L’autoregolamentazione industriale in tempo di pandemia

Intersezioni e adempimenti tra Compliance 231 e Testo Unico sulla Salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro.



A cura del Dott. Piermarco Di Lallo

Praticante Avvocato

Com’è oramai a tutti noto - per contrastare l’emergenza Coronavirus - lo Stato italiano ha approntato delle misure volte al contenimento e alla gestione del contagio accompagnate da altre finalizzate, invece, a rafforzare e potenziare, in primis, il sistema sanitario sostenendo in parallelo, soprattutto sotto il profilo economico, famiglie, lavoratori e imprese.

Il presente articolo orienterà il proprio focus proprio su queste ultime e, in particolare, analizzerà i punti di convergenza nonché le divergenze che intercorrono tra le disposizioni proprie dei sistemi autoregolamentativi, nel caso di specie il riferimento è all’impianto posto in essere dal D.lgs. 231/2001, e le prescrizioni enucleate nel D.lgs. 81/2008, meglio noto come “Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro” e analizzerà quindi come tali punti di contatto e di contrasto vadano a concretarsi nella complessa situazione che ci troviamo ad affrontare in questo particolare momento. Alla luce dell’attuale situazione pandemica che sta attanagliando il mondo, l’Europa e il nostro Paese in particolare, sia la Commissione Europea che il Governo italiano stanno adottando numerosi provvedimenti (1), i quali, sotto molti aspetti, stanno incidendo su diritti e libertà fondamentali che, per la loro rilevanza, sono presidiati da garanzie di rilievo costituzionale (2).

Da qui l’art. 41 (3), 1 comma, della Costituzione italiana vede limitatala propria portata precettiva assoluta con le dinamiche di naturale “contrasto con l’utilità sociale(4)”, specie alla luce del rischio di arrecare un “danno alla sicurezza (5)” dei cittadini; e da qui si palesano dirette interferenze tra la dimensione dell’impresa nel mercato e le norme a presidio di valori e garanzie che, per i sottesi equilibri tra il diritto e il mercato (6), divengono sempre di più connaturati nell’agire d’impresa.

Ed è proprio la tutela della sicurezza che sedimenta una matrice dapprima culturale e poi giuridica che ha portato il Legislatore del 2008 ad emanare il D.lgs. n. 81 (7).

Grazie al combinato disposto tra quest’ultimo e un altro Decreto Legislativo, il n. 123/2007(8), si struttura così uno scenario completamente nuovo in ambito di responsabilità dell’ente da reato, poiché non solo si estende il campo di applicazione anche all’omicidio colposo e alle lesioni colpose gravi o gravissime (9) commesse con violazione delle norme antinfortunistiche sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro, ma viene anche a prodursi automaticamente un apparato che potremmo definire di “risk assessment genetico(10)” avente applicazione generale: è quindi la legge stessa a imporre che il modello di organizzazione gestione e controllo (MOGC) assicuri l’adempimento di specifici e peculiari obblighi giuridici sia nella fase di registrazione delle attività (“Fare”) che di verifica e controllo delle stesse (“Verifico”)(11).

Di fatto può affermarsi con la dovuta prudenza che l’assetto attuale e concreto imposto alle imprese che adottano il modello ex D.Lgs 231/01 diviene strumento attuativo per declinare nel modo più efficace possibile le premure normate dal T.U. 81/08(12).

Il D. Lgs. n. 231/2001 (13) è un atto normativo che ha introdotto un sistema peculiare di responsabilità amministrativa a carico degli enti avente tutte le caratteristiche sostanziali di una vera e propria norma penale, ma che per ragioni di coerenza ordinamentale non è annoverata come tale. Qualora l’ente dovesse vedersi attribuito e/o riconosciuto un interesse o dovesse conseguire un vantaggio (14) al cospetto del verificarsi di un numerus clausus di reati - posti in essere da soggetti che siano con lo stesso in un rapporto funzionale, in qualsivoglia modo declinato, e non sarà in grado di dimostrare in maniera indiscutibile, manifesta e dirimente (15) la sua totale estraneità al fatto delittuoso in virtù dell’intero assetto di compliace 231 che lo stesso deve aver predisposto e attuato con continuità, attualità ed effettività per evitare addebiti o censure in termini di responsabilità - si vedrà costretto a subire pesanti sanzioni economiche, financo interdittive.

È certo che mentre i sistemi di gestione della sicurezza sul lavoro (SGSL) sono teleologicamente orientati a prevenire infortuni e malattie professionali in contesti lavorativi, i modelli organizzativi (MOG) 231 sono finalizzati alla prevenzione di reati tassativamente elencati, così da esimere l’ente da responsabilità. Perché un Mog possa ricevere il placet esimente del giudice, giurisprudenza conforme(16) ritiene che il Modello debba prevedere non soltanto procedure studiate ad hoc per lo specifico ente, quasi si trattasse di confezionare un abito da cerimonia cucito su misura e parametrato alle peculiari esigenze della sua struttura organizzativa, ma anche e allo stesso tempo protocolli rigidi e controlli incrociati talmente precisi e reiterati da arrivare a lambire i limiti della ridondanza, se necessario(17).

Affinché un MOGC possa effettivamente acquisire efficacia esimente in ambiti di sicurezza sul lavoro deve farsi riferimento al combinato disposto di due articoli del T.U. 81, ossia il 2, lett.dd) (18) e il 30, commi 1,2,3,4 e 5(19): dalla lettura di questo articolato, oltre a desumersi i requisiti di natura tecnica funzionali allo scopo, si evince come il Legislatore del 2008 abbia voluto legare a doppio filo il Testo Unico con il Decreto Legislativo del 2001 per tutta quella parte di normativa che fa riferimento alla responsabilità dell’ente per omicidio e lesioni colpose commessi in violazione della normativa antinfortunistica, assicurando, da un lato, la conformità dei modelli 231 al portato complessivo del D. Lgs. n. 81 (art. 30, commi 1-4) e, dall’altro, garantendo che i modelli di organizzazione plasmati sulle Linee Guida UNI-INAIL 2001 per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) ovvero sullo standard British Standard OHSAS 18001:2007 siano da considerarsi presuntivamente conformi, per le ‘parti corrispondenti’, ai modelli descritti ex art. 30, commi da 1 a 4.

Con la lettera circolare prot. 15/VI/0015816/MA001.A001 dell’11 luglio 2011 è stato pubblicato un documento, strutturato sotto forma di tabella, che correla il contenuto normativo dei primi 4 commi dell’art. 30 D. Lgs. 81/08 con i paragrafi degli standard (20) SGSL a cui fa riferimento il quinto comma del medesimo articolo e va così a dipanare quella patina di ambiguità che offuscava imprenditori e giudici nel momento in cui si trovavano ad interpretare le disomogeneità tra i documenti richiamati, al netto della differenza ontologico-finalistica pocanzi palesata (21).

La presente analisi comparativa ha portato a valutare come caratterizzato da un rapporto complementare, sotto il profilo del controllo (22), il MOGC ex art. 30, commi 1-4, ovverosia, in buona sostanza, il Modello 231, e il SGSL approntato fronte BS OHSAS 18001 e linee guida UNI-INAIL, mentre, per quanto concerne il sistema disciplinare, si è dovuto prendere atto che esso, non essendo contemplato all’interno delle linee guida UNI-INAIL né negli standard di riferimento OHSAS 18001/2007, costituisce la vera e propria “parte non corrispondente” tra i due diversi sistemi di nomenclatura giuridica, ferma restando, specie nei casi dei sistemi MOGC integrati, come da migliore pratica, con i sistema di certificazione, la piena relazione funzionale tra i precetti e i dovuti presidi del rischio. Quindi un’azienda che avesse optato per un sistema di gestione della sicurezza sul lavoro confacendosi agli standard UNI-INAIL o OHSAS, dovrà implementarlo con un sistema disciplinare che richiami quanto previsto dalla Legge 300/1970 (“Statuto dei Lavoratori”) e dai Ccnl di categoria, in modo che il forte impegno profuso nell’assicurare il pieno rispetto delle leggi in materia di igiene, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro non si infranga contro le barriere del mero formalismo, riducendosi ad una stantia dichiarazione d’intenti, ma si sostanzi in una attuazione efficace e pragmatica del SGSL. Ovviamente le sanzioni previste dal codice disciplinare della società devono essere opportunamente esplicitate, spiegate e rese note a tutti coloro che potranno vedersele comminate (23).

Da ultimo va sottolineato come la Commissione consultiva permanente che ha redatto la Circolare armonizzatrice (24) abbia volontariamente tenuto fuori dal suo intervento “nomofilattico” gli artt. 6 e 7 del D. Lgs. 231/01, evitando quindi ogni tipo di riferimento all’Organismo di Vigilanza, soggetto giuridico non previsto né dal T.U. 81, né dagli altri Standard presi in esame dalla Circolare in questione. Ne consegue che un qualsiasi ente che voglia sottrarsi ad una futura ed eventuale responsabilità amministrativa dovrà completare l’opera con la predisposizione di un OdV, elemento sistemico imprescindibile affinché possa essere garantita la compliance 231. Detta struttura normata necessita, ai fini della migliore interpretazione possibile delle fattispecie concrete innescabili, di essere ragionata, cristallizzata ed interpretata quindi nella individuazione di un rapporto “contenuto-contenitore” tra la struttura del MOGC (con la sottesa necessità di una applicazione concreta), il contenitore funzionale, e il “contenuto” rappresentato dal T.U. 81.08, standard, norme collegate (L. 300/1970) e SGSL: costringendosi così l’attento interprete ad una lettura funzionale ed operativa coordinata ed ordinata delle norme (25).

Adesso, facendo un volo pindarico a ritroso e ricollegandoci quindi a quanto detto in apertura di lavoro, cerchiamo di calare il discorso sinora affrontato alla prassi applicativa di un’azienda che abbia scelto di aderire al sistema di autoregolamentazione 231 e ad oggi, in questo contesto pandemico causato dal famigerato virus Covid 19, si trovi a dover adeguare e aggiornare il proprio Documento di Valutazione dei rischi, sotto il profilo giuslavoristico, in conformità a quanto prescritto dai vari DPCM. Come detto pocanzi, il D.lgs. n. 81 del 2008, nello specifico l’art. 300, ha introdotto delle modifiche ulteriori all’art. 25 septies(26) del D. lgs. n. 231 del 2001 rispetto a quelle apportate dal D. lgs. n. 123 del 2007.

Partendo da questo articolo novellato, andiamo ad analizzare le ripercussioni applicative che potrebbero manifestarsi fronte compliance 231 in considerazione dell’attuale stato emergenziale. Tuttavia prodromico all’esegesi dell’art. 25 septies è il riferimento alla norma del Codice civile che ne è stata il presupposto giuridico, l’art. 2087 c.c., il quale così recita: “L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro(27): pertanto la mancata adozione di particolari accorgimenti volti a tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori in ambito lavorativo andrebbe ad esporre l’azienda, in maniera si potrebbe dire genetica, ad una contestazione ex D. lgs. 231/01.

Ora, tenendo a mente l’intricato sistema di rimandi tra normative precedentemente approfondito, si ricorderà come l’art. 30, comma 4, D. Lgs 81/08 sia ricompreso in quell’articolato che andava a ricollegarsi, per il tramite di una presunzione di conformità al MOGC, al complessivo “impianto 231”; quindi quanto esplicitato in questo articolo del Testo Unico deve essere immediatamente applicabile all’assetto aziendale di un’impresa che abbia abbracciato un sistema di autoregolamentazione industriale.

L’art. 30, comma 4, statuisce espressamente che il modello “deve altresì prevedere un idoneo sistema di controllo […] sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate”, quindi, anche in costanza di pandemia, il giudice deve convincersi che l’incidente abbia avuto luogo nonostante e contro l’apprestamento delle idonee misure dalla legge previste e la cui osservanza e funzionamento siano costantemente e attentamente monitorati dall’Organismo di vigilanza (ODV), istituito a norma dell’art. 6, lett. b) D. lgs. 231/01 (28).

E’ certo attendersi quindi che nella attuale situazione pandemica spetterebbe proprio all’ODV, qualora il vertice aziendale e i preposti soggetti normativamente delegati e coinvolti(29) non si fossero attivato loro sponte, sollecitare questi ultimi, per gli effetti di una autonoma ispezione, ai fini di una revisione (30) della Mappatura attraverso una pronta modifica della matrice di individuazione delle aree di rischio (MIARR)(31), e caldeggiare il repentino aggiornamento del Modello di organizzazione, gestione e controllo.

D’altro canto sarà sempre compito dell’Organismo di Vigilanza valutare l’adeguatezza delle misure adottate dall’ente al fine di prevenire il contagio dei dipendenti e la diffusione del virus con relativa e doverosa verbalizzazione.

Contestualmente (32) potrà anche provvedersi all’aggiornamento (33) del Documento di Valutazione dei Rischi (34), al netto di una sua supposta sopravvenuta (35) non adeguatezza (36), e in tal caso sarà opportuno prestare particolare attenzione alla stima del rischio biologico(37).

Tuttavia “l’aggiornamento formale del Documento di valutazione dei rischi (DVR) non risulta sufficiente, servono delle procedure in grado di aumentare il livello di sicurezza in Azienda e prevenire, inoltre, il rischio di ricadere nei reati previsti dall’art. 25-septies del D.Lgs. 231/2001.”(38) (39)

Queste procedure non dovranno acchetarsi nel campo delle nobili intenzioni ma, al contrario, hic et nunc dovranno essere concretamente attuate, e tutte quelle figure che, a seconda del particolare processo oggetto di evasione, sono preposte a garantire la messa in pratica degli adempimenti che sono confluiti nel MOGC a causa dell’emergenza Covid-19 (40) saranno obbligate, qualora si rivelasse necessario, anche a presenziare fisicamente all’interno dell’ente se ciò è richiesto affinché possa essere assicurata l’effettività delle misure introdotte per corroborare quel complesso apparato procedurale e sistematico funzionale ad esonerare la persona giuridica da responsabilità amministrativa.

Difatti, come emerge palesemente dalla relazione al D. Lgs. 231/2001, il timore maggiore discende dal pericolo che il Modello organizzativo e gestionale divenga una sterile operazione di facciata, scevra di una reale efficacia preventiva. E’ opportuno, pertanto, predisporre tutti i mezzi utili ed appropriati a garantire l’effettiva idoneità del MOCG, curando anche la fase di implementazione dello stesso, e ad assicurare che il proposito primo della Legge, ovverosia l’ottenimento di una reale vocazione preventiva dei modelli per minimizzare il rischio di reato nelle organizzazioni a struttura complessa, non sia vanificato da interpretazioni che, deviando totalmente dall’ispirazione di fondo della normativa, ne corrompano l’animus riducendolo ad un mero rituale burocratico.

Nel caso di specie, quale addebito ravvisabile in capo all’ente ex art. 5 del D. Lgs. n. 231, potrebbe annoverarsi sia il vantaggio scaturente da un presunto risparmio dei costi riconducibile al non aver messo a disposizione dei lavoratori gli opportuni dispositivi di protezione individuali eventualmente indicati dal medico competente come necessari, sia la prosecuzione dell’attività aziendale senza la previa adozione di tutte le misure reputatesi indispensabili a seguito di un’adeguata valutazione del rischio effettuata dai soggetti preposti (41).

Si faccia l’ipotesi di un’azienda in c.d. 231 che, dopo aver aperto una task force mettendo al tavolo i vari player coinvolti per quella parte di autoregolamentazione relativa alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, decidesse di implementare il proprio MOGC con procedure tese a ridurre il rischio biologico da Covid 19 introducendo, tra le buoni prassi da seguire, l’installazione di appositi dispenser a soluzione idroalcolica disinfettante e la sanificazione, tramite l’uso di appositi detergenti, dei piani di lavoro, quali scaffali e scrivanie, dei terminali, degli interruttori della luce, delle tastiere, dei mouse, degli schermi dei computer, delle maniglie e, in generale, di tutte quelle superfici e materiali che presuppongono reiterati contatti epidermici con il personale.

Alla luce di queste nuove procedure inserite nel Modello di organizzazione, e per fare in modo che quest’ultimo venga effettivamente attuato, sì da avere efficacia esimente, andranno a confluire in capo ad alcuni soggetti degli obblighi di facere (in prassi operativa il c.d. “Fare” esimente) ulteriori e inderogabili (42).

In un simile frangente risulta interessante esaminare la posizione e la declinazione degli obblighi del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) (43).

Questi godendo di fatto e di diritto di una delega operativa e funzionale del datore di lavoro(44), dovrà adoperarsi affinché le nuove prescrizioni siano traslate dall’astrattezza insita nelle “carte” al piano fattuale della loro pratica attuazione e lo farà ponendo in essere una serie di condotte a ciò deputate quali, nel caso di scuola di cui sopra, il controllo che le nuove procedure trovino riscontro nella prassi aziendale con la predisposizione di appositi spazi aventi la capienza necessaria ad ospitare i dispenser igienizzanti e l’acquisto di tutto il materiale igienico-sanitario occorrente con la cura di assicurarne il rapido ricambio nel caso in cui le scorte dovessero finire e fosse essenziale un loro rifornimento. Potrà inoltre, qualora operasse in outsourcing, delegare, di concerto col datore di lavoro, un soggetto interno all’azienda al pedissequo monitoraggio delle attività in questione, soggetto che sarà poi comunque obbligato a riferire ogni violazione dei protocolli (45)al RSPP il quale, infine, dovrà parametrare la propria presenza in azienda alle necessità endogene alla persona giuridica, come potrebbe essere una richiesta di chiarimento dei lavoratori circa il compimento di alcune delle prescrizioni introdotte per fronteggiare l’emergenza sanitaria relativa al Coronavirus, ed anche esogene e quindi, nel caso, indissolubilmente legate a quella che potrebbe essere una diminuzione graduale o una crescita esponenziale dei contagi (particolare efficacia assumerebbe la predisposizione di un documento di check e verifica nel quale poter indirizzare la gestione dei segnali di rischio contagio: ad esempio l’obbligo di comunicare lo stato febbrile e/o sintomatico per determinare un diretto impegno del medico competente e in modo da limitare l’eventuale impegno attivo del lavoratore in quel determinato momento).

Quel che va chiarito in maniera dirimente(46) è che la presenza fisica e l’attivarsi proattivo del Responsabile del servizio di prevenzione e protezione in una circostanza del genere potrebbe rappresentare l’ago della bilancia qualora ci si trovasse in un futuro, prossimo o remoto che sia, a dover convincere un giudice della bontà ed effettività del Modello 231 di una data realtà industriale(47).

Alla luce di quanto vagliato e analizzato, l’augurio è che il lettore possa comprendere come l’adozione di una politica di autoregolamentazione aziendale sia non soltanto una occasione per conseguire un esonero da responsabilità ma principalmente un dovere dal punto di vista etico, come dimostrano gli effetti di questa pandemia; il tutto, in perfetta linea con i principi fondamentali del nostro ordinamento, in modo da migliorare anche e soprattutto l’offerta dei servizi al cliente, incidendo fortemente sul valore dell’organizzazione che se ne pregia.

Pubblicato il 1/4/2020

 

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(1) Per un esaustivo elenco dei provvedimenti emanati in costanza di emergenza Covid 19 è possibile consultare l’appendice in fondo.

(2)Interessanti, sul punto, le obiezioni, riportate nell’articolo di F. R. Trabucco, “Prime note al D.P.C.M. 8 marzo 2020: con l’emergenza Coronavirus la gerarchia delle fonti diventa un optional”, in LexItalia.it, Rivista online di Diritto Pubblico 10/03/2020, circa la legittimità costituzionale di alcune prescrizioni contenute nel DPCM dell’8 marzo scorso che, in quanto atto amministrativo, non avrebbe la forza giuridica necessaria a limitare una libertà, come quella di circolazione, “tutelata a mezzo di una riserva di legge rinforzata per contenuto”, così come disciplinato nell’art. 16 della nostra Carta Costituzionale.

(3) Articolo 41 Costituzione: “L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.

 (4) Al riguardo basti pensare alla chiusura di intere filiere relative a lavorazioni non ritenute di “prima necessità” per ridurre le possibilità di contagio.

 (5)È chiaro che in un simile contesto sicurezza e salute vadano pensate come un sinallagma necessario e funzionale; l’una presupposto dell’altra e intimamente ad essa legata, proprio come accade nel Testo Unico 81/08 che tutela la salute e la sicurezza dei lavoratori.

(6) Vedi F. Galgano, Lex Mercatoria, Ed. Il Mulino, Bologna 2001.

 (7) Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, comunemente noto come “Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”.

 (8) Il D.lgs. 123/2007 aveva introdotto, per la prima volta, all’interno del catalogo dei delitti rilevanti ex D.lgs. 231/01 ipotesi di reato colposo.

 (9) Ovviamente, l’estensione della materia prevenzionistica al D. Lgs. 231/2001 ha ampliato a dismisura la platea dei soggetti a rischio.

(10) Al risk assessment, volto a effettuare una valutazione complessiva dei rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori, si va ad associare il c.d. risk management che opera una selezione di tutte quelle misure preventive che andranno a rappresentare l’insieme di regole cautelari a cui i soggetti dell’impresa dovranno attenersi.

(11) “Fare” e “Verifico” costituiscono la classica nomenclatura operativa e logica tipica delle applicazioni materiali del c.d. MOGC nell’ambito dell’attività degli enti soggetti ad autoregolamentazione aziendale.

(12) Per ogni approfondimento vedi: M. Arena, La responsabilità amministrativa delle imprese: il D. Lgs. n. 231/2001, Normativa, Modelli organizzativi, temi d’attualità, in Nuova Giuridica editore, Macerata 2015.

(13) Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231 denominato “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300”.

(14) Si rimanda alla giurisprudenza di legittimità, Cass. pen., sez. II, 20 dicembre 2005, n.3615, per un interessante intervento volto ad indicare l’interpretazione semantica da preferirsi nella lettura dell’art. 5 del D. Lgs. 231/01 rubricato “Responsabilità dell’ente”: “In tema di responsabilità da reato delle persone giuridiche e delle società, l'espressione normativa, "nel suo interesse o a suo vantaggio", non contiene un'endiadi, perché i termini hanno riguardo a concetti giuridicamente diversi, potendosi distinguere un interesse "a monte" per effetto di un indebito arricchimento, prefigurato e magari non realizzato, in conseguenza dell'illecito, da un vantaggio obbiettivamente conseguito con la commissione del reato, seppure non prospettato ex ante, sicché l'interesse ed il vantaggio sono in concorso reale”. Dunque mentre l’interesse si riferirebbe ad un aspetto che potremmo ricondurre nel campo del soggettivo, ossia al tendere della condotta verso un risultato favorevole, il vantaggio andrebbe ad incidere sull’aspetto oggettivo inerente l’effettiva utilità conseguita. Conforme Cass. sez. VI, 9 luglio 2009, n. 36083. Si assesta su medesime posizioni anche la giurisprudenza di merito, Tribunale di Trani, sezione di Molfetta, 11 gennaio 2010, che esclude che la locuzione “interesse o vantaggio” possa essere intesa in una complessiva ottica meramente rafforzativa di un solo concetto, tautologicamente ripreso dal secondo termine.

(15) Non a caso, alcuni hanno assimilato la “prova contraria” a carico dell’ente ad una sorta di vera e propria “probatio diabolica”; sul tema, tra gli altri, G. Telarico Partner, E. Fabbi, Panetta & Associati, D. Lgs. n. 231/2001: le nuove interpretazioni, in Il Sole 24 Ore, rubrica Diritto 24 20/05/2013.

(16) Ex multis: Corte di Cassazione, sentenza n. 3615/2006, “Il legislatore ha inteso affiancare, in sede di normazione delegata, un ulteriore requisito di natura soggettiva, in qualche modo assimilabile ad una sorta di “culpa in vigilando”, consistente nella inesistenza di un modello di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire i reati – con assonanza ai modelli statunitensi dei compliance programs”; Sul tema è intervenuto anche il Tribunale di Trani, sezione di Molfetta, 11 gennaio 2010 che spiega come il giudice, lungi dal limitarsi a prendere atto dell’esistenza di un modello e della sua rispondenza ai codici di comportamento, deve valutarne l’idoneità, accertando l’integrità dell’analisi dei rischi, la capacità esplicativa circa l’utilità delle procedure tracciate a livello di prevenzione e infine l’eventuale presenza di meccanismi correttivi interni al sistema affidati ad un organismo di controllo munito di efficaci poteri disciplinari.

(17) Quelli che nella pratica operativa attengono ai c.d. “Flussi Informativi” ovvero quell’insieme di prove documentali capaci di rendere attuale ed evidente il controllo azionato a tutela del rischio del compimento dei reati annoverati nella norma, strumento, quello dei “Flussi”, particolarmente utile per il lavoro del preposto Organismo di Vigilanza in sede di ispezione.

(18) Art. 2, lett. dd) D. Lgs. n. 81/2008 rubricato “Definizioni” che recita come segue: “Ai fini ed agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo si intende per «modello di organizzazione e di gestione»: modello organizzativo e gestionale per la definizione e l’attuazione di una politica aziendale per la salute e sicurezza, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, idoneo a prevenire i reati di cui agli articoli 589 e 590, terzo comma, del Codice penale, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela della salute sul lavoro”.

(19) Art. 30 D. Lgs. n. 81/2008 rubricato “Modelli di organizzazione e di gestione”: “Il modello di organizzazione e di gestione idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, deve essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un sistema aziendale per l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi: a) al rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici; b) alle attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti; c) alle attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; d) alle attività di sorveglianza sanitaria; e) alle attività di informazione e formazione dei lavoratori; f) alle attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori; g) alla acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge; h) alle periodiche verifiche dell’applicazione e dell’efficacia delle procedure adottate. 2. Il modello organizzativo e gestionale di cui al comma 1 deve prevedere idonei sistemi di registrazione dell’avvenuta effettuazione delle attività di cui al comma 1. 3. Il modello organizzativo deve in ogni caso prevedere, per quanto richiesto dalla natura e dimensioni dell’organizzazione e dal tipo di attività svolta, un’articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello. 4 Il modello organizzativo deve altresì prevedere un idoneo sistema di controllo sull’attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate. Il riesame e l’eventuale modifica del modello organizzativo devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all’igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell’organizzazione e nell’attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico. 5 In sede di prima applicazione, i modelli di organizzazione aziendale definiti conformemente alle Linee guida UNI-INAIL per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del 28 settembre 2001 o al British Standard OHSAS 18001:2007 si presumono conformi ai requisiti di cui al presente articolo per le parti corrispondenti. Agli stessi fini ulteriori modelli di organizzazione e gestione aziendale possono essere indicati dalla Commissione di cui all’articolo 6.”.

(20) I succitati OHSAS 18001 e le linee-guida UNI-INAIL che attestano, certificandolo, il sistema di gestione della salute e sicurezza del lavoro di un ente.

(21)Sulla riconducibilità dei modelli SGSL, ex comma 5 art. 30 TUSL, a mero strumento volto ad assicurare un sistema aziendale adempiente rispetto agli obblighi di prevenzioni previsti dal D. Lgs. 81/2008, P. PASCUCCI, L’asseverazione dei modelli di organizzazione e di gestione, in I Working Papers di Olympus n.43/2015, pag. 5.

(22)A patto però che il sistema di controllo coinvolga, quantomeno sotto il profilo informativo, grazie ad audit o successivi riesami a livello direzionale, l’alta direzione a tutti i livelli.

(23) Immediato il richiamo all’art. 7, comma 1, primo periodo, Legge n. 300 del 20 maggio 1970 che recita così: “Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti.”. Da qui la necessaria relazione e dipendenza tra il dettato normativo anzidetto e il piano sanzionatorio previsto nel comparto funzionale di esonero da responsabilità ex D. Lgs. 231/01.

(24) Il riferimento è alla succitata “lettera circolare prot. 15/VI/0015816/MA001.A001” dell’11 luglio 2011.

(25) Il tutto prescindendosi in questa sede da valutazioni circa la relazione tra le fonti (lex specialis/lex generalis ecc…) in considerazione del rapporto di piena complementarietà tra i precetti. Nel merito vedi: Guido Alpa, Le fonti non scritte e l'interpretazione, Ed. UTET, Torino 1999.

(26) È l’articolo che rende necessaria l’adozione di specifici protocolli aziendali per la prevenzione dei reati ex art. 589 c.p., omicidio colposo, e art. 590 c.p., lesioni personali colpose e illeciti penali commessi in violazione della normativa a tutela dell’igiene e della sicurezza sul lavoro.

(27) La norma, nel contesto critico di cornice all’esame, dovrebbe interpretarsi anche al cospetto dell’art. 2086 c.c., secondo comma, (“L'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”) per dare piena evidenza della complessità del momento al cospetto di tutti gli obblighi discendenti dalla corretta gestione dell’impresa.

(28) Ai sensi dell’art. 6 lett. b) del Decreto legislativo 231/2001, nel caso in cui fosse stato commesso uno dei reati presupposto in costanza dei requisiti ex art. 5 e perciò nell’interesse o a vantaggio dell’ente, quest’ultimo per andare esente da responsabilità deve provare, tra le altre cose, di aver affidato il compito di sorvegliare l’osservanza e il funzionamento dei modelli organizzativi e il loro continuo aggiornamento ad un organismo dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo. Inoltre sembra del tutto ragionevole e coerente che, con l’ingresso dei reati colposi nel catalogo degli illeciti rilevanti ai fini del D. Lgs. n. 231/2001, all’interno dell’ODV sia presente almeno un soggetto esperto in materia di sicurezza sul lavoro. Resta fermo che l’interlocutore privilegiato dell’Organismo di Vigilanza che assicura il rispetto di quanto previsto nel Modello Organizzativo continua ad essere il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) tanto per il ruolo rivestito nella struttura organizzativa, in quanto incardinato all’interno dello staff del datore di lavoro, quanto per le peculiari capacità e competenze che lo qualificano ex art. 32 D. Lgs. n. 81/2008.

(29) Vedi: G. Guerriero, P. Porpora, S. Vescuso, Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, Ed. EPC, aprile 2019.

(30) Il 14 marzo sindacati e parti datoriali hanno siglato il “Protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” che individua le misure di precauzione minime per tutelare la salute dei lavoratori e garantire la salubrità dell'ambiente di lavoro: tra le principali si segnalano la sottoposizione del personale al controllo della temperatura corporea (e qui potrebbe aprirsi un acceso dibattito circa il confliggere di una simile misura con la disciplina privacy come novellata a livello europeo dal Regolamento n. 679 del 2016, alias GDPR, e recepita nel nostro ordinamento dal D. Lgs. 101/2018, poiché l’eventuale raccolta di informazioni relative alla salute comporta un trattamento dei dati personali che, in quanto tale, deve obbligatoriamente effettuarsi in conformità alle appena citate normazioni; sul punto, interessanti le lucide analisi, condotte a seguito dell’emanazione del D.L. 14/2020, di M. Caprino, Sospesa la privacy sui dati personali, in Il Sole 24 Ore, 12 marzo 2020 e di G. Olivi e C. Bocchi, Potenziamento del SSN in relazione all'emergenza COVID-19, novità in materia di trattamento di dati personali, in rivista Diritto 24, 12 marzo 2020), particolari procedure per l’ingresso in azienda di fornitori esterni, utilizzo di dispositivi di protezione individuale quali mascherine e guanti, limitazioni d’accesso a spazi comuni ecc. Questo documento, che non va inteso come un elenco contenente un numerus clausus di regole ma fa salva la possibilità per il datore di lavoro di adottare anche misure più incisive in base alle caratteristiche aziendali di riferimento, si spera possa aiutare le imprese a comprendere se e come intervenire su quello che è il loro asset interno relativo alla tutela e sicurezza dei lavoratori. Per quanto concerne le misure igienico-sanitarie da adottare ci si riferisca a quanto disposto nell’All. 1 del D. L. 8 marzo 2020.

(31) Si badi bene, ex art. 30, commi 3 e 4, del D. Lgs. n. 81/2008 l’organo di controllo è tenuto a provvedere alla verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio di infortuni nei luoghi di lavoro dove opera l’impresa e a sorvegliare sull’efficacia funzionale del Modello organizzativo adottato dall’ente per la prevenzione di sinistri, ma tali obblighi gravano sull’ODV non perché questi debba prevenire eventi lesivi ai danni dei dipendenti bensì, come indicato nel primo comma dell’articolo succitato, al solo fine di esimere la persona giuridica dalla responsabilità di cui al D. Lgs. 231/2001.In buona sostanza, il combinato disposto degli articoli 25 septies del D. Lgs. 231/01 e 30 del Testo Unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, non va certamente a fondare una responsabilità dei componenti dell’ODV per i reati di cui agli artt. 589 e 590 del Codice penale, di cui risponderanno solo i soggetti di cui all’art. 2 del D. Lgs. 81/2008; tali disposizioni indicano solamente le condizioni in presenza delle quali la società che dovesse aver visto un suo dipendente subire una lesione possa andare esente da responsabilità, nonostante l’infortunio sia addebitabile ad un atteggiamento negligente tenuto da uno degli apicali. In conclusione, in caso di inadempimento da parte dei membri dell’ODV dei succitati obblighi di garanzia e di controllo inerenti il corretto funzionamento del modello societario di organizzazione e gestione per la prevenzione dei rischi contro la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro e il conseguente verificarsi di un danno alla salute di un dipendente, ben potrà caldeggiarsi una loro responsabilità civile nei confronti dell’ente ma di certo non potrà sollevarsi alcuna censura di natura penalistica. Spiega bene la questione G. Casaroli, Sui criteri di imputazione della responsabilità da reato alla persona giuridica, in Riv. Trim. Dir. Pen. Ec. 2008, pag. 589: “La sussistenza di una posizione di garanzia presuppone che al dovere giuridico di intervenire per salvaguardare il bene corrisponda l’attribuzione di poteri che pongano il garante in condizione non solo di realizzare una delle condizioni indispensabili ad evitare l’offesa ma anche e soprattutto di provvedere alla salvaguardia dello stesso […] l’organo di vigilanza non appare dotato di poteri impeditivi autonomi, tali da farne un effettivo garante”. Si assestano su posizione dottrinarie analoghe anche P. Aldovrandi, I “modelli di organizzazione e di gestione” nel d. lgs. 8 giugno 2001 n. 231: aspetti problematici dell’ “ingerenza penalistica” nel “governo” delle società, in Riv. Trim. Dir. Pen. Ec. 2007, pag. 463; A. Lanzi, La responsabilità pensale degli organi sociali di gestione, in AA. VV., La riforma del diritto societario. Profili civili e penali, a cura di Lanzi-Franceschelli, Milano 2004, pag. 251; S. Panagia, Rilievi critici sulla responsabilità punitiva degli enti, in Riv. Trim. Dir. Pen. Ec. 2008, pag. 149.

(32) Sarebbe auspicabile attendersi che questo adempimento venisse posto a prescindere dagli esiti dei controlli ispettivi nell’ambito c.d. 231, ovvero prima di ogni azione dell’ODV.

(33) Il DVR deve essere costantemente aggiornato alle BAT(“best available techniques”), alle modifiche dei processi produttivi e alle novità normative nonché adeguato alla luce delle carenze risultanti da indagini successive a incidenti verificatisi o evitati fortuitamente. In mancanza di queste operazioni di revisione il Documento presenterà dei vizi intrinseci che gli sottrarranno la idoneità a costituire elemento di prova a discarico della responsabilità.

(34) Disciplinato negli articoli 17, 28 e 29 del D. Lgs. 81/2008.

(35) A proposito del criterio della “sopravvenienza”, preme puntualizzare che rientra nelle buone prassi aziendali far rientrare nelle voci che andranno a comporre il “budget della sicurezza” l’accantonamento di una somma destinata a coprire le spese derivanti da possibili emergenze, questo a prescindere dal fatto che l’impresa decida di adottare un sistema di autoregolamentazione aziendale ex D Lgs. 231/2001; si rinvia, in argomento, a G. Butti, Gli investimenti per la sicurezza, in Il Sole 24 Ore, rubrica “ambiente e sicurezza”, 24 maggio 2011.

(36) Sulla doverosità dell’aggiornamento del DVR vi sono due opposte correnti di pensiero: infatti da un lato c’è chi ritiene opportuno adeguarlo al rischio da contagio Covid-19, dall’altro coloro che non lo ritengono un adempimento necessario. Su quest’ultima posizione si assestano, facendo appello al requisito della “professionalità” del rischio, L. Berturazzo, V. Zanardelli, Coronavirus: suggerimenti per i datori di lavoro, in rivista Diritto24, 17 marzo 2020 di cui riporto, in virgolettato, un estratto della riflessione: “I rischi che devono necessariamente essere oggetto di valutazione da parte dell'azienda sono quelli professionali […] Il rischio derivante da Covid-19 rappresenta certamente un rischio professionale per chi espleta mansioni specifiche che determinano un aumento del rischio rispetto al resto della popolazione (ad es. nei laboratori che eseguono i test sui tamponi o negli ospedali), ma è al contrario un rischio esogeno, non professionale e sostanzialmente riconducibile a quello di chiunque altro nella popolazione, rispetto ad altre realtà lavorative (come a titolo esemplificativo quelle metalmeccaniche e siderurgiche).

Riteniamo quindi corretta la posizione di chi sostiene che, fatte salve specifiche realtà, non sia necessario aggiornare il DVR”.

(37) In tal senso, G. Falasca, Coronavirus, le misure a disposizione dei datori per gestire l'emergenza, in rivista Guida al Lavoro, n. 12, 13 marzo 2020, pp. 10-13.

(38)  M. Lospinuso, Il Coronavirus (Covid-19) e i riflessi sul Modello ex D.Lgs. 231/2001, in MOGC 231, Aggiornamento giurisprudenziale, dottrinale e normativo in materia di diritto penale d'impresa, responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, ex D.lgs. 231/2001, e salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, ex D.lgs. 81/2008, 2 marzo 2020, ultimo aggiornamento (a quando si scrive) avvenuto in data 25 marzo 2020.

(39) Sull’importanza del DVR anche in ottica 231 e sempre al netto di una differenza di tipo finalistico tra i due modelli, si riporta la lucida analisi di M. Arena, op. cit., pp. 244-245: “Nella logica di individuare una best practice, si ritiene allora che i due modelli di prevenzione – quello ex D. Lgs. n. 231/2001 e quelli derivanti da altre normative in materia antinfortunistica, come il documento di valutazione dei rischi – rispondano a due filosofie normative diverse e siano pertanto da considerarsi in modo distinto, pur dovendosi integrare e richiamare reciprocamente (MANCINI). La costruzione l’implementazione dei Modelli organizzativi per le finalità di cui al D. Lgs. n. 231/2001 deve dunque tener conto della preesistenza di un complesso di disposizioni normative, regolamentari ed interne volte alle medesime finalità di prevenzione di eventi lesivi, che dovrà essere necessariamente tenuto in considerazione per la creazione di un sistema organizzativo coerente, adeguato e concretamente rispondente alle indicazioni legislative.”; Anche la giurisprudenza sembra attribuire al Documento di Valutazione dei Rischi quel carattere di presupposto al più necessario ma di certo giammai sufficiente per la “compliance 231” di una realtà aziendale: al riguardo si riporta un estratto di una sentenza del Tribunale di Trani, sez. dist. Molfetta, 26 ottobre 2009, Rivista 231.it, 2010 che rimarca fortemente quella che potremmo definire una vera e propria differenza di natura ontologica tra un DVR e un MOG 231: “Non è possibile che una semplice analisi dei rischi valga anche per gli obiettivi del DLG n. 231. Anche se sono ovviamente possibili parziali sovrapposizioni, è chiaro che il modello teso ad escludere la responsabilità societaria è caratterizzato anche dal sistema di vigilanza che culmina nella previsione di sanzioni per le inottemperanze e nell'affidamento di poteri disciplinari al medesimo organismo dotato di piena autonomia. Queste sono caratteristiche imprescindibili del modello organizzativo.
Ad esse vanno cumulate le previsioni, altrettanto obbligatorie nel modello gestionale del DLG 231 ma non presenti nel documento di valutazione dei rischi, inerenti alle modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati. Peraltro, mentre il documento di valutazione di un rischio è rivolto anche ai lavoratori per informarli dei pericoli, il modello del DLG n. 231 deve rivolgersi principalmente a coloro che, in seno all'intera compagine aziendale, sono esposti al rischio di commettere reati colposi e di provocare quindi le lesioni o la morte nel circuito societario, sollecitandoli ad adottare standard operativi e decisionali predeterminati, in grado di obliterare una responsabilità dell'ente.
”.

(40)Al riguardo l’Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro (AiFOS) ha predisposto un documento dal titolo “Linea guida AiFOS per formatori, consulenti, RSPP e datori di lavoro in tema di gestione del rischio biologico da coronavirus” nel quale sono riportate le buone prassi per lo svolgimento di corsi di formazione nonché per i sopralluoghi e le consulenze all’interno delle imprese.

(41) In tal senso, sempre M. Lospinuso, op. cit. Sul punto è intervenuta anche la giurisprudenza, la quale, partendo dal presupposto della innata natura colposa dei reati ex art. 589 e 590 c.p., eleva a criterio di imputazione della responsabilità o di esclusione della stessa la direzione finalistica del reato. Esaminando il disposto dell’art. 5 del D. Lgs. 231/01 i giudici, rifacendosi alla dottrina e alla stessa relazione al decreto, ne individuano la ratio nel fatto che l’imputazione dell’illecito alla società si incardina nel rapporto di c.d. “immedesimazione organica” tra i soggetti agenti e l’ente, un nesso che si interromperebbe solo qualora il soggetto agisse per ragioni del tutto avulse all’attività d’impresa. Questo il ragionamento fatto dal GUP del Tribunale di Cagliari in data 4 luglio 2011. Lo stesso Giudice fa poi discendere l’interesse o vantaggio dell’ente improntando il proprio ragionamento su logiche di tipo prettamente imprenditoriale: il legislatore muove dal presupposto che le scelte d’impresa, pure quando si tratti di optare tra una condotta lecita e una illecita, siano fatte da un imprenditore razionale e quindi sulla base di valutazioni riconducibili ad un’analisi costi/benefici. Bisogna dunque rendere la condotta illecita meno conveniente di quella lecita. Pertanto, nella materia de quo, è ipotizzabile che l’impresa, guidata da una fredda logica economica, possa adottare condotte tese al risparmio sui costi connessi alla sicurezza. In conclusione, mentre per la maggior parte dei delitti rientrati nel “catalogo 231” vi è naturale corrispondenza tra volontà dell’evento ed interesse che muove l’agente, è tuttavia compatibile con il dettato normativo che questa simmetria manchi e l’interesse si riferisca ad un fine del tutto estraneo all’evento del reato e debba quindi assurgere quale elemento dirimente la sola condotta e la sua direzione finalistica. Al netto di una riflessione così impostata appare in linea con la ratio e la lettera della norma un’interpretazione che ricolleghi l’interesse perseguito dal reo alla condotta in violazione degli artt. 589 e 590 del Codice penale. Sulla stessa lunghezza d’onda le pronunce giurisprudenziali di merito del GUP del Tribunale di Pinerolo del 23 settembre 2010 e del GUP del Tribunale di Novara del 26 ottobre 2010.

(42) Al riguardo è stata lapidaria la giurisprudenza della Corte di Assise di Torino risalente al 15 aprile 2011 che rileva l’inutilità di procedere ad esaminare nel merito il modello organizzativo qualora questi sia stato adottato solo formalmente e “di fatto” nonché attuato solo successivamente al verificarsi del reato. In questo caso, come si evince limpidamente dal combinato disposto degli artt. 5 e 6 del D. Lgs. 231/2001, si applicherà il principio di diritto secondo cui l’ente che abbia omesso di adottare e attuare il MOGC non risponde per il reato commesso dal suo esponente solo nell’ipotesi di cui all’art. 5, comma 2, cioè quando “le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.”.

(43) Secondo le Linee Guida di Confindustria, il Responsabile del servizio di prevenzione e protezione è quasi sempre inserito all’interno di precise gerarchie aziendali dalle quali dipende o, quando esterno all’impresa, vincolato da rapporti contrattuali con esponenti delle predette gerarchie aventi a oggetto attività di controllo.

(44) L’articolo 33 del D. Lgs. n. 81 del 2008 ricomprende, tra i compiti attribuiti al RSPP, l’individuazione e la valutazione dei fattori di rischio, l’elaborazione delle misure preventive e protettive e dei conseguenti sistemi di controllo, nonché l’elaborazione delle procedure di sicurezza per le varie attività aziendali; inoltre, come esplicitato nell’articolo 29 del Testo Unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, il Responsabile del servizio di prevenzione e protezione collabora con il datore di lavoro tanto alla informazione e formazione dei lavoratori quanto alla redazione del documento di valutazione dei rischi .

(45) Ad esempio, la mancata sterilizzazione delle aree prescelte da parte degli addetti alle pulizie.

(46) Come chiarisce la Corte di Appello di Brescia, sezione II penale, 21 dicembre 2011, qualora si stia verificando la sussistenza dei presupposti di responsabilità, ex art. 6, comma 1, D. Lgs. 231/2001 è ammessa la prova contraria in caso di adozione ed attuazione, prima della commissione del fatto, di efficaci “modelli di organizzazione e di gestione”, di affidamento ad un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di controllo del compito di vigilare sull’attuazione dei modelli, di fraudolenta elusione del Modello organizzativo da parte degli autori del fatto di reato e di sufficiente vigilanza da parte di chi fosse preposto al controllo. La prova liberatoria non può ovviamente sussistere qualora l’azienda dovesse limitarsi a formalizzare le procedure di lavoro, anche individuando dei soggetti preposti al controllo, ma non siano contestualmente adottate soluzioni organizzative e modalità operative idonee ad impedire la realizzazione di illeciti.

(47) Preme chiarire che l’RSPP, in quanto consulente o ausiliario del datore di lavoro, riveste pur sempre un ruolo fondamentale nell’assetto prevenzionistico previsto dal legislatore delegato del 2008 e proprio in virtù di tale ruolo possono scaturire dei profili di responsabilità penale per gli eventuali eventi lesivi conseguenti alla sua condotta: si pensi alla sua corresponsabilità col datore di lavoro allorché un certo infortunio si verifichi anche a causa dell’inosservanza colposa dei compiti di prevenzione scaturenti dagli artt. 29 e 33 del D. Lgs. 81/2008 che potrebbe declinarsi in una erronea o mancata, ed in tal caso si configurerà una responsabilità omissiva, segnalazione dei fattori di rischio da parte del Responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Un tale apparato di responsabilità fa del RSPP un soggetto che entra a pieno titolo nelle attività di monitoraggio dell’Organismo di Vigilanza, assieme al datore di lavoro e ai suoi delegati.

 

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Appendice Provvedimenti a tema Covid-19

(Aggiornati al 28/03/2020 ed elencati a partire da più recente al meno recente)

 Ministero dello sviluppo economico, Decreto ministeriale del 25-03-2020, Modifica dell'elenco dei codici di cui all'allegato 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 marzo 2020;

Decreto-legge del 25-03-2020, n. 19 - Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19;

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ordinanza n. 4 del 23-03-2020 – “Agevolazioni alle imprese Emergenza COVID-19”;

Presidenza del Consiglio dei ministri, Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22-03-2020 – “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale”;

Ministero della Salute, Ordinanza del 22-03-2020 – “Ulteriori misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale”;

Ministero della Salute, Ordinanza del 20-03-2020 – “Ulteriori misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale”;

Dipartimento della protezione civile, Ordinanza n. 652 del 19-03-2020 – “Ulteriori interventi urgenti di protezione civile in relazione all'emergenza relativa al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”;

Dipartimento della protezione civile, Ordinanza n. 651del 19-03-2020 – “Ulteriori interventi urgenti di protezione civile in relazione all'emergenza relativa al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”;

D.L. del 17-03-2020, n. 18 – “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19”;

Dipartimento della protezione civile, Ordinanza n. 650 del 15-03-2020 – “Ulteriori interventi urgenti di protezione civile in relazione all'emergenza relativa al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, nonché ulteriori disposizioni per fronteggiare l'evento sismico che ha colpito il territorio delle Regioni Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo il 24 agosto 2016)”;

Raccomandazione Unione Europea del 13-03-2020, n. 403/0/2020 – “Raccomandazione (UE) 2020/403 della Commissione del 13 marzo 2020 sulle procedure di valutazione della conformità e di vigilanza del mercato nel contesto della minaccia rappresentata dalla COVID-19”; DPCM 11-03-2020 – “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale”;

“Decreto legge del 09-03-2020, n. 14 – “Disposizioni urgenti per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale in relazione all'emergenza COVID-19”;

Dipartimento della protezione civile, Ordinanza n.648 del 09-03-2020 – “Ulteriori interventi urgenti di protezione civile in relazione all'emergenza relativa al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”;

DPCM 9 marzo 2020, recante «Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 62 del 9 marzo 2020»;

DPCM 8 marzo 2020, recante «Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19»;

Dipartimento della protezione civile, Ordinanza n. 646 del 08-03-2020 – “Ulteriori interventi urgenti di protezione civile in relazione all'emergenza relativa al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”;

Dipartimento della protezione civile, Ordinanza n. 645 del 08-03-2020 – “Ulteriori interventi urgenti di protezione civile in relazione all'emergenza relativa al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”;

D.L. del 08-03-2020, n. 11 – “Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attività giudiziaria”;

Legge del 05-03-2020, n. 13 – “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19”;

Dipartimento della protezione civile, Ordinanza n. 644 del 04-03-2020 – “Ulteriori interventi urgenti di protezione civile in relazione all'emergenza relativa al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”;

DPCM 4 marzo 2020, recante «Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale»;

DPCM 1° marzo 2020, recante «Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19»;

Dipartimento della protezione civile, Ordinanza n.643 del 01-03-2020 – “Ulteriori interventi urgenti di protezione civile in relazione all'emergenza relativa al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”;

Dipartimento della protezione civile, Ordinanza n. 642 del 29-02-2020 – “Ulteriori interventi urgenti di protezione civile in relazione all'emergenza relativa al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili.”;

Dipartimento della protezione civile, Ordinanza n. 641 del 28-02-2020 – “Ulteriori interventi urgenti di protezione civile in relazione all'emergenza relativa al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”;

Dipartimento della protezione civile, Ordinanza n. 640 del 27-02-2020 – “Ulteriori interventi urgenti di protezione civile in relazione all'emergenza relativa al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”;

Dipartimento della protezione civile, Ordinanza n. 639 del 25-02-2020 – “Ulteriori interventi urgenti di protezione civile in relazione all'emergenza relativa al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”;

DPCM 25 febbraio 2020, recante «Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19»;

D.L. 23 febbraio 2020, n. 6, recante «Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19»;

DPCM 23 febbraio 2020, recante «Disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19»;

Dipartimento della protezione civile, Ordinanza n. 638 del 22-02-2020 – “Ulteriori interventi urgenti di protezione civile in relazione all'emergenza relativa al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”;

Dipartimento della protezione civile, Ordinanza n. 637 del 21-02-2020 – “Ulteriori interventi urgenti di protezione civile in relazione all'emergenza relativa al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”.

 

 

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