Art. 846 Codice Civile. Minima unitą colturale.
846. Minima unità colturale.
[Nei trasferimenti di proprietà, nelle divisioni [artt. 713, 1116 c.c.] e nelle assegnazioni a qualunque titolo [art. 667 c.c.], aventi per oggetto terreni destinati a coltura o suscettibili di coltura, e nella costituzione o nei trasferimenti di diritti reali sui terreni stessi non deve farsi luogo a frazionamenti che non rispettino la minima unità colturale [artt. 720, 722 c.c.].
S'intende per minima unità colturale la estensione di terreno necessaria e sufficiente per il lavoro di una famiglia agricola [art. 2142 c.c.] e, se non si tratta di terreno appoderato, per esercitare una conveniente coltivazione secondo le regole della buona tecnica agraria [artt. 847, 849, 850 c.c.] (1).
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(1) Art. abrogato dall'art. 5-bis, D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, aggiunto dall'art. 7, D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99.
DOMANDE E RISPOSTE
Minima unità colturale e compendio unico di cui all'art. 7 del D.Lgs. n. 99/2004: quali differenze?
Il "compendio unico", previsto dall'art. 7 del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99, presenta differenze dall'istituto della "minima unità colturale", di cui all'abrogato art. 846 cod. civ., in quanto, pur perseguendo entrambe le fattispecie la finalità di impedire l'eccessivo frazionamento dei fondi in agricoltura, la "minima unità colturale" aveva quale parametro di riferimento le necessità della famiglia coltivatrice diretta, ovvero, in caso di terreni non appoderati, quella della conveniente coltivazione secondo le regole della buona tecnica agraria, mentre il "compendio unico" ha inteso dar rilievo all'aspetto produttivo dell'azienda agricola, stabilendo condizioni per il conseguimento di agevolazioni fiscali allo scopo di garantire un minimo di redditività.Cassazione civile sez. II, 8 luglio 2014, n.15562
In materia di contratti agrari, il diritto di prelazione in favore del proprietario confinante con quello venduto, di cui all'art. 7, comma 2, legge n. 817 del 1971, sussiste anche nell'ipotesi in cui, in occasione dell'alienazione, siano creati artificiosi diaframmi al fine di eliminare il requisito della confinanza fisica tra i suoli, onde precludere l'esercizio del diritto di prelazione. Allo scopo, peraltro, non è sufficiente che una porzione di fondo sia stata riservata alla parte alienante esclusivamente al fine di evitare il sorgere del diritto di prelazione o che lo sfruttamento dei fondi, risultanti dalla divisione, sia meno razionale che non la conduzione dell'intero, originario, complesso, ma è indispensabile che la porzione costituente la fascia confinaria, per le sue caratteristiche, sia destinata a rimanere sterile e incolta o sia, comunque, inidonea a qualsiasi sfruttamento coltivo autonomo, sì che possa concludersi che la porzione non ceduta è priva di qualsiasi utilità per l'alienante.Cassazione civile sez. III, 9 aprile 2003, n.5573
Estenzione della minima unità colturale e inattuazione dell'art. 847 c.c.: quali conseguenze?
Nella controversia in tema di prelazione agraria, promossa da più affittuari di altrettante porzioni di un fondo anteriormente alienato a terzi è irrilevante l'eccezione di incostituzionalità dell'art. 8 l. 26 maggio 1965 n. 590, per contrasto con l'art. 44 cost., nella parte in cui non prevede limiti nè indica criteri per evitare, in conseguenza dell'esercizio di una pluralità di diritti di prelazione da parte di più conduttori, l'eccessivo spezzettamento della proprietà fondiaria originariamente unica, da un lato perché, non essendo determinata l'estensione della minima unità colturale - per inattuazione dell'art. 847 c.c., che vieta i frazionamenti dei terreni in violazione di essa; dall'altro perché l'unico limite all'esercizio del diritto di prelazione, derivabile dalla limitata estensione del fondo, è l'impossibilità del suo sfruttamento economico o addirittura la sua non coltivabilità.Cassazione civile sez. III, 15 ottobre 1997, n.10112
L'accertamento della comoda divisibilità del bene, ai fini dello scioglimento della comunione, va operato a norma dell'art. 720 c.c., tenendo conto dell'aspetto economico, funzionale e materiale e non alla stregua della norma processuale dell'art. 577 c.p.c. che attiene alla semplice divisibilità di beni immobili, costituenti un'astratta e non ancora definita unità colturale e contiene, perciò, un minus rispetto alla comoda divisibilità prevista dalla norma sostantiva (art. 846 c.c.).Cassazione civile sez. II, 27 giugno 1996, n.5947
L'art. 846 c.c. - che, nel caso di trasferimenti di proprietà, divisioni ed assegnazioni a qualunque titolo, aventi ad oggetto terreni destinati a coltura o suscettibili di coltura, vieta frazionamenti che non rispettino la minima unità colturale - non è applicabile, non essendo mai stato attuato il successivo art. 847 che demanda all'autorità amministrativa la determinazione zona per zona, dell'estensione della minima unità colturale.Cassazione civile sez. II, 26 aprile 1983, n.2861
Il maso chiuso può identificarsi con la minima unità colturale?
No. Il maso chiuso non si identifica con la minima unità culturale di cui all'art. 846 c.c., avente funzione economico-agraria connessa con il mero criterio della produttività e redditività del fondo.Consiglio di Stato sez. VI, 26 settembre 1991, n.598
L'indivisibilità della minima unità colturale può rappresentare un limite legale al potere di espropriazione per pubblica utilità?
Il principio dell'indivisibilità della minima unità colturale, fissato dell'art. 846 c.c. e richiamato dall'art. 25 l. prov. Bolzano 20 settembre 1973 n. 38, non rappresenta un limite legale al potere di espropriazione per pubblica utilità.Consiglio di Stato sez. IV, 23 gennaio 1984, n.28