.796,32 (specificamente IVA e CPA).
Nel proporre questa impugnazione la società X non ha seguito il procedimento prescritto dall'art. 617 c.p.c., comma 2, proponendo ricorso, come avrebbe dovuto, davanti al giudice dell'esecuzione.
Piuttosto, ha notificato un atto di citazione, "approfittando" del termine concesso per l'introduzione del giudizio di merito sull'opposizione all'esecuzione ed impiegando la forma della citazione prescritta per quest'ultima (ma quale atto introduttivo della seconda fase).
Questo comportamento processuale non tiene conto dell'orientamento di legittimità in merito al necessario collegamento tra le due fasi in cui si articola il processo di opposizione agli atti esecutivi e di opposizione all'esecuzione ed in merito al carattere tendenzialmente unitario del processo oppositivo (cfr. Cass. n. 20532/09, n. 13928/10, n. 15630/10, n. 22767/10, n. 22033/11, n. 17860/11, n. 9984/12, tra le tante).
La Corte ribadisce che la riforma attuata con la L. n. 52 del 2006, innovando rispetto al passato, ha rimodulato il giudizio di opposizione all'esecuzione ed agli altri esecutivi introdotto dopo l'inizio dell'esecuzione configurandone una struttura bifasica.
1) Si prevede una fase dinanzi al giudice dell'esecuzione, che si svolge col rito camerale richiamato dall'art. 185 disp. att. c.p.c. (anche questo sostituito dalla L. n. 52 del 2006, art. 13) e si conclude con l'ordinanza che, ai sensi dei novellati artt. 616 e 618 c.p.c., decide sulla sospensione, comunque non idonea al giudicato.
2) Si prevede quindi una fase di merito che si svolge secondo il rito di cognizione ordinario, è esterna al processo esecutivo e si conclude con una sentenza idonea al giudicato.
Orbene, la fase dinanzi al giudice dell'esecuzione è delineata dal legislatore della riforma del 2006 come fase necessaria, per quanto previsto dall'art. 615 c.p.c., comma 2 e art. 617 c.p.c., comma 2 e, comunque, è il giudice dell'esecuzione che, fissando un termine perentorio per l'introduzione del giudizio di merito, realizza il collegamento tra le due fasi.
Ne segue che in tanto questo termine è utilizzabile in quanto si riferisca all'opposizione la cui prima fase si sia già svolta dinanzi al giudice dell'esecuzione.
La Corte di Cassazione quindi esclude che la Società X per promuovere ex novo l'opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza di assegnazione, potesse avvalersi del termine e delle modalità fissati dal giudice dell'esecuzione per la seconda fase di un'opposizione all'esecuzione già pendente.
In merito all'opposizione autonomamente promossa dalla creditrice procedente, va richiamato l'orientamento per il quale, in tema di espropriazione presso terzi, il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi è l'unico esperibile contro l'ordinanza di assegnazione del credito ex art. 553 c.p.c., non solo quando si contestino vizi formali suoi, o degli atti che l'hanno preceduta, ma pure quando si intenda confutare l'interpretazione che il giudice dell'esecuzione ha dato alla dichiarazione del terzo, anche quanto alla entità ed alla esigibilità del credito (cfr. Cass. n. 4578/08, nonchè, tra le altre, Cass. n. 5529/11, n. 20310/12, n. 11642/14), nonchè quando si contesti la misura del credito assegnato, assumendosi che l'ordinanza sia stata emessa per un importo inferiore al dovuto (cfr. Cass. n. 5510/03).
La Corte quindi chiarisce che l'opposizione proposta contro l'ordinanza di assegnazione non deve essere qualificata come opposizione all'esecuzione, trattandosi invece di opposizione agli atti esecutivi.
Avverso l'ordinanza di assegnazione deve quindi essere proposto ricorso.
La Società X avrebbe potuto contestare l'ordinanza di assegnazione proponendo opposizione agli atti esecutivi nel termine di venti giorni dalla conoscenza o dalla conoscibilità del provvedimento (cfr. Cass. n. 27533/14 ed altre), mediante deposito di ricorso dinanzi al giudice dell'esecuzione (cfr. Cass. n. 21081/15).
Anche a voler trascurare la questione concernente l'individuazione del giudice cui rivolgere il ricorso, il Collegio ritiene che l'atto introduttivo del giudizio dovesse comunque rivestire la forma del ricorso.
La relativa prescrizione contenuta nel citato art. 617 c.p.c. è inequivoca e si spiega tenuto conto della natura e dello scopo dell'atto, che tende a costituire un immediato contatto tra giudice e parte per consentire al primo la sollecita conoscenza della materia del contendere (così già Cass. n. 6637/82 e n. 11251/96; cfr. anche n. 24809/08).
La parte si è invece avvalsa di un atto di citazione.
Quando i giudizi debbono essere introdotti con ricorso, la pendenza è determinata dal deposito del ricorso in cancelleria; pertanto, onde rispettare il termine perentorio per proporre opposizione agli atti, l'opponente entro questo termine avrebbe dovuto effettuare il deposito dell'atto introduttivo dell'opposizione.
L'inammissibilità per la scelta errata della forma dell'atto introduttivo (citazione anzichè ricorso) sarebbe stata evitata nel caso in cui la citazione fosse stata depositata in Cancelleria entro il termine di legge, essendo in tal modo ugualmente conseguita la finalità della legge, che è quella di manifestare direttamente al giudice, nel termine perentorio di venti giorni, le censure che si intendono rivolgere all'atto esecutivo.
Si tratta di un'applicazione del principio di conservazione degli atti, che questa Corte ha affermato con riferimento ad altre situazioni processuali (cfr. Cass. n. 8947/06, relativa all'ipotesi in cui dovendosi proporre appello con ricorso ed essendo stata invece proposto con citazione, l'inammissibilità si è ritenuta evitata soltanto dal tempestivo deposito della citazione; nello stesso senso anche Cass. n. 9530/10; nonchè, nel caso speculare, in cui, dovendosi proporre l'appello con citazione e sia stato proposto con ricorso, la sanatoria si ha se l'atto sia stato non soltanto depositato nella Cancelleria del giudice competente, ma anche notificato alla controparte nel termine perentorio: cfr.) tra le altre, Cass. n. 23412/08, n. 4498/09, n. 9530/10; ed, in tema di rito camerale, Cass. n, 17645/07; ancora, in materia di opposizione a decreto ingiuntivo: Cass. n. 8014/09, n. 797/13).
Il principio, invocato dalla ricorrente, si presta a regolare anche il caso di specie, per il quale va affermato che ai sensi dell'art. 617 c.p.c., comma 2, l'opposizione avverso gli atti del giudice dell'esecuzione si propone con ricorso, che deve essere depositato in Cancelleria nel termine perentorio di venti giorni, con la conseguenza che l'opposizione, che sia proposta con citazione, anzichè con ricorso, può considerarsi tempestiva, in applicazione del principio di conservazione degli atti processuali, solo se il relativo atto risulti depositato nel rispetto di tale termine. In applicazione di questo principio, il primo motivo di ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata.
LA MASSIMA
In tema di debiti-crediti e quindi di procedura di espropriazione presso terzi, non è possibile impugnare l'ordinanza di assegnazione del giudice dell'esecuzione mediante atto di citazione: ciò anche se il medesimo magistrato abbia concesso un termine per l'introduzione del giudizio di merito sull'opposizione all'esecuzione. Cass. 08 febbraio 2016 n. 2490
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