Art. 425 Codice di Procedura Penale. Sentenza di non luogo a procedere.

425. Sentenza di non luogo a procedere.

1. Se sussiste una causa che estingue il reato o per la quale l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, se il fatto non è previsto dalla legge come reato ovvero quando risulta che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o che si tratta di persona non punibile per qualsiasi causa, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere, indicandone la causa nel dispositivo.

2. Ai fini della pronuncia della sentenza di cui al comma 1, il giudice tiene conto delle circostanze attenuanti. Si applicano le disposizioni dell'articolo 69 del codice penale.

3. Il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio.

4. Il giudice non può pronunciare sentenza di non luogo a procedere se ritiene che dal proscioglimento dovrebbe conseguire l'applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca (1).

5. Si applicano le disposizioni dell'articolo 537 (2).

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(1) Comma così modificato dall'art. 2-sexies, D.L. 7 aprile 2000, n. 82, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione 5 giugno 2000, n. 144.

(2) Articolo così sostituito dall'art. 23, L. 16 dicembre 1999, n. 479.

DOMANDE E RISPOSTE SULL'ART. 425 CPP (Sentenza di non luogo a procedere)

  • Quali sono i requisiti della sentenza di non luogo a procedere?

I requisiti e i presupposti della sentenza di non luogo a procedere sono disciplinati negli artt. 425 - 428 c.p.p.

  • Quando è ammessa la sentenza di non luogo a procedere?

?La sentenza di non luogo a procedere è ammessa quando:

- non vi sono elementi sufficienti a sostenere l'accusa in giudizio, secondo una valutazione prognostica sulla potenzialità espansiva, nel futuro dibattimento, degli elementi di prova disponibili;

- il quadro probatorio è insufficiente o contraddittorio;

- si è in presenza di una situazione probatoria pacifica per esistenza della prova dell'innocenza o mancanza della prova della complevolezza;

- sussiste una causa che estingue il reato (es. morte del reo);

- sussiste una causa per la quale l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita (es. mancanza di una condizione di procedibilità);

- il fatto non è previsto dalla legge come reato (es. di tratta di un mero illecito amministrativo);

- il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso o il fatto non costituisce reato;

- si tratta di una persona non punibile per qualsiasi causa.

  • Quando è ammessa la revoca della sentenza di non luogo a procedere?

?La revoca della sentenza di non luogo a procedere è ammessa ove sopravengano o si scoprano nuove fonti di prova che, da sole o unitamente a quelle già acquisite, possano determinare il rinvio a giudizio.

In queste circostanze il Pubblico Ministero formula una richiesta di revoca della sentenza al GIP, al quale spetterà di decidere se disporla o meno.

Il P.M. deve specificare se la richiesta di nuove fonti di prova riguardi prove già acquisite o sopraggiunte:

- se le nuove fonti sono già acquisite il P.M. richiede il rinvio a giudizio ex art. 416 c.p.p. insieme alla revoca della sentenza di non luogo a procedere;

- se le nuove fonti sono ancora da acquisire il P.M.m richiede la riapertura delle indagini ex art. 414 c.p.p.

  • La sentenza di non luogo a procedere ha l'attitudine a passare in giudicato?

?No, la sentenza di non luogo  procedere non ha l'attitudine a passare in giudicato perchè è soggetta alla disciplina della revoca di cui all'art. 434 c.p.p.

La giurisprudenza rilevante in tema di art. 425 c.p.p. (sentenza di non luogo a procedere)

"Il giudice dell'udienza preliminare ha il potere di pronunziare la sentenza di non luogo a proceere in tutti quei casi nei quali non esista una prevedibile possibilità che il dibattimento possa invece pervenire ad una diversa soluzione. Pertanto, l'insufficienza e la contraddittorietà degli elementi, che legittimano la pronunzia della sentenza di non luogo a procedere, ai sensi dell'art. 425 comma 3 c.p.p., devono avere caratteristiche tali da non poter essere ragionevolmente conseiderate superabili nel giudizio" (Cass. pen., Sez. VI, 12 gennaio 2012 n. 10849). 

Giurisprudenza rilevante sull'art. 425 c.p.p. (sentenza di non luogo a procedere)

Il decreto che dispone il giudizio emesso dal giudice dell'udienza preliminare in pendenza della decisione definitiva sull'istanza di ricusazione, è, in caso di accoglimento di quest'ultima, affetto da nullità assoluta di ordine generale, ai sensi dell'art. 178, comma 1, lett. a), c.p.p., siccome attinente ai modi e ai limiti del potere giurisdizionale esercitabile nel relativo giudizio.Cass. pen. Sez. Un. 16 luglio 2020 n. 37207

Il fatto non sussiste o il ftto non è previsto dalla legge come reato?

Nel caso in cui manchi un elemento costitutivo, di natura oggettiva, del reato contestato, l'assoluzione dell'imputato va deliberata con la formula "il fatto non sussiste", non con quella "il fatto non è previsto dalla legge come reato", che riguarda la diversa ipotesi in cui manchi una qualsiasi norma penale cui ricondurre il fatto imputato. (Fattispecie nella quale al ricorrente era contestata l'appropriazione di denaro altrui sull'erroneo presupposto che le somme da lui trattenute, come datore di lavoro, sullo stipendio della lavoratrice, dovessero per ciò solo considerarsi trasferite in proprietà di questa: la suprema corte ha ritenuto che difettasse l'elemento dell'altruità del bene, costitutivo della fattispecie astratta di appropriazione indebita, ed ha conseguentemente dichiarato che il fatto reato contestato non sussiste.Cassazione penale Sez. Un., 25 maggio 2011, n.37954

L'accertamento dell'esistenza di una causa di giustificazione determina l'assoluzione dell'imputato con la formula "perché il fatto non costituisce reato", e non con quella "perché il fatto non sussiste".Cassazione penale Sez. Un., 29 maggio 2008, n.40049

Nella fase che va dalla ricezione della richiesta di rinvio a giudizio allo svolgimento dell'udienza preliminare, non può il giudice adottare con provvedimento “de plano” l'immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p., ma deve dare impulso al rito tipico della fase in corso che è quello camerale dell'udienza preliminare e solo nell'ambito di questa può emettere, ricorrendone le condizioni, la detta declaratoria.Cassazione penale Sez. Un., 25 gennaio 2005, n.12283
La sentenza di non doversi procedere, emessa, per la ritenuta sussistenza di una causa di non punibilità, senza la fissazione della prescritta udienza in camera di consiglio, dal g.u.p., investito di richiesta di rinvio a giudizio del p.m., non è appellabile, ma impugnabile soltanto mediante ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 568 comma 2 c.p.p., in quanto, in caso contrario, l'eventuale riforma della decisione in sede di appello comporterebbe il rinvio a giudizio dell'imputato, con la conseguente sua privazione di facoltà suscettibili di esercizio solo nell'ambito dell'udienza preliminare.Cassazione penale Sez. Un., 25 gennaio 2005, n.12283
La sentenza di non doversi procedere emessa "de plano" per la ritenuta sussistenza di una causa di non punibilità dal g.u.p., investito della richiesta del p.m. di rinvio a giudizio dell'imputato, non è abnorme, ma viziata da nullità di ordine generale ai sensi dell'art. 178 lett. b) e c) c.p.p. in quanto incide negativamente sulla partecipazione al procedimento del p.m. al quale viene precluso l'esercizio delle facoltà tese eventualmente a meglio definire e suffragare l'accusa, nonché la violazione del diritto di difesa dell'imputato, al quale viene interdetto l'esercizio di facoltà esperibili solo nell'ambito dell'udienza preliminare.Cassazione penale Sez. Un., 25 gennaio 2005, n.12283

Il giudice dell'udienza preliminare, investito della richiesta del p.m. di rinvio a giudizio dell'imputato, non può emettere sentenza di non doversi procedere per la ritenuta sussistenza di una causa di non punibilità senza la previa fissazione della udienza in camera di consiglio.Cassazione penale Sez. Un., 25 gennaio 2005, n.12283

Anche dopo le modificazioni alla disciplina dell'udienza preliminare introdotte dalla l. 16 dicembre 1999 n. 479, "non è preclusa al giudice investito della richiesta di riesame di una misura cautelare personale la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, quando sia stato disposto il rinvio a giudizio dell'imputato per il reato in ordine al quale è stata applicata la misura cautelare personale", non risultando superata la portata della dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 309 c.p.p. intervenuta con la sentenza costituzionale n. 71 del 1996.Cassazione penale sez. un., 30 ottobre 2002, n.39915

Il tribunale del riesame, anche dopo il decreto di rinvio a giudizio per il reato in ordine al quale è stata applicata una misura cautelare, ha il potere - dovere di valutare l'adeguatezza del quadro indiziario posto a base del provvedimento impugnato.Cassazione penale Sez. Un., 30 ottobre 2002, n.39915

Pure a seguito della nuova disciplina dell'udienza preliminare, introdotta dalla l. 16 dicembre 1999 n. 479, rimane fermo per il giudice del riesame, anche dopo il decreto di rinvio a giudizio per il reato relativo alla misura cautelare, il potere-dovere, riconosciutogli dalla sentenza n. 71 del 1996 della Corte costituzionale, di valutare l'adeguatezza del quadro indiziario posto a base del provvedimento impugnato, in quanto la deliberazione conclusiva dell'udienza preliminare sarebbe tuttora espressione di un canone decisorio di natura meramente processuale, non parametrato su un apprezzamento di colpevolezza, ma su una prognosi inerente alla sufficienza di elementi per sostenere l'accusa in dibattimento.Cassazione penale Sez. Un., 30 ottobre 2002, n.39915

Anche dopo le modificazioni alla disciplina dell'udienza preliminare introdotte dalla l. 16 dicembre 1999 n. 479, al giudice investito della richiesta di riesame di una misura cautelare personale la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza non è preclusa dalla sopravvenienza del rinvio a giudizio dell'imputato per il reato in ordine al quale tale misura è stata applicata, non risultando alterata la portata della dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 309 c.p.p. intervenuta con sentenza 15 marzo 1996 n. 71 della Corte costituzionale.Cassazione penale Sez. Un., 30 ottobre 2002, n.39915

Il rinvio a giudizio implica la concreta prevedibilità della condanna dell'imputato, e cioè una situazione non dissimile da quella "qualificata probabilità di colpevolezza" che integra i "gravi indizi" necessari per l'applicazione di misure cautelari. Ne consegue che anche il decreto dispositivo del giudizio, come il decreto di giudizio immediato e l'instaurazione del giudizio direttissimo, costituisce una statuizione che, in mancanza di fatti nuovi sopravvenuti, preclude la rivalutazione del requisito della gravità degli indizi.Cassazione penale Sez. Un., 25 ottobre 1995, n.38

In materia di misure cautelari personali, anche dopo il rinvio a giudizio dell'imputato è possibile rimettere in discussione il requisito della gravità degli indizi di responsabilità purché ciò non si risolva in un contrasto con altre statuizione adottate da organi giurisdizionali nell'ambito dello stesso processo, a fondamento delle quali sia posta, in modo esplicito o implicito, la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Fra tali statuizioni è da ricomprendere anche il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell'art. 429 c.p.p. il quale, soprattutto a seguito della modifica dell'art. 425 dello stesso codice ad opera dell'art. 1 l. 5 aprile 1993 n. 103, implica un accertamento positivo della sussistenza di elementi - quelli cui fanno riferimento le "fonti di prova" che debbono essere, ancorché sommariamente, indicate nel decreto in relazione ai fatti cui esse si riferiscono (art. 429, lett. d) c.p.p.) - tali da integrare la probabilità dell'affermazione di responsabilità e, dunque, la "qualificata probabilità di colpevolezza" richiesta perché si possa parlare di "gravi indizi" a norma dell'art. 273 c.p.p. Con la conseguenza che solo i fatti nuovi sopravvenuti al rinvio a giudizio potranno (indipendentemente dalle condizioni per una pronuncia di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 comma 1 c.p.p.) essere valutati, dal giudice del dibattimento, nella loro idoneità a far venir meno il requisito dei "gravi indizi".Cassazione penale Sez. Un., 25 ottobre 1995, n.36