Appropriazione di cose smarrite: quando è reato?

E’ punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 30 a euro 309: 1) chiunque, avendo trovato denaro o cose da altri smarrite, se li appropria, senza osservare le prescrizioni della legge civile [...]



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E’ punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 30 a euro 309:

1) chiunque, avendo trovato denaro o cose da altri smarrite, se li appropria, senza osservare le prescrizioni della legge civile sull’acquisto della proprietà di cose trovate;

2) chiunque, avendo trovato un tesoro, si appropria, in tutto o in parte, la quota dovuta al proprietario del fondo;

3) chiunque si appropria cose, delle quali sia venuto in possesso per errore altrui o per caso fortuito. Nei casi preveduti dai numeri 1) e 3), se il colpevole conosceva il proprietario della cosa che si è appropriata, la pena è della reclusione fino a due anni e della multa fino a euro 309.

Possiamo quindi dire che ai fini della configurabilità del delitto di cui all’ art. 647 c.p. è richiesta la sussistenza di tre presupposti:

a) che la cosa rinvenuta sia uscita dalla sfera di sorveglianza del detentore;

b) che sia impossibile per il legittimo detentore ricostruire sulla cosa il primitivo potere di fatto per ignoranza del luogo ove la stessa si trovi;

c) che siano assenti segni esteriori pubblicitari tali da consentire l’identificazione del legittimo possessore.

  • Ma quando la cosa si intende smarrita?

La cosa è smarrita quando è uscita dalla custodia del proprietario o del possessore, in modo tale che questi ignori dove si trovi.

Ad esempio, non può considerarsi smarrita la cosa solo momentaneamente dimenticata di cui si conosca dove si trovi.

In particolare, la cosa si considera smarrita quando è venuto meno non solo l’elemento materiale, ossia la signoria di fatto sulla cosa, ma anche l’elemento psicologico della persistenza dell’intenzione di considerare la cosa come propria e di esercitare su di essa la relativa signoria.

  • E’ comune opinione quella secondo cui è lecito appropriarsi di cose smarrite…ma tale comportamento è veramente lecito?

No, la comune opinione sulla liceità dell’appropriazione delle cose smarrite non ha alcuna consistenza giuridica tanto che morale: la giurisprudenza sul punto ha evidenziato che il divieto dell’appropriazione delle cose smarrite è anche precetto morale che risale alle più antiche e diverse religioni ed è norma giuridica consacrata, sia pure con varietà di effetti dal diritto romano, dal diritto germanico e dal diritto canonico.

  • Commette il reato anche colui che attivi la speciale procedura di restituzione?

No. Per l’affermazione della responsabilità penale occorre accertare che il soggetto abbia manifestato nei confronti della cosa rinvenuta la volontà di comportarsi uti dominus; tale volontà va esclusa non solo quando venga attivata la speciale procedura di restituzione prevista dall’ art. 927 c.c. ma anche in presenza di ogni comportamento che dimostri inequivocabilmente l’assenza della volontà di appropriarsi della cosa, come nel caso che l’agente avverta del rinvenimento l’autorità mettendo la cosa a disposizione per la riconsegna al proprietario.

  • Qual è la distinzione tra furto e appropriazione indebita di cose smarrite?

La distinzione tra furto e appropriazione indebita di cose smarrite è la seguente: la cosa si considera smarrita quando è materialmente e definitivamente uscita dalla detenzione del possessore; mentre quando la cosa sia stata solo momentaneamente dimenticata, ma si conservi memoria del luogo in cui ritrovarla, la condotta di chi se ne appropria costituisce furto.

Ad esempio la Corte di Cassazione n. 6526 del 5 maggio 1995 ha qualificato come furto e non appropriazione di cosa smarrita la condotta di colui che si impossessa, dopo un diverbio avuto con un’altra persona, del portafogli inavvertitamente sfuggito di tasca a quest’ultima nel corso del litigio. E’ inoltre ravvisabile il furto nel caso di impossessamento al fine di trarne profitto di una patente di guida smarrita dal titolare, in quanto la patente, mantenendo chiari ed intatti i segni esteriori pubblicistici del legittimo possesso del titolare, quali nome, cognome, fotografia e data di emissione, rimane sempre nella sfera di attività patrimoniale del predetto e l’impossessamento costituisce quell’atto di sottrazione in cui si concreta la materialità del delitto di furto.

Laddove vi sia stato un effettivo smarrimento di una "res", nel senso che chi la deteneva non sia più in grado di ricostruire su di essa il primitivo potere di fatto perché ignora il luogo in cui si trova, l'apprensione da parte del soggetto attivo non potrà mai integrare l'ipotesi furtiva, neppure quando il rinvenitore sia in grado di risalire al legittimo titolare; ciò anche in ragione della specifica previsione dell'aggravante di cui all' art. 647 ultimo comma c.p. essendo evidente che colui che conosce il proprietario della cosa smarrita è per definizione in grado di restituirla.

Il legislatore, evidentemente, ha fondato la distinzione tra i due delitti unicamente sull'elemento oggettivo dello smarrimento, mentre l'atteggiamento del rinvenitore può assumere rilievo, come già detto, solo ai fini dell'aggravante più volte menzionata, ma giammai come criterio discretivo tra furto e appropriazione di cosa smarrita. Trib. Grosseto dell’11 febbraio 2013.

  • L’assegno in bianco può ritenersi cosa smarrita?

Parte della giurisprudenza ritiene che l’assegno in bianco di conto corrente non può ritenersi cosa smarrita ai effetti dell’ art. 647 c.p. in quanto contiene chiari e intatti i segni esteriori pubblicitari di un possesso legittimo altrui. ( Cass. n. 17393 del 26 ottobre 1993 ).

Il ritrovamento e l’utilizzo di un assegno bancario denunciato smarrito dal legittimo proprietario integra il reato di furto o ricettazione e non quello di appropriazione di cosa smarrita ( art. 647 c.p. ) poiché in quest’ultimo reato è necessario che il proprietario o il possessore non possa ripristinare sull’oggetto il primitivo potere mentre dall’assegno bancario è sicuramente possibile risalire al titolare del conto corrente. Trib. La Spezia n. 842 del 14 dicembre 2013.

In senso contrario, altra parte della giurisprudenza ritiene che l’assegno bancario deve considerarsi cosa smarrita a prescindere dai segni esteriori, percepibili dall’agente, di un precedente legittimo possesso altrui.

L’appropriazione di un assegno smarrito integra perciò il reato di appropriazione di cose smarrite non di furto, per la cui configurazione è necessaria la sussistenza attuale del possesso altrui al momento della lesione.

La negoziazione di un assegno smarrito e non oggetto di furto o altro delitto rende configurabile non già il reato di ricettazione bensì il reato più lieve di appropriazione di cose smarrite, fattispecie punibile solo a querela della persona offesa. Trib. Napoli n. 11689 del 31 agosto 2015.

  • Commette il delitto di cui all’art. 647 c.p. colui che si appropria di ricette mediche in bianco?

Sì. In tema di delitto di ricettazione spetta al giudice, sulla base dei concreti elementi fattuali emersi a seguito della svolta istruttoria dibattimentale accertare se la cosa di cui l'agente si è appropriato sia smarrita o derelicta e lo stato psicologico dell'agente.

Ed infatti solo ove si accerti che la cosa sia stata smarrita è configurabile il delitto di ricettazione e non nell'ipotesi in cui la cosa sia stata abbandonata. Peraltro, deve affermarsi la consapevolezza della illecita provenienza in capo al soggetto che riceva o si impossessi di ricette mediche in bianco dal momento che si tratta di documenti che, per loro natura e destinazione, sono in possesso esclusivo del medico al quale sono state rilasciate e al quale si può risalire attraverso i dati su di esse impressi. Cass. pen. n. 51417 del 4 dicembre 2013.

Infatti, le ricette mediche in bianco, come gli assegni in bianco, sono beni dai cui dati è sempre possibile risalire al legittimo possessore, il che implica la consapevolezza dell'illecita provenienza da parte di chi se ne impossessi o le riceva, consapevolezza idonea a configurare il reato di ricettazione di cui all' art. 648 c.p. , sulla base del reato presupposto di furto o, tuttalpiù, di appropriazione di cose smarrite di cui all' art. 647 c.p . Cass. pen. n. 51417 del 4 dicembre 2013.

Nell'ipotesi di smarrimento di cose che, come gli assegni o le carte di credito, conservino chiari ed intatti i segni esteriori di un legittimo possesso altrui, il venir meno della relazione materiale fra la cosa ed il suo titolare non implica la cessazione del potere di fatto di quest'ultimo sul bene smarrito, con la conseguenza che colui che se ne appropria senza provvedere alla sua restituzione commette il reato di furto e non quello di appropriazione di cose smarrite. Cass. pen. n. 46991 dell’8 novembre 2013.

  • Appropriarsi di oggetti sul bancone di un bar integra furto?

Sì, integra il reato di furto e non di appropriazione indebita di cosa smarrita l'impossessamento di oggetti lasciati da un avventore sul bancone di un bar. Trib. Como n. 893 del 25 giugno 2013.

  • L’acquisizione del possesso di un cane smarrito integra il delitto di cui all’art. 647 c.p.?

?L'acquisizione del possesso di un cane che si sia “smarrito” può essere fatta rientrare fra le ipotesi di “caso fortuito” di cui all' art. 647 c.p. , dovendo tale ultima disposizione essere coordinata con l' art. 925 c.c. che prevede l'acquisto della “proprietà” dell'animale mansuefatto da parte di chi se ne sia impossessato qualora l'animale non sia stato reclamato entro venti giorni da quando il proprietario ha avuto conoscenza del luogo ove esso si trova. Cass. pen. n. 18749 del 5 febbraio 2013.

Il reato di appropriazione di cosa smarrita nell'ipotesi in cui la cosa sia un animale deve essere coordinato con quanto previsto dall' art. 925 c.c. ove è previsto l'acquisto della "proprietà" dell'animale mansuefatto da parte di chi se ne sia impossessato e l'animale non sia stato reclamato entro venti giorni da quando il proprietario ha avuto conoscenza del luogo ove essi si trovano. Cass. pen. n. 18749 del 5 febbraio 2013.

Non commette il reato di appropriazione di cose smarrite chi si impossessa di un cane consegnatogli da altra persona che aveva rinvenuto l'animale senza alcun segno di riconoscimento e glielo aveva affidato affinché lo accudisse. Cass. pen. n. 11700 del 7 febbraio 2012.

  • E l’impossessamento di un telefono cellulare?

Integra il reato di appropriazione di cose smarrite e non quello di furto l'impossessamento di un telefono cellulare altrui oggetto di smarrimento, atteso che il codice IMEI stampato nel vano batteria dell'apparecchio identifica la cosa ma non la proprietà del bene. Cass. pen. n. 40654 del 9 ottobre 2012.

  • Può considerarsi cosa smarrita quella rinvenuta all’interno delle parti comuni del condominio in cui si abita?

In tema di appropriazione di cosa smarrita ( art. 647 c.p. ), non può essere considerata cosa smarrita quella rinvenuta all'interno di luoghi che rientrano nella sfera di dominio e custodia del legittimo proprietario e possessore - come le parti comuni del condominio in cui abita - ancorché egli ne ignori l'esatta collocazione. Cass. pen. n. 24138 del 9 maggio 2012.

  • Appropriarsi di un oggetto abbandonato sulla pubblica via integra il reato di cui all’art. 647 c.p.?

? L’appropriarsi di un oggetto abbandonato sulla pubblica via integra il reato di cui all' art. 647 c.p. , reato per la cui procedibilità è richiesta la querela, la quale difetta qualora sia stata presentata una mera denuncia di furto. Trib. La Spezia n. 68 del 30 gennaio 2012.

  • La ritenzione in garanzia di merce realizza gli estremi dell’appropriazione indebita?

Affinché la ritenzione in garanzia di merce non realizzi gli estremi dell'appropriazione indebita non è sufficiente che l'agente vanti a sua volta un credito nei confronti del proprietario del bene "ritenuto", ma occorre che esso sia certo, liquido ed esigibile, ossia determinato nel suo ammontare e non controverso nel titolo. Trib. Palermo n. 2979 del 6 dicembre 2006.

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