Usare il termine "fascista" è reato?

La Cassazione ha chiarito che commette il reato di diffamazione utilizzare verso taluno l'epiteto "fascista".



L'epiteto "fascista", quando non sia utilizzato per caratterizzare l'ideologia politica di taluno, ma in senso spregiativo per qualificare un individuo come persona reazionaria, prevaricatrice, totalitaria e sovvertitrice dell'ordine democratico, costituisce reato di diffamazione. Cass. del 29 settembre 1975.

Normativa di riferimento:

Chiunque fa propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità indicate nell'articolo 1 è punto con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da lire 400.000 a lire 1.000.000 (1).

Alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chi pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche. Se il fatto riguarda idee o metodi razzisti, la pena è della reclusione da uno a tre anni e della multa da uno a due milioni (2).

La pena è della reclusione da due a cinque anni e della multa da 1.000.000 a 4.000.000 di lire se alcuno dei fatti previsti nei commi precedenti è commesso con il mezzo della stampa (1).

La condanna comporta la privazione dei diritti previsti nell'articolo 28, comma secondo, numeri 1 e 2, del c.p., per un periodo di cinque anni (3).

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(1) La multa è stata così elevata dall'art. 113, quarto comma, l. 24 novembre 1981, n. 689. La sanzione è esclusa dalla depenalizzazione in virtù dell'art. 32, secondo comma, della citata l. 689/1981.

(2) Comma così sostituito dall'art. 4, d.l. 26 aprile 1993, n. 122, conv. in l. 25 giugno 1993, n. 205.

(3) Articolo così sostituito dall'art. 10, l. 22 maggio 1975, n. 152.

DOMANDE E RISPOSTE dalla giurisprudenza

  • La condotta dell'autore del reato di apologia del fascismo (art. 4 L. n. 645 del 1952) quando può essere punibile?

La condotta dell'autore del reato di apologia del fascismo, previsto dall'articolo 4 della legge n. 645 del 1952, allorquando si manifesti nell'"esaltazione" pubblica di esponenti, fatti e metodi di detto partito, per essere punibile deve, comunque, essere idonea a determinare il risultato ovvero il concreto pericolo di una riorganizzazione del disciolto partito fascista, secondo i criteri di cui all'articolo 56 del cp in tema di delitto tentato con una valutazione ex ante della sua potenzialità, indipendentemente dalle condizioni che in concreto possano articolare la realizzazione dell'evento.

Quindi, la condotta di "esaltazione" deve essere suggestiva e comunque suscettibile di provocare adesioni e consensi favorevoli alla ricostituzione del partito fascista ed è in proposito necessario che il giudice accerti, alla stregua di una valutazione da effettuarsi complessivamente, la sussistenza degli elementi di fatto (il contesto ambientale, il grado di immediata, o meno, ricollegabilità dello stesso contesto al periodo storico in oggetto e alla sua simbologia, il numero dei partecipanti, la ripetizione dei gesti) idonei dare concretezza al pericolo di "emulazione" insito nel reato secondo i principi enunciati dalla Corte costituzionale.

La condotta di eslatazione deve essere pubblica?

Sì, secondo la Corte la condotta di esaltazione deve essere pubblica nel senso che, ai sensi dell'articolo 266, ultimo comma, del cp, deve essere commessa:

-con il mezzo della stampa o con altro mezzo di propaganda;

-in un luogo pubblico, aperto al pubblico e in presenza di più persone;

-in una riunione che, per il luogo in cui è tenuta, o per il numero degli intervenuti, o per lo scopo od oggetto di essa, abbia carattere di riunione non privata.

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